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AS (2009) CR 31
Versione provvisoria

SESSIONE ORDINARIA 2009

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(Quarta parte)

ATTI

della trentunesima seduta

Mercoledì 30 Settembre 2009, ore 10.00

DISCORSI PRONUNCIATI IN ITALIANO

 


VOLONTE’ (Doc. 11985)

Annuncio già che un minuto lo cederò volentieri alla collega relatrice non solo per galanteria ma anche per consentire al dibattito di essere più ampio nei suoi molteplici aspetti. Un grande ringraziamento alla relatrice Anna Lilliehöök. Ha dimostrato nella sua introduzione la competenza con la quale la sua commissione ha lavorato su questo importante rapporto. Sta a dimostrare quanto il Consiglio d’Europa sia appassionato della relazione dell’OCDE ma anche del contesto nel quale questa relazione si pone. Un contesto di cui abbiamo parlato anche nelle sessioni plenarie precedenti e che appassiona e che intimorisce con qualche preoccupazione centinaia di milioni di nostri concittadini in ogni singolo stato.

Questi dati straordinari che emergono da questa relazione continueranno certamente ad interessare il dibattito non solo del Consiglio d’Europa ma anche delle singole commissioni all’interno del Consiglio d’Europa fra le quali appunto la “Commissione affari sociali, servizi sanitari e famiglia” è un elemento importante. Ci interessa e ci è interessata per quanto vi abbiamo trovato ed è già stato citata soprattutto perché in questa relazione noi abbiamo avuto a cuore di approfondire tutti i temi legati alla riforma del lavoro, del welfare, al problema della povertà e dell’esclusione sociale, i problemi legati alle agende sociali e alla riforma di queste agende sociali come si stanno elaborando in questi mesi e in questi anni.

Abbiamo trovato di grandissimo interesse la strategia sul lavoro dell’OCDE e nel contempo l’attenzione che nel rapporto si dà al tema della crescita ineguale all’interno dei paesi e delle aree geografiche. Come si distribuisce la povertà ci fa capire non solo la politica di un governo ma anche la politica di un’area geografica più ampia delle politiche di un singolo governo. E’ proprio questo tema del rischio della povertà che abbiamo voluto approfondire, un rischio della povertà che aumenta sempre di più non solo per le persone anziane ma la povertà per i giovani, la povertà per le famiglie che hanno figli, la povertà in cui sprofondano decine di milioni di famiglie e di persone che perdono il lavoro.

I dati sotto questo aspetto, - l’abbiamo voluto mettere nel nostro emendamento, - sono sconcertanti. Basterebbe guardare quello che dice la relazione dell’OCDE: il livello di disoccupazione all’interno di questi paesi sarà di 57 milioni di persone, un paese come l’Italia. E’ come se tutti gli italiani da domani fossero licenziati. Evidentemente non saranno tutti in Italia. Ma è un modo di dire che un’intera nazione, ovvero il popolo di un’intera nazione non saprà più cosa fare nei prossimi giorni. E non è una piccola nazione. Non stiamo parlando di Monaco, con tutto il rispetto, e neanche del Liechtenstein. Ma i dati che vengono confermati e che sono stati rivelati in questa relazione e introdotti qua, sono stati purtroppo anche confermati dalle preoccupazioni del segretario Generale Klaus Kahn all’apertura del vertice di Pittsburgh, quando ha voluto sottolineare ciò che tutti noi temevamo e cioè che purtroppo, anche se c’è una flebile ripresa dei mercati finanziari, questa flebile ripresa verrà contrastata da uno straordinario aumento della disoccupazione su tutto il territorio globale e non solamente nelle democrazie più sviluppate.

Allora, a fronte di questo, abbiamo voluto in qualche modo affidare, attraverso la richiesta di inserire il nostro emendamento, la nostra osservazione a questo dibattito, abbiamo voluto affidare a tutti noi una condivisione di preoccupazione sul futuro del lavoro, sul rischio di emarginazione e sull’attenzione che devono avere i singoli governi nei confronti dei più vulnerabili rispetto alla crisi: i giovani, gli immigrati, i lavoratori temporanei e allo stesso tempo anche le persone anziane e nello stesso tempo, ribadire ancora una volta come la famiglia, a nostro avviso, è un fattore fondamentale di coesione sociale e anche deve essere considerata tale nelle strategie di uscita e di sviluppo future. Grazie.

