IT09CR06ADD1
AS (2009) CR 06
 
Addendum 1

Versione provvisoria

SESSIONE ORDINARIA 2009

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(Prima parte)

ATTI

della sesta seduta

Mercoledì 28 Gennaio 2009, ore 15.00

DISCORSI IN ITALIANO NON PRONUNCIATI


CHITI (Doc. 11800)

Signor presidente, intendo sottolineare nel mio intervento tre aspetti. Ilprimo: nella guerra tra Russia e Georgia l’Unione Europea ha svolto inprima persona un ruolo forte e positivo, senza delagare ad altri una funzione in un’area per essa decisiva. Dobbiamo esprimere perciò un apprezzamento per l’azione che a nome dell’ Unione Europea ha portato avanti il Presidente della Francia Nicolas Sarkozy, Presidente di turno dell’Unione.

Questa iniziativa ha contribuito a far tacere le armi. E’ ora necessario sostenere con forza l’intesa sui sei punti proposta dall’Unione Europea e sottoscritta a suo nome dal Presidente Sarkozy, dal Presidente della Georgia Saakashvili, e dal Presidente della Federazione Russa Medvedev. Ugualmente è necessario impegnarsi perché vengano rispettati ed attuati gli obiettivi della risoluzione del Consiglio d’Europa. L’impegno dell’Unione Europea ha anche contribuito ad affermare principi essenziali nei rapporti tra gli stati evitando al tempo stesso che si riaccendesse un clima da guerra fredda. Del resto, la crisi georgiana è stata il frutto di tre atti sproporzionati e illegittimi: le prime violenze terriristiche locali in Ossenzia del sud; l’intervento dell’esercito georgiano tra il sette e l’otto agosto, infine l’attacco militare russo, con il bombardamento e l’invasione della Georgia.

E’ interesse generale che il processo di pace si consolidi attraverso un rafforzamento della cooperazione, chenon può in primo luogo non riguardare i rapporti tra L’Unione e la Russia.

Secondo aspetto: le iniziative dell’Unione Europea sono una conferma delle sue potenzialità. Ciò accresce la nostra responsabilità nel procedere con determinazione e coerenza per dare all’Unione Europea gli strumenti politici e operativi perché un tale ruolo non sia provvisorio né soltanto legato all’autorevolezza del leader del paese che esercita la presidenza di turno. Da noi c’ è un proverbio: una rondine non fa primavera. Il nostro compito è quello di costruire la primavera europea. Si tratta di portare a compimento la ratifica del trattato di Lisbona per dare ad esso, infine, una piena attuazione. La politica estera e di sicurezza deve essere competenza dell’Unione. Nessun paese, grande o piccolo, da solo è in grado di pesare sulla scena internazionale. Al tempo stesso, è indispensabile potenziare e rendere del tutto efficace una forza militare europea a sostegna credibile di un ruolo dell’Unione per la pace e la cooperzione.

Terza e ultima considerazione: bisogna respingere, politicamente e culturalmente, ogni visione di stati che siano costruiti su base etnica. Anche questa riflessione ci è imposta dalle vicende complesse del Caucaso. Oggi alla nostra democrazia si contrappongono tre sfide: il terrorismo, sostenuto da un fondamentalismo religioso, principalmente ma non esclusivamente di tipo islamico; il populismo e il riferimento atnico per l’organizzazione degli stati.

Dobbiamo riconoscere che in questa direzione abbiamo commesso nel recente passato degli errori. Occorre ora rendere chiaro, in modo netto, che con il Kosovo non si è dato vita ad un precedente da seguire ma ad una eccezione. Il Kosovo va considerato un caso isolato. Il riferimento al dato di omogeneità etnica per la costruzione degli stati; distrugge il significato della cittadinanza che noi abbiamo contribuito a costruire e che segna un punto avanzato della convivenza e della civiltà. La democrazia organizza il pluralismo etnico, culturale, religioso in forme di relazioni che si fondano sul consenso della maggioranza die cittadini per la scelta die governi e sul rispetto rigoroso e intransigente delle minoranze, nel comune rispetto die principi costituzionali e di quelli della dichiarazione universale dei diritti della persona. E’ su questa via che noi dobbiamo proseguire ed è questa via su cui debbono camminare i popoli del nostro continente.

NIRENSTEIN ( Dibattito sulla situazione di Gaza)

La commozione, la pietas che naturalmente suscitano morti e feriti, non possono e non devono essere usati come una cortina dietro cui si nasconde la ragione e si oblitera la conoscenza. Così, invece, salvo rari casi, è avvenuto nel nostro dibattito. Data la necessità di essere brevi mi esprimerò per punti, affermando prioritariamente che gli aiuti umanitari devono essere potenziati e veicolati nelle mani giuste, come del resto sta cercando di fare il governo italiano.

