SESSIONE ORDINARIA 2004

(Quarta parte)

ATTI

della trentaduesima seduta

Venerdì 8 ottobre 2004-ore 10

DISCORSI PRONUNCIATI IN ITALIANO


GUBERT

Presidente, onorevoli colleghi, il documento che abbiamo in esame cerca di individuare un insieme di criteri che qualificano la democraticità di un ordinamento e degli strumenti per avvicinare progressivamente a tale tipo ideale i concreti ordinamenti europei attraverso l’azione del Consiglio d’Europa.

A nome del PPE/ DC esprimo l’apprezzamento per i risultati di questo tentativo. In particolare alcune delle sottolineature riprendono contributi di riflessione e d’orientamento che hanno trovato nel pensiero sociale cristiano, al quale il PPE/DC di inspira, il proprio principale fondamento. Mi permetto di citare due, la concezione della democrazia come partecipazione e il principio di sussidiarietà, sia verticale che orizzontale.

Da italiano non posso non ricordare il contributo alla concezione della democrazia come partecipazione portato da uno dei costituenti, Giuseppe Rossetti, che per primo, in Italia, la sperimentò da assessore del comune di Bologna. Purtroppo negli ultimi decenni, sotto lo slogan della “democrazia decidente” ci si è incamminati verso forme plebiscitarie di democrazia che riduce questa al momento elettorale. Ogni quattro  o cinque anni, il popolo è chiamato a scegliersi un capo, un sindaco, un presidente, un premier cui sono conferiti amplissimi poteri di decisione, anche a prescindere dai Parlamenti o dai Consigli, anche in materie rilevanti, quali l’uso bellico delle forze armate. Non solo le forme complesse della partecipazione diretta, popolare, dei cittadini alle singole scelte politiche o amministrative sono state eliminate per rendere più rapido il processo decisionale, ma risulta sempre più mortificata anche la partecipazione indiretta attraverso i rappresentanti eletti, i consiglieri, i parlamentari. Assistiamo negli stati moderni ad un’involuzione autoritaria degli ordinamenti. Il ruolo dei partiti politici è ridotto e quello dei consigli elettivi e dei parlamenti è spesso ridotto a mera parvenza. La gente stessa tende a delegare le decisioni ad un capo o ad esperti. Ben venga, quindi, una sollecitazione a rivalorizzare, la democrazia come partecipazione. Spesso proclamato, ma altrettanto frainteso, è il criterio della sussidiarietà e al riguardo sarebbe stata utile qualche maggior precisione anche nelle proposte che abbiamo all’esame.

La sussidiarità verticale non è il decentramento  dello stato, bensì il riconoscimento che lo stato sostiene le comunità regionali a raggiungere i propri fini politici e queste fanno altrettanto verso le comunità locali. La sussidiarietà orizzontale non è l’integrazione da parte della società civile d’attività che spetterebbero all’ente pubblico, ma il sostegno dell’ente pubblico alla società civile affinché questa possa dare risposte adeguate ai bisogni dei cittadini. E’ lo stato ad essere sussidiario non la società civile.

Su due criteri indicati, mi permetto di avanzare qualche riserva per dei chiarimenti. L’estensione senza condizioni e senza gradualità dei diritti politici di cittadinanza ad ogni residente straniero e anche della concezione della laicità come “eguale distanza” dello stato dalle religioni, senza considerare che in molti casi elementi della cultura religiosa sono elementi costitutivi essenziali della cultura nazionale, che dello stato spesso, in Europa, è il fondamento sociologico.

Sulla prima questione si deve comporre il principio della fratellanza universale con quello del rispetto delle diverse appartenenze sociali, con grado differente di solidarietà. Sulla seconda non si deve sovrapporre un’ideologia alla realtà, non si deve confondere la religione come patrimonio di cultura con la religione come fede individuale e anziché di distanza sarebbe meglio parlare di distinzione fra stato e organizzazioni religiose. Qualche emendamento tende a chiarire i dubbi. In ogni caso la valutazione complessiva del gruppo PPE/DC è assai positiva. Grazie.

GUBERT

Presidente, non v’è alcuna contrarietà ad inserire progressivamente gli immigrati nei processi decisionali e nei diritti dei residenti, non c’è una concezione che distingua radicalmente le due appartenenze. Il problema è nel modo con cui è scritto questo passaggio che dà adito a dubbi. Non vi è nessuna gradualità, è auspicata un’immediata partecipazione alle decisioni. La partecipazione alle decisioni può essere informale e consultativa o attraverso la partecipazione alle elezioni. La proposta è di collegare alla cittadinanza i diritti e procedere gradualmente alla loro estensione.

