SESSIONE ORDINARIA 2003

(Seconda parte)

ATTI

della nona seduta

Lunedì 31 marzo 2003 - ore 15

DISCORSI PRONUNCIATI IN ITALIANO


            MANZELLA. Concordo, signor Presidente, con le parole del collega liberale che mi ha preceduto. Molto spesso, le questioni minori ci danno il segno ed il paradigma del nostro lavoro: difendere la democrazia e la libertà, anche in casi apparentemente minori, significa difendere la democrazia e la libertà come valori indivisibili ovunque.

            Ecco perché, prendendo spunto dalla relazione del collega Leonid Slutsky sulle elezioni del Principato di Monaco, riaffermo quel principio. Il Principato di Monaco è un piccolo Stato, un micro-Stato come si dice, ma la sua Costituzione ed il suo sistema elettorale sono stati di recente modificati, proprio per impulso del Consiglio d’Europa, in vista della sua adesione a questa organizzazione. L’impulso alla democratizzazione in corso in quel piccolo Stato continuerà in vista della sua adesione al Consiglio d’Europa.

            Ecco, quindi, un caso in cui affermare in un angolo d’Europa la democrazia significa difenderla dappertutto. Condivido anche le considerazioni espresse in relazione ad un altro micro-Stato d’Europa, il Liechtenstein, dove effettivamente il nostro lavoro dovrà essere improntato a severità e giustizia in relazione agli avvenimenti istituzionali che si sono lì verificati.

            Concludendo, signor Presidente, non posso non riallacciarmi alle sue parole di esordio per sottolineare che quei valori, proprio in quanto valori indivisibili, sono anche valori insuperabili.

            L’ONU, la stessa Organizzazione europea sembrano essere state ferite e superate in occasione delle recenti vicende avvenute in Iraq. Proprio perché si tratta di valori incomprimibili, credo invece che tenacemente dobbiamo richiamarli. Sono stati feriti quei valori dell’ONU, quelli propri della grande e della piccola Europa, ma non sono morti.

            Per preparare la pace dopo la guerra, dobbiamo pertanto riferirci a quei valori e richiamarli continuamente.

GUBERT. Signor Presidente, sono stato osservatore per conto della nostra Assemblea in entrambi i turni delle elezioni presidenziali in Armenia e condivido le due relazioni presentate. Non vi sono dubbi che il processo elettorale si è svolto con molte irregolarità, così come le condizioni pre-elettorali non sono state paritarie tra le parti in campo. Impossibile per noi è stabilire se tali irregolarità e tali squilibri siano stati decisivi per il risultato elettorale complessivo, ossia per l’elezione del Presidente dell’Armenia. Per me è altresì impossibile dire se, in comparazione con le elezioni precedenti vi sia stato un avanzamento democratico. Certamente tale avanzamento vi è stato rispetto al periodo dell’Unione sovietica; sono emersi dubbi però se esso vi sia stato rispetto alle prime elezioni dell’Armenia indipendente, dato il peggioramento sensibile del clima politico conseguente agli assassinii in Parlamento avvenuti nel 1999, tuttora impuniti nonostante se ne conoscano gli autori.

            Confesso che l’impotenza di fronte alla diretta constatazione di brogli elettorali e di violenze nei seggi può portare a scoraggiamenti; tuttavia ritengo che la presenza di osservatori internazionali dell’OSCE e del Consiglio di Europa abbia positivamente contribuito a limitare le manipolazioni, ad incrementare il tasso di democraticità delle elezioni.

            In Armenia è risultato evidente, come la democrazia non si possa improvvisare, ma richieda paziente lavoro culturale, crescita della libera economia, crescita di autonomia della società civile rispetto al Governo politico di società, cultura, economia. E ciò non è ancora compiuto in Armenia!

            Un compito, peraltro, fin da subito può essere con più incisività svolto dal Consiglio d’Europa e lo ha appena sottolineato Mr. Jaskernia. Non può essere legittimato a livello europeo un sistema legale che, nell’organizzazione delle elezioni, non garantisca paritaria rappresentanza alle diverse forze politiche, ai diversi candidati nelle Commissioni elettorali e nello spoglio delle schede.

