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AS (2009) CR 32
Versione provvisoria

SESSIONE ORDINARIA 2009

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(Quarta parte)

ATTI

della trentaduesima seduta

Mercoledì 30 Settembre 2009, ore 15.00

DISCORSI PRONUNCIATI IN ITALIANO

 


SANTINI ( Doc. 12003)

Signor Presidente, ieri abbiamo approvato qui una risoluzione sulle sfide che i cambiamenti climatici ci pongono nel grande impegno per la difesa dell’ambiente in cui viviamo. Oggi, con questo rapporto, facciamo decisamente un passo più avanzato. Il documento che stiamo discutendo stabilisce infatti che vivere in un ambiente sano non va più considerato un colpo di fortuna, un dono del creatore o un optional dipendente da fattori aleatori. Certamente, il ruolo del creatore rimane fondamentale nel generoso disegno di averci donato territori salubri, mari cristallini e cieli limpidi. Importante è anche l’impegno dell’uomo nel conservare tutto questo attraverso quella che viene definita la solidarietà intergenerazionale.

Ma fino ad oggi, quando interveniva qualche fattore negativo a deteriorare l’ambiente, ci si limitava a protestare, al massimo organizzare qualche corteo per la strada, a pronunciare focose condanne politiche. La proposta di oggi contiene in fondo un annuncio quasi rivoluzionario: vivere in un ambiente sano è un diritto fondamentale di nuova generazione, che si aggiunge a quelli già riconosciuti dalla convenzione europea dei diritti dell’uomo. Ma l’aspetto più importante deriva dalla conseguenza pratica e concreta di questa innovazione. Inquinare l’ambiente, da oggi, è un delitto contro l’umanità e quindi può essere perseguito in tutte le forme della responsabilità civile e penale. Quindi, ne deduco che la Corte dei diritti dell’uomo da oggi abbia la competenza e la forza giuridica per intervenire e rendere quindi esecutive le sue sentenze in questo settore.

Hanno fatto da apripista, lo ha ricordato il nostro eccellente relatore, sulla strada della definizione di basi giuridiche concrete, la convenzione di Lugano del 1993, che ha indicato i termini della responsabilità civile per i danni causati all’ambiente e la convenzione di Strasburgo del 1998, che considerando gli aspetti penali, ha determinato, ha introdotto il principio del “chi inquina, paga”. E’ triste ma la cronaca quotidiana ci conferma l’urgenza di interventi in questo settore. Anche nei paradisi più intatti, di tanto in tanto, emergono casi di atti criminosi contro l’ambiente, quindi contro il diritto fondamentale della gente a difendersi.

Purtroppo posso portare un esempio recente che riguarda proprio la regione nella quale io vivo in Italia, il Trentino-Alto Adige/Südtirol, dove la coscienza della gente, la solidarietà intergenerazionale, ci ha trasmesso nei secoli un paradiso naturalistico unico al mondo che si chiama Dolomiti: una catena di montagne che qualche settimana fa fu proclamata patrimonio dell’umanità dall’Unesco. Ebbene, solo qualche giorno dopo questo momento esaltante, questo riconoscimento, è saltato fuori un buco nero, una piccola valle nascosta nella quale da molto anni alcuni imprenditori senza scrupoli stavano scaricando rifiuti industriali gravemente inquinanti, tossici e cancerogeni. La zona si chiama monte Zaccon. Ve lo dico, così potete evitare di andarci

Questo delitto, non esito a definirlo così, si è potuto consumare anche con la complicità di chi avrebbe dovuto controllare, cioè l’ente pubblico, e non l’ha fatto con il necessario rigore. Ora, torno a casa con questa incoraggiante novità rappresentata dalla raccomandazione che stiamo per approvare e questo potrebbe essere il caso della mia zona, della mia montagna, proprio il primo caso concreto di applicazione del diritto ad un ambiente sano. E su questa base giuridica sicuramente tenterò di indirizzare e di aiutare i miei concittadini a promuovere un ricorso alla Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo.

Ecco, magari riusciremo ad applicare in maniera concreta il principio di cui ho parlato prima: di chi inquina, paga. Incominciamo a far pagare coloro che hanno scaricato i veleni e poi anche coloro che avrebbero dovuto evitare questa operazione delittuosa e non l’hanno fatto. Quindi, gli amministratori del territorio e i livelli superiori della burocrazia che avrebbe dovuto a sua volta verificare tutto quello che stava accadendo.

Se dovessimo davvero riuscire ad avere una sentenza convincente da parte della Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo, penso che sarebbe un buon esempio per far capire che noi qui dentro non facciamo solo chiacchiere ma possiamo anche operare in maniera concreta.

Grazie al Relatore a nome del Gruppo PPE e grazie a tutti coloro che hanno arricchito questo testo con i loro emendamenti.