SESSIONE ORDINARIA 2004

(Terza parte)

ATTI

della ventitreesima seduta

Giovedì 24 giugno 2004 - ore 15

DISCORSI PRONUNCIATI IN ITALIANO


MALGIERI

Presidente, dal progetto di risoluzione e dalla relazione che lo accompagna si evince che in Italia la libertà di stampa e informazione sarebbe limitata per responsabilità diretta del Governo e della maggioranza che lo sostiene. Tale impressione è asseverata da una ricostruzione imprecisa e grossolana della situazione dei mezzi di comunicazione di massa  che non tiene conto dello sviluppo complesso ed a volte contraddittorio delle normative che nei decenni precedenti hanno regolamentato il settore dell’informazione nel mio paese.

Che esista un conflitto d’interessi intorno al quale ruota il progetto di risoluzione al nostro esame è noto e n’è consapevole anche il Presidente del Consiglio Berlusconi. Conflitto d’interesse che una legge in via di approvazione sta peraltro regolamentando. Ma mi chiedo: come mai, per quale motivo nella scorsa legislatura la maggioranza di centro-sinistra, oggi all’opposizione, non ha messo fine a questa anomalia? Eppure un ramo del Parlamento, la Camera dei Deputati aveva approvato a grande maggioranza la legge in materia. Poi, approdata al Senato non se n’è fatto più nulla. Il signor Mooney avrebbe dovuto indagare su questa vicenda e soddisfare così la sua e la nostra curiosità. Invece ha preferito condire la sua relazione con pettegolezzi politico-giornalistici che certo non la rendono molto credibile. Per esempio quando afferma che un’importante giornalista del servizio pubblico sarebbe stata costretta a dimettersi. Non è vero: ha lasciato il più importante telegiornale, il TG1, che ha condotto fino all’ultimo giorno, soltanto perché s’è candidata alle elezioni europee ed è stata eletta nelle liste dell’Ulivo.

L’onorevole Mooney cita e stigmatizza il duopolio televisivo ma dimentica che tre referendum popolari hanno sancito la situazione esistente in Italia. Per me, il giudizio degli italiani , con tutto il rispetto, vale più delle opinioni in materia dell’onorevole Mooney.  Ricordo inoltre che  la cosiddetta Legge Gasparri, legge di sistema tanto criticata nel rapporto non posso qui esaminare partitamene come ho fatto in Commissione, è stata votata dal Parlamento italiano a stragrande maggioranza dopo ben otto letture parlamentari, con quasi quindicimila emendamenti discussi e votati , trecento ore di sedute tra commissioni e aule e centinaia di voti segreti. Può non piacere questa legge, naturalmente, ma la volontà di un libero Parlamento come quello italiano deve o non deve essere rispettata perfino dal Consiglio d’Europa?

Considero poi molto grave che nel progetto di risoluzione s’additi il Primo ministro italiano come cattivo esempio per le giovani democrazie, è un’impostazione che non si addice alle tradizioni e allo spirito del Consiglio d’Europa. Questa relazione per i motivi esposti e per altri si configura come un’ingerenza intollerabile negli affari legislativi e politici di uno Stato sovrano. Del resto il progetto risulta francamente inemendabile, ho provato ad emendarlo ma l’onorevole Mooney ha respinto perfino gli emendamenti formali che avevo proposto nella Commissione cultura a Barcellona. So bene che l’onorevole Mooney, che secondo l’articolo 10 della Convenzione europea dei diritti umani e secondo la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo gli Stati hanno il dovere di  proteggere e se necessario prendere provvedimenti per tutelare e promuovere il pluralismo dei mezzi di comunicazione. Ma lei deve convenire che in Italia non esiste, e non potrebbe esistere, nessuna legge che preveda il contrario. Dunque, su che cosa si fonda la sua requisitoria? Sul conflitto d’interessi? Naturale, lo abbiamo già detto ricordando il problema che chi poteva risolverlo non lo ha fatto. Lo farà l’attuale maggioranza e se la soluzione non le piacerà vorrà dire che se ne farà una ragione. Grazie.

