SESSIONE ORDINARIA 2004

(Terza parte)

ATTI

della ventiduesima seduta

Giovedì 24 giugno 2004 - ore 10

DISCORSI PRONUNCIATI IN ITALIANO


de ZULUETA

Presidente, vorrei in primo luogo ringraziare il personale del Segretariato della Commissione per il prezioso e qualificato contributo, vorrei anche ringraziare i colleghi della Commissione giuridica per un lavora di partnership che è stato davvero rafforzativo.

La grave situazione in Iraq è stata e rimane oggetto di una continua attenzione da parte della nostra Assemblea come testimoniano tre successive risoluzioni approvate in altrettante Sessioni. E non poteva che essere così. L’attacco all’Iraq ha portato la guerra e le sue conseguenze alle frontiere di un nostro paese membro, mentre altri paesi membri sono stati coinvolti nella coalizione militare che ha guidato l’occupazione. Altri ancora si erano fermamente schierati contro.

Questa divisione ha ferito e indebolito l’Europa. Oggi riteniamo che ci sono le condizioni per trovare una ricomposizione, basata sul diritto internazionale, lungo la strada indicata dalla Risoluzione 1546 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, approvata all’unanimità all’inizio di questo mese.

La nostra Assemblea si è opposta all’attacco unilaterale all’Iraq, senza previa autorizzazione da parte del Consiglio di sicurezza, perché ha costituito una sfida fondamentale ai principi di sicurezza collettiva e alla Carta delle Nazioni Unite e dunque agli stessi principi di diritto internazionale su cui si fonda la nostra organizzazione.

Oggi però constatiamo con soddisfazione che questi principi, e soprattutto il ruolo insostituibile delle Nazioni Unite quale fonte primaria di legittimità, sono stati riconosciuti nella ricerca di un accordo unanime nel Consiglio di sicurezza. La proposta di Risoluzione che oggi sottoponiamo alla vostra approvazione saluta questo accordo unanime come segnale di un fermo impegno da parte della comunità internazionale a superare le sue divisioni per tentare di aiutare il popolo iracheno a riprendersi la piena responsabilità per il proprio futuro.

Non mi faccio illusioni. La cronaca quotidiana di morti e di violenza in Iraq testimonia dell’enorme e perdurante difficoltà ad uscire da una crisi che getta un’ombra oscura sul mondo intero.

Il lutto che ha colpito la famiglia di un semplice lavoratore in un paese così lontano come la Corea dimostra quanto siano estese le ripercussioni della crisi irachena. La risoluzione esprime le nostre sentite condoglianze a questa e a tutte le vittime del conflitto. Il cittadino coreano Kim Sun Il è stato ucciso in Iraq da un gruppo apparentemente collegato alla rete di Al-Quaeda.  Lungi dall’essere ridotto anche questo anno, il terrorismo internazionale ha seminato morte e distruzione anche nel cuore della vecchia Europa.

Combattere il terrorismo in primo luogo con gli strumenti della cooperazione e del diritto costituisce una delle maggiori sfide di questo inizio del secolo, è una sfida alla quale il Consiglio d’Europa dovrà dare il suo contributo.

Ieri ho letto con interesse e soddisfazione l’articolo di Laila Freivalds e Jack Straw, ministri degli esteri della Svezia e della Gran Bretagna, due paesi che erano in disaccordo sulla guerra in Iraq ma che oggi dichiarano il loro impegno comune a costruire un ordine globale basato sulla giustizia e il diritto internazionale. I due ministri ripetono i motivi imprescindibili politici, legali e morali per cui la lotta al terrorismo deve essere condotta nel rispetto dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale. Purtroppo non è stato così in Iraq e anche altrove.

La nostra proposta di risoluzione condanna e deplora l’uso della tortura contro i detenuti e propone una serie di precisi impegni per riportare tutte le forze militari presenti in Iraq sotto l’ombrello del diritto, anche però del Tribunale Penale Internazionale. Chiediamo che questo principio sia esteso anche ai cosiddetti contractors, il personale militare e di sicurezza ingaggiato da compagnie militari private, a cui si è fatto ricorso massicciamente nel conflitto.

Dobbiamo raddoppiare, amici e colleghi, gli sforzi affinché nessun paese, per nessuna ragione, ricorra alla tortura. A questo fine chiediamo la ratifica da parte di tutti i paesi membri, ma anche osservatori, del protocollo aggiuntivo alla convenzione ONU contro la tortura, un protocollo che consentirà visite di controllo periodiche in tutti i luoghi di detenzione.

In risposta alla richiesta di aiuto internazionale per l’Iraq formulata dalla risoluzione del Consiglio di Sicurezza, proponiamo le specifiche competenze del Consiglio d’Europa nei campi della legge costituzionale, del diritto e dell’elezione oltre che dell’educazione. Sono tutte proposte di cooperazione avanzate in uno spirito di riconciliazione. Ma le vere riconciliazioni, Signor Presidente, sono basate su verità condivise.

