IT10CR32

AS (2010) CR 32

 

DVD edition

SESSIONE ORDINARIA 2010

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(Quarta parte)

ATTI

della trentaduesima seduta

Mercoledì 06 ottobre 2010, ore 10.00

DISCORSI PRONUNCIATI IN ITALIANO

GIARETTA ( Doc. 12361)

Cari Colleghi, la globalizzazione offre una grande opportunità per una più amplia applicazione dei diritti umani con la crescita e l’estensione delle opportunità di lavoro, di crescita culturale e di crescita della ricchezza di famiglia finora escluse dal processo di sviluppo. E tuttavia essa pone con forza la necessità di regole giuridiche anche sovranazionali entro cui si esplica l’attività economica, ed una più matura considerazione culturale prima che giuridica della responsabilità sociale d’impresa.

Si dice che oggi un’impresa operante sul mercato globale può scegliere liberamente di avere la propria sede legale dove maggiore è la convenienza dal punto di vista fiscale, localizzare gli impianti dove più bassi sono i salari e il rispetto delle regole ambientali, collocare la sede direzionale dove possono esservi le maggiori opportunità interne di qualità della vita per i propri management. E d’altra parte, nei paesi più sviluppati, l’introduzione di forme lavorative più flessibili ha certamente creato maggiore ricchezza e competitività delle loro economie ma ha indebolito le conquiste sociali del mondo del lavoro e resa molto più precaria la vita delle persone.

L’Europa ha conosciuto una fase di intenso sviluppo e crescita comunitaria muovendosi entro le linee di un’economia sociale di mercato in cui vi è stato un equilibrio virtuoso tra la capacità di un mercato aperto e concorrenziale di generare ricchezza, e la capacità dello Stato e del sistema delle autonomie locali di assicurare un contesto di stabilità sociale e di accesso ai beni fondamentali.

Occorre essere capaci di rivalutare in un contesto globalizzato quel percorso e ciò comporta anche un cambiamento del modo di intendere le imprese. Lo ricorda con parole incisive il Papa Benedetto XVI nella sua ultima enciclica sociale. Uno dei rischi maggiori è che l’impresa risponda solamente alle esigenze di profitto a breve termine facendo capo non più a un nucleo stabile di proprietari ma dipendendo dalla necessità di ricorrere a un mercato di capitali che richiede rendimenti elevati e immediati.

Occorre perciò recuperare un concetto del valore dell’impresa che nella sua gestione non tenga conto degli interessi dei soli proprietari ma sia capace di farsi carico di tutti gli altri soggetti che contribuiscono alla vita dell’impresa e alla sua capacità di produrre ricchezza, dai lavoratori ai fornitori, ai clienti, e adotti perciò comportamenti orientati ad assicurare la sostenibilità dell’attività economica.

Il mercato per ben funzionare richiede un insieme di regole efficaci che massimizzi le capacità dell’impresa di generare ricchezza in modo duraturo. Richiede rispetto di standard, di onestà, affidabilità, lealtà, la cui mancanza hanno avuto una responsabilità non secondaria nella crisi finanziaria globale che abbiamo attraversato. Appare perciò condivisibile il percorso che ci propone il relatore.

Primo: la costruzione di uno spazio giuridico sovranazionale per assicurare un più pieno rispetto dei diritti umani da parte delle grandi imprese globali è certamente da condividere. Adesso possiamo aggiungere la necessità di rafforzare l’attività delle organizzazioni internazionali, in particolare l’organizzazione internazionale del lavoro e l’organizzazione per il commercio perché si costruiscano standard di rispetto dei diritti umani che impediscano fenomeni di dumping sociale che generano concorrenza sleale.

E infine è necessario anche penalizzare l’attività di speculazione finanziaria globale con l’introduzione di una specifica tassazione per i capitali speculativi al fine di rendere più appetibile l’investimento stabile nelle imprese.

SANTINI ( Doc. 12361)

Quando si parla dei diritti umani violati sul posto di lavoro, balzano subito agli occhi certe immagini che frequentemente i mass media portano nelle nostre case: i bambini indiani che fabbricano mattoni con le mani, i bambini del Pakistan che cuciono palloni da football che poi vengono venduti in occidente e ancora bambini, bambini del Brasile, che vanno a rovistare nelle montagne di rifiuti per cercare qualche cosa da riciclare o qualche cosa da mangiare.

