Versione provvisoria

SESSIONE ORDINARIA 2006

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Terza parte

ATTI

della diciassettesima seduta

Martedì 27 giugno 2006-ore 10

DISCORSI PRONUNCIATI IN ITALIANO

FRATTINI

Grazie anzitutto, Signor Presidente, per quest’accoglienza così calorosa, così amichevole.

Grazie a tutti Voi, onorevoli Membri dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, per avermi dato questa possibilità di intervenire davanti a Voi.

Desidero esprimere in primo luogo la mia gratitudine e il mio sincero apprezzamento per il lavoro svolto dal Senatore Marty che ho avuto il piacere e l’occasione di incontrare mentre stava preparando la relazione che oggi viene presentata e discussa. Ringrazio il Senatore Marty e i suoi collaboratori per questa tappa importante di una strada che stiamo compiendo insieme, Istituzioni dell’Unione Europea e Consiglio d’Europa.

La Commissione, ed io personalmente ringrazio di averlo ricordato , ha appoggiato e incoraggiato sin dal primo momento i lavori del Consiglio d’Europa, l’inchiesta del Senatore Marty e quella del Segretario Generale Terry Davis che anche ringrazio.

Analogo sostegno, come Voi sapete, abbiamo offerto alla Commissione Temporanea di Indagine del Parlamento Europeo. Tenuto conto della gravità delle affermazioni, era ed è ancora più importante dimostrare che il Consiglio d’Europa e le istituzioni dell’Unione Europea possono e devono lavorare insieme , potrei permettermi di dire “mano nella mano”, e mettere reciprocamente a disposizione le proprie risorse per accertare la verità. La mia presenza qui testimonia oggi del carattere direi davvero esemplare di questa collaborazione tra istituzioni europee.

Il sostegno della Commissione ai lavori dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa si è concretizzato in modi diversi. Ho appoggiato con esito positivo le richieste del Senatore Marty al Centro satellitare dell’Unione Europea, al centro EUROCONTROL, e certamente le immagini satellitari e i dati relativi alle attività di volo e di sorvolo sopra il territorio dell’Unione Europea si sono rivelati elementi importanti per questa inchiesta che ha accertato dei fatti come giustamente il relatore ha voluto ricordare.

Vi è poi un’azione sul piano politico che io ho svolto in più occasioni nei miei contatti bilaterali con i Colleghi e Ministri degli Interni dei Paesi membri dell’Unione e nell’ambito delle riunioni del Consiglio dei Ministri degli Interni e della Giustizia. Ho più volte incoraggiato i Paesi membri dell’Unione e i Paesi candidati a collaborare pienamente e volontariamente alle inchieste sia del Consiglio d’Europa sia del Parlamento Europeo.

Uno dei valori aggiunti, se così posso dire, che caratterizzano il lavoro e l’inchiesta del senatore Marty, è quello di avere dato agli Stati membri degli elementi interpretativi e di accertamento rispetto a questioni che trascendono la dimensione nazionale. Per esempio, per poter essere efficaci, l’analisi e il controllo incrociato delle informazioni sui voli non potevano essere realizzati isolatamente dai singoli Stati membri e quindi, evidentemente, il fatto di avere affidato a questa inchiesta del Consiglio d’Europa una tale attività ha offerto agli Stati membri elementi che probabilmente in modo solitario ciascuno degli Stati non avrebbe potuto accertare.

Un altro contributo fondamentale, io credo, è quello di avere creato una dinamica della ricerca della verità, di tutta la verità, che deve da un lato legittimare, da un lato – a mio avviso – incoraggiare gli Stati membri a lavorare ancora, e che permette oggi agli inquirenti nazionali di sentirsi davvero meno soli. Se c’è un forte sostegno che questa Assemblea, che il Parlamento Europeo si sono sentiti di dare agli investigatori, ai magistrati nazionali che stanno lavorando, questo riduce la solitudine che spesso accompagna l’attività del magistrato e io personalmente, vista la mia carriera, ne so qualcosa. Il collegamento diretto, poi, tra l’Assemblea Parlamentare e i Parlamenti nazionali è un altro elemento che credo potrà alimentare questa dinamica positiva verso l’accertamento di tutta la verità.