GIARETTA (Doc. 11985)

L’eccellente rapporto che ci è stato presentato dalla relatrice e l’intervento del Segretario Generale Gurrìa hanno bene messo in rilievo il contributo essenziale che l’attività dell’OCSE ha offerto di fronte alla crisi mondiale. E’ stato un contributo importante per un’analisi della situazione globale di una comparazione dell’evoluzione delle diverse economie.

Ma il contributo è stato importante perché si è tradotto anche nella predisposizione di proposte, di indirizzi di azione per i governi, per contrastare gli effetti della recessione, la crisi fiscale degli stati, il degrado della finanza globale, il deterioramento del mercato del lavoro.

Ma su questi temi, l’Assemblea si è già intrattenuta in diverse occasioni nel corso delle sessioni di quest’anno, vi poi state delle riunioni del G8 all’Aquila, del G20 a Pittsburgh, in cui i governi dei paesi più sviluppati hanno assunto degli impegni significativi.

Vorrei perciò cogliere l’occasione di questo dibattito per trattare un’altra questione e porci questa domanda: cosa può fare questa nostra organizzazione sopranazionale per meglio aiutare i governi e le istituzioni parlamentari ad agire con più efficacia di fronte al nuovo contesto internazionale?

Non c’è dubbio che la crisi finanziaria ha messo in luce che la velocità e l’intensità del cambiamento che ha interessato il sistema economico globale ha di fatto compromesso il ruolo delle istituzioni internazionali, ne ha indebolito una capacità di intervento. C’è una domanda di governance che non ha finora trovato risposte adeguate anche se i governi naturalmente, sotto la pressione della crisi, con il fallimento dei tradizionali sistemi di regolazione, ha iniziato a tracciare un percorso di cambiamento. Non c’è dubbio che a Pittsburgh si sono assunti impegni importanti per una ridefinizione del ruolo del fondo monetario internazionale e della banca mondiale e delle varie banche regionali.

Allora, anche l’OCSE può essere coinvolto in questo processo complessivo di riorganizzazione. Occorre definire a mio avviso con più precisione il compito delle singole organizzazioni. Evitare sovrapposizioni che gettano lo spreco di risorse e interventi che finiscono per essere contraddittori. Occorrerebbe completare anche una copertura di istituzioni internazionali in settori che sono divenuti strategici per la cooperazione e la convivenza pacifica. Ieri abbiamo discusso del grande tema dell’ambiente e del clima.

Certamente, il contributo dell’OCSE può essere rafforzato estendendo l’azione già intrapresa per l’allargamento a nuovi stati membri. Questo è un orientamento molto positivo: occorre allargare la copertura geopolitica in modo equilibrato e rappresentativo delle varie aree economiche globali. Direi su questo punto che è importante però mantenere elevati standard di ammissione sotto il profilo del rispetto dei diritti umani e dei processi democratici.

Una seconda linea può riguardare una riforma della governance che consenta di supportare in modo adeguato un’istituzione che ha un numero maggiore di aderenti. Vi è certamente la questione del rapporto tra le competenze del Consiglio e l’attività dei singoli comitati. Vorrei però raccomandare di conservare un orientamento di valorizzazione e riconoscimento del contributo della società civile al processo decisionale delle politiche governative con un’azione costante di consultazione e di dialogo con le organizzazioni non governative. Si potrebbe anche approfondire un ruolo specifico per le assemblee parlamentari nazionali e per i loro servizi del bilancio che possono dare un importante quadro conoscitivo sullo stato delle finanze pubbliche integrando i rapporti con i governi.

Infine, è condivisibile l’indicazione approvata nel corso della riunione del consiglio dei ministri OCSE il 25 giugno 2009 di individuare nell’ambito dell’attività una missione specifica concentrata sui sistemi di regolazione dell’economia globale. Vi è la necessità di elaborare un sistema di norme che a livello globale favorisca una condotta responsabile delle imprese e delle attività finanziarie secondo quei principi di probità, di integrità e trasparenza. Qui l’OCSE ha già dato un contributo importante e potrà certamente darlo anche in futuro.

