SESSIONE ORDINARIA 2005

(Prima parte)

ATTI

della sesta seduta

Giovedì 27 gennaio 2005 - ore 10

DISCORSI  PRONUNCIATI IN ITALIANO


AZZOLINI

Signor Presidente, onorevoli colleghi, nell’assumere, più di due anni fa, il mandato di rapporteur su questa problematica decisiva per la collocazione internazionale e per le prospettive del Consiglio d’Europa, sono stato sorretto dalla mia passione per le sfide alte ed impegnative ed anche dal senso di orgoglio di maturo militante dell’idea europeista.

La passione e l’orgoglio mi hanno indotto ad accettare l’incarico di relatore in una delle fasi più cupe delle relazioni euro-americane: la mia scelta si è radicata nella consapevolezza, rafforzatasi in questi miei quattro anni di attività parlamentare presso l’Assemblea di Strasburgo, che il Consiglio d’Europa può concorrere con originalità ed autorevolezza a definire gli scenari della cooperazione tra le due sponde dell’Atlantico, muovendo da basi del tutto rinnovate.

Ho cercato di mettere da parte clichés ed opinioni preconcette, ricercando attivamente il dialogo con autorevoli esponenti del mondo politico ed accademico, europeo e statunitense ed avvalendomi delle importanti risultanze del Forum interparlamentare euro-americano svoltosi a Londra nell’aprile 2004. E’ stata una scelta metodologica imposta dai mutamenti degli scenari geopolitica apertesi dopo l’ 11 settembre che ha trovato un costante riscontro nell’attività di consulenza prestatemi dai funzionari della segreteria della Commissione Affari Politici e a quelli della delegazione parlamentare italiana, cui voglio esprimere, in questa sede, la mia gratitudine.

Il rapporto, sia nella sua parte ricostruttiva che in quella propositiva, è sorretto dall’idea di fondo che la coesione transatlantica, nel quadro attuale di diffusa instabilità internazionale, è stata e resta un insostituibile coefficiente di stabilizzazione e di sicurezza del pianeta. Per esplicitare meglio questa visione, consentitemi di citare le parole di un mito politico della mia giovinezza, John Fitzgerald Kennedy, che, proprio trattando delle relazioni euro-atlantiche, diceva: “Dobbiamo soffermarci più su quello che ci unisce, piuttosto che dilungarci inutilmente sulle cose che ci dividono.”

Non vi nascondo che è stato per me un grande onore constatare come questo rapporto abbia ottenuto il consenso unanime della Commissione Affari Politici. Di ciò ringrazio ora i colleghi della Commissione che hanno saputo cogliere il mio sforzo di “metabolizzazione” delle diverse “sensibilità” politiche rappresentate qui in questo alto consesso.

Non ho inteso certo sottacere la gravità delle divisioni euro-americane prodottesi in questi ultimi anni, i fattori che ne sono all’origine, i rischi d’inabilità che vi sono connessi. Sono nondimeno convinto che il primo passo per rafforzare la fiducia transatlantica ci imponga di definire una strategia comune sulle grandi questioni internazionali. Tornano di singolare attualità le parole dell’unico presidente italiano di quest’Assemblea, tra il 1973 ed il 1976, Giuseppe Vedovato, insuperato maestro d’europeismo e coerente sostenitore della coesione euro-americana. Nell’illustrare le ragioni della cooperazione tra la nostra Assemblea ed il Congresso degli Stati Uniti, in occasione del Bicentenario dell’Indipendenza americana, osservava lucidamente come tali rapporti dovessero essere ispirati a  franchezza di argomenti e solida convergenza di principi.

Allora come oggi resta invariata la temperie spirituale e ideale dalla quale traggono sostanza i rapporti euro-americani: mi ha molto colpito che il richiamo alla condivisa fede negli ideali di libertà e di rispetto dei diritti della persona umana sia significativamente echeggiato a Washington nel discorso d’insediamento del Presidente Bush, come qui a Strasburgo nelle parole del Presidente Hastings e del neo Presidente – ed amico – René van der Linden. Tutto ciò nasce evidentemente da un comune DNA storico, politico e culturale.