Primo: chiunque sottovaluti la disumana condizione in cui hanno vissuto centinaia di migliaia di abitanti della zona israeliana circumvicina a Gaza per otto anni, non conosce la situazione, purtroppo spesso ignorata dai media. Solo la solidarietà e la forza d’animo ha permesso a quegli uomini, donne, bambini, anziani di seguitare a vivere sotto continui bombardamenti. Morti e feriti il cui numero è stato limitato solo dall’estrema vigilanza verso la popolazione civile, case e beni distrutti, scuole e strutture pubbliche chiuse, continue sirene…

Noi, come Consiglio d’Europa, e quindi guardiani dei diritti umani, avremmo dovuto essere là da anni a difendere la violazione di tutti i basilari diritti degli israeliani violati dai bombardamenti, come avremmo dovuto essere là nella stessa funzione quando gli attentati die terroristi suicidi, nella maggior parte di Hamas, hanno fatto più di mille morti, sui bus, nei supermatket, nei caffé.

Secondo: la guerra di Gaza non è parte del conflitto israeliano –palestinese ma dell’attacco dell’islamismo estremo che non cerca nessuna soluzione concordata, ma la distruzione dello stato degli ebrei. Hamas ha rifiutato il rinnovo della tregua e nella notte del 24 dicembre ha colpito Sderot e Ashkelon con 100 missili. Intanto il primo ministro Olmert pregava dalla tv el arabja la gente di Gaza di accettare la tregua. Ma recita la carta di Hamas che la sua battaglia proseguirà,“fino all’uccisione dell’ultimo ebreo“, non israeliano. L’Iran è stato determinante nel fare di Hamas una pedina strategica per l’egemonia dell’islamismo estremo nel Mediooriente, una forza antagonista rispetto a tutti i paesi moderati sunniti dell’area, primo tra tutti l’Egitto. E soprattutto una forza invisa ai suoi stessi fratelli palestinesi laici, che ha torturato e perseguitato. Essi oggi, nella forma del Fatah, guidato da Abu Mazen, sono l’unico interlocutore per unprocesso di pace, e certo non lo è Hamas, terrorista e islamista. Hamas, sorta nel 1987, inoltre non è affatto il rappresentante legittimo di Gaza perché, benché vittorioso alle elezioni del 2006, ha subito impegnato le armi, ha cacciato Fatah, si è impossessato col fuoco del potere assoluto che esercita con estrema crudeltà e fanatismo, perseguitando i dissidenti fino all’uccisione extragiudiziaria e alla trotura.

Terzo: Gaza non è affatto occupata, il tema dell’occupazione israeliana è stato qui sventolato del tutto strumentalmente, è stata sgomberata fino all’ultimo israeliano nel 2005, è stata lasciata ricca di strutture, infrastrutture e aiuti e anche aperta ai varchi secondo le regole internazionali. La folle determinazione di Hamas a perseguire scopi terroristici, ha distrutto le sue possibiltà economiche e civili. Hamas sacrifica e distrugge i suoi cittadini.

Quarto: il fatto che in guerra a Gaza ci cia stato un alto numero di morti e che invece gli israeliani ne abbiano avuto pochi è legato a una tragica realtà: Hamas, come si legge in molti reportages, ha usato massicciamente scudi umani, famiglie, bambini, strutture pubbliche come moschee e ospedali,per coprire guerriglieri e depositi di esplosivo e armi. La sua leadership è rimasta nascosta negli ospedali, le sue ambulanze sono state usate per trasportare guerriglieri, le sedi ONU come copertura di postazioni belliche. Israele, per contro, ha quasi ossessivamente protetto la sua popolazione civile con aiuto militare e civile in gran parte volontario, non lasciando mai indietro un vecchio o un bambino.

Quinto: Israele ha certamente, dopo l’ingresso di terra dell’esercito, usato metodi severi per evitare perdite tra i militari, a differenza di quello che fece in Libano del sud. Tuttavia le accuse di aver sparato deliberatamente contro la popolazione civile appaiono fantasiose e criminalizzanti anche alla luce delle pubbliche dichiarazioni dei politici israeliani che ribadiscono regole ferree di rispetto per i civili. Anche il numero di morti qui, nonostante i precedenti di Jenin e Khana, sembra essere accettato quello della sola versione palestinese. Qui ci prema ricordare che Hamas ha sparato per anni deliberatamente contro la popolazione civile israeliana, dichiarandolo e sostenendolo senza vergogna.