            In Armenia il tasso di concentrazione del potere nelle mani del Presidente e della maggioranza è tale, anche in merito agli organismi di garanzia da rendere troppo precarie le garanzie di rispetto dei diritti politici di chi non è al potere.

            Un secondo compito può essere assunto dalle forze politiche europee, quello di far crescere la consapevolezza politica in termini di orientamenti di valore e di programmi, superando le contrapposizioni di tipo personalistico o di clan. E’ risultato strano, almeno a me, che entrambi i candidati al ballottaggio fossero sostenuti da coalizioni che ben poco avevano a che fare con la classica distinzione fra destra e sinistra, tra liberalismo, socialismo o democrazia cristiana.

            Purtroppo anche in alcune democrazie occidentali si è teorizzata la concentrazione del potere decisionale in una persona, si è praticata la personalizzazione dello scontro politico, si è praticato lo “spoil system” per cui dall’esito del voto dipende il destino lavorativo-professionale di tanti.

            Ma se tali tendenze possono trovare meccanisimi correttivi, di riequilibrio, laddove la democrazia ha una lunga tradizione esse sono pericolose laddove il costume democratico è debole e recente, laddove gli attori politici sono stati educati in un sistema politico autoritario, come è il caso dell’Armenia.

            La nostra Assemblea parlamentare deve far riferimento ai valori che provengono dalle grandi tradizioni dei suoi gruppi politici, quella democratico-cristiano, quella socialista, quella liberale, per sostenere un cammino sicuro verso la democrazia anche in Armenia, basata sulla rappresentanza, sulla partecipazione, sulla condeterminazione più che sulla rapidità decisionale. La ringrazio, signor Presidente (Applausi).

CREMA, Rapporteur de la commission des questions économiques et du développement (Doc. nn. 9734-9735). Presidente, colleghi, la discussione odierna è concentrata sul bilancio del Consiglio d’Europa e della nostra Assemblea. La situazione che si prospetta per l’anno prossimo è molto grave e necessita un rapido e concreto intervento da parte nostra nei rispettivi parlamenti internazionali. Questo è un punto che ritengo di massima importanza dato che è solo all’interno dei nostri parlamenti che possiamo far valere la nostra voce e possiamo concretamente aiutare il bilancio del Consiglio d’Europa. In questa sede, dobbiamo limitarci a registrare una mancanza di volontà da parte degli Stati membri a fornire risorse finanziarie addizionali per la nostra Organizzazione. Quello che facciamo e possiamo fare, invece, è offrire un percorso politico per il Consiglio d’Europa. Non siamo però in grado di dare quell’impulso, quel sostegno finanziario di cui quest’Organizzazione ha bisogno; un’organizzazione che è nata per difendere la pace, la democrazia, il rispetto dei diritti dell’uomo e delle minoranze, le libertà insomma di tutti noi cittadini; valori e principi di cui tutto il mondo, non solo l’Europa, ha bisogno, soprattutto, in un momento così drammatico.

            Proprio perché viviamo in un periodo in cui sembrano come svaniti i saldi confini del diritto internazionale, in cui sembra prospettarsi all’orizzonte un mondo hobbesiano in cui sarà il più forte a dominare, l’Europa non può permettersi di ridurre il suo impegno nel campo della democrazia e della difesa dei diritti dell’uomo. L’Europa non può arrendersi di fronte al dramma di una guerra e deve già cominciare a pensare al dopoguerra dove i buoni rapporti europei con il mondo arabo saranno fondamentali per istaurare un clima di reciproca fiducia e rispetto.

