SESSIONE ORDINARIA 2004

(Quarta parte)

ATTI

della ventottesima seduta

Mercoledì 6 ottobre 2004-ore 10

DISCORSI PRONUNCIATI IN ITALIANO


MANZELLA

Presidente, credo che la valutazione complessiva di questa risoluzione sia subordinata agli emendamenti e alle precisazioni della Commissione giuridica. La lotta al terrorismo è fatta d’equilibri essenziali e per loro misura inediti nell’esperienza giuridica democratica. La rete terroristica è riuscita a toccare, come una nuova tirannia, ogni aspetto della nostra vita quotidiana. A quest’invasione non dobbiamo reagire con il panico né con il fondamentalismo poliziesco ma non dobbiamo reagire neanche con il fondamentalismo garantista che io conosco poiché vengo da un paese che per l’effetto dell’unioni fondamentaliste garantiste di destra e di sinistra non ha ancora ratificato il mandato di arresto comunitario.

Credo che di fronte a questo fenomeno totale, che tiene in ostaggio l’opinione pubblica mondiale, la risposta migliore sia quella dei londinesi sotto le bombe dell’ultima guerra: business as usual .

Voglio dire che la vita ordinaria del diritto deve continuare in tutte le sue conquiste di garanzia contro gli abusi del potere politico e militare, gli eccessi di polizia, gli errori dei giudici. Quello che non possiamo più permetterci sono quei diritti di ultima generazione che tutelavano la privacy dei cittadini sino a teorizzare il diritto di non lasciar tracce o a denunciare, come in altra parte di questa sessione stiamo facendo, l’eccesso di video-sorveglianza dei luoghi pubblici.

Credo che la lotta contro il terrorismo richieda la rinuncia, non ai diritti fondamentali di libertà, di giusto processo, di habeas corpus, ma la rinuncia al diritto d’essere indifferente o sconosciuto nella comunità dove siamo destinati a vivere. Credo che la vita felice dei garanti europei alla privacy sia stata breve che continuino a fare il loro dovere, battaglie appassionate di Don Chisciotte per cose che già sono state perdute, a causa del terrorismo. Dieci anni fa, chi avrebbe immaginato le minuziose perquisizioni che tutti sopportiamo con civica pazienza ad ogni aeroporto? Oppure di dare impronte digitali e foto delle nostre iridi per andare negli Stati Uniti, segnalati nelle liste dei passeggeri che le compagnie aeree devono consegnare per poter atterrare? Ecco il tipo di diritti, diritti al lusso della persona sola, li chiamerei, a cui dobbiamo rinunciare per sottoporci al controllo sociale. Dico controllo sociale e non statale perché penso che la società civile attraverso i Parlamenti debba esercitare un effettivo controllo sulla maniera con cui i dati personali saranno custoditi e utilizzati dai pubblici poteri. In questa distinzione tra diritti irrinunciabili di libertà fisica e diritti rinunciabili alla privacy, a non essere osservati e controllati, collocherei il confine tra ciò che è lecito e ciò che lecito non è nella battaglia contro il terrorismo. Ecco perché dovremmo tornare sulla questione. Lo status di resistente non giustifica gli atti di terrorismo.Dobbiamo creare una rete di visibilità e trasparenza intorno ai nostri atti e alla nostra persona. Una rete di cittadinanza aperta che combatte la loro rete occulta e criminale, non dobbiamo abbandonare lo stato di diritto ma dobbiamo sfruttarne tutte le flessibilità contro il nuovo nemico, la nuova tirannia. Grazie.

MASI

Presidente, colleghi, gli attentati dell’undici settembre di tre anni fa, e quelli successivi messi in atto nei vari paesi del mondo, la più recente strage dei bambini di Beslan hanno procurato un turbamento profondo e un senso d’orrore in tutti coloro che credono e praticano i valori dell’umanità.

Di fronte a crimini così efferati, il terrorismo si sente sulla propria pelle, e si sente la necessità e l’urgenza, non solo di nuove parole di condanna, non solo di esprimere una doverosa solidarietà nei confronti dei familiari delle vittime, ma d’iniziative concrete, forti ed efficaci per porre fine a questa barbaria, che si pone non solo al di  fuori di qualsiasi legittimità storica e giuridica ma che contrasta apertamente con qualsiasi idea e pratica della ragione umana. Cosa fare allora? Siamo tutti d’accordo che occorre migliorare la cooperazione internazionale, preparare nuovi strumenti giuridici, bloccare i canali di finanziamento, rafforzare le misure di sicurezza, mettere in atto i suggerimenti contenuti nella relazione che c’è stata presentata. Tutto ciò con una costante attenzione, che mi preme sottolineare, che la garanzia alle libertà fondamentali e i diritti dell’uomo vengano comunque e sempre rispettati. Siamo certi che tutto questo non sarà sufficiente per fermare il terrorismo, come non si è rivelata risolutiva l’opzione militare e la scelta di ricorrere all’uso della forza. Anzi è sotto gli occhi di tutti come la cosiddetta guerra preventiva in Iraq abbia prodotto l’effetto di richiamare in quel paese numerosi terroristi e di moltiplicare gli atti di terrorismo. Di fronte ad un fenomeno che ha assunto dimensioni mondiali, è incontestabile che la risposta debba essere concordata e messa in atto a livello multilaterale, se il nostro pensiero va all’Organizzazione delle Nazioni Unite dobbiamo purtroppo costatare che anche in questo campo tale organizzazione abbia dimostrato la propria debolezza e la propria incapacità.

Mi chiedo e vi chiedo ancora, cosa fare? Credo che fino ad ora gli stati e gli organismi internazionali abbiano dimostrato un insufficiente interesse alle cause molteplici e diversificate del terrorismo e scarsa consapevolezza della necessità d’intervenire con impegno e determinazione per superare le ingiustizie, le disuguaglianze, le discriminazioni, le situazioni di povertà e di sottosviluppo che alimentano il terrorismo pur non potendo in alcun modo giustificarlo. Con la retorica della guerra globale al terrorismo e della più assoluta intransigenza, pur necessaria, senza ricercarne le ragioni e le vere motivazioni si rischia di non raggiungere alcun risultato duraturo.

Ripartiamo dai conflitti che insanguinano il mondo, iniziando da quello israelo-palestinese. Chiediamo a chi ha una grande forza di persuasione d’impegnarsi seriamente per giungere a una soluzione equa, che tenga conto delle legittime aspirazioni dei palestinesi ad uno stato libero e indipendente e delle altrettanto legittime aspirazioni del popolo d’ Israele a vivere in condizione di sicurezza. La sconfitta del terrorismo, dobbiamo esserene consapevoli, passa attraverso la costruzione della pace, dobbiamo continuare a credere e ad operare per la pace che non è solo assenza di guerra, ma presenza di giustizia, sviluppo, rispetto dei diritti degli uomini e dei popoli. Gli strumenti non possono essere che quelli del dialogo, della politica e della diplomazia evitando iniziative che rischiano di dare corpo a pericolose e insensate guerre tra civiltà. Il rapporto che oggi c’è stato presentato è indubbiamente apprezzabile ma non evidenzia come prioritaria questa scelta di fondo. Grazie.

MANZELLA

Signor Primo Ministro, spero che questo sei ottobre sia un giorno storico per la Turchia e per l’intera Europa. Due domande sulla stabilità della regione: a che punto è la questione turca, tenendo conto dell’evoluzione della situazione in Iraq? Seconda, come giudica la politica nucleare dell’Iran. Grazie.