Desidero ora soffermarmi su due aspetti della relazione del Senatore Marty, aspetti che mi sembrano davvero importanti. In primo luogo, la relazione insiste giustamente sulla necessità per gli Stati membri di condurre inchieste rigorose. L’adempimento di quest’obbligo positivo, lo sapete ovviamente meglio di me, scaturisce già dalla Convenzione europea dei Diritti dell’uomo ed è un obbligo positivo di indagine nell’interesse di tutti, indipendentemente dalla verità che potrà alla fine emergere. Ho personalmente invitato in più di un’occasione, gli Stati membri e candidati ad utilizzare tutti gli strumenti giuridici nazionali che sono talvolta importanti e potenti, per stabilire la verità. E’ indispensabile ora che gli Stati membri interessati e i candidati chiariscano la propria situazione a livello nazionale, alla luce del primo risultato di questa inchiesta che oggi Voi discutete qui.

La Commissione continuerà ad appoggiare l’impegno in tal senso e io personalmente mi compiaccio del fatto che in alcuni Stati siano in corso delle inchieste giudiziarie, parlamentari o amministrative. E’ evidente, del resto, che soltanto nel quadro di garanzie processuali, rigorose, affidate, ove sussistano i presupposti di legge, ovviamente, a magistrati liberi e indipendenti, si potrà continuare l’accertamento delle singole eventuali responsabilità. Ho ancora una volta molto apprezzato l’impostazione del Senatore Marty che preferisce di parlare non di condanne ma di elementi di fatto che servono per il lavoro futuro.

Le regole dello Stato di diritto, come tutti noi sappiamo, impongono all’accusa di provare i fatti e consentono agli accusati le più ampie garanzie di difesa fino a quando un giudice, in via definitiva, non abbia accertato la verità e tratto le conseguenze della sua decisione. Questa è la conclusione giuridica, legale, giudiziaria a cui credo tutti noi possiamo, in futuro, tendere.

Merito ancora dell’inchiesta è di avere sottolineato giustamente che qui non vi è stata l’attività di un superprocuratore o di un supertribunale europeo ma un prezioso contributo alla ricerca della verità su cui ora, con le garanzie e i criteri delle leggi processuali, la parola deve essere data alle autorità di volta in volta competenti.

Un secondo aspetto che vorrei sottolineare è che l’obiettivo della relazione non è quello di preparare un atto d’accusa contro singoli paesi in particolare ma l’obiettivo principale, che io condivido pienamente, è quello di evitare che le attività gravemente illecite in questione si producano nuovamente in futuro. Si tratta quindi di un approccio costruttivo che mira a fare tesoro delle esperienze passate per garantire una tutela accresciuta, una tutela più consistente, dei diritti fondamentali in Europa.

Le inchieste a livello europeo non si sono ancora concluse. Il Senatore Marty propone di istituire una sottocommissione ad hoc per proseguire le ricerche e la Commissione del Parlamento Europeo ha espresso l’intenzione di continuare i propri lavori per altri sei mesi. Tuttavia, fatti salvi i risultati definitivi che avremo alla conclusione delle inchieste in corso, è importante già oggi interrogarci su quello che potremmo fare noi, a livello Europeo, per prevenire in futuro l’insorgere di situazioni di questo tipo.

Deve essere chiaro, anzitutto, che l’esemplare coordinamento intereuropeo che ha caratterizzato l’azione tra le nostre istituzioni nella fase investigativa, dovrà proseguire. Dovrà proseguire questa collaborazione anche nella fase successiva della prosecuzione delle indagini e nella fase della definizione delle iniziative da adottare. Nell’ambito delle proprie competenze, ogni istituzione dovrà valutare quali azioni risultino necessarie, possibili e compatibili con un approccio che deve essere, a mio avviso, europeo, deve essere coordinato e coerente con i trattati e con le regole.