Nel Rapporto ho cercato di evidenziare come gli Stati Uniti e l’Europa possano trarre grande vantaggio da un “franco” riconoscimento delle loro complementarietà e della reciproca interdipendenza. Questa complementarietà dovrebbe essere considerata un patrimonio per entrambi: dobbiamo imparare ad apprezzarla e a valorizzarla. Il nostro Continente dispone, infatti, di competenze e di una riconosciuta expertise, nel consolidamento nazionale e democratico, nel monitoraggio di questi processi e nel mantenimento della pace acquisita soprattutto attraverso l’azione del Consiglio d’Europa.

La recente tragedia umanitaria del maremoto (Tsunami) in Asia meridionale ha inoltre posto in rilievo le straordinarie capacità di mobilitazione organizzativa degli Stati Uniti e dei Paesi europei, la loro attitudine ad una solidarietà concreta ed efficace nei riguardi delle popolazioni colpite da così immane sciagura.

Occorre riconoscere lucidamente che i grandi processi di integrazione continentale hanno avuto ed avranno un impatto sulle relazioni euro-americane, specialmente sul versante politico, economico e militare. Un’Europa forte, coesa, può però rappresentare una ricchezza per i rapporti transatlantici ed un partner “affidabile” per gli Stati Uniti. E’ importante che gli Americani superino la diffidenza di fondo verso questo processo e che, al tempo stesso, gli Europei non vogliano costruire la propria identità in una sterile dialettica con gli Stati Uniti d’America.

Incoraggianti segnali verso una rinnovata coesione euro-americana si stanno profilando proprio nel corso di queste settimane e confido che il viaggio del Presidente Bush in Europa del prossimo 22 febbraio possa rafforzare questo clima di fiducia, “approfondendo i legami transatlantici”, così come ha già annunciato al Premier britannico Tony Blair.

Il 2005 può veramente diventare un anno di svolta nelle relazioni transatlantiche e segnare l’affermazione non del vecchio “multilateralismo astratto”, ma di un “multilateralismo concreto ed efficace”, per riprendere una recente espressine del Ministro degli esteri italiano, Gianfranco Fini, che nasca dalla consapevolezza che la cooperazione internazionale è un fattore decisivo di successo in uno scenario mondiale in continua evoluzione.

Un approccio comune è altresì necessario per trovare una soluzione al conflitto nell’area del Grande Medio Oriente, un’area potenzialmente in grado di incidere sulla sicurezza e la prosperità del mondo intero, così come è emerso nell’intenso dibattito di ieri in quest’aula.

Quale può essere, allora, il contributo specifico del Consiglio d’Europa? L’Organizzazione di Strasburgo ha pressoché ultimato il proprio processo di allargamento. Ritengo che ora possa dedicare più tempo al consolidamento della coesione tra i suoi Stati membri ed al rafforzamento del dialogo tra le due sponde dell’Atlantico.

Il Forum interparlamentare di Londra, della cui organizzazione ringrazio l’amico e collega britannico Tony Lloyd, ha rappresentato un primo, rilevante modello di dialogo istituzionalizzato tra i membri dell’Assemblea parlamentare ed il Congresso degli Stati Uniti. Ora occorre proseguire in questa direzione, invitando il Congresso a richiedere lo status d’osservatore presso il nostro Consesso e designando un “gruppo di contatto” che funga da referente per l’Assemblea stessa ai fini della realizzazione di questo dialogo: vi è infatti un’ampia gamma di questioni sulle quali si può e si deve discutere, e di equivoci che si possono e si devono chiarire.