GALATI ( Doc. 11985)

L’Europa è per nascita e vocazione, per potenzialità un volano di possibilità di sviluppo e di ricchezza, non soltanto per il continente europeo ma anche per il resto del mondo. Ringarzio i relatori, il segretario generale Gurrĺa per le rifessioni che stamattina sono stae sottoposte. La strategia di Lisbona che era stata varata nel marzo del 2000 con l’obiettivo di rendere l’Unione europea l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo rimane un punto di riferimento fondamentale per ealizzare una crescita economica sostenibile, una piena e buona occupazione, una maggiore coesione sociale.

E’ evidente che i risultati di questa strategia basati sull’cooordinamento delle politiche economiche nazionali, non hanno corrisposto alle aspettative e non sono apparse adeguate rispetto al contrasto della crisi economica. Ogni paese, è stato ricordato stamattina, è rimasto quasi da solo nella difesa del proprio apparato produttivo e finanziario, rischiando di mettere in pericolo la moneta unica, di non rilanciare la crescita, di approfondire le già presenti fratture e dualismi del nostro continente.

L’area dei Balcani rappresenta un teatro strategico di fondamentale importanza, non soltanto per la stabilità politica dell’Europa orientale ma anche per le opportunità economiche che può portare all’interno dell’Unione. Eppure, nonostante questo allargamento, il processo di adesione procede con difficoltà. L’area del mediterraneo è un’area vitale per il futuro dell’Europa, per la sua stabilità internazionale. Ma trasformare il Mediterraneo da questo crocevia di conflitti in una grande area di pace, di sicurezza e di benessere non è soltanto essenziale per la stabilità internazionale ma costituisce una grande opportunità di sviluppo.

Nel processo di Barcellona varato nel ’95 non si è finora dimostrato all’altezza della sua ambizione e anche l’Unione per il Mediterraneo costituita nel 2008 rischia di essere inadeguata. Occorre quindi che l’Europa assuma un ruolo più incisivo anche rispetto al processo di pace in Medio Oriente, contribuendo a garantire il diritto dei palestinesi ad una patria e quello di Israele alla sicurezza. Questo ruolo lo si può svolgere se si pensa al futuro e non ci si richiuda sul proprio passato. Al centro di una regolata politica europea ci devono essere grandi investimenti nella rete transeuropea, nell’innovazione ambientale, nella ricerca.

Il nostro continente ha bisogno di grandi infrastrutture moderne: il trasporto di merci e passeggeri, lo sviluppo delle piattaforme intermodali, le infrastrutture materiali possono e devono unificare il continente sotto il profilo geografico, economico e di impluso anche allo sviluppo. L’Italia, il paese che rappresento, ne ha bisogno, con l’aumento dello scambio tra Europa e Asia, la nostra penisola torna ad essere centrale come non avveniva da secoli. Ma sul piano delle telecomunicazioni l’Europa deve disporre di una rete telematica a banda larga e con standard omogenei di eccellenza. Ma anche guradano all’impluso delle politiche energetiche e costruendo reti pubbliche europee di approvigionamento di gas e petrolio che rendano il continente capace di negoziare in modo coeso e con un approccio strategico unitario con i grandi paesi fornitori e di transito degli idrocarburi.

Bisogna dare impluso agli investimenti per lo sviluppo di energie ronnovabili come possibile fattore d’innesco di un ciclo importante di sviluppo sostenibile. Perché la questione energetica rappresenta la più grande sfida politica e tecnologica dei prossimi anni. Altra preziosa risorsa è quella del lavoro, cercare di mettere in moto un processo di riforme che mette il lavoro di migliaia di cittadini come obiettivo primario per le possibilità di sviluppo e di crescita che esso può dare. L’esempio delle realtà delle piccole e medie imprese, come in Italia, è di fondamentale importanza per capire la capacità di sviluppare lavoro con creatività e ingegno del fare. Per quanto riguarda il welfare, il nostro stato sociale è piuttosto attento alle esigenze del mondo del lavoro e della riforma degli ammortizzatori sociali.

Dopo la crisi non c’è un’altra crisi ma ci deve essere come ripetuto saggiamente dal presidente Obama la forza di riscrivere le regole del gioco e dare etica ad un capitalismo che lasciato a briglie sciolte si è schiantato contro il muro dei derivati e della bolla speculativa. L’Europa, grazie ai suoi anticorpi, ha saputo tenere in piedi la sua società, limitare i danni e come dicono gli indicatori economici sperare in una ripresa economica dal prossimo anno. L’Europa dei popoli c’è, ora la partita per il lancio e lo sviluppo del continente e come sempre nelle mani della politica.