Attualmente, i lavori si concentrano sulla questione del ruolo svolto dai servizi di intelligence e sull’uso dello spazio aereo dei paesi europei. Per quanto concerne i servizi di intelligence, i servizi segreti come comunemente si dice, si tratta di un settore molto sensibile che rientra nelle competenze dei singoli Stati. Le competenze dell’Unione Europea e il realismo politico lasciano non molto margine di manovra ad azioni a livello europeo, ma credo che ciò non possa impedire di riflettere e di valutare in quale misura l’Unione Europea possa fornire un valore aggiunto e garantire che la cooperazione tra i servizi segreti, indispensabile nella lotta al terrorismo, avvenga nel rispetto integrale dei diritti fondamentali e dello Stato di diritto.

Credo che noi oggi, ed è una delle ragioni del mio contributo, possiamo dare un segnale politico agli Stati membri. A mio avviso, le riforme dell’ordinamento dei servizi d’informazione e di sicurezza sono certamente di competenza nazionale, ma credo che alcune linee guida si possano delineare. Alcune linee guida che a mio avviso devono comprendere anzitutto un più intenso potere di coordinamento nelle mani dei capi dei governi. Questo è un aspetto essenziale se vogliamo indirizzare i Servizi Segreti verso il rigoroso rispetto delle regole, un più forte coordinamento del capo del governo di ciascun paese è necessario e indispensabile. Ma occorre un parallelo contrappeso che a mio avviso non può che essere l’accrescimento del potere di controllo parlamentare negli Stati membri rispetto all’attività dei Servizi Segreti e direi, un controllo parlamentare esteso alla materia degli stanziamenti finanziari che vengono destinati all’attività dei servizi.

C’è un altro punto che credo, dovrebbe essere oggetto di riflessione negli Stati membri: quello dei limiti legali all’azione operativa degli agenti dei servizi. Credo che occorra nelle legislazioni nazionali, una precisazione un po’ più chiara, un po’ più definita dei limiti, delle barriere tra ciò che è consentito e ciò che non può essere mai consentito. Questo avrebbe un duplice vantaggio: da un lato garantirebbe l’azione istituzionale dei servizi perché i servizi segreti sono istituzioni degli Stati, e garantirebbe anche gli stessi agenti dei servizi quando essi operano all’interno dei limiti stabiliti dalla legge ma garantirebbe anche la definizione chiara delle responsabilità di coloro che valicano i limiti, di coloro che violano i limiti stabiliti dalla legge per l’attività operativa.

Questo aspetto evidentemente è un aspetto estremamente sensibile: auspico che grazie alle suggestioni della risoluzione che Voi oggi esaminerete, gli Stati membri possano riflettere più a fondo sulle linee di riforme nazionali dei servizi che se vogliamo una cooperazione internazionale contro il terrorismo, non possono poi essere tanto distanti almeno nei pilastri fondamentali: la legalità, lo Stato di diritto, il rispetto istituzionale, il coordinamento nei governi.

Vi è un altro aspetto pure oggetto della relazione: il tema del controllo dello spazio aereo e degli aeroporti nel territorio europeo. Credo che su questa materia si potrà avviare una riflessione all’interno della Commissione Europea. Noi potremo valutare e poi forse determinare quali contribuzioni, quali apporti positivi potrebbero essere dati nel quadro delle politiche in materia di aviazione civile. Tale riflessione all’interno di un esame più generale sui problemi sollevati dall’aviazione civile non commerciale, tale riflessione potrebbe estendersi anche a chiederci se sia possibile, a livello di Unione Euroepa, con una regola generale, dare una definizione di State aircrarft, cioè quella definizione che costituisce la linea di confine tra aereo utilizzato per attività di Stato e aviazione civile in generale. Credo che questo problema lo potremo affondare nell’ambito di un processo di consultazione, che è in corso, relativo all’eventuale estensione della legislazione comunitaria in materia d’aviazione civile.