MANZELLA

Presidente, il rapporto Mooney è esemplare per completezza d’analisi e per correttezza di conclusioni. E’ una testimonianza di verità. Vi è in Italia un monopolio televisivo di fatto. In stridente contrasto con i principi del pluralismo democratico e delle concorrenza paritaria nello spazio della comunicazione politica

La denuncia di questa situazione non è solo politica, se così fosse, non saremmo certo qui in sede sopranazionale a parlarne. E’ una denuncia basata sulle stesse ragioni d’equilibrio costituzionale esposte in molte sentenze della nostra Corte costituzionale, in molte decisioni delle nostre autorità indipendenti di garanzia, in esplicite prese di posizione dei presidenti della repubblica che si sono succeduti nel tempo.

Se una questione così grave è ancora aperta in Italia, la ragione è semplice. Il non averla prevista in anticipo, di non aver diagnosticato in tempo questo male acuto per la normalità democratica, ha provocato una vera e propria “alternativa del diavolo”. L’alternativa tra principio democrativo e principi dello stato di diritto. Tale che una riaffermazione di queste regole avrebbe, almeno apparentemente, provocato una lesione democratica. D’altra parte un’assoluta difesa del principio democrativo avrebbe determinato,come in effetti determina, una clamorosa ferita ai principi dello Stato costituzionale.

Questo spiega perché anche negli anni in cui v’è stata un’esigua maggioranza parlamentare contraria all’attuale questa stortura giuridica non si è potuta risolvere. Solo il diretto interessato potrebbe farlo se davvero lo volesse. Qui siamo in una sede parlamentare sopranazionale, le ragioni italo-italiane non valgono, qui la protezione dei diritti deve essere assoluta e soprattutto esemplare, specie ora che il diritto all’informazione è stato rafforzato dalla Costituzione europea appena approvata.

Ecco perché la parte più valida del rapporto Mooney è quella che si rivolge alle giovani democrazie e le mette in guardia dal seguire la cattiva strada del monopolio governativo dei  mezzi di comunicazione di massa.

Uno dei paesi fondatori di questo Consiglio è diventato dunque, a causa di quest’anomalia, un pessimo maestro da non imitare. E’ assai triste per noi italiani constatarlo, ma è giusto che questo accada. Perché non esiste democrazia tanto forte da essere immune da crisi e da errori. E perché la forza di una democrazia è nella capacità di correggere i propri errori e le proprie crisi, il corpo elettorale italiano ha cominciato a farlo.

Questa risoluzione, così puntuale e ragionevole, non è dunque una condanna ma un richiamo per i vecchi e i nuovi Stati alle stesse ragioni fondative di questo Consiglio e della sua Carta dei diritti. Grazie.

AZZOLINI

Presidente, devo dire che questa settimana mi è toccato per la seconda volta di prendere la parola. Sono restio ad intervenire, sono di quella scuola che preferisce operare in luogo d’apparire, certe volte però bisogna rendere evidente la propria credibilità personale quando si ritiene di dover sostenere una causa giusta.

La mia causa non riflette assolutamente il merito della relazione Mooney, avete avuto modo di leggere e di considerare che tra il collega Mooney, giornalista e parlamentare, e me esiste un rapporto di cordialità, di reciproca considerazione ma ci sono stati fra di noi dei momenti di vuoto. Si è creato un vuoto di non comprensione, egli stesso nell’esordio della sua relazione ringrazia la mia delegazione e me per la nostra disponibilità e come non esserlo? Dissi una frase: veni, vidi, vici, vieni, vedi e scrivi. Il fatto che potete rilevare voi stessi e che ho eccepito allo stesso collega Mooney è che tra le premesse della relazione e le conclusioni c’è il vuoto di non comprensione.

Se avesse dovuto il relatore dar seguito agli ascolti e ai rilevamenti fatti in sede di conoscenza, avrebbe dovuto trarre delle conclusioni in senso positivo e non in senso così distruttivo, dell’immagine di un paese che ha una cultura di civiltà e di democrazia. Rimango perplesso trovo il rifiuto a determinate indicazioni che mio tramite il collega Malgieri, il cui contenuto d’intervento non posso che sottoscrivere perché è compiuto, mirato ed analizzato. Ho fatto soltanto un intervento di mediazione tra le istanze e la loro naturale evoluzione, ripeto sono rimasto perplesso quando non sono riuscito a comprendere le ragioni del rifiuto totale a qualsiasi forma di emendamento anche formale che il collega Malgieri ha chiesto a Barcellona in sede di Commissione.

