SESSIONE ORDINARIA 2005

(Prima parte)

ATTI

della terza seduta

Martedì 25 gennaio 2005 - ore 15

ADDENDUM II

DISCORSI  IN ITALIANO NON PRONUNCIATI


BUDIN

Concordo con il signor relatore e le sue proposte. IL vero problema, il primo obiettivo è realizzare in Kosovo la normalità democratica e condizioni che garantiscano in primo luogo il godimento dei diritti umani, la pace, lo sviluppo. Anche il Kosovo ha necessità di dimostrare che i diritti umani, e tra essi anche quello do godere liberamente della propria identità etnica, sono una precondizione per la democrazia e vengono per importanza prima delle questioni relative all’assetto e all’appartenenza statuale del territorio; essi non possono essere sacrificati sull’altare delle ambizioni territoriali ne usati strumentalmente per tali fini. Così come non è produttivo per la democrazia che si pensi all’assetto statuale- territoriale in nome della storia oppure della consistenza etnica sul territorio prescindendo dai diritti umani. Il che non vuol dire tenere in considerazione questi aspetti.

Al contrario, tralasciare la storia, compresi gli interessi e investimenti concreti che essa ha prodotto, e tralasciare la consistenza delle presenze etniche sarebbe ovviamente un errore, una impostazione che allontanerebbe la realizzazione di condizioni di normalità democratica.

Commetteremmo un gravissimo errore se non prendessimo in considerazione, riconoscendolo, ad esempio il significato che la regione del Kosovo ha per la memoria storica del popolo serbo, basti pensare a quelli che sono i preziosissimi e grandissimi monumenti della civiltà cristiana-ortodossa appartenenti allo heritage culturale, nazionale del popolo serbo, cioè i monasteri risalenti anche a più di sette secoli fa: Pec, Gračanica, Decani. Tutto questo va riconosciuto e tenuto in considerazione, ma va tenuto in considerazione anche il decorso della storia con le modifiche che porta sempre con sé.

Proprio perché, come dicevo, lo scopo è garantire i diritti umani, la democrazia, la pace, lo sviluppo, la stabilità. E allora, considerata anche l’esperienza avuta finora in loco, credo che bisogna mettere alla prova seriamente chi è oggi, per come si sono sviluppate e modificate le cose, il Kosovo, chiamato a dimostrare maturità e capacità democratica. Perciò va responsabilizzato ulteriormente chi ha oggi la maggioranza riconosciuta anche per via democratica-elettorale.

A chi ha la maggioranza nella regione va assegnata con maggiore autonomia la responsabilità di dimostrare la propria capacità di governare un sistema democratico con relazioni democratiche nel pieno significato del termine; e deve iniziare dando prova di essere capace di sentirsi parte di una società multietnica da fare vivere e conservare come tale. E credo che anche i rappresentanti della popolazione serba, da Pristina a Belgrado, dovrebbero richiedere questo: che sia messo alla prova chi ha la maggioranza nelle condizioni odierne, come sono oggi! Perché il passato, le condizioni del passato, non ritornano mai ed evocarle come formula per soluzioni attuali fa parte della speculazione e competizione politica, senza alcun altro effetto pratico. Con una maggiore responsabilizzazione della maggioranza albanese sul piano della maturità democratica, potremmo ottenere, credo, una verifica precisa che consentirebbe alla comunità internazionale e ai soggetti direttamente coinvolti di decidere tutti assieme quale potrà essere il prossimo passo formale relativo allo status della regione. E’ possibile che questo processo di ulteriore” devolution” impegni la comunità internazionale ancora di più sul piano politico e della sicurezza, ma forse è la direzione da seguire.