SESSIONE ORDINARIA 2005

(Prima parte)

ATTI

della quinta seduta

Mercoledì 26 gennaio 2005 - ore 15

DISCORSI  PRONUNCIATI IN ITALIANO


GUBERT

Onorevole Presidente, onorevoli colleghi.

La nostra Assemblea intende offrire un contributo al terzo vertice di Capi di Stato e di Governo che si terrà a Varsavia, con il compito di orientare per i prossimi anni l’attività del Consiglio d’Europa. Il rapporto e i pareri presentati rappresentano un’utile riflessione che sviluppa, arricchendole, le linee d’azione già presenti. Sollecita anche rapporti di collaborazione con l’Unione Europea che dovrebbe far parte del Consiglio d’Europa in un ridisegno complessivo dei compiti delle istituzioni europee.

Acquistano rilievo nuove sfide, in particolare quella del terrorismo, da non confondere però, come pare faccia in un punto il documento, con la radicalità con la quale è vissuta da taluni l’esperienza religiosa, talora chiamata anche integralismo o fondamentalismo.

Ci si può chiedere se basti però limitarsi per lo più alla necessità di sicurezza o alla cultura dei diritti per dare all’Europa e quindi all’organizzazione che la rappresenta tutta intera, una prospettiva ideale che mobiliti energie morali e politiche per affrontare le principali nuove sfide.     Bastano sicurezza, libertà economica e d’associazione, protezione della proprietà privata, indipendenza dei mass media, decentramento dei poteri, rispetto delle leggi, azioni per l’equazione sociale, lotta alla xenofobia e al razzismo, e così via, temi importanti, certamente.

Vi sono sfide che non riguardano l’ineguale sviluppo economico, sociale, culturale e politico tra le varie parti d’Europa, bensì l’umanità nel suo insieme, sfide che dipendono anche dal modo nel quale i popoli europei vivono ed operano. Affare solo dell’ONU, e quindi dei singoli stati o l’Europa come insieme, l’Europa del Consiglio, può avere un ruolo?

Pensiamo alla questione dell’uso delle risorse energetiche e alla produzione di gas ad effetto serra. Anche se venissero realizzate le migliori intenzioni espresse alla conferenza delle parti organizzata dall’ONU l’ultimo scorso dicembre a Buenos Aires, si deve prevedere un ulteriore peggioramento della situazione ambientale, con ampie desertificazioni.

La generalizzazione dei modelli di vita europei e ancora più, di quelli nordamericani, a tutti i popoli della terra, sarebbe del tutto insostenibile. Chiudiamo gli occhi, speriamo nell’imprevisto o c’impegniamo per nuovi modelli di sviluppo che consentono a tutti sulla terra di vivere adeguatamente?

Nessun cenno nel documento in esame al problema dell’ambiente e dello sviluppo sostenibile. Pensiamo ancora all’esplosione dei conflitti tra mondo arabo-musulmano e occidente. Agiamo in modo difensivo per la nostra sicurezza. Parliamo anche di dialogo interculturale, ma non mettiamo in causa i rapporti di dominanza con i paesi che forniscono l’energia, materie prime e braccia da lavoro.

Sono tali rapporti il terreno fertile che nutre sentimenti di ostilità verso l’occidente. Non c’inquieta la grande disuguaglianza fra i popoli della terra. Qualcuno vuol portare anche con le armi la democrazia, con i risultati che si vedono. L’Europa non può portare giustizia e uguaglianza fra i popoli, premessa affinché la democrazia sia reale? Cosa diciamo delle relazioni economiche globali? Siamo innocenti circa ingiustizia e disuguaglianza?

In breve, a mio avviso, il Consiglio d’Europa, proprio per la tradizione del suo pensiero sociale, deve essere il luogo per affrontare le conseguenze negative che il modello di sviluppo dell’Europa scarica sugli altri popoli. Non è questione di solidarietà, ma di giustizia.

E rispetto all’Unione Europea, siamo più liberi di fronte agli egoismi degli Stati e dei grandi gruppi di interesse. Grazie.

DANIELI

Signor Presidente, condivido il rapporto elaborato dal relatore che considero positivo. E’ un rapporto che guarda al futuro. E’ un rapporto che cerca di delineare nuove linee strategiche di azione per una importantissima assemblea parlamentare quale è la nostra.

Ma credo che ogni tanto sia anche necessario per le assemblee parlamentari, fare delle sedute di autocoscienza. Guardarsi dentro e guardare al passato. Fare anche un bilancio, come ha già richiamato Michel Barnier. A volte, il futuro delle assemblee parlamentari dipende anche dalle modalità con le quali le assemblee parlamentari svolgono la loro attività. E rispetto a questo bilancio,  trovo ancora molte lacune e molte carenze nelle nostre valutazioni.

Mi pongo alcuni interrogativi e sono interrogativi che rivolgo al nuovo Presidente di quest’Assemblea e a quello che considero ovviamente il nuovo Segretario Generale della nostra istituzione.

Il Consiglio d’Europa ha accentuato negli ultimi tempi la sua autorevolezza o l’ha persa? E se l’autorevolezza del Consiglio d’Europa è diminuita, questo può dipendere anche dalle modalità con le quali ha lavorato il Consiglio d’Europa. Cosa vuol dire avere cento sessantasette comitati speciali che sfornano quintali di raccomandazioni, di carte, di pareri, che non servono il più delle volte assolutamente a nulla? Cosa vuol dire avere centinaia d’esperti, non si sa da chi, come, quando nominati, esperti per fare che cosa? Esperti che costano tre milioni d’euro l’anno a quest’istituzione?