Prescindendo dai meriti che lascio all’intelligenza, alla valutazione e al giudizio di ciascun collega parlamentare indipendentemente dall’area d’appartenenza politica perché qui stiamo parlando veramente in una sede sopranazionale collega Manzella, mi dispiace sia andato via, ma di solito credo che queste osservazioni vadano attese in modo più compiuto, affinché si possa essere esposti anche visivamente con gli assunti che si esternano in questi consessi, mi pongo la domanda perché in questa sede così portata dalla Commissione cultura dovrebbe poi deliberare un qualcosa che a mio avviso non fa onore all’istituzione che salvaguarda i diritti umani e la democrazia.

Stiamo parlando di qualcosa che non esiste, nessuno nel mio paese e tanto meno nella mia delegazione ha negato che esiste un problema di conflitto d’interessi ma è altrettanto vero che non è stata affrontato nei modi e nei tempi giusti e che questa maggioranza s’è accinta a farlo. I processi all’intenzione; l’angoscia della collega Severinsen che in Italia stia per calare la scure della dittatura o del regime è un’angoscia che io lascerei ad una valutazione più medicale che politica perché questo discorso non consente nemmeno al giovane collega che ha parlato poc’ anzi di esprimersi in questo modo verso il mio paese che è uno Stato membro fondatore di questa collettività e di quell’altra al di là del fiume. Ho qui riportiamo il ruolo e la funzione dello Statuto del Consiglio d’Europa al suo pieno vigore oppure credo che diventeremo un club di opinionisti. Grazie.

RIZZI

Lei, onorevole Mooney, è relatore del progetto di risoluzione che è dinanzi a noi e quindi ne è l’estensore. Lei probabilmente non si è reso conto nello scriverlo, ma è incorso in alcune clamorose contraddizioni. Lei dichiara che l’Italia è un membro fondatore del Consiglio d’Europa ed è un paese convinto assertore dei suoi ideali. E questo è vero, l’Italia è un paese europeista ad altissima percentuale.

Ma quando Lei parla delle preoccupazioni di quest’Assemblea per la concentrazione di potere politico ed economico nelle mani di una sola persona, il Presidente del Consiglio onorevole Silvio Berlusconi, pare a me ma anche a moltissimi altri che Lei parli di un altro Stato.

Ma dove crede sia stato eletto Silvio Berlusconi se non Italia e da molti e molti milioni di Italiani che di Berlusconi sapevano e sanno tutto e la sua elezione a capo della maggioranza nel 2001, la trionfale affermazione del suo partito, Forza Italia, non avvenne con il possesso degli strumenti che Lei oggi denuncia e che allora erano saldamente nelle mani dell’attuale minoranza, cioè della sinistra.

Caro collega Mooney, Canale 5, una delle tre reti televisive di Mediaset, non è mai stata e non è agli ordini di Berlusconi come Lei invece lascia intendere ma è indipendente e produce informazione in piena e assoluta libertà e semmai con propensioni politiche diverse da quelle che Lei denuncia; e RAI 3, la televisione di Stato, è controllata dalla sinistra e produce informazione secondo quel taglio. RAI 1 e RAI 2 sono autonome e non soggette ad interferenze: chi non ci crede si informi, al contrario di quando governava la sinistra.

S’informi, collega Mooney, perché il Suo errore è di non essere informato oppure di avere avute informazioni distorte e d’averle accettate come buone. Inoltre, Lei ritiene che l’Assemblea debba deplorare il fatto che i diversi governi italiani che si sono succeduti dal 1994 non siano riusciti a risolvere il problema del conflitto di interessi e che non sia ancora stata approvata una legislazione adeguata dall’attuale Parlamento.

Lei cerca, criticando destra e sinistra in questo modo, di rendersi credibile in questa parte della sua relazione, ostentando equidistanza tra centro sinistra e centro destra e vuole far dire a questa Assemblea che il progetto di legge Frattini, attuale Ministro degli Esteri,  non fornisce un’esauriente e reale soluzione al problema del conflitto d’interessi che riguarda il Presidente Berlusconi.

Ma Lei, Onorevole Mooney, conosce questo progetto di legge? Lo conosce? E l’Assemblea che per Suo tramite dovrebbe dire di no, lo conosce? Parliamone, onorevole Mooney. Dovrà ricredersi. Inoltre Lei sostiene che Berlusconi come capo del governo, può influenzare indirettamente l’ente radiotelevisivo pubblico, la RAI.

