SESSIONE ORDINARIA 2005

(Prima parte)

ATTI

della prima seduta

Lunedí 24 gennaio 2005 - ore 15

DISCORSI PRONUNCIATI IN ITALIANO


SELVA

Onorevoli colleghi, è un onore e un privilegio aprire i lavori. Gli ultimi dieci anni sono stati ricchi di avvenimenti e di storici cambiamenti.

All’inizio degli anni ’90, dopo la caduta del Muro di Berlino, il Consiglio d’ Europa ha dovuto, e saputo, riadattare la propria attività alle nuove sfide nazionali e mondiali con cui siamo chiamati a confrontarci.

Prima fra tutte, accrescere il livello della coscienza civile nelle giovani democrazie dell’Europa centrale, orientale e sud-orientale dopo cinquanta anni di totalitarismo comunista. Questa organizzazione ha saputo rappresentare un punto di riferimento democratico e aperto al “nuovo” per questi paesi, otto dei quali, nel 2004, sono entrati a far parte dell’Unione europea, anche grazie alla loro appartenenza al Consiglio d’Europa.

L’Europa ha compiuto straordinari progressi nel corso dei decenni seguiti all’ultimo conflitto. La sua storia recente ha realizzato gli ideali politici generosi e chiaroveggenti dei suoi padri fondatori. Anzitutto quello dei diritti-doveri per ciascuna persona umana: di conseguenza la creazione di un grande “spazio comune”, ottenuto con gli ampliamenti successivi sia del Consiglio d’Europa che dell’Unione europea. Ciò permette ai popoli del continente di cancellare le antiche barriere della rivalità e delle inimicizie tra gli Stati e le nazionalità.

E’ una realizzazione senza precedenti nella storia, un tempo addirittura impensabile, con conquiste che fanno ora parte del nostro vivere quotidiano.

Parte da lontano il progetto di unire gli europei, per dire “mai più guerre, che, invece, per secoli hanno insanguinato il nostro continente. A lanciare l’idea e a lavorare per la sua affermazione fu, nei tempi moderni, Richard de Coudenhove-Kalergi, che ne divenne, fra le due guerre, il primo apostalo. E’ di de Coudenhove-Kalergi il documento intitolato “Paneuropea, un progetto” pubblicato a Vienna e a Berlino nel 1922, nonché il successivo manifesto-libro Paneuropea e, nel 1924, la creazione del movimento con il medesimo nome. In questi testi si trovano in nuce le linee ispiratrici dell’unione dell’Europa.

L’Unione europea a venticinque, e il Consiglio d’Europa che comprende quarantasei Paesi, testimoniano che ci stiamo avvicinando alla realizzazione della profezia di Victor Hugo, che nel 1849, presiedendo una Conferenza di pace, scriveva della possibilità di arrivare a vedere un giorno nel quale “la guerre paraîtra aussi absurde et sera aussi impossibile entre Paris et Londres, entre Vienne et Turin, qu’elle paraîtrait absurde aujourd’hui entre Rouen et Amiens…”

In quel giorno, parafrasando ancora Victor Hugo, tutte le nazioni del continente, senza perdere le proprie identità, sapranno fondersi in un’unità superiore, per valori condivisi, nella realtà di una Europa “unita nella diversità”, secondo l’efficace e sintetica base politica concreta del Trattato costituzionale dell’Unione europe che è stato firmato il 29 ottobre scorso a Roma.

Se l’Unione europea ha appena realizzato un grande passo in avanti, il Consiglio d’Europa è alla vigilia del terzo Vertice dei Capi di Stato e di Governo dei paesi facenti parte di questa Organizzazione, che indicherà le priorità future al fine di proseguire negli sforzi per realizzare la “sicurezza democratica” nel continente – concetto che, ricordo, è stato forgiato nel Secondo Vertice, nel 1993 a Vienna.

La realizzazione della sicurezza democratica dipende soprattutto dall’opera del Consiglio d’Europa, e quindi anche in buona parte dal lavoro di quest’Assemblea, rappresentativa dei popoli. La nostra ragione d’essere chiede di stroncare i conflitti sul nascere in base all’attuazione dei principi di libertà, democrazia, pace e giustizia, che sono la forza politica integrante dell’identità dell’Europa con la preminenza del diritto e la salvaguardia dei diritti individuali di ogni uomo.

Le esperienze della politica mondiale, soprattutto dopo il 1945, continuano a dimostrarlo: i dittatori e le dittature sono i principali nemici del mondo libero. I più difficili problemi che le società di oggi devono affrontare in questo inizio del XXI secolo, sono il terrorismo e la criminalità internazionali, il controllo dei flussi migratori, le questioni di bioetica, tanto per citare solo i principali. A questi problemi soltanto l’Europa “una”, l’ Europa tutta insieme può fare fronte con efficacia. Il mio auspicio è che l’Europa, anche attraverso l’opera importante di quest’Assemblea, riesca sempre meglio a far riconoscere e apprezzare la propria voce nella comunità internazionale, perché vuole realizzare la più importante delle “globalizzazioni”, quella dei fondamentali diritti della persona umana. Grazie.

de ZULUETA

Signor Presidente, onorevoli colleghi, le due elezioni osservate dalle delegazioni di quest’Assemblea, di cui oggi stiamo discutendo, e sulle quali hanno riferito i colleghi Christodoulides, Iwiński e Lord Kilclooney furono ambedue delle occasioni politiche d’enorme importanza. Credo che le si possa definire addirittura storiche, cosί certamente sembrarono ai tanti cittadini di questi due paesi che con tanta passione parteciparono a questi appuntamenti. Nel caso dell’Ucraina andando a votare per ben tre volte, per non parlare di quella straordinaria occupazione pacifica in condizioni molto difficili del centro della città di Kiev.