            I governi del Consiglio d’Europa non possono far mancare le risorse necessarie per combattere il terrorismo, il riciclaggio del denaro sporco ed altri crimini che minano le basi delle nostre società. Non possiamo neppure distogliere le risorse stanziate a sostegno delle altre attività del Consiglio d’Europa tese al consolidamento delle istituzioni democratiche, in particolare nei Balcani, ed alla lotta contro il terrorismo ed il riciclaggio di denaro sporco per finanziare la Corte europea dei diritti dell’uomo, sebbene sia l’organo deputato a salvaguardare i diritti civili e politici dei cittadini europei. Il Comitato dei Ministri in questo caso è colpevole dato che ha approvato nel luglio del 2002 un documento che identificava, con una certa esattezza, le richieste finanziarie della Corte fino al 2005. Non può adesso chiedere al Segretario generale del Consiglio d’Europa di trovare all’interno di un bilancio a crescita zero quei 12,7 milioni di euro di cui la Corte ha bisogno per il 2004. Altrimenti, cosa farà il Segretario generale del Consiglio d’Europa nel 2005 nel caso in cui il Comitato dei Ministri gli chieda di trovare, all’interno delle risorse finanziarie esistenti, altri 14 milioni di euro per soddisfare le legittime richieste della Corte?

            Vogliamo veramente, colleghi, distruggere il patrimonio del Consiglio d’Europa permettendo alla Corte di “inghiottire” lentamente, ma inesorabilmente, tutte le altre attività? Vogliamo veramente ridurre il ruolo del Consiglio d’Europa nei Balcani, dove la sua esperienza può essere fondamentale per consolidare le istituzioni politiche e democratiche di quella tormentata regione?

            Non sarebbe il caso di cominciare a muoverci nei nostri parlamenti nazionali per ottenere queste risorse addizionali? Altrimenti, saremo tutti responsabili di aver condannato all’impotenza quest’Organizzazione che ottempera con onore e dedizione i suoi obblighi statutari da oltre cinquant’anni.

            Vorrei richiamare la vostra attenzione anche sull’azione di riduzione dei costi e sulle politiche del personale che il Segretario generale ha attuato durante il suo mandato. Il signor Schwimmer ha ridotto molte spese in vari settori dell’Organizzazione che gli hanno permesso di finanziare i programmi di assistenza a beneficio di molti Paesi e di intraprendere  una serie di “operazioni sul campo” che hanno dato maggior sostanza e visibilità al Consiglio d’Europa. Pertanto, vorrei ringraziarlo del suo lavoro che ha favorito un’ottimizzazione delle risorse finanziarie del Consiglio. E’ chiaro, dunque, che già per il 2004 non esistono più grossi margini di riduzione delle spese.

            In preparazione a questo dibattito, ho letto con molta attenzione il documento del Segretario generale del Consiglio d’Europa che verte sulle priorità di bilancio per il 2004. In questo testo, il signor Schwimmer chiede un bilancio di circa 190 milioni di euro che rappresenta una modesta crescita del 7,9 per cento, modesta se consideriamo che dei 15 milioni di euro aggiuntivi, quasi 13 saranno destinati alle attività della Corte. Ne rimangono pertanto 2 per le spese statutarie e per mettere in sicurezza quest’edificio che fu costruito nel lontano 1977. Vi appaiono queste cifre eccessive per un’organizzazione che conta 44 Stati membri? Io credo, invece, che il bilancio per il 2004 debba raggiungere 200 milioni di euro visto che vi sono progetti in attesa per quasi 9 milioni di euro che meritano un rapido finanziamento.

            Per corroborare la mia tesi, mi permetto di proporvi un esempio. Nel 2002, la Commissione europea di Bruxelles ha stanziato 104 milioni di euro solo per i programmi inerenti al consolidamento democratico e al rafforzamento dello stato di diritto. In altre parole, ha stanziato 40 milioni di euro in più di quanto il Consiglio d’Europa avrà a disposizione nel 2004 per finanziare l’insieme delle sue attività intergovernative e di assistenza tecnica.

            Pertanto, se il prossimo anno la situazione di bilancio non cambierà, potremmo avere delle sgradite sorprese anche per il bilancio della nostra Assemblea che è finanziata dallo stesso bilancio ordinario del Consiglio d’Europa, che a sua volta riceve i fondi dai Ministeri degli affari esteri. E’ probabile che il Segretario generale sia costretto, nonostante non ne abbia alcuna intenzione, a ridurre le dotazioni per la nostra Assemblea. Questo avrà delle immediate conseguenze sul suo funzionamento e su quello delle rispettive Commissioni parlamentari. E’ bene che tutti i colleghi siano informati e che si rendano conto che solo attraverso un loro diretto impegno politico la situazione di bilancio potrà mutare.