Perché, onorevole Mooney, in Irlanda, nel suo paese, non avete un capo del governo? e non avete un ente televisivo pubblico? Ma perché devo per forza supporre che il suo capo del governo influenzi la televisione e non invece che la lasci libera di produrre informazioni secondo principi di libertà e di obiettività, come avviene in Italia?

E perché non dobbiamo poter avere la fiducia che abbiamo verso la libera Irlanda anche verso la libera Italia? Qui si vuole raccontare oggi la favola dell’uomo cattivo che vuole tutto per se e non concede nulla agli altri, che non consente libertà né pluralismo e che vuole recidere i diritti. E’ una storia sbagliata che non ha agganci con la verità, con la realtà. La sua proposta di risoluzione com’è concepita, il suo progetto di raccomandazione così come ci appare, sono un’offesa all’Italia che è un grande paese europeo, libero e democratico, centro di civiltà e di progresso, non solo oggi.

Come cittadino italiano mi sento offeso e deluso. Non ho presentato alcun emendamento, perché il suo lavoro, illustre collega, non è emendabile così come Lei lo ha presentato, è semplicemente irricevibile come irricevibili sono le infamie del bellicoso collega svizzero che contraddice il proverbiale pacifismo svizzero. Da parte mia Le dico no, onorevole Mooney, il mio voto è no. Grazie.

PAOLETTI TANGHERONI

Presidente, onorevoli colleghi, credo sia doveroso, portare quest’Assemblea a conoscenza di alcuni elementi riguardanti il contesto socio-politico dell’Italia, elementi che sembrano ignorati dal rapporto Mooney. Rapporto che, devo dire, si fonda essenzialmente su gossip e neppure raccolti in modo sistematico, ma assolutamente episodici; rapporto che è pieno di errori, ed utilizzo questo termine per non usare il termine “falsità”. Questi errori sono del resto confermati anche dalla sintesi dataci dall’onorevole Mooney, quando afferma che il consiglio della RAI è stato nominato dal Governo. Il consiglio della RAI è nominato, com’è noto a tutti, da due alte istituzioni non legate al Governo, il Presidente della Camera e il Presidente del Senato. S’informi ascoltando anche voci dissidenti, abbiamo sentito il collega russo dirci che ci sono rapporteur sans frontière che dicono che l’Italia è un paese libero e democratico, come mai lei non le ha ascoltate?

L’Italia è un paese libero e democratico e mi dispiace che sia assente il collega Gross. Il Governo attuale dell’Italia è il risultato di libere elezioni, colleghi questo lo dovreste, vi vedo perplessi, se il risultato di queste elezioni non piace a taluni di voi questo non è un nostro problema. E soprattutto se non piace all’onorevole Gross, lui non deve permettersi di dire che il frutto di un procedimento di corruzione dovuto a Silvio Berlusconi perché questo offende tutti gli elettori che hanno votato questo Governo e che abitano in Italia. Nel nostro paese non esiste il “reato d’opinione”, non esistono campi di rieducazione o carceri politiche. Nessun giornalista è stato mai licenziato, né obbligato alle dimissioni. Questo deve essere detto alto e forte, contro quanto affermato dalla Commissione cultura. In Italia esistono circa novanta testate di giornali a diffusione nazionale, la satira politica si fa tranquillamente sia sulle reti Mediaset che sulle reti RAI ed il bersaglio principale d’ogni satira politica, si sa, è il Governo in carica e Berlusconi accetta la satira.

Sono pertanto profondamente offesa dalla proposta di risoluzione del Consiglio d’Europa  e lo sono perché, se avesse senso quello che si afferma nel rapporto Mooney, io, e con me la maggioranza degli italiani di qualsiasi provenienza politica, non solo saremmo all’opposizione rispetto al Governo, ma avremmo intrapreso una vera e propria guerra di liberazione. Abbiamo dato prova di saperlo fare in passato onorevole Mooney.

Ora invece la Commissione cultura del Consiglio d’Europa ci rivela che noi italiani viviamo in un regime liberticida. Non lo sapevo. Davvero Presidente, onorevoli colleghi siete convinto di questo? Lo chiedo perché se lo credete, allora credete tutti che l’Italia è un paese abitato da un popolo di abbrutiti che non si sono accorti neppure che è stata tolta loro la libertà d’espressione.

