SESSIONE ORDINARIA 2003

(Prima parte)

ATTI

della quarta seduta

Mercoledì 29 gennaio 2003 - ore 10

DISCORSI PRONUNCIATI IN ITALIANO


            MANZELLA. Signor presidente, questo contributo è un importante passo avanti per la chiarezza dei rapporti tra l’Unione europea e il Consiglio d’Europa.

            Negli ultimi tempi questi rapporti sono stati monopolizzati dalla questione della coabitazione tra le due Corti, Strasburgo e Lussemburgo, e dei due Bills of rights, Roma 1950, Nizza 2000.

            Questo contributo ci dice invece  che l’assetto del mondo europeo non è solo una questione di giurisdizione, bensì una grande questione di quadro costituzionale sovrastatuale. Concordo quindi nel tenere ben distinte le due cose e di dare la prevalenza alla questione istituzionale su quella giurisdizionale.

            Nel merito voglio fare due osservazioni. La prima: noi lavoriamo perché l’Unione europea aderisca alla Convenzione di Roma sui diritti umani, ma non crediamo che l’adesione risolva automaticamente il problema di giurisdizione tra le due Corti. Riteniamo necessario un meccanismo di prevenzione perché per esempio Strasburgo parli per prima sui diritti fondamentali e sulla loro portata, e sia invece Lussemburgo ad applicare al caso concreto la decisione. Questo meccanismo potrebbe anche superare le riserve del Regno Unito cui faceva cenno poco fa il ministro Macshane.

            La seconda e più importante osservazione riguarda il sistema parlamentare europeo. Noi crediamo che questa Assemblea costituisca una straordinaria valvola di comunicazione tra la piccola Europa dell’Unione e la grande Europa. Anche noi riteniamo che questa sede parlamentare paneuropea sia il miglior meccanismo per la difesa di una comune concezione europea dei diritti; una concezione che non si ferma ai confini dell’Unione ma deve creare una rete di buon vicinato, una zona comune che sia terra del diritto e non terra di nessuno.

            Ecco, questa “porosa” frontiera parlamentare sarà la migliore frontiera d’Europa, ma sarà sempre una frontiera. Come grande Europa e Unione sono costruzioni costituzionali autonome, così questa Assemblea deve restare autonoma rispetto al Parlamento europeo e non può essere ridotta a svolgere il ruolo che bene svolge la COSAC, ma in altro ambito. Né il Parlamento europeo può diluirsi in questa Assemblea. Perciò, benvenuti i contatti tra i relatori, gli scambi di expertise nel grande spazio dei diritti, delle libertà, della sicurezza e della cooperazione giudiziaria, ma niente di più: la contaminazione istituzionale non giova a nessuno, come non gioverebbe a nessuno la diluizione dell’Unione europea nella grande area paneuropea. Grazie. (Applausi).

            RIGONI. I lavori della Convenzione sull’avvenire dell’Europa stanno entrando nella fase più importante: anche i principali Stati europei, dopo la Commissione, “escono allo scoperto” e formulano le loro proposte sull’architettura istituzionale dell’Unione (come dimostra la recente proposta franco-tedesca). Occorre, tuttavia, evitare che il dibattito venga monopolizzato da temi di ingegneria costituzionale, relativi esclusivamente alla configurazione ed ai rapporti reciproci degli organi di vertice.

            Non bisogna dimenticare che l’Unione è, innanzitutto, una Comunità fondata sui valori comuni, basilari della democrazia, della libertà e dello Stato di diritto (rule of the law), della solidarietà e che tali valori devono essere scolpiti a chiare lettere sull’architrave della costruzione costituzionale comune.

            In che modo l’esperienza del Consiglio d’Europa può essere utile all’Unione europea, nel momento in cui questa si accinge a redigere i propri testi costituzionali? E ancora: per quali ragioni il Consiglio d’Europa offre un bagaglio di esperienze e di prospettive che non possono andare assolutamente perse, in sede di elaborazione della Costituzione europea?