            Prima di passare ad un breve esame delle richieste della nostra Assemblea per il 2004, vorrei mettere in rilievo la proposta, che ho deciso di inserire anche quest’anno, tesa a concedere alla nostra Assemblea parlamentare poteri di co-decisione in materia di bilancio. La ratio di questa proposta è semplice. Ritengo che la nostra Assemblea abbia sempre dato un valido indirizzo politico al Comitato dei Ministri in materia di bilancio ed è per questo che sono convinto che un accresciuto potere della nostra Assemblea non possa non favorire il Consiglio d’Europa.

            Passando ora ad un breve esame per il 2004, la proposta che ritengo più urgente è quella attinente al sistema di voto. Come ho già riferito in Commissione, si tratta di un software che è divenuto obsoleto, anche perché venne istallato dal Parlamento europeo nel lontano 1980. Come ho descritto nel mio testo, occorrono 60 mila di euro per poter migliorare la qualità di questo software in modo da renderlo pienamente in linea con i requisiti della nostra Assemblea. La richiesta è particolarmente urgente poiché sono stato informato che la produzione della carta di voto – per intenderci quella blue – è stata interrotta. Pertanto, si potrebbe persino verificare il caso che nuovi membri dell’Assemblea rimangano senza carta per votare dato che non è stata più prodotta; una situazione assurda ed imbarazzante che deve essere evitata ad ogni costo.

            Cari colleghi, è su questa analisi e su questa conclusione che vi chiedo di votare i miei due testi che ho cercato di redigere tenendo in dovuta considerazione il bene primario, vale a dire il buon funzionamento di questa istituzione internazionale che difende con forza e passione i valori ed i principi di tutti i cittadini europei. Non possiamo certo permettere che temporanee difficoltà di bilancio incrinino un patrimonio che testimonia  l’impegno europeo per la tutela dei diritti dell’uomo e delle minoranze, a favore della democrazia e del pluralismo politico ed a favore della preminenza del diritto.

            Ringrazio i colleghi per l’attenzione prestata, concludo il mio intervento (Applausi).

BUDIN. Signor Presidente, desidero innanzitutto ringraziare il collega Crema per il suo ottimo lavoro che ci ha fatto comprendere – o almeno a me ha fatto comprendere – il bilancio del Consiglio d’Europa. Per questo motivo mi sento di intervenire e sostenere le sue tesi con argomentazioni ovviamente politiche e non certamente tecniche.

            Dall’analisi compiuta dal relatore si evince che molti governi europei non sembra attribuiscano al Consiglio d’Europa il peso e il ruolo che la storia in questi decenni gli ha riconosciuto, e che anche l’attualità, a mio parere, gli sta confermando. Senza dubbio è anche vero che molti parlamentari – io per primo – forse non si sono impegnati fino ad oggi affinché le dotazioni di bilancio di questo organismo internazionale fossero aumentate in proporzione ai suoi compiti statutari che, tra l’altro, sono stati ampliati nel corso dell’ultimo decennio.

            Sembra che i governi non vogliano riconoscere che diminuire la capacità d’azione, l’impatto politico del Consiglio d’Europa, possa danneggiare quello che potremmo definire il mastice europeo, una sostanza adesiva io cui elementi si chiamano democrazia, pluralismo politico, rispetto dei diritti dell’uomo, minoranze, primato del diritto e la lotta alla crescente esclusione sociale.

            Questo mastice ha permesso non solo di costruire le fondamenta del nostro edificio europeo ma soprattutto di creare uno spazio giuridico europeo basato sulle libertà fondamentali e il diritto. Queste sono cose note! Non mi sembra pertanto costruttivo che, in un momento storico in cui la sfiducia nei valori delle nostre società moderne e nelle istituzioni è crescente, ed in cui le regole del diritto internazionale vengono calpestate e le iniziative diplomatiche sconfitte con il ricorso alla guerra, i governi europei abbiamo l’intenzione di negare 15 milioni di euro per un esercizio finanziario.