Credo che i protagonisti di quella rivoluzione hanno mostrato maggiore saggezza, forse, dei loro ammiratori in altri paesi o sostenitori a volte occulti perché nessuno è ricorso alla forza. Oggi l’ Ucraina con orgoglio rivendica un percorso che potrà essere oggetto di grande speranza per i suoi cittadini e un modello anche per altri paesi vicini.

In questi brevi minuti, mi concentrerò sull’e elezioni in Palestina che ho seguito, come anche la seconda tornata del ballottaggio in Ucraina, come rappresentante di quest’Assemblea per conto del gruppo socialista. Nel nostro rapporto ci felicitiamo giustamente con l’amministrazione elettorale palestinese per lo sforzo organizzativo portato avanti, com’è giusto sottolineare, in condizioni estremamente difficili: quelle di un’ occupazione militare illegale.

L’impegno personale di tutti era tangibile. Nonostante molti palestinesi non abbiano più ormai molta speranza, hanno votato in larga maggioranza, non solo per sostenere il negoziato pacifico ma anche con orgoglio, per rivendicare agli occhi del mondo il proprio diritto di cittadinanza. Il nove gennaio è stato un giorno speciale, non solo perché i palestinesi hanno condotto un’elezione esemplare per il mondo arabo ma anche perché tanti osservatori hanno potuto, in condizione d’eccezionale libertà, vedere con i propri occhi, girando in lungo e in largo i territori occupati, come si vive in Palestina. E’ stato uno spettacolo tragico come ha detto l’onorevole Cox. Abbiamo visto povertà, campi traboccanti di rifugiati dove si è arrivati alla terza generazione, i check-point che sono l’incubo di tanti palestinesi  e il muro che sta creando una situazione di fatto sul territorio ma che sta anche rendendo impossibile la vita di tante persone.

Questo è il motivo per cui il tempo a disposizione per quel negoziato pacifico è molto breve. La nostra Assemblea deve sostenere come ha detto il presidente Kilclooney un percorso di pace in cui ciascuno deve assumersi le proprie responsabilità, Israele e l’attuale Governo palestinese, l’Europa ma anche gli Stati Uniti che, a sentire il neo Segretario di stato la Condoleza Rice, chiedono molto ai palestinesi ma ancora poco al governo d’Israele. Credo che noi dobbiamo giustamente far presente quelle che furono le manchevolezze di uno di questi due processi elettorali. Di uno ha parlato il mio collega Gross. Vorrei sottolineare che l’aver aperto all’ultimo momento a tutti i palestinesi muniti di carta d’identità la possibilità di votare, è stato un atto criticato dalla stessa commissione elettorale palestinese che ha rischiato di inficiare la regolarità di quello che era stato un giorno elettorale abbastanza esemplare.

Credo anche che come delegazione dobbiamo pensare che il grado di coordinamento fra la delegazione d’osservazione elettorale e le altre missioni di osservatori è stato insufficiente. Abbiamo tenuto conferenze stampa separate, scaglionate nel tempo, quasi come se fossimo in concorrenza, In quell’occasione non è stato grave ma per il futuro ricordiamoci che è molto importante che là dove agisce la comunità internazionale, essa dove sapere coordinarsi e parlare con una sola voce. E poi anche noi diamoci delle regole più chiare per la nomina dei capi e dei componenti delle nostre delegazioni per assicurarci una unità di vedute, autorevolezza e credibilità. Grazie.

RIZZI

Signor  Presidente,

mi congratulo con i relatori per l’ obiettività delle loro relazioni. Sono intervenuto più volte in questi anni a sostegno della posizione della Georgia, a cominciare dalla sua richiesta d’adesione al Consiglio di Europa.

Ero allora reduce da una visita in Georgia ed ero rimasto favorevolmente impressionato dalla gente georgiana per le qualità da essa possedute: gente pacifica, fortemente determinata, dotata di notevole spessore culturale, che si esprime nelle tradizionali manifestazioni del sapere, della conoscenza e dell’arte nelle sue diverse espressioni.

Turbata e colpita, senza colpe, dalla mancanza di lavoro, afflitta da una condizione umana immeritata, respinta e combattuta ma senza possedere le armi per sconfiggerla all’infuori della propria volontà e del proprio impegno.

Personalmente non ho dubbi che un popolo dotato di grandi stimoli e di grande orgoglio, riuscirà a sconfiggere le dure avversità e rispettare gli obblighi e gli impegni per restare in Europa. E’ questo il duro test da affrontare e superare. Si trattava di rivitalizzare industrie, commerci e artigianati. Un duro compito con molte attenzioni addosso, con un paese confinante, teatro di un durissimo conflitto.

Credo che in una valutazione complessiva di giudizio, un simile evento sia da tenere in grande considerazione. Non stiamo parlando di una situazione normale, stiamo parlando di guerra con le implicazioni del caso che agiscono sull’economia della Georgia in modo negativo. Eventuali investitori,infatti, non si arrischiano e questo è un danno enorme.

Pur tuttavia questo paese è duro a morire e io credo che non morirà. Il nuovo Presidente è un uomo di grande carattere e noi lo conosciamo bene perché Saakashvili è stato con noi nel passato. Egli dimostra di essere una garanzia per il suo paese e quindi anche per noi.

Nella Georgia di Saakashvili è stata accesa la fiamma della libertà e della democrazia. Non sarà, credo, il Consiglio d’Europa a spegnerla. Noi le daremo nuova forza, daremo nuova forza ad un popolo meritevole.

Grazie.