GUBERT

Presidente, credo che uno degli intenti, quello della gradualità, sia stato recepito, quindi accetto il subemendamento.


 

GUBERT

Presidente, dire che la laicità comporta un uguale distanza può essere interpretato come una difficoltà per quegli stati che hanno una forte componente culturale religiosa di dare sostegno alla loro cultura. Penso per esempio al restauro del patrimonio culturale, ieri sentivo che nella House of Communs, in Inghilterra, prima di ogni riunione si recita una preghiera, ci sono alcuni elementi della tradizione che potrebbero venire in contraddizione con questo principio. La mia proposta è di parlare di laicità dello stato senza altre specificazioni. Se la Commissione fosse d’accordo sull’emendamento tre, ritirerei il numero due che sarebbe un’ inutile specificazione. Grazie.

GUBERT

Presidente, onorevoli colleghi, mentre martedì scorso questa Assemblea si preoccupava solo di garantire la libertà d’aborto o di ogni tipo di comportamento sessuale e di evitare ogni dichiarazione di sostegno alla famiglia fondata sul matrimonio, mentre si preoccupava di rendere netta e indiscutibile la separazione tra sessualità e riproduzione, oggi, venerdì, a fine sessione questa stessa Assemblea si preoccupa della crisi democratica delle popolazioni europee.

Approverà i documenti per ovviare a tale crisi, come ha approvato il documento sulla salute sessuale e sulla riproduzione, senza comprendere che proprio la separazione tra sessualità e famiglia e tra famiglia e riproduzione sono tra le cause socio-culturali della crisi demografica. Non a caso, infatti, il parere scritto della Commissione sulle questioni sociali, sanitarie e della famiglia risulta interessato per lo più dagli aspetti sanitari e sociali relativi alla qualità della vita degli anziani, incapace di riconoscere, come positivamente fa invece il rapporto della Commissione che abbiamo all’esame, la necessità di specifiche politiche familiari e demografiche che facilitino la procreazione. Non a caso, il gruppo del PPE/DC è l’unico ad avere espresso una posizione su questo dibatto, gli altri gruppi non hanno alcuna posizione.

Tra le raccomandazioni ai governi contenute nella proposta all’esame, meritano una sottolineatura positiva quelle che richiamano la necessità di poter combinare meglio il ruolo professionale e il ruolo genitoriale; la necessità di politiche che eliminino il peggioramento dei livelli di vita subito da una famiglia come conseguenza della nascita di ciascun figlio; la necessità di politiche demografiche che cerchino di garantire quanto meno la stabilità della popolazione. Vi sono aree del pianeta nelle quali la popolazione cresce. E’ quindi sempre possibile integrare la popolazione autoctona europea con la popolazione immigrata, e ciò sta già avvenendo in modo evidente. Ci si può però domandare quale destino avrà il patrimonio culturale europeo, per gran parte testimoniante l’eredità di un cristianesimo fatto civiltà, quando la popolazione europea sarà per gran parte fatta da immigrati con altre culture e altre tradizioni religiose.

Nella migliore delle ipotesi, il destino sarà come quello della basilica di Santa Sofia diventata moschea; quello testimoniato dall’interessante mostra sul rapporto fra Islam e Cristianesimo nei Balcani.

A nessuno dei promotori della cultura individualista ed edonista europea, che talora trova largo spazio anche nella nostra Assemblea, viene in mente che il declino demografico è il più evidente sintomo della decadenza di un’intera civiltà, incapace, ormai, di generare figli perché troppo presa dal primato del piacere, dell’edonismo assunto a valore supremo per quanto concerne il diritto alla vita dai suoi inizi e dalla sua fine e alla sessualità? Proposte come quelle che abbiamo all’esame consentono di avere qualche speranza che l’insipienza e la decadenza non siano un destino ineluttabile, ma si tratta pur sempre di una tenue speranza, dato che non si è ancora avuto il coraggio di denunciare come delitto e non come libertà l’uccisione dei figli nel ventre della madre perché scomodi. Una speranza tenue che va tuttavia coltivata e per questo esprimo il mio pieno consenso al rapporto che è stato presentato. Grazie.

GUBERT

Presidente, non parlo contro il diritto di ciascuno di decidere sul numero dei propri figli, perché in paesi come la Cina è anzi positivo non permettere questa scelta. L’obiezione fatta è che si parla solo di diritto individuale come se fosse solo un problema della donna invece la scelta è della coppia, è la coppia che deve decidere insieme quanti figli avere. Il richiamo critico verso gli anni sessanta e settanta dovrebbe essere rovesciato perché allora si predicava l’eccesso di nascite. Se si correggesse là dove si parla di singola persona, potrei ritirare il mio emendamento in caso contrario mantengo la mia contrarietà. Grazie.