A questo fine saluto con ammirazione lo sforzo di verità intrapreso dalla Commissione indipendente e bipartisan sugli attacchi terroristici dell’11 settembre del Congresso Americano che ha accertato tra l’altro che non ci sono ad oggi prove di legami tra Saddam Hussein e l’organizzazione di Al-Quaeda.

Il miglior modo per evitare il disastro di nuove guerre unilaterali è quello di chiarire i motivi di quella sperimentata in Iraq. Anche la sicurezza, cari colleghi, si basa su verità e giustizia. Grazie.

GUBERT

Signor Presidente, onorevoli Colleghi, più volte la nostra Assemblea ha espresso la nostra posizione riguardo alla situazione irachena, prima pronunciandosi criticamente sull’intervento militare unilateralmente deciso dagli Stati Uniti al quale si sono associati alcuni altri paesi, in particolare la Gran Bretagna, e poi, chiedendo che il processo di ricostruzione delle strutture statali in Iraq avvenga con un processo governato dalle Nazioni Unite.

Le gravi difficoltà delle Stati Uniti e della Gran Bretagna nel gestire la fase successiva all’intervento armato per distruggere l’apparato statale iracheno, hanno indotto gli Stati Uniti e la Gran Bretagna a cambiare linea e a chiedere che siano l’ONU e il suo Consiglio di Sicurezza a pronunciarsi sulle modalità della transizione dall’occupazione militare all’indipendenza.

E con grande generosità gli Stati tra cui membri importanti del Consiglio d’Europa, parte della disprezzata vecchia Europa, hanno accettato tale richiesta.

Con il prossimo mese, sia pur secondo una soluzione di compromesso, cesserà il regime d’occupazione. Il nuovo governo non è un governo democratico espresso per alcune questioni, compresa la sua composizione e la sicurezza. Esso ha dovuto e dovrà avere il benestare degli occupanti ma rappresenta comunque uno strumento di parziale autonomia del governo iracheno.

In che modo può incoraggiare il Consiglio d’Europa il processo positivo intrapreso? La proposta di risoluzione individua alcuni modi significativi, per lo più relativi al patrimonio di esperienza che il Consiglio d’Europa ha. Ve ne sono di politici: in primo luogo il Consiglio d’Europa non deve mettere da parte la lezione irachena sui modi appropriati per lottare contro il terrorismo. L’intervento armato contro uno Stato ha incentivato il terrorismo anziché limitarlo e poi, quante vittime - se dovessimo dire che il loro obiettivo era quello di rimuovere Saddam - quante vittime per rimuovere Saddam!

Il Consiglio d’Europa non deve mettere da parte l’analisi delle ragioni per cui una parte seppur minoritaria degli Stati europei ha in forme diverse sostenuto l’intervento degli Stati Uniti d’America, pur di fronte alla maggioranza dei membri del Consiglio di Sicurezza - non i tre paesi con diritto di veto - ma la maggioranza dei membri del Consiglio di Sicurezza dell’ONU che non approvavano tale intervento armato.

Che cosa ha indotto tali Stati a trascurare le prese di posizione della nostra Assemblea, quelle della WEO, della stragrande maggioranza delle organizzazioni pubbliche anche al loro interno, per sostenere gli USA?  Quindi serve analizzare le cause della preferenza data da alcuni paesi europei a soluzioni unilaterali con legittimazione della guerra preventiva anziché preferire la posizione della nostra Assemblea e quella dell’ONU.

Non è saggio dimenticare per non affrontare i problemi. Ma serve anche agire a sostegno dell’Iraq oggi, nel nuovo quadro delineato dall’ONU. Non può che essere una soluzione politica ma non può mancare - pur nel quadro più ampio - un’attenzione a tutto il Medio Oriente.

Serve innanzitutto agire per ridare all’Iraq il pieno dominio sulle sue risorse economiche. Il suo petrolio non può essere di fatto espropriato attraverso l’imposizione all’Iraq di debiti di guerra per una guerra subita e illegittima. Il governo iracheno deve poter decidere dell’impiego delle risorse senza limitazioni circa la nazionalità delle imprese chiamate alla ricostruzione. Non possono essere premiate le imprese degli Stati che hanno aggredito in modo illegittimo.

Il Consiglio d’Europa deve in definitiva vigilare affinché i suoi Stati membri agiscano secondo i principi di rispetto della sovranità degli Stati e dei valori di libertà, d’eguaglianza e di giustizia.

Non è serio qui essere severi con qualche Stato da poco approdato alla democrazia e invece tacere di fronte a gravi violazioni di diritto internazionale di Stati che pensano invece di essere maestri di democrazia e di promozione di diritti umani, anche qui nella nostra Assemblea.

Grazie Signor Presidente.