Vi è infine un tema importante che è quello delle relazioni tra Paesi membri e gli Stati Uniti d’America. Vi è un punto su cui vorrei spendere qualche parola: gli accordi del 2003 tra l’Unione Europea e gli Stati Uniti in materia d’estradizione e d’assistenza giudiziaria. Questi accordi rappresentano a mio avviso un passo importante e un terreno d’azione su cui lavorare. Tali accordi dimostrano in primo luogo che si può operare nell’ambito di un quadro giuridico rispettoso dei diritti fondamentali. Questi accordi hanno segnato,come Voi sapete, nell’ambito della collaborazione giudiziaria in materia penale, la prima apparizione dell’Unione Europea come soggetto unitario nelle relazioni internazionali, per di più con un partner essenziale come gli Stati Uniti d’America.

Credo che mai come oggi sia indispensabile esercitare una pressione politica sugli Stati membri affinché il processo di ratifica di questi accordi sia rapidamente completato. Ho appreso con soddisfazione che entro i primi di giugno, cioè pochi giorni fa, tutti gli Stati membri dell’Unione Europea hanno firmato gli accordi bilaterali con gli Stati Uniti d’America che sono una delle condizioni indispensabili per l’entrata in vigore di questi accordi. Voi sapete, infatti, che tutti gli Stati membri devono scambiare degli strumenti bilaterali con gli Stati Uniti. Nel giugno 2006, come dicevo, questi negoziati sono stati conclusi da tutti gli Stati membri dell’Unione.

Tutti gli Stati membri, ad eccezione di tre, hanno dichiarato ai sensi dell’articolo 24, comma 5 del Trattato, di dovere conformarsi alle prescrizioni della procedura costituzionale nazionale e quindi è necessaria la ratifica nazionale degli accordi bilaterali. Qui c’è il primo punto potrei dire dolente: solamente sette Stati membri ad oggi hanno compiuto la procedura di ratifica. Ecco perché credo che l’azione politica di tutti noi debba essere quella di un incoraggiamento politico affinché entro l’anno 2006 tutti gli Stati membri dell’Unione Europea ratifichino con procedure nazionali, l’accordo di estradizione perché ovviamente il Congresso degli Stati Uniti d’America faccia la stessa cosa.

L’ultima parte della mia riflessione vorrei dedicarla al rafforzamento che oggi è più che mai necessario come il progetto di risoluzione che oggi discutete sottolinea, dei rapporti tra Europa e USA. Siamo alleati da lungo tempo nell’azione contro le offese alla democrazia: dobbiamo continuare ad essere alleati solidi nella difesa dei diritti dell’uomo. Viviamo in un periodo d’incertezze e quindi è chiaro che questa collaborazione deve essere non attenuata ma al contrario, consolidata. Non è pensabile, a mio avviso, dinanzi alla minaccia permanente e grave del terrorismo internazionale, che Unione Europea, che i Paesi membri del Consiglio d’Europa e Stati Uniti d’America si trovino su fronti non coincidenti. La diversità di regole giuridiche, che pure esiste, la diversità di tradizioni sociali e politiche non sono a mio avviso elementi sufficienti per attenuare l’identità dei valori comuni su cui si fonda l’Europa e su cui si fonda la Costituzione degli Stati Uniti d’America.

Ecco perché,mi permetto di rivolgere ancora un appello, come ho fatto nei molti incontri bilaterali, alle autorità americane di collaborare pienamente con tutte le azioni che le istituzioni europee stanno svolgendo, a cominciare dai Vostri lavori qui al Consiglio d’Europa. E’ importante ricordare ad entrambe le sponde dell’Atlantico, alla nostra e a quella dei nostri amici americani, la nostra determinazione a lottare contro il terrorismo nel rispetto pieno dei diritti fondamentali: le due cose debbono andare di pari passo perché meglio si garantisce il rispetto dei diritti fondamentali, maggiori saranno i progressi che registreremo nella lotta al terrorismo.