Ebbene non è così Presidente ed onorevoli colleghi. Con buona pace della Commissione cultura del Consiglio d’Europa, l’Italia è un paese dove chiunque può esprimersi liberamente sui media.

Se il Consiglio d’Europa approverà questa risoluzione, dimostrerà di aver perso ogni capacità di valutazione. Lo dico con franca preoccupazione, colleghi. Ponendo l’Italia, esempio di democrazia e di libertà, sul piano di paesi in cui si perseguono i cittadini per reati d’opinione, il Consiglio subirà una grave perdita di credibilità. Perché non vi è nulla di più pernicioso per un’istituzione che varcare la soglia del ridicolo. Grazie.

de ZULUETA

Presidente, oggi l’Italia è un grande laboratorio a cielo aperto. Nessuna grande democrazia è stata sottoposta a una così massiccia pervasiva e anche prolungata manipolazione mediatica. Dico manipolazione perché quando un monopolista della TV commerciale si trasforma in leader politico e poi anche in capo di governo, con grande potere anche sulla TV pubblica, allora si dà luogo ad una grave anomalia in democrazia. Questo è quello che è successo in Italia.

Pascal  Mooney ha fatto un’analisi giusta e anche impietosa: ha attribuito precise responsabilità non solo a chi abusa del proprio potere mediatico ma anche a chi ha permesso che ciò accadesse; sottolinea che i governi precedenti hanno mancato nel dovere di legiferare in questo campo.

Dicevo del laboratorio italiano: purtroppo dobbiamo constatare che la funzione correttiva dell’informazione in Italia è venuta largamente a mancare. Cito un esempio molto recente: una delle più recenti esternazioni del Presidente Berlusconi è stata l’accusa di imbrogli elettorali che avrebbero consentito la vittoria del centro sinistra nelle recenti elezioni europee e amministrative.

Ora, siccome le elezioni si svolgono sotto la responsabilità del governo e in particolare del Ministro degli Interni, Berlusconi non ha fatto altro che sconfessare il proprio governo e la sua autorità. In un altro paese, una tale sortita avrebbe provocato uno scandalo e un immediato esame critico anche in televisione; invece non è successo niente e così il signor Berlusconi ha potuto lanciare con impunità un oscuro ma ben pubblicato messaggio di legittimazione alla vigilia di un altro appuntamento elettorale.

Altro esempio: il prossimo rapporto, all’attenzione di quest’Assemblea, riguarda un incredibile esempio di legislazione ad uso personale al momento dell’approvazione di questa legge, della cosiddetta legge Cirami. Molti giornalisti stranieri mi chiesero increduli come mai l’opinione pubblica non si era rivoltata contro la sottomissione di un parlamento agli interessi personali di un imputato eccellente. La mia risposta fu semplice: perché non sanno.

Queste e altre leggi ad personam non furono mai spiegate o criticamente discusse e analizzate in televisione e così, anno dopo anno, si è consolidata una grave anomalia in democrazia. Non c’è dubbio che se un nuovo paese membro si presentasse al Consiglio d’Europa con una situazione dei media come quella descritta dal relatore, non sarebbe accettato o se lo fosse, sarebbe sottoposto a una procedura di monitoraggio fino a pieno adeguamento agli standard del Consiglio d’Europa così come richiesto dalla risoluzione.

Mi chiedo dunque, cari colleghi, se non sia arrivato il momento di avviare anche qui una procedura di monitoraggio nei confronti dell’Italia, ma specificamente per quanto riguarda i media, fino al pieno adempimento delle richieste della risoluzione e della raccomandazione che considero documentata e fondata. Grazie.

BUDIN

Presidente, noi ci troviamo di fronte ad una relazione secondo me molto equilibrata, che riflette sulla situazione in un paese - nel mio paese - ma che ribadisce principi che sono validi per tutti noi. Ora, è chiaro che stiamo affrontando una materia che, se si presta a questo tipo di gestione in un paese come l’Italia, che è un paese di democrazia consolidata, significa che siamo di fronte ad una materia dove è difficile imporre le cose, dove è difficile imporre le cose con la forza.

