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AS (2010) CR 11
Versione provvisoria

SESSIONE ORDINARIA 2010

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(Seconda parte)

ATTI

della undicesima seduta

Lunedì 26 aprile 2010, ore 15.00

DISCORSI PRONUNCIATI IN ITALIANO

 

SANTINI , domanda al Presidente del Comitato dei Ministri signora Micheline Calmy-Rey

Signora Ministro e signor Presidente, Lei ha ricordato più volte nel suo discorso il profondo rispetto che il suo paese ha dei diritti umani e in particolare, questo è il tema che mi permetto di sottoporLe, anche per i lavoratori stranieri che da molti anni operano e vivono sul territorio della Federazione Svizzera. Tra questi i lavoratori italiani, per i quali in questi giorni c’è una scadenza molto preoccupante. Sta per scadere un accordo in base al quale i contributi prevvidenziali pagati in Svizzera venivano in parte trasferiti in Italia, in modo da garantire a questi lavoratori transfrontalieri le stesse condizioni di pensione e di cassa integrazione riservata ai loro colleghi svizzeri. La mia domanda è, signora Ministro, augurandomi che il tema non sia troppo specialistico, il governo svizzero intende accettare la proposta che viene avanzata in questi giorni di rinnovare questo accordo che manterrebbe un equilibrio da molti anni presente tra lavoratori svizzeri e lavoratori transfrontalieri. Grazie.

GIARETTA ( Doc. 11937)

Grazie Signora Presidente.

Esprimo a nome del gruppo dell’ALDE il voto favorevole sulla proposta di raccomandazione preparata con passione e competenza dal nostro relatore Mendes Bota. L’angolazione da cui affrontare la questione della possibile regolamentazione giuridica delle attività di Lobby è certamente quella della qualità e della democrazia. Una regolamentazione è possibile ed utile. Lo stato democratico è chiamato oggi a un duplice compito: produrre buone regole che consentano il libero esercizio e l’attività di cittadini in condizioni di uguaglianza e di diritti, e produrre quei beni collettivi fondamentali per il pieno godimento dei diritti umani che il mercato non è in grado di produrre assicurandone l’accesso senza discriminazione di reddito.

In un contesto globalizzato, la regolamentazione è divenuta una procedura molto più complessa. Più forti sono gli interessi da regolamentare e quindi la loro capacità di influire sul decisore pubblico. Del resto, la presenza di interessi e quindi delle attività per far prevalere le aspettative di questi interessi è un fatto fisiologico per una buona democrazia. In parte la mediazione è assicurata dal ruolo dei partiti. Dove essi sono meglio strutturati e offrono reali canali di partecipazione può essere meno necessaria l’organizzazione di un’attività lobbistica nelle sedi parlamentari e di governo.

Tuttavia la ricchezza rappresentativa di una moderna democrazia si avvale di una pluralità di canali e del legittimo esercizio di un’attività di lobby può costituire un fondamentale collegamento tra le istituzioni e la società civile, migliorando il processo decisionale pubblico e aumentando il grado di conoscenza dei decisori e dell’opinione pubblica.

Ad esempio, come ce lo ha ricordato il relatore, nell’ambito delle istituzioni comunitarie a Bruxelles operano migliaia di organizzazioni lobbiste, tuttavia con caratteristiche molto diverse. Il 65% appartiene agli interessi economici, associazioni di categoria, singole imprese, studi legali specializzati, il 25% alla società civile, organizzazioni non governative, associazioni di consumatori, ecc. Infine, il 10% è una rappresentanza delle istituzioni locali territoriali.

Tuttavia il lobbismo diventa un fenomeno patologico della democrazia quando non è trasparente il rapporto tra interesse e rappresentanza e quando vengono poste in essere pressioni che configurano illeciti di varia natura fino alla vera e propria corruzione per orientare il decisore pubblico. Quando il lobbista non si limita a fornire informazioni ben organizzate e selezionate ma orienta il decisore con vantaggi diretti di carattere economico o di altra natura.

Per questo condividiamo la sollecitazione per la elaborazione di un Codice europeo di buona condotta per le attività di lobbying al fine di meglio definirle distinguendole da altre forme di rappresentanza di interessi e di rendere più trasparente il rapporto tra gli interessi organizzati e l’attività decisionale pubblica.

Tuttavia, l’esperienza dei paesi che hanno da tempo posto in essere da tempo una regolamentazione dell’attività di lobby dimostra che una regolamentazione non è strumento sufficiente per impedire dei fenomeni patologici: ad esempio, negli Stati Uniti, circa il 30% del budget elettorale dei candidati al Congresso è originato da associazioni lobbistiche a cui vanno aggiunti i fondi che le associazioni di interesse possono spendere per sostenere un determinato punto di vista o sollecitare l’elezione di un determinato candidato.

Si realizza in questo modo, nonostante la regolamentazione introdotta, una dipendenza del singolo legislatore da interessi economici specifici. Del resto, il Presidente Obama, all’atto del suo insediamento ha evidenziato il problema come ce lo ha ricordato il relatore, problema che permane di una eccessiva influenza degli interessi lobbistici. Ha affermato Obama: “I lobbisti non hanno finanziato la mia campagna elettorale e non gestiranno la mia Casa Bianca”.

Una ragionevole regolamentazione delle attività lobbistiche può facilitare il diffondersi di una cultura del pluralismo e di una democrazia aperta al dialogo. La trasparenza delle relazioni tra lobbisti e decisori pubblici sono un buon deterrente contro la corruzione, indicando i soggetti che agiscono, le questioni interessate e i capitali impiegati. Per questo appoggiamo la proposta alla nostra attenzione.