Oggi si celebra la “giornata della memoria”, tanto più toccante perché viene a coincidere quest’anno con il 60° anniversario della liberazione del campo d’Auschwitz.  Se perderemo il bene prezioso della memoria – che è la memoria di un sacrificio immenso che ha reciso la vita di milioni di deportati e di migliaia di giovani soldati americani – smarriremo non soltanto le ragioni ultime della coesione euro-americana, ma perderemo noi stessi. Siamo a Strasburgo, capitale europea in terra francese: permettetemi pertanto di concludere con Victor Hugo che cento anni prima della nascita del nostro Consiglio d’Europa, profetizzava le grandi prospettive del rapporto tra le due sponde dell’Atlantico: “Verrà un giorno in cui questi due immensi gruppi, gli Stati Uniti d’America e gli Stati Uniti d’Europa, si tenderanno la mano sopra l’Atlantico, per scambiarsi i loro prodotti, i loro commerci, le loro industrie, le loro arti e i loro geni”. La ringrazio, Signor Presidente.

PRESIDENTE

Vorrei dare la parola al signor Renzo Gubert per l’Italia.

GUBERT

Onorevole Presidente, onorevole colleghi, il rapporto che abbiamo all’esame intende contribuire a ricostituire solidi legami di collaborazione e d’amicizia con gli Stati Uniti d’America dopo gli strappi dovuti alle divergenze sull’intervento armato statunitense e britannico in Iraq.

L’obiettivo è giusto: ad una condizione, che il suo perseguimento non implichi il venir meno, da parte europea, ai principi di ripudio della guerra quale mezzo per risolvere le controversie internazionali e di democrazia nelle decisioni che concernono il sistema globale. L’obiettivo è realistico, ad una condizione: che si superi il generico “vogliamoci bene” o il mero sentimento di riconoscenza da parte europea per l’aiuto, anche militare, che gli Stati Uniti d’America hanno dato all’Europa nel XX secolo, e si affronti con chiarezza la natura delle divergenze di valore e di interessi così come delle convergenze.

Il governo statunitense, in questi anni, non ha adottato una visione delle relazioni internazionali del governo globale improntato al principio della democrazia, bensì a quello della sua responsabilità, in definitiva solo sua, di regolare il sistema internazionale. Innanzitutto nell’interesse degli Stati Uniti d’America. In secondo luogo, il governo statunitense non ha accettato la limitazione dell’uso delle armi ai casi ammessi dal diritto alla legittima difesa o dalle decisioni del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, bensì ha rivendicato l’uso delle armi anche per promuovere i valori nei quali crede e gli interessi nazionali.

L’Europa deve collaborare, cercare rapporti di amicizia e di alleanza ma senza cedere sul piano dei principi. Il rapporto insiste sul fatto che il fondamento per la ripresa di stretti rapporti di cooperazione fra Europa e Stati Uniti d’America è la comunanza di valori. Non c’è dubbio che la civiltà nordamericana ha tratto la sua origine da quella europea, ma non si può dire che le due civiltà siano le stesse.

La società statunitense manifesta tassi di solidarietà collettiva assai più bassi di quelli europei. Basti pensare alle politiche del lavoro o della sanità. Il valore dell’uguaglianza non tempera, come nelle società europee, quello della libertà. La società statunitense manifesta tassi di nazionalismo e d’orgoglio nazionale che l’Europa ha imparato a limitare dopo l’esperienza di due guerre civili europee. E si potrebbe continuare come altri hanno fatto, in tema di diritti umani o d’ambiente.

Anche gli interessi sono per molti versi configgenti. Per gli Stati Uniti d’America, lo scenario è il mondo, e i rapporti con le grandi potenze regionali dell’Asia, dell’Africa e del Sud America sono cresciuti di importanza mentre l’Europa ha perso peso relativo, come l’ha ricordato la Signora Durrieu.