I miei colleghi, una buona parte dei miei colleghi che appartengono allo schieramento politico opposto al mio, si richiamano, infatti, al principio della legittimazione democratica, al principio delle libere elezioni con cui questo Presidente del Consiglio, quest’autorità è stata eletta appunto alla presidenza del Governo italiano. Ma è chiaro che ci si può appellare comunque al principio della legittimazione democratica: il problema sta nel fatto che tra la legittimazione democratica e la persona che in questo momento detiene il posto di Primo Ministro in Italia, c’è un rapporto interdipendente, di perfetta interdipendenza, che si può usare in un senso o nell’altro: si può usare questo rapporto di interdipendenza per adoperarsi, in senso liberale, di attuazione della democrazia liberale; si può usare anche nel senso opposto, cioè quello di tentare di perpetrare la situazione esistente appellandosi appunto ai principi della democrazia e della legittimazione democratica.

Guardate Colleghi, non è appellandosi al fatto che l’altro schieramento politico non avesse introdotto leggi precise o imposto leggi precise su questo, non è questo che può giustificare il comportamento odierno: risulta piuttosto un alibi perché ci sono materie come è questa in cui bisogna dare prova di democrazia dando l’esempio. Questo è il punto: bisogna dare l’esempio perché le leggi, in questa materia, si possono aggirare, è facile aggirarle. Si possono interpretare in maniera parziale, di parte addirittura le sentenze della Corte costituzionale, come avviene oggi in Italia, perché l’ultima legge, la cosiddetta legge Gasparri, che il Parlamento italiano ha approvato, non va nella direzione auspicata dalla relazione di Mooney.

Le leggi quindi si possono aggirare, si possono interpretare – si può anche approfittare dell’assenza di leggi che in Italia c’è perché la storia del nostro paese non aveva prodotto la necessità appunto di legiferarle. Allora, credo che in questa materia bisogna dare prova di democrazia dando l’esempio. Bisogna avere il coraggio politico di sottoporsi al confronto rispettando le regole della democrazia liberale, non soltanto sul piano formale ma anche sul piano sostanziale.

Questo è il punto: il principio del confronto politico ad armi pari vale in questa materia: vale in questa materia perché la materia del pluralismo democratico nei media attiene appunto, come diceva il collega Gross, al controllo democratico di chi detiene il governo, non il potere. Perché se il controllo democratico non c’è, vuol dire che non c’è governo ma c’è potere e credo che bisogna dare prova di democrazia non soltanto all’interno ma anche nei confronti, da parte di una democrazia consolidata come quella italiana, nei confronti delle democrazie più giovani; è questa forse la parte più importante del rapporto di Mooney con la quale concordo ed è la funzione del Consiglio d’Europa che non impone ma richiama e raccomanda e ha iniziato a raccomandare in Italia dove il corpo elettorale, come un altro collega ha ricordato, ha iniziato a dare ragione a chi provvederà a sistemare le cose anche in questa materia. Grazie.

SCHERINI

Presidente, cari colleghi, non è facile oggi pronunciare un intervento sulla questione dei media nel mio paese, da deputato nazionale e membro di questo Consiglio, ma soprattutto da italiano.

Non vi nascondo di sentirmi toccato da questa discussione per ragioni che sono chiare: in primis come italiano che vede il proprio paese coinvolto in maniera pesante, secondariamente da parlamentare che ha contribuito con il proprio lavoro e con il proprio voto a licenziare la legge che oggi viene qui contestata in maniera pesante e ritengo indebita.

Credo che con queste premesse ognuno di voi colleghi possa capire e mi auguro comprendere lo stato d’animo e il sentimento con il quale debbo intervenire. Mai avrei pensato nella mia vita di dover assumere questo ruolo che vi assicuro non auguro a nessuno di Voi.

Non è facile assumere il ruolo d’avvocato difensore: il mio paese non ne ha bisogno in quanto l’oggettività delle cose parla de sé. Da uomo, da cittadino vi assicuro non ho mai percepito e non percepisco alcuna forma di condizionamento dei media che per nostra fortuna sono sempre stati e sono convinto sempre saranno liberi d’esprimere una propria linea.  Da uomo, da cittadino, vi assicuro ho sempre trovato, com’è giusto che sia, diversi e differenti punti di vista ed interpretazioni sui vari giornali e sui diversi canali televisivi.

