IT10CR25       AS (2010) CR 25

Versione provvisoria

SESSIONE ORDINARIA 2010

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(Terza parte)

ATTI

della venticinquesima seduta

Giovedì 24 giugno 2010, ore 10.00

DISCORSI PRONUNCIATI IN ITALIANO


Piero FASSINO

(Doc. 12308)

Sintesi della relazione del Rapporteur On. Piero Fassino dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa

Grazie, Signor Presidente e grazie naturalmente a tutti voi che siete qui in aula. E’ stato richiesto giustamente un dibattito di urgenza sui recenti avvenimenti che hanno caratterizzato la vicenda in Medio Oriente e Gaza ancora una volta si rivela essere uno dei nodi principali del conflitto palestinese. Dopo il ritiro unilaterale di Israele, Hamas, con un colpo di mano ha preso il controllo del territorio contrapponendosi all’autorità di Abu Mazen. La situazione si è poi aggravata con il blocco istituito da Israele e Egitto dal 2007 e poi con l’operazione “Piombo Fuso” del gennaio 2009. E oggi, ancora una volta Gaza è la causa di un altro momento di conflitto e di tensione in Medio Oriente.

I fatti sono noti. Nella notte tra il 30 e il 31 maggio un comando israeliano ha condotto un raid contro la nave principale di una flottiglia di 6 navi organizzate da due organizzazioni pacifiste per forzare il blocco di Gaza e far giungere alla popolazione 10.000 tonnellate di merci. In quel momento la flottiglia si trovava in acque internazionali, ad alcune decine di miglia dalle coste della Turchia. Nel corso del blitz si sono accesi scontri tra il comando e un gruppo di attivisti della nave. Il comando ha fatto ricorso al fuoco causando nove morti – tutti cittadini turchi – e molti feriti.

Questi eventi, come sappiamo, hanno suscitato una grande emozione in tutta la comunità internazionale. Vi è stata una generale condanna sia perché il raid è avvenuto in acque internazionali con una violazione del diritto internazionale e sia perché il ricorso all’uso delle armi è apparso del tutto ingiustificato. La condanna è stata unanime: del Segretario Generale dell’ONU, del Quartetto, dell’Unione europea, della Lega Araba e dei suoi paesi, di tantissimi governi e anche del Consiglio d’Europa attraverso parole chiare e severe sia del Parlamento della nostra Assemblea, sia del Presidente del Comitato dei Ministri. Anche il Papa Benedetto XVI ha unito la sua voce a quella della comunità internazionale.

In tutte le dichiarazioni, accanto alla condanna sono state avanzate due richieste: una commissione internazionale di inchiesta, che in modo imparziale e trasparente accerti i fatti e le responsabilità; e la richiesta a Israele di mettere fine al blocco di Gaza. La Commissione internazionale è stata richiesta con un voto a larga maggioranza, anche dal Consiglio dell’ONU per i diritti dell’uomo. Il governo israeliano l’ha rifiutata, annunciando una propria commissione di indagine assistita da personalità internazionali. Noi ci rammarichiamo che il governo israeliano abbia rifiutato la commissione internazionale e da qui rinnoviamo la richiesta che la accolga. Al tempo stesso chiediamo che ai membri della Commissione istituita dal governo israeliano, sia garantita piena indipendenza e libertà di indagine.

Ma la questione più critica riguarda Gaza. E’ urgente mettere fine al blocco, garantire l’accesso sia terrestre che marittimo alla Striscia, assicurare l’inoltro di tutto ciò che è necessario per una vita normale della popolazione e per lo sviluppo economico. Il governo israeliano ha annunciato nei giorni scorsi un allentamento del blocco. E’ un primo passo positivo, ma noi chiediamo che si arrivi alla completa libertà di accesso. Occorrono naturalmente misure di controllo per evitare l’introduzione di armi, contrastare traffici illeciti e impedire rischi per la sicurezza di Israele. Va in questa direzione la proposta dei Ministri degli esteri di Francia, Italia e Spagna, di affidare alla missione civile Unione europea – già operante sul posto – il controllo di tutti gli accessi. Naturalmente sulla crisi palestinese pesa anche la vicenda iraniana e la comunità internazionale deve moltiplicare gli sforzi per convincere le autorità di Teheran ad accettare una soluzione politica.

Questa crisi ha colpito direttamente la Turchia e noi auspichiamo che non venga meno il ruolo positivo svolto dal paese per la stabilità della regione.

