SESSIONE ORDINARIA 2004

(Prima parte)

ATTI

della ottava seduta

Venerdì 30 gennaio 2004 - ore 9

ADDENDUM I

DISCORSI IN ITALIANO NON PRONUNCIATI


GUBERT

On.le Presidente, onorevoli colleghi, entrambi i Documenti al nostro esame richiamano l’attenzione sugli effetti del prossimo spostamento di frontiera, quella dell’Unione Europea, dividendo Paesi che, un tempo, formavano un unico sistema, quello dell’Europa Orientale assieme all’Unione Sovietica. E tale spostamento è tanto più rilevante quanto più l’Unione Europea assume i poteri di uno stato, un unico regime delle frontiere esterne, uniche regole di politica economica, unica moneta, misure di attenuazione degli squilibri territoriali,ecc.

Esiste un’altra entità europea, assai più debole, essenzialmente intergovernativa, con una portata assai più imitata, quando non solo simbolica, è il Consiglio d” Europa. Essa ha avuto ed ha però una funzione rilevante anche rispetto alla costruzione dell’Unione Europea: quella di preparare il passaggio dalla situazione precedente a quella futura, soprattutto sul piano della democrazia, del rispetto dei diritti umani, della cooperazione fra Stati. Si accompagna a tale azione quella della stessa Unione Europea, particolarmente con i Paesi candidati a far parte dell’Unione, ma non solo.

E’ ragionevole suggerire misure che non rendano troppo netta la frattura fra i Paesi che regolano i passaggi di persone tra i loro confini secondo il regime di Schengen e gli altri Paesi europei? Certamente si.

E’ ragionevole suggerire misure che tendano a ridurre gli squilibri economici e sociali in Europa? Certamente si.

Pertanto entrambi i rapporti meritano sostegno a meno che sul regime dei transiti non vengano approvati emendamenti che indeboliscono il controllo di sicurezza degli Stati dell’Unione Europea.

La comune cultura europea, la possibilità territoriale giustificano una gradualità nella distinzione dentro-fuori, interno-esterno. Tuttavia tale gradualità deve essere rapportata alla prevedibilità dei flussi che possono attraversare i confini dell’Unione e degli Stati vicini, deve essere rapportata alla capacità di non rendere vane le misure di riequilibrio territoriale.

Se i flussi sono nocivi, flussi di prostituzione, droghe, armi, clandestini, malavita organizzata, non si può pretendere l’apertura dei confini. Se corruzione politica e incapacità organizzativa rendono poco efficaci le risorse che la solidarietà rende disponibili per il riequilibrio, non si può pretendere che la solidarietà duri a lungo.

E vi è, infine, da richiamare anche la necessità di una solidarietà politica europea. Non si può fare appello alle comunanze storiche e culturali, al comune destino europeo e poi prestarsi a fare portatori d’interessi che hanno la loro base fuori d’Europa. Solo se prevale la comune appartenenza europea anche nelle scelte politiche sulla scena globale, ha senso chiedere in Europa maggiori libertà d’entrata e d’uscita attraverso i confini, maggiore impegno nel riequilibrio territoriale. Altrimenti con quale forza legittimante si chiede tutto ciò?