Una riflessione su questi elementi e sui meccanismi di trasparenza che devono essere applicati a questa Assemblea Parlamentare. Vogliamo sviluppare una riflessione, noi, per il futuro della nostra istituzione per l’autorevolezza che dobbiamo attribuire alla nostra istituzione? Ecco che allora condivido le indicazioni del rapporto, le indicazioni che prefigurano già gli elementi del piano d’azione Michel Barnier: l’eccellenza, la selezione dei temi, non la proliferazione dei rapporti e delle attività. Noi dobbiamo lavorare sulla qualità, non sulla quantità.

La nostra missione è quella di lavorare su grandi temi e su grandi appuntamenti, non sulla produzione di carte e di pareri. Questo porrà al riparo il Consiglio d’Europa da tentazioni che puntano proprio per la sua specificità a marginalizzarlo, a metterlo da parte. Allora credo che il piano d’azione sarà rilevante per quanto riguarda la dimensione governativa, ma un contributo fondamentale dovrà venire facendo una ulteriore riflessione a partire proprio dalla dimensione parlamentare,  da questa Assemblea, da tutti i suoi componenti.

Se noi saremo in grado di compiere uno sforzo d’analisi sulla metodologia di lavoro dell’Assemblea Parlamentare, della sua dimensione che peraltro diventa quasi elefantiaca in quanto struttura burocratica, credo che il futuro, se individueremo queste priorità, sarà garantito perché sono temi rilevanti rispetto ai quali il Consiglio d’Europa lavora, ha lavorato bene e potrà lavorare ancora meglio per il futuro. Grazie.

GUBERT

Signor Presidente, credo di aver già illustrato nel mio intervento l’importanza delle sfida ambientale che riguarda l’Europa e la sua responsabilità verso altri paesi che consumano meno energia e che hanno diversi modelli di vita. Il senso dell’emendamento è di sollecitare un’attenzione al problema dello sviluppo durevole, un problema che è legato ai diritti dell’uomo perché vivere in un ambiente non adeguato, creare delle disfunzioni non è quanto di meglio l’Europa possa fornire.

GUBERT

Signor Presidente, nel precedente emendamento era stato accettato di considerare il problema ambientale come uno dei temi essenziali del Consiglio d’Europa, questo emendamento considera gli strumenti che la nostra raccomandazione prevede in merito.

GUBERT

Signor Presidente, si tratta di inserire la tematica ambientale, della qualità della vita e dello sviluppo sostenibile nel piano d’azione dopo averlo inserito nel manifesto del Consiglio d’Europa.

GUBERT

Presidente, è vero che non tutti i consumatori possono avere opinioni negative. Però usando il termine “certi consumatori”, “alcuni consumatori”, si vuol proprio significare che si tratta di una minoranza. Invece credo che, come lo dimostrano le varie indagini demoscopiche, sia una grande maggioranza dei consumatori europei a condividere questa valutazione. Quindi, mi pare giusto mantenere un’affermazione più ampia e più generale come quella contenuta nel testo.

GUBERT

Presidente, non si capisce perché si debba mettere in pericolo l’agricoltura tradizionale, l’agricoltura biologica. Ieri l’Italia ha approvato un decreto che precisamente punta a salvaguardare questa possibilità che dev’essere protetta perché anche nei paesi poveri, non tutti hanno l’accesso ai mercati e alle sementi delle multinazionali. Qualcuno deve allora provvedere alle sementi con il proprio prodotto, e questo qualcuno sono i più poveri. Se non teniamo conto di quest’agricoltura e in pratica imponiamo attraverso la disseminazione, la dipendenza da altri, rendiamo un cattivo servizio proprio ai popoli e alle popolazioni più povere. Questo argomento merita quindi di essere mantenuto anche per la nostra agricoltura europea: se abbiamo una produzione di qualità biologica, possiamo competere sul mercato globale, altrimenti no.

GUBERT

Signor Presidente, è vero quello che dice il testo, che i consumatori hanno una più generale sfiducia nell’industria agroalimentare e anche nel modo nel quale vengono valutate le proprietà alimentari. Basti pensare alla vicenda della mucca pazza e a quello che è successo nell’alimentazione animale. Anche là si erano avute le valutazioni dei tecnici e degli scienziati eppure è successo qualcosa che non era stato previsto e quindi, credo che sia giusto non ridurre la portata della preoccupazione dei consumatori.

GUBERT

Presidente, io capisco che non si possa discutere d’alta scienza in un’assemblea pubblica e non lo fa nessuno. Tuttavia, se ci sono dei problemi nella società e se possono esserci anche delle cattive valutazioni, gli scienziati devono discuterne e non soltanto della questione della salute ma anche delle altre implicazioni che possono avere certi modelli di sviluppo tecnologico.

Io credo che la responsabilità sociale degli scienziati esista e se non la prendono loro, chi la prende? Il politico da solo? In altre parole, rifiutare questa specificazione rende più difficili le cose anziché renderle più comprensibili per la popolazione. Non vedo, quindi,  l’utilità di questo emendamento.