SESSIONE ORDINARIA 2005

(Prima parte)

ATTI

della seconda seduta

Martedì 25 gennaio 2005-ore 10

DISCORSI PRONUNCIATI IN ITALIANO


GABURRO

Signor Presidente, colleghi, sono lieto di esprimere a nome del Partito Popolare Europeo il nostro vivo apprezzamento per la relazione del collega David Atkinson per l’ottimo, equilibrato ed obiettivo rapporto sul tema non facile del conflitto nel Nagorno-Karabakh.

Tre anni fa il nostro segretario generale, l’onorevole Terry Davis, indubbiamente dimostrò un grande coraggio politico quando accettò il ruolo di rapporteur su un tema così delicato e complesso, che riguarda il destino di centinaia di migliaia di persone, nella convinzione che il futuro dei paesi del Caucaso nella comune famiglia europea dipende dalla soluzione pacifica di questo conflitto.

Il progetto di risoluzione è sicuramente molto buono, rappresenta uno sforzo serio per arrivare a proporre quello che bisogna fare allo stato attuale. Il documento evita di approfondire la ricostruzione storica degli avvenimenti, con il loro non facile fardello, ma guarda con realismo e spirito costruttivo al presente e al futuro. In quest’ottica politicamente molto buona e realistica, tesa all’equità, al consenso e alla collaborazione costruttiva, qualche espressione iniziale che potrebbe eventualmente rappresentare una sintesi troppo schematica degli avvenimenti storici, dovrebbe essere sorvolata. Non solo perché la storia è complessa ma perché una risoluzione così importante ed equilibrata merita di ottenere un appoggio unanime e la collaborazione costruttiva di tutta l’Assemblea e in particolare delle parti in causa.

Vorrei concludere rinnovando con convinzione l’apprezzamento sincero del PPE per un rapporto che fa onore al Consiglio d’Europa, alla nostra Assemblea e all’onorevole Atkinson, Grazie.

GUBERT

Signor Presidente, onorevoli colleghi, è giusto insistere, come fa il rapporto che abbiamo all’esame e di altri nel passato, affinché Armenia e Azarbaigian riprendano i negoziati per risolvere la questione del Negorno-Karabakh. La soluzione equa, compromissoria del conflitto è vantaggiosa per entrambi gli stati, più che rivendicare, con puntiglio, solo il proprio punto di vista, bloccando possibili sviluppi positivi nell’area del Caucaso. Il Consiglio d’Europa può fare qualcosa di più: approfondire la sostenibilità delle ragioni degli uni e degli altri sulla base dei suoi valori.

Non ho gli strumenti per giudicare se lo studio nord-americano, che ho potuto avere, e che ripercorre le vicende, convulse, apertesi nell’ultimo periodo di vita dell’Unione Sovietica sia obiettivo o di parte. Di certo, vi sono state decisioni nella fase di dissoluzione dell’Unione Sovietica, che legittimavano un’autonoma repubblica del Nagorno-Karabakh ed altre che le hanno contraddette. Di certo, la popolazione di nazionalità armena del Nogorno-Karabakh ha fortemente voluto una sua autonomia statale; non si tratta solo di una volontà conquistatrice dell’Armenia. Ci si può, allora, chiedere quali siano i valori che impongono di privilegiare sempre l’assetto territoriale degli stati rispetto al diritto dei popoli all’autogoverno.

Il rapporto ricorda che nessuno stato ha riconosciuto il Negorno-Karabakh a dimostrazione implicita dell’insussistenza d’ogni ragione condivisibile d’autogoverno. Tale fatto è insufficiente per un’organizzazione, come la nostra, che si richiama ai valori. L’appartenenza ad una comunità politica statale non può essere imposta, se valgono i principi di sussidarietà dello stato rispetto alle comunità. Solo dopo che si abbia riconosciuto il diritto dei popoli all’autogoverno, ci si deve porre la questione dei mezzi più opportuni per realizzare tale diritto. Solo se la realizzazione di tale diritto non è possibile senza negare altri o analoghi diritti fondamentali, si deve ripiegare su soluzioni che contemperino il diritto all’autogoverno con l’appartenenza ad uno stato a nazionalità prevalente diversa.

Vengo da una regione, il Trentino Alto Adige, nella quale la mescolanza etnica rendeva impossibile evitare la presenza di una cospicua minoranza, qualsiasi fosse stata l’appartenenza statale. In questo caso il consolidamento di una forte autonomia speciale ha costituito una soluzione accettata dalla maggior parte delle popolazioni. Può darsi che la soluzione della speciale autonomia possa essere l’unica possibile anche per il Negorno-Karabakh, ma questo non deve derivare dalla negazione di ogni legittimità alle aspirazioni di autogoverno delle popolazioni armene del Negorno-Karabakh in nome della intangibilità dei confini degli stati, comunque i confini si siano costruiti, comunque gli stati si rapportino o si siano rapportati con le popolazioni interessate.

Certamente l’occupazione militare di porzioni di territorio di uno stato confinante non è accettabile, ma la questione del Negorno-Karabakh non è riducibile a questo. E’ il rapporto fra conservazione dello status quo e il rispetto del diritto all’auto determinazione, all’autogoverno dei popoli che va approfondito, con cautela, ma senza dare per scontato che l’unica soluzione accettabile per la comunità internazionale è sempre e solo il mantenimento dello status quo territoriale. Le questioni del Kossovo e della Cecenia, per non citare che le più vive alla nostra attenzione, pongono con evidenza la necessità di tale approfondimento, e mi auguro che si faccia. Grazie.