SESSIONE ORDINARIA 2005

(Quarta parte)

ATTI

della ventiseiesima seduta

 

Martedì 4 ottobre 2005-ore 10

ADDENDUM I
DISCORSI IN ITALIANO NON PRONUNCIATI


GUBERT

Onorevole presidente, onorevoli colleghi, le questioni considrate dal documento all’esame possono apparire per un verso assai semplici: nessuno può sostenere che i diritti fondamentali dell’uomo non siano propri anche alla donna; pertanto chiunque  persona od organizzazione, quelle religiose comprese, non rispetta tale principio o , ancor peggio, cerchi di favorire il mancato rispetto di tale principio va condannato. Gli Stati del Consiglio d’Europa sono invitati a farlo e ad impedire che simili posizioni possano avere spazio nella vita sociale e politica.

In realyà sottostante al sillogismo vi sono considerazioni del tutto inaccettabili. La prima rigurada la valutazione del ruolo delle religioni. Si dichiara come queste siano in generale contrarie all’eguallità di uomo e donna, affermata sì nel mondo dell’al di là, di fronte a Dio, ma non nell’al di qua, dove, anzi, le religioni contrastano i diritti della donna.  Sarebbe bastato che la reletrice, democratica-critiana, avesse letto la dichiarazione “Mulieris dignitatem” di Giovanni Paolo II per scoprire quanto ingiusta sia la valutazione contenuta nel documento da essa presentato.

Le religioni partecipano della cultura presente nelle società e certamente loro esponenti, anche autorevoli, possono aver sostenuto posizioni che , di fronte a successivi mutamenti della cultura, risultano chiaramente condizionate dal periodo storico, ma ciò è assai diverso dal giudicare negativamente il loro ruolo. Del tutto inaccettabile è la richiesta agli stati membri del Consiglio d’europa affinché non permettano legislazioni ispirate ai valori religiosi, quali sarebbero quelle a favore dell’unità e della stabilità del vincolo matrimoniale o quelle di tutela del concepimento. Ovviamente del diritto alla vita di ogni essere umano in ogn,i fase del suo sviluppo agli estensori della raccomandazione non importa nulla; alla faccia di ogni serio impegno sull’uguaglianza dei diritti umani!

La seconda considerazione riguarda il contenuto di un valore inderogabile, l’uguaglianza di diritti fondamentali di uomo e donna. Per il rapporto, l’uguaglianza di diritti esclude differenzazioni di ruolo. Non vi è società umana nella quale non vi siano differenzazioni nei ruoli sociali esercitati da uomini e donne, come esistono tra giovani ed anziani e in dipendenza di molti caratteri sociali. Sottostanti a tali differenzazioni vi sono considerazioni della natura più varia, che hanno a che fare con diversità di preferenze personali, con esigenze funzionali, con diversità di valori, con diversità di soluzioni a problemi di composizione fra iu diversi ruoli socilai che una persona si trova a recitare.

Il rapporto vuole impegnare a combattere ogni differenzazione di ruolo sociale, non importa se voluto o desiderato dalla donna stessa: il fatto che la donna sia diversa sotto molti profili dall’uomo, per fortuna, non deve avere alcuna conseguenza. Siamo rimasti ad un vetero-femminismo di quarant’anni fa , mentre la difesa moderna dei diritti delle donne mira proprio a valorizzare la specificità delle sue funzioni, quella materna in particolare. Se una religione suggerisce di considerare con particolare attenzione il ruolo materno della donna, secondo la risoluzione all’esame essa dovrebbe essere condannata, poiché assume le differenze di sesso come base per differenti trattamenti sociali. L’ uguaglianza di dignità umana e di diritti fondamentali non implica, quindi, indifferenzazione di ruoli, che può essere sostenuta, proposta del tutto legittimamente;

Una terza considerazione riguarda il rispetto del diritto- dovere dei genitori di educare i figli. Hanno dato loro la vita, li mantengono, potranno anche orientarli verso ciò che ritengono buono, giusto e bello! Invece la proposta di risoluzione invita gli stati ad intervenire nel processo educativo, dicendo ai genitori cosa devono o non devono insegnare ai figli. Nel caso specifico non possono dire ai figli minori come vestirsi, né possono più insegnare a mantenersi vergini fino al matrimonio, né proporre modi naturali di regolazione delle nascite. Sarebbero costrizioni inaccettabili.

E’ evidente la deriva autoritaria cui conduce la volontà di ridurre la libertà religiosa, altro diritto umano fondametale. E non è un caso che la proposta di risoluzione impegni gli stati a prendere posizione all’ONU e in altre  organizzazioni internazionali contro il relativismo religioso e culturale. Solo il proprio verbo deve aver diritto di cittadinanza, non quello degli altri.

E’ quindi evidente che, così com’è, la proposta di risoluzione va respinta o, in subordine, come chiesto dal Gruppo del PPE-DC, rinviata in Commissione per un riesame.