Il pluralismo e la libertà d’informazione è tradizione nel nostro paese. Da uomo, da cittadino vi assicuro mai mi è capitato di verificare omogeneità nell’informazione fornita dai media che da sempre offrono pluralità di voci. Una pluralità che denota tra i media una differenza di veduta politica com’è giusto ed ovvio sia in una democrazia moderna. Ciò premesso ripeto da uomo e da cittadino sono profondamente toccato e colpito dai contenuti di questo rapporto che raffigura una Italia che non è quella reale. Non è quella reale, non è quella che vive la gente comune che lavora ed abita fuori dai palazzi della politica a cui tutto può essere detto o fatto credere salvo che nel proprio paese, l’Italia, vi sono problemi di libertà d’informazione. Vi assicuro che nessuno non lo ha mai percepito né pensato.

Anzi, cari colleghi, il cittadino comune è sorpreso dai comportamenti dei media e dalla loro infinità libertà d’espressione nei confronti di chiunque, è sorpreso della facilità con cui è possibile sbattere in prima pagina per mesi una persona che poi viene dichiarata innocente ed estranea ai fatti addebitati.

Non voglio comunque uscire minimamente dal contenuto del rapporto e non posso dimenticare d’essere un parlamentare che s’è occupato, della questione dei media in Italia per un lungo periodo di tempo. Orbene oggi questo rapporto ci dice in maniera molto esplicita che il mio umile lavoro unitamente a quello dei miei colleghi della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica non solo non è apprezzato ma addirittura dovrebbe essere sostanzialmente modificato. Non voglio minimamente entrare nel merito né tecnico né giuridico della questione che è stata già ben illustrata dai colleghi che mi hanno preceduto.

Con il mio intervento mi permetto di porre un interrogativo a voi colleghi del Consiglio d’Europa, rivolgendomi alle vostre intelligenze: pensate veramente che migliaia di ore di seduta e di lavoro svolto in commissione ed in aula dai due rami del Parlamento, ch’è un sistema bicamerale perfetto, debbano essere censurate in poche righe di una raccomandazione?  Pensate che uno Stato di democrazia matura come l’Italia debba venire censurato in questa maniera? Non ritenete che questo comportamento leda la libertà d’autodeterminazione di una nazione, l’Italia non ha bisogno di tutela, l’Italia non ha bisogno di monitoraggio. Ricordo che nella questione ha avuto un ruolo marcato il Presidente della Repubblica ch’è intervenuto  con un rinvio motivato alle Camere. Tutto è perfettibile a questo mondo ma sono convinto che il mio Paese attraverso i propri organi costituzionali ha saputo risolvere la questione che oggi una relazione vorrebbe per non risolta.

Colleghi, vi chiedo una riflessione attenta e responsabile su questo punto che sono convinto saprete fare con obiettività e serenità di giudizio. E sull’esempio mi auguro che ogni nazione possa godere del diritto che vige in Italia. Grazie.

de ZULUETA

Presidente, mi sembrava che mancasse un esempio diciamo di una vittima della mancanza di pluralismo in Italia. La società Europa Sette ha vinto una gara per l’associazione di frequenze sulle quali non ha mai potuto trasmettere, questa realtà merita di essere portata all’attenzione dell’Assemblea. Grazie.

MARTY

Signor Presidente, onorevoli Colleghi, solitamente in quest’aula, mi esprimo in una delle due lingue ufficiali del Consiglio, in francese. Oggi però mi esprimo nella mia lingua anche per sottolineare la mia identità culturale italiana e per dire che se il Gruppo Liberale mi ha designato come portavoce, ha designato proprio qualcuno vicinissimo alla sensibilità italiana, che ha con l’Italia rapporti che vanno oltre la simpatia, che vanno oltre l’affetto che si esplicano proprio nell’identità culturale e proprio per far capire bene che oggi non si tratta affatto di fare il processo all’Italia e non si tratta nemmeno di calare lezioni dall’alto.

Si tratta in modo garbato di rivolgersi agli amici per esprimere preoccupazione per certi fatti che stanno accadendo. Fatti preoccupanti, che concernono i valori che sono alla base del Consiglio d’Europa. La preoccupazione nostra è tanto più grande perché concerne un grande paese e vorrei dire, un paese di grande tradizione democratica e giuridica.