Ma più in generale, questa crisi ci dice quanto è urgente arrivare a una soluzione del conflitto israeliano-palestinese. Soprattutto ci dice che il tempo non lavora per la pace. C’è un impegno particolare degli Stati Uniti che, da ultimo, per superare l’impasse, ha proposto colloqui indiretti di prossimità, mediati da Mitchell. Ed è importante che questi colloqui indiretti siano stati avviati e che - nonostante la crisi – né gli israeliani né i palestinesi ne abbiano chiesto la sospensione. C’è un impegno forte della Lega Araba il cui Segretario generale ha visitato Gaza. L’impegno americano e della Lega Araba deve sollecitare un impegno altrettanto forte anche del Quartetto e dell’Unione europea, ricordando che l’Unione europea è il primo finanziatore dell’Autorità Nazionale Palestinese ed è il primo partner economico di Israele.

Naturalmente la ripresa di un percorso di dialogo richiede atti concreti e coerenti da parte di ciascuna delle parti in conflitto, e la comunità internazionale deve perciò incoraggiare e sollecitare le parti a compierli. Servono atti coerenti di Israele: il definitivo superamento del blocco di Gaza; il blocco di nuovi insediamenti, anche a Gerusalemme est; la liberazione dei prigionieri politici palestinesi; e soprattutto la disponibilità a negoziare davvero con i palestinesi, senza porre precondizioni e pregiudiziali, come hanno sollecitato i tanti esponenti dell’ebraismo europeo che hanno sottoscritto nelle settimane scorse l’“Appello alla ragione” (Jcall). Allo stesso tempo servono atti da parte dei palestinesi: in particolare occorre che si superino le attuali divisioni e l’autorità di Abu Mazen sia riconosciuta da tutte le fazioni palestinesi, e soprattutto che Hamas capisca che deve riconoscere il diritto dello Stato di Israele a esistere, deve cessare il lancio di razzi e ogni atto violento contro Israele e deve liberare Gilad Shalit. E sarebbe un passo positivo se Hamas accettasse il piano arabo di pace, perché questo piano è fondato sul principio “due Stati per due popoli” e quindi sul riconoscimento anche dello Stato di Israele e del suo diritto a esistere.

C’è dunque una responsabilità grande della comunità internazionale. Anche il Consiglio d’Europa, il nostro consiglio, ha la responsabilità di agire favorendo il rispetto dei diritti umani in quella regione e promuovendo attraverso il Forum Tripartito, il dialogo parlamentare tra la nostra assemblea, la Knesset e il Consiglio Legislativo Palestinese.

In conclusione: dobbiamo essere consapevoli che il tempo non lavora per la pace. Parliamo di un conflitto che dura da più di sessant’anni e il passare degli anni, senza che mai si arrivi ad un accordo di pace, anziché avvicinarla, suscita crescente frustrazione e sfiducia, toglie credibilità al processo stesso, riduce la speranza in questo processo, in primo luogo la speranza dei giovani e delle giovani generazioni che si succedono sentendo parlare di una pace che viene sempre evocata ma che non arriva mai. Per questo, la priorità oggi è rimettere in moto un percorso di dialogo perché comunque c’è una sola pace possibile, una pace fondata sulla costituzione di uno stato palestinese indipendente e sovrano accanto ad uno stato di Israele sicuro e riconosciuto.

La nostra speranza e il nostro auspicio è che la crisi che è intervenuta nelle scorse settimane possa rendere consapevole la comunità internazionale che non è più tempo dell’attesa, non è più tempo della speranza soltanto. Abbiamo bisogno di un’azione concreta, quotidiana, efficace, che aiuti, incoraggi e assista le parti ad andare a un tavolo di negoziato, le convinca alla ragione, le convinca a riconoscere ciascuna non solo la legittimità dei propri diritti e delle proprie richieste, ma anche la legittimità dei diritti ed elle richieste dell’altra parte e si arrivi così all’unica pace che può dare sicurezza, prosperità e certezza a entrambi i popoli che vivono in quella regione.

Perché questo avvenga è necessario che la comunità internazionale sia consapevole di non dover soltanto sollecitare e incoraggiare, ma mettere in campo politiche concrete che aiutino le parti a trovare i punti di accordo, di compromesso e di sintesi per realizzare la pace. E anche il nostro Consiglio ha il dovere di agire. Lo abbiamo fatto tutti in questi anni monitorando costantemente la crisi israelo-palestinese, mantenendo costantemente i rapporti con le parti in conflitto, aiutando le parti in conflitto a dialogare e a incontrarsi. Vogliamo continuare a farlo attraverso il Forum Tripartito. Il mio augurio e credo la speranza di tutto il Consiglio è che davvero si apra una fase diversa e nuova nella quale si possa conoscere quell’accelerazione del processo di pace che porti nel tempo più breve possibile a una soluzione che sia soddisfacente per il popolo palestinese e per lo stato di Israele e che ciascuno possa vivere l’uno accanto all’altro, sicuro, riconosciuto e in pace. Grazie.