Dobbiamo in conclusione togliere ai terroristi argomenti di propaganda contro l’Occidente togliere ai terroristi argomenti di propaganda contro la nostra idea di Stato di diritto e contro la nostra idea di democrazia. Lo possiamo fare, Signori parlamentari, semplicemente spiegando all’opinione pubblica che siamo noi per primi a condannare le violazioni ai diritti fondamentali, che siamo noi per primi a volere l’accertamento della verità perché siamo noi per primi a condannare senza riserve e senza incertezze l’azione del terrorismo. Contate,anche in futuro, sulla collaborazione della Commissione Europea e mia personale. Grazie.

FRATTINI

Raccolgo dall’interessante dibattito di stamani alcuni spunti che mi sembrano estremamente importanti.

In primo luogo, ritengo che sia necessaria oggi più che mai un’azione strategica globale per rilanciare il nostro impegno nella lotta al terrorismo. In altri termini, credo che proprio alla luce dei primi risultati della Vostra azione d’inchiesta, emerga una rinnovata necessità di una strategia politica, non soltanto di sicurezza o di polizia,per contrastare il terrorismo che resta la manaccia principale alle nostre democrazie. Intendo quindi un’azione diretta a colpire le radici della violenza e dell’estremismo con l’arma della democrazia.

Credo che questo non sia impossibile, anzi per noi è possibile e necessario perché i due strumenti non sono in contraddizione: difendere la democrazia non può voler dire ridurre le nostre libertà. Credo che diffondere democrazia e libertà sia per l’Unione Europea, ma credo per un’istituzione come il Consiglio d’Europa, la sfida del futuro, dei prossimi decenni, perché non si tratta di sfide che si vincono in pochi giorni o in poche settimane.

Il primo passo per vincere la sfida è non violare i diritti fondamentali della persona umana al fine d’essere noi per primi più forti nel contrastare il terrorismo: perché è evidente che i terroristi non possono e non vogliono cambiare. Se ci accorgiamo di aver commesso degli errori, noi possiamo cambiare. Questa è la differenza tra le democrazie e i terroristi.

La seconda conseguenza è che occorre un rilancio per una definizione internazionale più chiara del concetto di terrorismo.

Onorevoli Parlamentari, noi abbiamo mancato questa sfida in più occasioni. Le Nazioni Unite stanno discutendo un progetto di convenzione internazionale che definisce il concetto di terrorismo. Credo che sarebbe il momento – parlo per l’Unione Europea – che i Paesi membri con una sola voce diano il contributo ai prossimi lavori dell’Assemblea Generale dell’ONU per arrivare finalmente a un accordo sulla Convenzione internazionale dell’ONU per la lotta al terrorismo.

Credo che questo noi lo dobbiamo – non dimentichiamolo mai – alle vittime del terrorismo. Oggi stiamo parlando dei diritti fondamentali dei sospettati e degli accusati, ma dobbiamo avere sullo stesso tavolo politico, i diritti delle vittime, di coloro che hanno perso il diritto alla vita che è il diritto più fondamentale di tutti quanti, che vengono colpiti nella loro libertà e nella loro integrità fisica. Per le vittime del terrorismo noi dobbiamo dare uno strumento internazionale che definisca finalmente che cosa è il terrorismo.

Terza e ultima riflessione: i Servizi Segreti. Credo che questo sia un passo fondamentale: più fiducia reciproca tra i Servizi Segreti, più chiarezza di regole, più trasparenza. Non trasparenza sulle azioni: credo che nessuno qui possa pensare che i Servizi Segreti possano avere come loro regola la trasparenza nell’attività. Devono avere trasparenza sui metodi usati. E qui i Parlamenti possono controllare. Non posso immaginare che qualcuno pensi che le azioni segrete di intelligence possano essere rivelate: questo abbasserebbe la nostra difesa. Ma dobbiamo dare ai parlamenti il potere di controllare ad esempio che il segreto di Stato non venga usato per coprire crimini gravi: quindi controllo e trasparenza sulle modalità di azione dei Servizi Segreti. Questa è un’altra raccomandazione politica che mi sento di poter fare.

Grazie.