            Stiamo parlando di cifre particolarmente modeste se pensiamo che si tratta di un investimento per la democrazia, la stabilità e quindi lo sviluppo. I nuovi Stati membri, in particolare la regione balcanica, credono abbiano un assoluto bisogno dell’assistenza tecnica e politica del Consiglio d’Europa.

            I governi europei vorrebbero davvero indebolire questa organizzazione che è da tutti considerata come guardiano dei diritti dell’uomo e della democrazia in Europa? Desiderano veramente finanziare la Corte europea sottraendo le risorse ad altre attività del Consiglio d’Europa quali la lotta contro la criminalità finanziaria, l’economia illegale, il terrorismo, la tutela dei diritti sociali, solo per citare alcuni esempi?

            Se è vero che la Convenzione europea è nata per dare nuova linfa alla costruzione politica dell’Europa, mi sembra allora incomprensibile negare i fondi necessari per quei programmi tesi alla prevenzione ed al consolidamento democratico che sono posti in essere dal Consiglio d’Europa.

            E’ possibile difendere la pace, la democrazia e la tutela dei diritti dell’uomo ma poi “smentirsi” per soli 15 milioni di euro, da ripartire, tra l’altro, tra 44 Stati membri fra cui – voglio ricordarlo – c’è maggioranza degli otto Grandi del mondo?

            Mi auguro che l’Europa, dopo essersi lacerata sulla guerra in Iraq, non commetta l’errore di non promuovere attivamente con un impegno più concreto il consolidamento democratico e politico nei paesi in cui questi valori non sono ancora saldi.

            Risulta ormai chiaro, credo, che questo impegno più concreto è la vera condizione per rilanciare la credibilità e il ruolo delle istituzioni europee: Consiglio d’Europa ed Unione europea, quali fattori di stabilità in Europa e nel mondo.

            Il rafforzamento di questo impegno è “la condizione” per avere davvero in Europa una politica estera di sicurezza e difesa unica, forte e vera. Tutto sommato il ruolo del Consiglio d’Europa è funzionale anche a questo.

            Direi quindi che per troppe ragioni, il Consiglio d’Europa deve essere valorizzato (Applausi)!

CREMA, Rapporteur de la commission des questions économiques et du développement (Doc. nn. 9734-9735). Signor Presidente, è giusto che io intervenga in sede di replica, anche se consumerò molto meno dei quattro minuti che ho a disposizione.

            Ringrazio tutti i colleghi che sono intervenuti nel dibattito nonché i funzionari del Segretariato generale e i funzionari della nostra Commissione e sottocommissione Bilancio, perché se le informazioni in mio possesso sono esatte, per approvare il bilancio al nostro esame abbiamo impiegato un mese in meno rispetto alle altre volte.

            Con riferimento ai 15 milioni di euro di cui si è parlato Terry Davis ha fatto l’esempio che i cittadini europei hanno bisogno di scarpe ed hanno molto più necessità di questo. Io invece vorrei citare l’esempio di chi adopera… la Ferrari! Noi parliamo di 15 milioni di euro che rappresentano il costo di quattro giorni del lavoro compiuto qui a Strasburgo dal Parlamento europeo. Mi sembra dunque che siamo senz’altro nelle condizioni di poter chiedere ai governi quanto si è detto; questo non lo dico io, bensì il Segretario generale del Parlamento europeo, che cita il costo delle sessioni del Parlamento europeo. Quarantotto giorni di lavoro compiuto dal Parlamento europeo hanno un costo pari al bilancio in corso del Consiglio d’Europa.

            Parliamo quindi della necessità delle scarpe per i cittadini europei e non di dotarli di una… Ferrarina! Penso quindi che i governi dei paesi che fanno parte del Consiglio d’Europa debbano riflettere seriamente su quanto fanno o non fanno a favore della democrazia di base dei cittadini europei (Applausi).

CREMA, Rapporteur de la commission des questions économiques et du développement (Doc. nn. 9734-9735). Esprimo parere favorevole sull’emendamento n.1 riferito al Documento n. 9734.