IT08CR04ADDENDUM I

AS (2008) CR04ADDENDUM I

 

Versione provvisoria

SESSIONE ORDINARIA 2008

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Prima parte

ATTI

della quarta seduta

Martedì 22 gennaio 2008-ore 15

ADDENDUM I

DISCORSI NON PRONUNCIATI IN ITALIANO


MOSELLA (Doc. 11476)

Negli ultimi anni gli effetti del cambiamento climatico sono diventati evidenti agli occhi dell’opinione pubblica italiana, con il ritirarsi dei ghiacciai alpini, la secca del bacino del Po, la mancanza d’acqua che nei mesi estivi colpisce talune regioni del meridione del Paese.

La cittadinanza sta maturando piena consapevolezza che la questione del clima non riguarda un futuro ancora lontano ma è qui ed ora, e chiede risposte efficaci, anche se queste comportano sacrifici e modifiche degli stili di vita di ciascuno.

L’Italia è in ritardo sull’attuazione del “Protocollo di Kyoto”, ma è al lavoro per recuperare il gap attraverso un disegno di politica nazionale che coinvolga le autonomie territoriali, cui spettano talune delle competenze in merito. Si lavora per un progetto organico, che preveda investimenti mirati nei settori della produzione, dell’utilizzo e del risparmio di energia, della gestione delle acque (potabili e irrigue), della difesa delle coste, della salvaguardia della biodiversità. Risultati importanti sono attesi ricercando l’ottimizzazione dei criteri di costruzione e di manutenzione degli edifici.

Un altro traguardo a breve termine riguarda il potenziamento delle fonti rinnovabili di energia, e in primo luogo dell’energia eolica e di quella derivante dallo sfruttamento delle biomasse. Altri punti del programma sono la costruzione di centrali elettriche più moderne e sicure, il potenziamento del trasporto su ferro con una diminuzione di quello su gomma, gli investimenti nella ricerca di nuove tecnologie, il sostegno a politiche agricole eco-compatibili, una più efficace azione di educazione ambientale dei cittadini orientata all’uso saggio delle risorse.

Alla base di questi ed altri strumenti di intervento c’è una valutazione condivisa: la lotta ai cambiamenti climatici costituisce una grande opportunità di rilancio e di modernizzazione del “sistema Paese”, in grado di metterlo al passo di nazioni più efficienti.

Siamo però consapevoli che la questione energetica incrocia in modo complesso altri fondamentali problemi, come le dinamiche di crescita dei paesi in via di sviluppo, l’economia globale, i rapporti di convivenza e di solidarietà tra i differenti popoli e paesi. Per questo occorre operare ed incidere a livello globale, planetario. La questione energetica deve essere considerata anche una componente essenziale di una politica di stabilità internazionale, ricomponendo fratture e conflitti tra chi dispone di fonti energetiche e chi ne è privo; tra chi possiede tecnologie per ridurre consumo di energia ed inquinamento e chi non può permettersi di acquistarle.

In definitiva, i cambiamenti climatici non possono essere efficacemente contrastati se non nel contesto di una governance globale e di relazioni internazionali basate sul dialogo pacifico, sulla difesa della dignità dei popoli e dei diritti fondamentali di ogni individuo. Va coltivata parimenti la consapevolezza che soluzioni efficaci e durevoli, a livello generale, non possono essere imposte solo con norme e protocolli internazionali. Occorre ricercare e promuovere - a tutti i livelli e in ogni luogo una differente cultura basata sulla corresponsabilità di tutti nella salvaguardia di quel bene comune che è la Terra. In altri termini è necessario il radicarsi di un’etica ambientale “forte”, sia nei comuni cittadini quanto nella sfera della politica, perché solo una convinzione etica diffusa e radicata può portare ad affermare un diverso modello di sviluppo planetario. In questo nodo risiede la soluzione di tante questioni altrimenti inestricabili: ad esempio una più equa distribuzione delle risorse tra gli abitanti del pianeta, un uso più intelligente e responsabile dei beni, una tecnologia più creativa ed ecologicamente attenta.

Ho avuto sotto gli occhi in questi giorni la questione, così drammaticamente esplosa, dello smaltimento dei rifiuti in Campania, la mia regione di origine. Una questione quasi inestricabile nella quale si intrecciano cause differenti, che perciò richiedono soluzioni integrate. Gioverebbe una diversa cultura del consumo, orientata anzitutto ad evitare sprechi e a privilegiare i beni durevoli. Gioverebbe una diversa cultura industriale, orientata ad evitare il prodotto usa e getta, e ad optare per i materiali riciclabili.

Gioverebbe una diversa cultura ambientalista, perché non si può dire sempre “no”, anche ad impianti che trasformino i rifiuti in energia da biomassa. Gioverebbe una diversa cultura scientifica, per accelerare la ricerca di sistemi efficaci e a costi sostenibili di metodi per trattare e smaltire i rifiuti, traendone energia a basso tasso di inquinamento. Tutto ciò senza dimenticare, ovviamente, le responsabilità della politica, che comporta scelte rapide ed efficaci. In questo senso si muovono le linee di intervento del Governo - che ho già illustrato - attraverso le quali l’Italia conta di fare la sua parte per contrastare i fenomeni che originano l’inquinamento ambientale e quindi il cambiamento climatico.