SESSIONE ORDINARIA 2003

(Prima parte)

ATTI

della quarta seduta

Mercoledì 29 gennaio 2003 - ore 10

ADDENDUM II

DISCORSI IN ITALIANO NON PRONUNCIATI


            GUBERT. (Con riferimento al documento 9615). Signor Presidente, il documento che abbiamo all’esame affronta una delle questioni cruciali per l’avvenire dell’Europa, la capacità dei popoli europei di garantire la propria sopravvivenza.

            Rientra nello spazio della libertà umana decidere di procreare, ma quando la maggior parte delle coppie umane, in molti paesi europei, decide di avere un solo figlio, quando nel complesso i figli generati sono la metà o poco più dei genitori, evidentemente v’è qualcosa di grave che sta accadendo.

            Non è tanto rilevante il numero assoluto di componenti di un popolo: vi sono popoli numerosi e popoli piccoli, vi sono densità elevate ed altre basse. Sono certamente più rilevanti il modo con il quale si cambiano i livelli assoluti di popolazione e la direzione del cambiamento. Una società che vede in modo rapido ridurre la quota di giovani rispetto alla quota di anziani vive probabilmente la situazione peggiore, ma non è neppure questo un problema irrisolvibile. Si possono assumere le necessarie misure di adattamento finché si sia raggiunto un nuovo equilibrio.

            Il fatto grave non si pone a livello aggregato sociale, ma innanzitutto a livello umano. L’avere un figlio è un sacrificio, un costo. Se si può, si deve evitarlo, renderlo minimo. Esiste, è vero, un forte desiderio di molti di maternità, di paternità, ma per soddisfarlo basta un figlio, al massimo due, se sono maschio e femmina.

            Quanto la nostra società europea fa pagare alla donna che genera un figlio? In termini economici, di possibilità autorealizzative nel lavoro, di prestigio sociale.  Il generare un figlio comporta ridurre un certo periodo della vita le prestazioni lavorative valutate nel mercato del lavoro, spendere risorse di tempo, di energia vitale, di reddito per curare ed educare, spendere di più per la casa, l’automobile, e via dicendo.

            Anche nei paesi con politiche familiari più avanzate, tra i quali non vi è certo l’Italia, la nascita di un figlio peggiora le condizioni economiche dei genitori, essendo insufficienti le provvidenze e persistendo ingiusti trattamenti fiscali che non tengono conto in modo adeguato del costo dei figli.

            Quale l’immagine di donna proposta come ideale nelle nostre culture nazionali? Il ruolo di madre viene sistematicamente collocato tra i rimasugli del passato. E così quello di padre. Sono le prestazioni professionali nel mercato del lavoro che contano, sono le prestazioni sportive nelle competizioni, sono la bellezza e l’appeal sessuale che contano. E così il dedicare sé stessi, per gli anni migliori, a generare più di un figlio (quando non anche uno) viene fatto vivere come una perdita secca di opportunità, di occasioni di stima, di apprezzamento.

            Giustamente il documento in esame affronta la questione dell’invecchiamento delle popolazioni europee e giustamente richiama anche il problema della bassa natalità. A mio avviso quest’ultimo ha importanza decisiva per il futuro. Esso rimarrà irrisolto fino a quando il generare dei figli cesserà di provocare un abbassamento dei livelli di vita dei genitori, una diminuzione delle possibilità di carriera, specie per le madri, una diminuzione del prestigio, dell’apprezzamento sociale.

            E’ possibile adottare misure per ovviare a ciò, ma non vengono assunte. E così ci arrabattiamo a vivere al meglio possibile, da anziani, in società che stanno morendo, già invase da popoli più vitali.