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AS (2009) CR 25
Versione provvisoria

SESSIONE ORDINARIA 2009

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(Terza parte)

ATTI

della venticinquesima seduta

Giovedì 25 Giugno 2009, ore 15.00

DISCORSI PRONUNCIATI IN ITALIANO

 

BERGAMINI ( Doc. 11848)

Voglio congratularmi per l’ampio e dettagliato lavoro che è stato svolto nell’ambito di questo rapporto. Un lavoro coraggioso, per molti versi si potrebbe anche definirlo avventuroso visto che ogni volta che si parla di servizio pubblico radiotelevisivo, ci si trova a dover affrontare le tante peculiarietà culturali, sociali, storiche e anche tecnologiche delle singole realtà nazionali. Ancor più questo è vero quando si parla di finanziamento dei servizi pubblici con tanti modelli di finanziamento molto diversi l’uno dall’altro.

Qualche volta questo lavoro di buona volontà diventa avventuoso perché può portare a fare delle analisi un po’ superficiali e qualche volta magari di matrice ideologica e quindi io non comprendo che cosa voglia dire quando si parla di un attacco al servizio pubblico da parte del Presidente del consiglio Berlusconi oppure di un metodo Berlusconi. Posso rassicurare tutti i miei colleghi e l’Assemblea nella quale ho l’onore di parlare sul fatto che lo stato di salute del servizio pubblico radiotelevisivo italiano è eccellente, la RAI Radio Televisione Italiana è leader degli ascolti in Italia, non soltanto in Italia ma è anche leader degli ascolti, cioè la televisione più guardata fra tutti i servizi pubblici europei, che la RAI dispone del canone di pagamento più basso che c’è in Europa e che si fonda su un servizio di finanziamento misto che sembra funzionare molto bene tra raccolta pubblicitaria e, appunto, canone che viene imposto dal governo italiano.

Tutto questo ci rincuora molto e tra l’altro va collocato in un mercato come quello italiano di indubbia complessità, ma che è un mercato talmente aperto da aver consentito a uno straniero, il signor Rupert Murdoch, di entrare in questo mercato e in cinque anni raccogliere una fetta molto sostanziosa sia degli ascolti del parco radiotelevisivo che anche della raccolta pubblicitaria. Più apertura di così non mi viene in mente moltissimo.

Detto questo, voglio affermare tutto il mio apprezzamento per il fatto che questo rapporto ponga in evidenza l’importanza del servizio pubblico di radiodiffusione come mezzo per garantire la copertura di una serie di competenze e la soddisfazione di esigenze sociali che sono senza dubbio primarie. Al di là della sua rilevanza economica il servizio pubblico di radiodiffusione non si presta a generalizzazioni perché non è confrontabile con nessun altro settore, nessuno infatti ha così effettivo accesso a un così ampio numero di destinatari. Forse soltanto la telefonia mobile. E fornisce così tante informazioni e contenuti. Quindi l’importanza di questa funzione e del ruolo dei servizi pubblici è ben evidenziata.

A questo proposito, mi viene anche in mente, quando si parla di che cosa è un attacco al servizio radiotelevisivo pubblico, se non sia piuttosto da interpretare come tale il fatto, ed avviene per esempio in Italia, che dei giornalisti del servizio radiotelevisivo pubblico chiedano l’aspettativa dal loro posto di lavoro. Signfica che il loro posto di lavoro viene tenuto loro da parte, si candidano per un partito politico o un altro, svolgono magari una legislatura, poi tornano nel loro posto di lavoro a svolgere il ruolo giornalistico e naturalmente, invocano l’imparzialità del servizio pubblico radiotelevisivo.

Scusate questa parentesi, ma credo che fosse opportuno magari fare anche un esempio di come le cose si possono vedere in modi molto diversi. Un’ultima cosa: credo che sia da valutare con molta attenzione l’eventualità di attribuire agli operatori commerciali, com’è scritto nel rapporto, la possibilità di adempiere per specifici contenuti alla missione di servizio pubblico ricorrendo al finanziamento pubblico. Sarebbe necessario, in molto stati, un intervento legislativo molto marcato, tale da stravolgere parecchi equilibri. E’ da valutare comunque. In ogni caso, l’affidamento del compito di servizio a un soggetto unico fino ad oggi ha mostrato di garantire maggiori garanzie per l’utenza, per il pubblico, e meno complicazioni anche in sede di verifica dello svolgimento del servizio pubblico stesso e della sua qualità. Vi ringrazio molto.