Sesto: l’aiuto che possiamo dare noi, è cercare di essere in sintonia con una verità meno fantastica e più reale, indivuduando il problema nella sua dimensione regionale e cercando di recuperare la questione israelliano-palestinese ai suoi interessi reali, che non sono certo quelli della jihad islamica praticata con l’aiuto dell’Iran. Aiutare il popolo palestinese disponibile a una situazione politica, ovvero quello che fa capo alla leadership di Abu Mazen, a costruire le proprie istituzioni, a divenire un interlocutore econmico, civile, politico per tutto il mondo democratico. Nation building deve essere la nostra parola d’ordine, e questo comprta interventi di cultura, di economia, di diritto. Tutte cose che riguardano il Consiglio d’Europa molto più della criminalizzazione che in troppi interventi ha sentito, quando si è definito Israele come un criminale di guerra. E’ del tutto evidente che Hamas si è macchiato di violazioni essenziali che vanno dall’uso degli scudi umani alla scelta dei civili come obiettivi di guerra. Concludo ricordando un ventenne che è nelle mani di Hamas da quasi tre anni, Gilad Shalit, di cui i genitori non sanno più niente di niente e incito il Consiglio a prendere diretta cura del suo caso.

FARINA (Dibattito sulla situazione di Gaza)

La situazione di Gaza impone oggi riflessioni e decisioni sulla base dei diritti umani e della difesa degli inermi. Poi si potrà discutere del resto. Primum vivere deinde philosophari. Oggi la situazione umanitaria è infame. Occorre garantire stabilmente l’apertura delle frontiere, la possibilità di rifornimenti atti a permettere una vita minima.

Qualcuno potrebbe osservare. Aiutare a vivere a Gaza e la sua gente aiuta Hamas. Gaza non coincide con Hamas. Gaza è ostaggio di Hamas. Non dimentico affatto che chi comanda, o comandava a Gaza, voleva e vuole l’annientamento di Israele. Israele ha dato guerra facendo coincidere di fatto Hamas con Gaza. E’ così? Hamas pratica il terrorismo, ed esso è un terrorismo della specie peggiore, quello che pretende giustificazioni religiose, e per questo è terrorismo totalitario. Non si accontenta di un risultato, vuole tutto. E tutto è l’abbattimento dell’entità sionista. Dunque è pienamente comprensibile le reazione di Israele e doverosa la preoccupazione per il destino dei suoi figli.

Che fare? Chi vuole l’annientamento merita di essere annientato. Dunque Israele ha ragione dal punto di vista logico e della giustizia come occhio per occhio dente per dente. Ma così non si va da nessuna parte. Esiste una saggezza più grande, ed è quella espressa da Papa Ratzinger. Il suo invito alla pace e alla tregua permanenete non sono di routine, sono parte della sapienza dell’Europa per la quale, ad est e a ovest, lo spirituale è reale e ha valenza di appello politico. Mi permetto di ripetere le parole di Ratzinger :“il rifiuto del dialogo porta a situazioni che gravano indicibilmente sulle popolazioni ancora una volta vittime dell’odio e della guerra. La guerra e l’odio non sono la soluzione dei problemi. Lo conferma anche la storia recente“.

Occorre che i gravissimi torti di Hamas, che tiene in ostaggio i Palestinesi e rendi impossibile la vita agli Israeliani, non finiscano per convincere Israele che la forza delle armi risolva la questione della sicurezzza e della giusta convivenza. Le forze che cambiano la storia, affermava don Luigi Giussani, teologo e profeta vicino al Papa, sono le stesse che cambiano il cuore dell’uomo. Cosa cambia il cuore dell’uomo? Ciascun responsabile delle nazioni ripensi alla tradizione vivente del popolo che lo ha scelto. Di certo constaterà che non è la guerra a risolvere i problemi, neanche la guerra giusta.

La dipomazia mondiale dovrebbe riconoscere che le soluzioni politiche sono la conseguenza di atti della volontà e della libertà. E questo atto di volontà e di libertà oggi dev’essere la disponibilità al dialogo, se non altro per stabilire le condizioni del dialogo. Il Consiglio d’Europa può e deve sostenere in ogni modo lamediazione dell’Egitto, unica condizione oggi perché i Palestinesi dialoghino con Israele, e viceversa. E i Palestinesi prima ancora dialoghino tra di loro. Non è una posizione ingenua o irenista. Quella delle armi e della forza dura in quelle terre da cento anni. Basta guerra.