Luca VOLONTE

(Doc. 12308)

Presidente. Quando abbiamo ascoltato quello che stava per accadere e quello che era accaduto nel mare appena fuori di Gaza, io ho pensato, certo, con disappunto, a questi decenni in cui la comunità internazionale a quanto pare non è riuscita a migliorare quella situazione, ma soprattutto mi sono messo nei panni dei genitori, degli amici, dei parenti delle vittime della nave turca e anche, permettetemi di dirlo, dei genitori del soldato israeliano che da tanti anni è nelle mani di un gruppo terroristico. Ho pensato a loro perché sono le prime vittime. Ho pensato a loro perché quarant’anni fa, quando nascevo io, loro probabilmente stavano nascendo con me. E per quarant’anni hanno dovuto vivere in una situazione inaccettabile.

I fatti sono chiari: Israele ha usato non solo una sproporzione delle sue forze ma ha violato ogni norma internazionale. I documenti delle nazioni Unite, le dichiarazioni dell’Unione europea, le dichiarazioni che sono state fatte dal Segretario Generale del Consiglio d’Europa e da Lei, Presidente, interpretando i sentimenti di costernazione da parte di tutti noi sono evidenti e assolutamente condivisibili. E ha fatto bene il relatore Fassino, con grande equilibrio e grande fermezza, a descrivere ciò che è accaduto e descrivere anche che gli impegni che da anni il nostro Consiglio d’Europa chiede alle parti.

E’ evidentemente necessario fare una riflessione, una riflessione chiara, urgente e direi immediata. Non solo chiedendo con ancora più forza e invitando il nostro comitato dei ministri non solo a prendere atto di questa nostra relazione, ma di impegnarsi nella direzione di arrivare a una soluzione secondo gli impegni qui chiaramente dati dall’onorevole Fassino. Quanto al governo di Israele, togliere i blocchi e nello stesso tempo vedersi riconosciuto come uno stato sicuro e che riconosce un altro stato, due paesi, due popoli che vivono in pace e in sicurezza. Dall’altra parte, verificare la sicurezza dell’entrata dei beni di prima necessità, evitare che chi tiene in ostaggio in qualche modo Hamas e Gaza, e combatte con le stesse energie che aiutano la popolazione, possa impedire tutto ciò.

Evidentemente a noi spetta questo compito: invitare i governi a far sì che questi impegni vengano rispettati, aiutati ma ci aspetta qualcosa altro. Ho sentito critiche nei confronti degli Stati Uniti, ho sentito critiche nei confronti del Quartetto, sento critiche nei confronti dell’Unione europea, possiamo criticare tutti per questi quarant’anni. Forse potremmo cominciare a fare un passo avanti noi e io penso che questa risoluzione, questi tragici eventi, questa solidarietà che dobbiamo sul piano politico e umano ai cittadini turchi uccisi e anche a questo soldato che non torna a casa da tanti anni, tutto ciò ci deve spingere a fare un passo nella giusta direzione.

E qual è la direzione che può prendere il Consiglio d’Europa? Prendere più sul serio di quanto non abbia fatto sinora il Forum Tripartito. Far lavorare con più impegno, consentite che il lavoro che si sta svolgendo con impegno nel Sottocomitato del Medio Oriente anche attraverso il Forum Tripartito, possa dare degli esiti positivi valorizzando tutti i leader e tutte le nazioni che in questi anni e in questi ultimi mesi si stanno impegnando per trovare una vera soluzione secondo quello che scriviamo e diciamo da troppi anni: la Turchia, l’Unione europea, il Quartetto, gli Stati Uniti e, possiamo dire e vorrei che lo dicessimo prima della prossima relazione di gennaio dell’onorevole Fassino del Sottocomitato nel Medio Oriente, vorrei che arrivassimo a dire in gennaio che anche il Consiglio d’Europa ha fatto fare un passo avanti nella giusta direzione alla soluzione del conflitto. Grazie.

Piero FASSINO

(Doc. 12308)

Risposta agli oratori

Ringrazio innanzitutto tutti gli oratori che sono intervenuti e la condivisione che nei loro interventi hanno espresso con il rapporto e la risoluzione ed è importante perché, quanto più il Consiglio d’Europa è unito e condivide quello che adottiamo, tanto più saremo efficaci nel realizzarlo.