Ecco, da questi esempi emerge che gli abusi avvengono sempre e soltanto sulla parte più debole della società. Ma non solo bambini: vi sono per esempio anziani costretti a lavorare fino all’ultimo respiro perché sprovvisti di qualsiasi forma di assistenza pubblica e tanto meno di pensione. Ma vi sono ancora le donne che devono assommare al compito quotidiano di cercare le risorse per la famiglia, il peso appunto di gestione dei figli e della famiglia.

Come dice il rapporto, le violazioni non avvengono soltanto lontano dall’Europa come qualcuno pensa: ma anche nella nostra cosiddetta società civile, vicino a casa nostra e spesso non ce ne accorgiamo. Qualche esempio: sono violazioni dei diritti umani anche le forme di lavoro nero molto diffuse in tutta Europa. Vi sono lavoratori che non hanno contratto di lavoro, non sono coperti da assicurazione di nessun tipo né per il quotidiano né per il futuro. Non hanno nessuna prospettiva di pensione di vecchiaia e se protestano, perdono anche questa forma di lavoro precario. Anche queste sono situazioni di violazione dei diritti umani, violazioni autentiche non soltanto giornalistiche. E sono soprattutto meno spettacolari dello sfruttamento dei bambini ma altrettanto crudeli. E avvengono ogni giorno anche nei cantieri oppure nei campi per esempio dove lavorano operai stagionali vicino alle nostre case.

Nel rapporto sono state ricordate già da alcuni colleghi forme di vigilanza e anche di sanzioni ma non si spiega bene chi deve poi provvedere a questo compito, chi deve metterle in pratica. Nel progetto di risoluzione si propone ai governi di escludere le imprese colte in fallo dagli appalti pubblici: escludere nel senso di segnalarle come imprese che non rispettano i diritti umani. Ma è poco e quelle imprese continueranno ad operare in maniera scorretta altrove e con altre forme di finanziamento.

Nella raccomandazione, tra le altre cose, si propone un’etichetta per orientare i consumatori sui prodotti ottenuti con metodi rispettosi dei diritti umani. Certamente è un premio a chi rispetta i diritti umani. Ma gli altri prodotti e quelli che non li rispettano e che vengono comunque messi in commercio: possono continuare a rimanere sui banchi dei nostri supermercati con il pericolo magari di trarre in inganno qualche distratto consumatore? Per questi prodotti non c’è nessuna proposta.

Nella raccomandazione si propone anche di rivolgere ai governi membri sollecitazioni di ogni tipo: io sono d’accordo con il collega che mi ha preceduto, con una soprattutto: di assumere con serietà il ruolo di titolare delle iniziative in questo campo in due direzioni garantendo un’autentica sorveglianza sugli abusi, ma soprattutto coinvolgendo gli apparati giudiziari affinché le sanzioni siano esemplari, chiare e diffuse in tutto il territorio europeo.

Se non otterremo questo coinvolgimento dei governi, cari Colleghi e care Colleghe, Signor Presidente, ancora una volta in questa splendida sala faremo soltanto delle belle attestazioni di buona volontà e nulla di più.

VOLONTE ( Doc. 12382)

Presidente, il nostro contributo sarà di sostanza ma più breve di quello del collega. La Commissione Affari Sociali intende anche oggi, anche in questa circostanza come lo scorso anno, portare un contributo alla discussione importante sugli elementi che ci saranno e ci sono presentati dal rapporto OECD. E la nostra commissione intende portarlo rispetto a tre questioni fondamentali, tre pilastri fondamentali.

E’ necessaria una economia socialmente più responsabile che abbia questo senso della responsabilità. E’ stato oggetto questo punto anche di una riflessione importante dell’OECD a Parigi qualche mese fa e noi vogliamo sottolinearlo. Una responsabilità sociale delle imprese, incluso il settore della finanza, affinché questo settore non rimanga o non continui a pensare a se stesso come un vorace generatore esclusivamente di avidi interessi ma sia anche servitore e volano nell’economia reale e sociale.

Il secondo punto che vogliamo sottolineare è quello della disoccupazione e della solidarietà intergenerazionale. Viviamo in un tempo in cui, pare, ci sia una crescita senza occupazione. E pare che questa crescita dia dei primi segnali in quella direzione. Vuol dire che come tutti sappiamo, ci sono grandi fasce di popolazione, giovani, giovanissimi, ma anche over cinquanta, che vengono via via costantemente espulsi dal mondo del lavoro o non vengono assunti dal mondo del lavoro e questo è un tema che non si può eludere. Non possiamo eluderlo non solo perché ne siamo preoccupati, non solo perché sono preoccupati i nostri concittadini in tutti i nostri paesi, ma perché è un dato di fatto che mette ancora più in evidenza come la solidarietà e la responsabilità intergenerazionale non è un elemento secondario per qualsiasi insieme di paesi che guardi al proprio futuro con lungimiranza.

