IT07CR30

AS (2007) CR30

 

Versione provvisoria

SESSIONE ORDINARIA 2007

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Quarta parte

ATTI

della trentesima seduta

Martedì 02 ottobre 2007-ore 10


DISCORSI PRONUNCIATI IN ITALIANO

ZACCHERA

( DOC. 11355)

Signor Presidente, colleghi sono stato in Darfur tre mesi fa. Ho visitato la situazione sia a Kartum sia nel Darfur. Ho visto e denuncio il livello ridicolo dei soldati dell’Unione Africana: soldati senza volontà, senza ordini, senza mezzi, a luglio non prendevano la paga da cinque mesi e che ovviamente stavano ben chiusi nelle loro caserme per paura, uscendo, di essere uccisi perché non avevano la possibilità di controllo neppure a pochi chilometri dai loro campi.

Poi ho visitato i campi profughi del Darfur. Ho visto, sì, che arriva il cibo, arrivano le medicine. Ma quegli uomini e quelle donne, a decine di migliaia sono stipati in campi che sono in mezzo al deserto, in mezzo al nulla. Ho visto gli occhi di quella gente. Alle cinque della sera, gli aiuti umanitari e gli assistenti vanno via, e c’è il buio perché non esiste una luce, non esiste un fuoco, non esiste la luce elettrica. C’è la paura di quelli che arrivano perché nessuno li difende.

Eppure tutti sanno che il governo del Sudan ha delle pesantissime responsabilità in questo: queste cose sono volute, non nascono per caso. Certo, ci sono stati problemi ambientali, c’è stato il problema della siccità, di queste popolazioni che si sono mosse, ma il governo sudanese ha delle responsabilità catastrofiche in questa situazione e può continuare a fare quello che vuole. La scorsa settimana, colleghi, la scorsa settimana sono stati consegnati ottanta fuoristrada ai ribelli. Tre giorni fa sono stati massacrati i soldati dell’Unione Africana, attaccati in una delle loro basi.

Queste sono delle responsabilità gravi che bisogna avere il coraggio di dire. Se non siamo in grado di costringere i governanti alle proprie responsabilità, noi non contiamo nulla. Possiamo approvare tutte le risoluzioni del mondo, non cambia nulla. Il Sudan è un paese ricco, il suo sottosuolo è pieno di petrolio, i cinesi ci fanno gli affari, ora anche se poco una parte delle società europee saranno in Darfur, e se non in Darfur in altre parti del Sudan e cercheranno di partecipare anche loro all’estrazione.

Allora è indispensabile ma non serve mandare solo aiuti umanitari, bisogna costringere i governi a fare rispettare i diritti umani dei propri cittadini altrimenti anche gli aiuti umanitari servono a poco anche perché, bisogna dire, la grandissima parte delle spese è per l’organizzazione, solo una goccia arriva a destinazione. Oltre il 95% di quanto costa l’aiuto umanitario viene speso nell’organizzazione: a quella gente non va nulla, ma non c’è nulla da fare. Concludo, amici, nei campi profughi si sopravvive, non si vive. Che differenza c’è fra i conigli, che alleviamo nei nostri orti o negli allevamenti e degli esseri umani confinati senza nulla in campi da mesi, da anni. Dov’è la speranza?

Io sono angosciato per la situazione in Darfur. Ho visitato nel 1994 anche il Ruanda. Era diverso là. Qui siamo in mezzo ad un deserto, non c’è nulla eppure vivono milioni di esseri umani. Come possiamo non sentirci coinvolti in questa situazione? Vi ringrazio.

BONIVER

(DOC.11355)

Quella del Darfur è stata chiamata la peggiore crisi umanitaria con la quale si deve confrontare la comunità internazionale. La peggiore crisi umanitaria è anche una crisi assolutamente irrisolta e com’è stato detto da molti colleghi a nulla è valsa la terribile lezione del genocidio che si è compiuto in Ruanda nel 1994. Si ripetono quotidianamente sul territorio del Darfur, grande come quello della Francia, atti di genocidio ma la comunità internazionale si rifiuta di definirlo come tale e parla di “azioni mirate”, azioni contro l’umanità. Non si parla di genocidio perché se così fosse dovrebbero entrare in vigore i provvedimenti della risoluzione della Convenzione dell’ONU del 1994 che prevede appunto un’ingerenza immediata per proteggere le popolazioni dal genocidio.

Ma in Darfur non c’è soltanto la pulizia etnica pianificata, in Darfur c’è lo specchio perfetto dell’impotenza delle organizzazioni internazionali e di una certa mistica umanitaria, perché a nulla è servito l’intervento, dispiegato e anche generoso ma tardivo giacché la crisi inizia nel febbraio 2003 e i primi convogli umanitari hanno il permesso di entrare nel Darfur nel 2004. Ci sono state poi tutte le risoluzioni dell’ONU, le sanzioni, c’è stata la prima straordinaria stagione dell’invio della forza dell’Unione Africana, settemila uomini impotenti, forse, all’interno di un gigantesco territorio però la volontà c’era. Ebbene tutto questo è fallito. E’ fallito perché dobbiamo renderci conto che bisogna rivedere fino alle fondamenta tutte le convenzioni e tutti gli strumenti che finora la comunità internazionale si è voluta dare.

Credo che proprio in questa sede solenne, la culla del diritto umanitario per tante popolazioni, si possa ricominciare un cammino appunto per aggiornare e affinare questi strumenti e per renderli finalmente degni di quelli che si chiamano a protezione di popolazioni innocenti. Oggi in Darfur, oggi in Birmania e in stati i quali sono ostaggi di regimi feroci, i quali godono di una impunità assoluta. E’ stato citato qui il caso dell’impunità assicurata al governo del Sudan dalla Cina e dalla Russia, ebbene cerchiamo di denunciare queste impunità assicurate da queste grandi nazioni in ogni sede. Credo che sia il minimo del nostro dovere politico e umanitario. Dopo lo sterminio dei campi nazisti abbiamo detto never again mi auguro che questo diventi ancora la bandiera per tutte le nostre azioni. Grazie.