BADEA (Doc. 11848)

Cari colleghi, in un periodo in cui la comunicazione è diventata quasi il sininimo dell’esistenza, in cui l’informazione supera tutti gli ostacoli ed i confini, in un momento nel quale la quantità dell’informazione sostituisce spesse volte la qualità dell’informazione e dell’atto della comunicazione, si richiede una necessaria attenzione ai veicoli media che portano soprattutto die messaggi di pibblico interesse. E qui stiamo parlando dei servizi pubblici di radiotelevisione.

Una delle strade tramite la quale si è riuscito a evitare la minimizzazione del contenuto editoriale rappresenta, altresì, la ragione per la quale i detti canali media devono far fronte alle difficoltà finanziarie: la limitazione die messaggi e dei clip pubblicitari.

Tornando all’ottimo rapporto elaborato dal nostro collega l’onorevole Markku Laukkanen, sosteniamo la sua opinione, in base alla quale i parlamenti nazionali hanno il potere e la responsabilità di decidere sulla specifica missione, sulla struttura ed il finanziamento dei servizi di radiotelevisione. Di seguito, non dobbiamo dimenticare che la principale sorgente d’informazione oggettiva si trova nella radio pubblica, la quale mantiene ancora la maggior parte dei valori civici e spirituali di una nazione.

In Romania, la radio pubblica resta ancora l’esperssione dello sviluppo culturale della società ed un veicolo d’informazione di pubblico interesse e di valori condivisi. Questa posizione si mantiene con difficoltà ed i responsabili sociali devono sostenere l’esistenza di questa voce che , nel contesto di una forte competizione con le stazioni private, resta ancora leader di udienza al livello nazionale, nelle grandi città e a Bucarest, registrando un’aliquota del 40% a livello nazionale, del 28.8% nelle grandi città e del 18.7% a Bucarest.

Nell’ultimo periodo assistiamo ad un’evoluzione rapida e spettacolare nel settore dei media e questo obbliga il settore pubblica ad una permanente riforma ed ammodernamento per poter adeguarsi ai progressi tecnologici ed all’ambiente dell’informazione contemporaneo, per mantenersi l’udienza ed il prestigio. Personalmente penso che, senza l’appoggio finanziario, che ci occorre senza condizioni per poter mantenere l’indipendenza, rischiamo di non sentire più la voce dell aradiodiffusione pubblica nel rumore mediatico quotidiano.

Nello stesso tempo, i manager e i giornalisti della radio pubblica devono trovare tanto creatività per scegliere delle soluzioni editoriali che corrispondano ad un pubblico più colto, più esigente, più informato e molto più orientato verso la qualità dell’informazione. In fine desidero congratualrmi con l’onorevole Laukkanene per il suo eccellente rapporto e voglio proporre che periodicamente la Commissione per la cultura, scienza ed educazione orienti la sua attenzione verso la situazione dai servizi di radiotelevisione: i più importanti partner nel progetto identitario sociale e culturale di ogni nazione. Vi ringrazio per l’attenzione.

GIARETTA (Doc. 11918 + Doc. 11914)

Esprimo a nome del gruppo dell’ALDE le felicitazioni per le due eccellenti relazioni. La disponiblità di energia in misura sufficiente, senza condizionamenti politici e con un accettabile grado di impatto ambientale è nell’attuale mondo globalizzato un requisito essenziale per lo sviluppo e perciò per il pieno soddisfacimento dei basilari diritti umani.

E’ condivisa la necessità di potenziare il ricorso alle energie rinnovabili. Si tratta di tecnologie relativamente semplici senza rilevanti impatti sugli equilibri ambientali. Possono dare un contributo importante al bilancio energetico con alcuni limiti derivanti, per il solare e l’eolico, dall’impossibilità di assicurare flussi costanti di energia.

Il ricorso all’energia nucleare è più discusso. Certamente si tratta di una fonte di energia che dà un contributo importante al contenimento delle emissioni di gas ad effetto serra. Tuttavia, uno sviluppo più intenso richiede di affrontare alcuni problemi che sono ancora irrisolti. Uno sfruttamento intensivo delle attuali disponibilità di uranio porterebbe ad un eccelerato esaurimento delle disponibiità conosciute.

Resta non adeguatamente risolto il problema dello stoccaggio sicuro delle scorie. Attualmente ogni anno vengono prodotte oltre diecimila tonnellate di scorie radioattive dai reattori in esercizio. Nessun paese ha realizzato un sistema definitivo per il deposito in sicurezza di tali materiali. Va considerata inoltre la dimensione degli investimenti necessari.

Appare opportuno perciò intensificare la ricerca per la realizzazione di reattori di quarta generazione concentrando maggiori risorse pubbliche a livello sovranazionale. Al progetto GEN 4, già partecipano dodici paesi più l’EURATOM. Se la ricerca consentirà di arrivare alla realizzazione di reattori più efficienti, più sicuri, con minore produzione di scorie pericolose, senza la produzione di plutonio di grado militare, si faciliterà in modo determinante lo sviluppo di un nucleare sicuro.

