SESSIONE ORDINARIA 2005

(Terza parte)

ATTI

della diciannovesima seduta
Martedì 21 giugno 2005-ore 15

DISCORSI PRONUNCIATI IN ITALIANO


RIGONI

Signor presidente, la nostra Assemblea è chiamata a pronunciarsi sulla situazione in Medio Oriente in un momento estremamente delicato. Per questo motivo l’azione della nostra Assemblea non può mancare, ma allo stesso tempo deve essere prudente, avveduta, equilibrata.

Una nuova categoria della geo-politica è stata da tempo coniata dagli osservatori più qualificati: il “grande Medio Oriente”, ovvero la vasta area che si estende dall’ Egitto ai paesi dell’Asia ex sovietica, passando per gli stati della Penisola Arabica. Si tratta di una dimensione caratterizzata da problematiche comuni ai vari stati che la compongono: terrorismo islamico, transizione agli istituti fondamentali della liberal-democrazia, sviluppo economico e conseguente confronto commerciale con l’Europa, che non deve essere assolutamente trascurata nell’azione del Consiglio d’Europa.

Esprimo il mio consenso pieno e convinto al rapporto dell’onorevole Margelov che considero eccellente. Voglio sostenere l’idea espressa nel rapporto di estendere l’interessamento della nostra Assemblea a Libano, Siria ed Egitto.

E’ di vitale importanza diffondere i valori di base del Consiglio d’Europa: democrazia, rispetto dei diritti umani, sviluppo della democrazia attraverso il diritto, in stati che stanno attraversando un delicatissimo travaglio costituzionale. Soprattutto, ritengo importante che l’iniziativa sia assunta e condotta dall’Assemblea parlamentare, facendosi testimone e paladina del valore del parlamentarismo in esperienze costituzionali e politiche che faticosamente riscoprono la centralità assoluta delle istituzioni rappresentative in un regime democratico, è il caso soprattutto del Libano, a conclusione dell’occupazione siriana e in virtù della vittoria del fronte antisiriano alle recenti elezioni politiche.

Questa scoperta o riscoperta della democrazia parlamentare è oggi costantemente esposta a rischi gravissimi: si pensi all’eliminazione in attentati mirati di personaggi politici od intellettuali in Libano od a rischi di strumentalizzazione da parte del fondamentalismo islamico delle riforme legislative in Egitto.

E’ importante sottolineare l’attuale situazione iraniana, assolutamente imprescindibile nella prospettiva del grande Medio Oriente. Le ultime vicende elettorali  dimostrano che sta crescendo in quel paese la presenza di una precondizione fondamentale della democrazia e del parlamentarismo, ovvero una opinione pubblica non completamente soggiogabile al potere della forza.

Ed infine la questione israelo-palestinese, è altresì tassello centrale del mosaico del “grande Medio Oriente”. L’attuale situazione di delicatissimo equilibrio è legata, da un lato, all’elezione del moderato Mahmoud Abbas a Presidente dell’ Autorità palestinese e alla pressoché totale interruzione dello stillicidio degli attentati terroristici palestinesi, dall’altro alla definitiva adozione del piano di ritiro unilaterale di Israele con la distruzione effettiva degli insediamenti realizzati nei territori occupati, nonché da altri gesti distensivi, quali il rilascio di un consistente numero di detenuti palestinesi. Il rapporto dell’onorevole Margelov fotografa assai bene tale stato di cose.

Ci troviamo, però, di fronte ad un equilibrio assai precario, che non potrà reggere a lungo in assenza di iniziative forti di progresso nella road map  che deve portare alla coesistenza pacifica di israeliani e palestinesi. I rischi di un successo delle organizzazioni estremiste nelle elezioni parlamentari palestinesi, cosi come l’effettiva edificazione del muro divisorio illegale e illegittimo progettato dalle Autorità di Gerusalemme, se non, addirittura, di un muro acquatico sul litorale in aggiunta a quello terrestre, come ventilato dalla stampa internazionale negli ultimi giorni, incombono, infatti, minacciosi sul processo di pace.