            Dal 1949, il Consiglio d’Europa persegue l’ideale di una unità tra i suoi membri fondata sull’accettazione e la pratica della democrazia pluralista, del rispetto dei diritti umani e dello stato di diritto. Il metodo che esso propugna è quello della democrazia attraverso il diritto. L’obiettivo è quello della realizzazione di una società aperta nella quale tutti possano riconoscersi e sentirsi protetti.

            Si tratta, a ben vedere, di quegli stessi valori che l’Unione europea ha riconosciuto – dopo aver superato la sua originaria dimensione meramente economica. Il Consiglio d’Europa offre, in questo campo, all’Unione europea la propria esperienza ed il proprio acquis di convenzioni e di accordi che costituiscono un inestimabile patrimonio giuridico e, prima ancora, di civiltà. Occorre che l’integrazione di questo sistema di norme con il sistema del diritto comunitario sia portato ad un punto più elevato. Ciò passa, in primo luogo, per una formale adesione dell’Unione alla Convenzione Europea dei Diritti Umani ed alle altre convenzioni elaborate in seno al Consiglio d’Europa.

            Il Consiglio d’Europa riunisce oggi 44 stati europei, estendendosi da Rejkjavik a Vladivostok e da Capo Nord ad Ankara. La grande Europa, quindi.

            L’organizzazione ricomprende da tempo Stati che ora si accingono ad entrare nell’Unione europea (paesi dell’Est europeo) e Stati per i quali prima (Turchia) o  poi (Federazione Russa) il problema si porrà.

            L’opera di uniformazione, verso standards elevati, degli ordinamenti nazonali, per ciò che concerne la protezione dei diritti fondamentali, costituisce un merito storico del Consiglio d’Euroa. Nella prospettiva dell’Unione europea, va sottolineato come quest’opera di conformazone degli ordinamenti nazionali ai principi della Cedu e, più in generale, all’acquis delle altre convenzioni abbia svolto un’essenziale funzione di anticipazione e di “apripista”.

            Il Consiglio d’Europa interviene creando le pre-condizioni giuridiche di base perché trattative dirette ad un più organico inserimento di uno Stato nel sistema comunitario possano avere luogo ed arrivare, così, al risultato finale di una “più larga Europa” (nel senso comunitario del termine).

            L’adesione al Consiglio d’Europa consente, inoltre, di evitare, nei paesi non ancora pronti all’integrazione comunitaria, pericolose sensazioni di rifiuto o di isolamento, potenzialmente in grado di turbare l’equilibrio pacifico del continente, e di creare una frattura, una nuova linea di divisione all’interno dell’Europa. 

            Si tratta di un’attività di fondamentale importanza e che meriterebbe di essere maggiormente riconosciuta dalle istituzioni comunitarie, attraverso un più stretto raccordo, un coordinamento con gli organi del Consiglio d’Europa in sede di determinazione delle linee della – ancora embrionale –politica estera europea.

            Il Consiglio d’Europa ha un’Assemblea parlamentare viva e vitale che si impone come modello di coinvolgimento dei Parlamenti nazionali in sedi ed organizzazioni sovranazionali. E’ noto come il tema della marginalizzazione dei Parlamenti degli Stati membri nei processi di formazione delle decisioni costituisca uno dei problemi più gravi per l’ordinamento comunitario.

            E’ necessario pensare ad una sede tendenzialmente permanente di valorizzazione dei Parlamenti nazionali, una sede che realizzi un punto tangibile di contatto tra istituzioni legislative degli Stati membri ed istituzionali sovranazionali. L’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa presenta pienamente – e da tempo – queste caratteristiche. Una sua valorizzazione, quale sede di confronto periodico con le istituzioni comunitarie, consentirebbe di soddisfare un’esigenza assai sentita in termini semplici ma allo stesso tempo efficaci.