Condivido tantissime delle considerazioni qui fatte, voglio soltanto fare due considerazioni. Molti colleghi hanno posto al questione su quello che dobbiamo fare noi, che cosa deve fare l’Europa, per sbloccare la situazione nel Medio Oriente e aiutare il processo di pace. Io credo che la questione fondamentale è ricostruire un rapporto di fiducia che nel tempo è venuto logorandosi tra israeliani e palestinesi. Fare una pace richiede sempre la fiducia tra le parti che devono negoziare un accordo. Tanto più in Medio Oriente perché in Medio Oriente non sono in conflitto un torto e una ragione ma sono in conflitto due ragioni. Perché il diritto di Israele a esistere riconosciuto e sicuro, è una ragione, e il diritto dei palestinesi a volere uno stato sovrano e indipendente per loro è una ragione. E due ragioni da comporre sono più difficili da comporre che un torto e una ragione. Lo si può fare se c’è fiducia e quello che è venuto logorandosi nel tempo in questi anni è esattamente questo.

Mi occupo del Medio Oriente da più di trent’anni. Mi colpisce che nelle tante volte che ho incontrato dirigenti palestinesi e israeliani, ciascuno dei due mi diceva con grande chiarezza a che cosa bisognava arrivare, quale doveva essere la soluzione, quale doveva essere la soluzione definitiva di pace. Non c’era nessuno che mi spiegasse come arrivarci. E questa è una dimostrazione che il problema oggi non è tanto sui punti di mediazione su cui fare la pace perché in realtà i punti di mediazione su cui fare la pace sono ormai abbastanza individuati: confini del 1967 ma con scambio di terre, e questo può consentire allo stato palestinese di avere confini certi e al tempo stesso dare soluzione alla questione degli insediamenti. Gerusalemme come capitale di due stati è un punto che è controverso ma può essere una soluzione che accontenta entrambi. Compensare con compensazioni monetarie il problema del ritorno dei rifugiati in ragione tale da non alterare demograficamente il rapporto tra ebrei e arabi e al tempo stesso riconoscere le sofferenze dei rifugiati.

Non è difficile individuare le soluzioni. Ma le soluzioni si possono costruire se c’è fiducia tra le parti. E quello che oggi non c’è è esattamente la fiducia. E allora il nostro dovere è esattamente quello di lavorare per ricostruire una fiducia tra le parti. Ha ragione il collega Dìaz Tejera quando dice: “In Medio Oriente, in questi anni, ha preso spazio la forza rispetto alla regione. Ha preso spazio la violenza rispetto alla politica.” E noi dobbiamo tornare a far prevalere le ragioni della forza e della politica; rendere chiaro agli israeliani che prima ci sarà la pace, prima Israele sarà sicuro del suo futuro. E rendere chiaro ai palestinesi e in primo luogo a Hamas che prima si riconoscerà il diritto a Israele di esistere, prima i palestinesi avranno la loro terra, il loro stato e la loro sovranità. Dobbiamo lavorare perché si sconfigga appunto la violenza, la forza, e prevalga la ragione. Grazie.

Piero FASSINO

(Doc. 12308)

Risposta contro l’emendamento 7

Credo che questo emendamento non sia accettabile perché realizza l’obiettivo contrario di quello della ragione per cui l’Onorevole Meikar l’ha proposto. Cioè noi diciamo così, che a bordo della nave c’erano degli amici dei terroristi. Ora, questa cosa non è provata, non abbiamo prove di questo e introduciamo un concetto che può essere fonte di grande equivoco. Per questo io sono contrario.

Piero FASSINO

(Doc. 12308)

Risposta contro l’emendamento 13

Soltanto una precisazione. Chiediamo che la Croce Rossa possa visitare subito e immediatamente il soldato Gilad Shalit. Quindi, lo stesso concetto che c’era nell’emendamento Meikar è precisato.

Luca VOLONTE

Domanda rivolta a Gjorgje Ivanov, Presidente dell’ex-Repubblica jugoslava di Macedonia

Caro Presidente, domande e non discorsi Però riprendo il Suo discorso. Ha parlato a lungo della crisi morale, dell’impegno della presidenza del Suo paese al dialogo interreligioso. Io penso che questo ritorno ai valori europei nell’anniversario della convenzione dei diritti umani sia fondamentale e la domanda è questa: come, oltre agli sforzi che sta facendo la Sua presidenza possiamo più fortemente promuovere questi religiosi, questi valori morali come fonte di nuove virtù civili per i nostro giovani?