In ogni caso, sia che si pensi alla produzione di energia di origine nucleare o da fonti alternative, il problema è un altro. La domanda mondiale di energia primaria raggiunge ormai la cifra di dodici miliardi di tonnellate equivalenti petrolio, di cui circa la metà è consumata nei paesi dell’area OCSE. L’agenzia internazionale dell’energia stima al 2030 un aumento della metà dell’energia attualmente consumata e nel 2050, un raddoppio. Finché il contenuto energetico del PIL sarà pari a quello attuale (un punto di PIL in più corrisponde a quasi un punto di domanda di energia in più), difficilmente si potrà dare una soluzione strutturale.

Esiste però una vera nuova fonte di energia rinnovabile che consentirebbe di rendere più sostenibile lo sviluppo. Questa fonte si chiama risparmio energetico. Si calcola che sarebbe possibile ridurre di oltre un quarto dei consumi finali di energia in tempi brevi se si realizzassero in modo esteso politiche integrate in questa direzione. Le opportunità sono molteplici: processi produttivi innovativi a basso consumo di energia, uso della cogenerazione di energia elettrica e calore, miglioramento dell’efficienza energetica dei motori elettrici, degli impianti di riscaldamento e di raffrescamento, miglioramento dell’isolamento termico degli edifici, migliore organizzazione del trasporto di merci e persone.

La risoluzione del problema energetico e del suo impatto ambientale richiede l’uso integrato di molteplici politiche, e quella per il risparmio energetico è certamente fra le più efficaci.

VOLONTE’ (Doc. 11918 + Doc.11914)

Ringrazio anch’io i relatori per questo ottimo lavoro che hanno svolto su questi differenti documenti che approverò senza nessun dubbio. Anch’io mi trovo nelle condizioni del collega Eörsi: l’Italia è una nazione che dipende quasi esclusivamente dal gas che arriva dalla Russia o dall’Algeria che stranamente qualche mese hanno fatto un accordo per contenere i prezzi, dicono, ma di fatto, come tante delle nostre nazioni sanno, per equilibrare a seconda degli interessi delle due nazioni, il prezzo del gas.

Ma questo è solo uno dei tanti problemi e delle tante opportunità che noi abbiamo di fronte rispetto alla questione energetica nucleare. Il nostro paese trent’anni fece la scelta di non seguire nemmeno l’ipotesi di uno sviluppo del nucleare e purtroppo non ha ancora scelto con determinazione nemmeno di entrare fortemente impegnandosi sul progetto dei generatori di quarta generazione. E tutto questo ci fa ben sperare perché il nuovo esecutivo invece ha adottato con determinazione questa scelta.

Il nucleare è la scelta che risolverà i problemi del nostro paese e dei paesi del Consiglio d’Europa? Certamente no, ma è una delle tante scelte di approvvigionamento energetico, forse tra le scelte che sono oggi sul tavolo, tra le meno inquinanti, che ci consentono appunto di diversificare l’approvvigionamento e di contemporaneamente sviluppare quelle ricerche e impiantare quelle modalità di produzione energetica ecoambientali o di risparmio energetico, energie rinnovabili, che tutti noi speriamo, tutti noi siamo impegnati, anche chi vota per questa risoluzione, a portare al massimo della specificità e a potere investirvi nei prossimi decenni.

Saremo previdenti se agiremo in questo caso? Io penso di sì, penso che questo documento ci mette in condizioni, noi paesi del Consiglio d’Europa, di fare la nostra parte in vista di quel vertice di Copenhagen tra qualche mese che non si disegna in prospettiva come una grande soluzione dei nostri problemi. Al vertice di Copenhagen molte nazioni importanti, in via di sviluppo, hanno già dichiarato che non accetteranno i parametri di Kyoto e non li accetteranno facendo un ragionamento forse da noi contestabile ma non senza ragionevolezza. Dicendo, cioè, ai paesi occidentali: bene, voi vi siete sviluppati, avete contribuito a far sì che l’effetto serra aumentasse, adesso non potete chiedere a noi, all’inizio della fase di grande sviluppo, di rinunciare a quelle fonti energetiche che voi troppo spesso avete usato. Non dico che sia giusto, dico che sia ragionevole da parte loro.

Allora, questo documento ci mette nelle condizioni, noi, paesi del Consiglio d’Europa e Assemblea del Consiglio d’Europa, di fare la nostra parte perché ci mettiamo nelle condizioni di dire con questa risoluzione che ci assumiamo delle responsabilità, che vogliamo che i nostri governi, i nostri parlamenti, noi stessi nei nostri parlamenti, dobbiamo assumerci delle responsabilità. Non perché con questo documento risolviamo i problemi dell’approvvigionamento energetico del mondo, né con questo documento convinceremo la Cina ad accettare i parametri di Kyoto. Ma certamente, la Cina non avrà la scusa di dire che noi stiamo solamente aspettando la loro decisione e intanto non facciamo la nostra parte.