Il rapporto illustra molto bene i contenuti e gli effetti perversi della legge Cirami, dunque non entrerò in questi dettagli tecnici. Vorrei sottolineare soprattutto l’aspetto inquietante delle circostanze, delle modalità, delle motivazioni che hanno condotto all’adozione di questa legge, una legge adottata proprio quando il Presidente del Consiglio e altre persone a lui legate sono oggetto di un procedimento penale. Già questo deve indurci a dire che una legge fatta su misura per chi è sotto processo non può essere per definizione una buona legge.

Più preoccupante ancora sono degli attacchi assolutamente indiscriminati all’insieme della magistratura, all’ottima magistratura italiana, provenienti proprio dallo stesso Presidente del Consiglio e dai suoi ministri. Può anche darsi che certi magistrati abbiano ceduto, può anche darsi che certi magistrati si lascino andare ad opinioni politiche; quelli vanno censurati, ma questi attacchi generalizzati alla magistratura costituiscono una delegittimazione del potere giudiziario, questo è grave e deve preoccuparci.

Un processo di delegittimazione che ha conosciuto proprio in questi giorni un ulteriore passo che mina le istituzioni: dopo i risultati deludenti delle recenti elezioni, deludenti per il Presidente del Consiglio, questi non ha trovato altro che lanciare pubblicamente una generica accusa di frode elettorale senza nessuna prova. Questo fenomeno di delegittimazione è, lo ripeto e lo sottolineo, gravissimo perché mina la fiducia nelle istituzioni.

Ma ho fiducia, una grande fiducia perché conosco bene il popolo italiano e so che saprà reagire come sempre ha saputo fare: se parliamo oggi della legge Cirami è perché la sua valenza va ben oltre i confini della penisola, tocca i valori fondamentali nei quali ci riconosciamo in questa casa e dunque è un motivo di riflessione e di preoccupazione per noi. Sono certo che l’Italia ritornerà ad essere quella che abbiamo sempre definito la culla del diritto. Grazie.

GABURRO

Signor Presidente, colleghi, vorrei spiegare in maniera semplice un fatto del quale credo che i colleghi dell’Assemblea abbiano il diritto di avere piena conoscenza. C’era una norma costituzionale molto semplice, dichiarata tale con la sentenza n° 50 del 1963, che prevedeva che allorquando vi fosse il sospetto che un processo si tenesse davanti a giudici condizionati e in un ambiente apparentemente imparziale quel processo dovesse essere spostato.

Quella norma prevedeva anche che durante lo spostamento non decorresse alcuna prescrizione e che fosse la stessa Corte di Cassazione a decidere che sussistessero i presupposti per uno spostamento del processo. Questa norma esisteva fino al 1989. A partire da quella data, il Parlamento, nel rielaborare il Nuovo Codice di Procedura Penale, delegò il Governo a proporre un nuovo Codice: fissò i nuovi principi e chiese al Governo di introdurre nuovamente una norma sul legittimo sospetto. Il Governo, nel legiferare, esercitò la delega ma non individuò questo principio. Le sezioni unite della Cassazione riscontrano quest’anomalia, prendono atto del fatto che si tratta di un vuoto legislativo e invitano il Parlamento a trovare una soluzione. Questa proposta, signor Presidente, reintroduce un principio che già esiste in Europa e non soltanto in Francia, esiste in Belgio come esistono principi analoghi in Spagna.

I processi si fanno con questa legge, si fanno davanti a giudici imparziali e se un imputato reclama la non imparzialità dei giudici, quell’imputato si rivolgerà alla Corte di Cassazione. L’eventuale spostamento del processo avverrà davanti ad altri giudici. L’opposizione ha detto che si vuole la legge per salvare qualcuno.

Allora diciamo, signor Presidente, che le leggi valgono per tutti. Questa è una legge che si applica a tutti i cittadini, che affronta e reintroduce un principio di legalità. Allora, perché quest’isterismo nel dire che si vuole salvare, che si vuole bloccare un processo? Non si blocca alcun processo. Questa legge consente a tutti i processi di andare a termine perché vi è un Codice che prevede che quando un processo viene spostato, si interrompe la prescrizione: lo dice il Codice.

In cima al nostro mandato vi è un valore: la tutela dei diritti fondamentali della persona e per quella ci battiamo e ci batteremo sempre.

Questo è il DNA dei nostri valori, questo è il nostro solco e il nostro percorso per il quale ci batteremo così come ci siamo battuti. Grazie.