Oltre alla pressione politica per il raggiungimento di nuovi accordi e per la modifica di precedenti decisioni, al Consiglio d’Europa, rivendichiamo la realizzazione di un’opera che definirei la realizzazione delle “infrastrutture della democrazia parlamentare” all’interno dell’ Autorità palestinese.  Molto è da costruire, infatti, nella giovane ed ancora incompiuta democrazia palestinese. Un’attenta, rispettosa ed allo stesso tempo costante azione di supporto alle autorità palestinesi e, soprattutto al Parlamento palestinese, nell’edificazione di un moderno “stato sociale di diritto” costituisce il miglior contributo che il Consiglio d’Europa può offrire.

Concludo auspicando che l’attenzione della nostra Assemblea all’evoluzione della situazione nel “grande Medio Oriente” continui ad essere elevata e costante, sono, infatti, in gioco valori fondamentali per milioni d’individui che in quell’area vivono e sperano in un futuro migliore. Grazie.

GUBERT

Onorevole presidente, onorevoli colleghi, la nostra Assemblea ritorna sul problema del Kossovo, la cui situazione provvisoria rischia di degenerare tra aspettative di indipendenza da parte albanese e la loro negazione, in virtù di una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, da parte della Serbia e del Montenegro.

Il documento all’esame, pur volendo ribadire l’importanza dei principi stabiliti dal Consiglio d’Europa, chiede alle parti di dialogare lasciando impregiudicato l’esito sullo statuto finale del Kossovo nel momento nel quale esse dovessero intraprendere un negoziato. Il principio dell’intangibilità dei confini degli stati, accompagnato dal dovere di convivenza pacifica di gruppi etnici che trovano arduo convivere, vede un certo indebolimento. Nella contrapposizione fra l’albano-kosovara “indipendenza” e la serba “meno dell’indipendenza e più dell’autonomia” il rapporto non sceglie chiaramente per la soluzione coerente con i principi finora dichiarati dal Consiglio d’Europa, ossia il rispetto dei confini degli Stati.

Non c’è che da rallegrarsi per una concessione al realismo, che induce a non sacralizzare i confini degli Stati, che sono il prodotto di condizioni storiche che possono essere superate, se non rispondenti a quelle nuove. E’ il caso di molti conflitti interni etnici e religiosi in stati multi-etnici e multi-religiosi disegnati dalle potenze coloniali europee sulla base dei loro interessi coloniali.

Tuttavia tale concessione al realismo è timida, incerta, non giunge a mettere in questione il principio secondo il quale la convivenza di più popoli, etnie, in un’unica realtà statale sia in ogni caso da preferire ad una soluzione che dia ad ogni popolo il diritto ad autogovernarsi. Non si comprende appieno che la possibilità di convivenza pacifica, di collaborazione, di comune fruttuosa appartenenza ad entità sovra-statali, in questo caso all’Unione europea, è aumentata se ciascun popolo si sente padrone a casa sua. Se si lascia un punto interrogativo sull’indipendenza del Kossovo, sarebbe coerente lasciarlo anche per un’eventuale sua divisione fra una parte prevalentemente serba e una parte albanese, certo, accompagnata da una tutela delle minoranze che, comunque, continuerebbero ad esistere, sia pure coinvolgendo meno popolazione.

La gestione ONU non deve cronicizzarsi per l’incapacità di decidere sul futuro del Kossovo. Nessuno investe in attività economiche se rimane incerto il futuro politico del Kossovo. Non è da prospettarsi di fare  del Kossovo una regione speciale amministrata dall’Unione Europea, com’è stato ventilato. E’utile che gli stati del Consiglio d’Europa mettano a disposizione l’esperienza maturata dal Consiglio stesso e dalla Commissione di Venezia.

In Europa, e non posso non citare per l’Italia la soluzione adottata per regolare il problema dell’Alto Adige- Sud Tirolo, vi sono esperienze positive dalle quali trarre insegnamenti, ma debbo pur constatare che il clima di convivenza fra serbo-kossovari e albano-kossovari è talmente compromesso da guerre, bombardamenti, vendette, incendi di chiese e monasteri che è illusorio pensare che basti un generico appello alla buona volontà delle parti. La breve esperienza d’osservatore delle elezioni in Kossovo, qualche anno fa, ha confermato l’enorme difficoltà dei rapporti interetnici che, peraltro, ha radici profonde e antiche.

Serve la buona volontà, ma serve soprattutto prospettare un vantaggio comune a tutte la parti, e tale vantaggio può derivare dalla prospettiva di una futura appartenenza all’Unione Europea. Ciò può indurre al compromesso, come auspica il rapporto e come auspichiamo anche noi. Grazie.