Per tutte queste ragioni penso che sia da approvare questa risoluzione. Mi complimento ancora con i relatori e penso anche che ci dia, anche grazie al dibattito che abbiamo avuto finora, uno sguardo d’insieme molto positivo in vista delle prossime sfide che ogni singolo nostro paese e lo stesso Consiglio d’Europa dovrà affrontare nei prossimi mesi.

SANTINI (Doc. 11918 + Doc.11914)

Non credo alle mie orecchie, signor presidente, è la terza volta nella giornata che preparo un intervento ed è il primo che riesco a fare a voce invece di consegnarlo per iscritto, grazie alle assenze che Lei ha segnalato! Parliamo di energia. E’ stato davvero opportuno, lo riconosco anch’io, collegare un rapporto sulle energie rinnovabili e alternative con il contraveso tema dell’energia nucleare;

L’altalena dei costi del petrolio e del gaz, il thriller dei rubinetti che ad est dell’Unione europea vengono aperti o chiusi misteriosamente in maniera quasi capricciosa, davvero ci ha reso la vita impossibile. Queste operazioni sono chiaramente strumenti per movimentare il mercato ma molto spesso si ha anche il sospetto e, siamo autorizzati ad averlo, che siano utilizzati questi rubinetti per pressioni di tipo diverso, per esempio pressioni di carattere politico nella trattativa più vasta tra i paesi.

Chi ci rimette è comunque il consumatore finale, quello italiano in particolare, per il quale l’energia elettrica ha un costo superiore del 30/40% rispetto alla Germani e alla Francia, tanto per citare i nostri vicini di casa. Allora in Italia si è cominciato a dire basta, anche se poniamo la massima attenzione alle energie rinnovabili, anche noi abbiamo il sole, e stiamo facendo qualcosa, e abbiamo il vento ma queste energie hanno dimostrato di poter garantire al massimo il 15/17% del nostro fabbisogno. Quindi è inutile illudersi che risolvano il problema in maniera globale.

Quindi il governo italiano, quest’anno, come ha detto il collega Volonté, ha coraggiosamente riaperto il discorso sull’energia nucleare, varato una trentina di anni fa con alcune centrali già costriute e poi abbandonate sotto l’effetto psicologico e non solo del disastro di Chernobyl. Queste centarli sono delle autentiche cattedrali nel deserto, non sappiamo neanche se serviranno per questa nuova fase. Ma il quadro è perfino ridicolo per l’Italia. Noi non abbiamo l’energia nucleare ma siamo circondati in una cornice alpina da paesi tutti dotati di centrali nucleari, spesso a pochi chilometri dal confine italiano. Ad est la Slovenia le ha, al nord l’Austria e la Svizzera, ad ovest la Francia.

La Francia ha cinquantanove impianti che garantiscono il 78% della produzione di energia. La Svizzera ha cinque impianti per il 32% dell’energia. Ma anche più lontano abbiamo delle presenze che ci toccano, perché oggi le distanze non esistono più. La Germania ha diciassette impianti, il 32% del fabbisogno, il Belgio sette impianti che coprono il 54% del fabbisogno e così via Regno Unito, Russia e più lontano Giappone, Stati Uniti confermano che questa è l’opzione più intelligente per garantire al consumatore risparmio, ma anche sicurezza perché grazie a Dio la ricerca e l’evoluzione c’è stata. Si parla chiaramente di centrali di nuova generazione.

Bene, dal gennaio del 2008 in Europa, Asia e Africa sono partite nuove trentaquattro centrali nucleari, altre novantatré sono già programmate. L’Italia ha varato alla fine del 2008 una nuova legge, questo mese, in questi giorni, si stanno completando le verifiche d’impatto ambientale ed altre procedure per giungere a proporre al parlamento i decreti leglislativi per costruire tra sei e sette centrali nucleari in Italia. Produrranno circa, non sono un tecnico l’ho letto, 10giga watt e da realizzare entro il 2030/35. Quindi, ovviamente, sarà posta la massima attenzione al tema della sicurezza, ma come hanno spiegato i colleghi, sicuramente più tecnici di me, gli impianti di nuova generazione hanno garantito e forniscono garanzie sotto questo profilo ben maggiori rispetto al passato. Quindi perché non provarci e garantire alla gente una vita più comoda, più tranquilla e più economica e evitare di essere ostaggi di quei dannati rubinetti che da lontano condizionano la nostra vita.