Nel processo di globalizzazione, Europa e Stati Uniti d’America giocano le medesime carte per competere: o vince l’una o vincono gli altri. Si potrebbe vincere insieme, formando un unico sistema ma ci si può chiedere se la barriera spaziale costituita dall’oceano, non sia più incisiva a lungo termine di diversità di civiltà, che distinguono l’Europa dall’India, dalla Cina, dal mondo Islamico medio e sud-orientale, per non citare la Russia, già sostanzialmente parte del sistema europeo.

Ci si può chiedere se non sia più facile e preferibile la formazione di un unico sistema euro-asiatico o forse anche auro-asiatico-africano, anziché di uno euro-americano. Occorre, in definitiva, recuperare un buon rapporto di collaborazione e d’alleanza con gli Stati Uniti d’America e in ciò, il rapporto dell’onorevole Azzolini è di grande aiuto, ma considerando i problemi effettivi, non nascondendoli sia sul piano dei valori come su quello degli interessi. Grazie.

PRESIDENTE

Signor Azzolini, lei ha quattro minuti a sua disposizione, prego.

AZZOLINI

Presidente, credo che non basterebbero neanche quaranta minuti per rispondere adeguatamente  a tutte le questione poste dagli amici e colleghi di quest’Assemblea. Tuttavia nei quattro minuti che lei ha avuto l’amabilità di concedermi, vorrei fare una piccola riflessione.

Innanzitutto credo che l’eccellente servizio d’interpretariato mi ha consentito di ascoltare nella mia lingua madre il contributo di ciascuno di voi e credo di averlo metabolizzato bene. Partendo dalla mia analisi introduttiva, riconfermo il punto di vista kennediano di cui ho parlato prima: dobbiamo lavorare partendo da quel punto che ci unisce e non da quelli che ci separano, sulla base di questi abbiamo molto da lavorare, molto da costruire ma non possiamo farlo se dimettessimo quel metodo, che appartiene a quest’Assemblea, di ascoltare, di approfondire, di condividere un progetto un programma, un obiettivo.

Questo è il ruolo che quest’Assemblea potrà avere al momento dell’incontro con gli amici degli Stati Uniti e dove i canadesi e i messicani sono già  presenti. Nel punto quindici della risoluzione contemplo evidentemente l’importantissimo ruolo del Canada, grande alleato in quest’opera d’approfondimento, di ricomposizione e d’emarginazione dei momenti di divisione per esaltare quelli di condivisione e soprattutto per dare testimonianza al di fuori di quest’Assemblea che non avremo più intenzione di mettere delle steli a memoria di olocausti bensì quella di creare una strada condivisa per percorrerla insieme.

Dobbiamo cominciare a mettere dei mattoni, uno sull’altro, uno dietro l’altro. Il cemento per mettere su questa strada è fatto di ideali, di valori,d’impegnoe di quotidianità. In quest’Assemblea, il mio paese ha dato dei contributi nel tempo, ho fatto un accenno stamattina dell’unico presidente italiano, vi potrei citare la presenza di colleghi come Gerardo Bianco, che è stato il mio predecessore come capo della delegazione italiana, come noi, tutti voi avete portato alla causa comune il vostro contributi di ideali, d’impegno costante e di lealtà intellettuale. Credo che questi debbano essere gli ingredienti con i quali poter colloquiare con gli americani, cosi come facciamo con i canadesi e i messicani, perché oramai in un mondo di globalizzazione nessuno può più sottrarsi alle proprie responsabilità. Abbiamo bisogno di chiarezza e di fermezza ma anche di disponibilità per capire ed ascoltare le ragioni degli altri, senza peraltro rinunciare all’affermazione dei nostri valori e  dei nostri principi. Non voglio accattivarmi la vostra simpatia, né sollecitare il vostro consenso ma voglio testimoniarvi che il vostro contributo d’oggi, ha reso il nostro lavoro più riccho perché cementato con quegli elementi di cui parlavo prima. Grazie.

PRESIDENTE

Tante grazie, signor Azzolini.