Terza questione che vogliamo mettere in evidenza, e parte fanno tutt’e tre dei nostri emendamenti, è il tema dell’equità d’accesso alla sanità pubblica. Troppo spesso può accadere, e accade purtroppo, che per problemi di bilancio si pensi di ridurre quelle questioni di governance della sanità pubblica o di servizi della sanità pubblica nei confronti di persone anziane o in difficoltà economica. Questo è un tema non derogabile, che non possiamo dimenticare e che non vogliamo dimenticare nel sottolineare complessivamente l’importante occasione che oggi abbiamo per l’ennesima volta di avere qui tra noi il Segretario Generale dell’OECD e di dedicarci insieme agli altri responsabili più importanti dell’economia europea, a questo dibattito per gli effetti che hanno sulla vita di ogni cittadino e in qualche modo sui diritti umani anche per il nostro consesso del Consiglio d’Europa. Vi ringrazio.

GIARETTA ( Doc. 12340)

La risposta dei paesi più sviluppati alla grande crisi che ha coinvolto l’economia mondiale, è stata la ricerca di una maggiore cooperazione. Il nuovo direttorio dell’economia mondiale diventa il G20, riconscendo la forte redistribuzione del potere economico che si è verificata negli ultimi quindici anni.

Oggi il G20 rappresent circa l’85% della produzione mondiale e soprattutto è la sede più adatta per affrontare i problemi posti da una crisi che ha la sua più rilevante componente strutturale negli squilibri commerciali che si sono realizzati. Il G20 a Pittsburgh ha compiuto un passo in avanti pronunciandosi a favore di meccanismi di sorveglianza reciproca delle politiche monetarie, valuatrie e fiscali con l’assistenza del Fondo Monetario Internazionale e delle altre istituzioni finanziarie in modo da favorire processi di aggiustamento virtuosi e compatibili a livello internazionale.

Tuttavia già la prima verifica del G20 di Toronto ha messe in luce le difficoltà di procedere con concrete iniziative politiche. La difficoltà ha riguardato la ricerca di un punto di equilibrio tra politiche di rapido rientro di squilibri finanziari, con il rischio di interrompere una ripresa ancora molto fragile, come ci ha detto il segretario generale del OCSE, e politiche più espansive a sostegno della domanda interna che si scontrano con la difficile situazione dei debiti sovrani di molti paesi e possono perciò porre interrogativi sulla loro sostenibilità.

In sostanza regole finanziarie più stringenti rendono più caro il costo del denaro e quindi meno accelerato lo sviluppo ma danno un orizzonte di maggiore stabilità. Una crescita più rapida sostenuta da una finanza meno regolata espone il sistema ancora instabile al ripetersi di crisi finanziarie con gravi conseguenze. Occorre poi tenere conto che al di là degli impegni assunti a Toronto, la Commissione europea ha adottato un pacchetto di misure che contengono un importante riforma del patto di stabilità e della governance economica dei paesi dell’Euro. Sono previsti impegni stringenti per un rapido rientro del debito, con sanzioni molto consistenti per i paesi che non ottemperassero agli impegni. Quindi sono evidenti i rischi recessivi.

La strada resta però obbligata. Le difficoltà si superano solo incrementando e rafforzando la cooperazione internazionale e anche compltando la riforma delle istituzioni finanziarie. Il tema dell’occupazione deve restare al centro delle preoccupazione dei governi perché nei paesi occidentali vi è il forte rischio di una ripresa senza occupazione. E’ necessario stendere il livello minimo dei diritti umani in materia di lavoro nei paesi che hanno assunto importanti ritmi di sviluppo per il rispetto di standard sociali e ambientali. Occorre combattere i movimenti puramente speculativi di capitale attraverso l’introduzione di una financial transaction tax che contribuisca ad evitare gli investimenti speculativi di breve termine che hanno contribuito ad un enorme distruzione di ricchezza e squilbrato il sistema di finanziamento delle attività produttive.

In questo quadro l’OCSE conserva un importante ruolo sia offrendo un quadro conoscitivo in profondità sull’economia globale sia contribuendo alla costruzione di un appropriato quadro giuridico, come avvenuto recentemente con le modifiche alla Convenzione in materia fiscale. Con queste motivazioni il gruppo dell’ALDE ringrazia il segretario generale Gurría per l’importante contributo dato al nostro dibattito e il nostro relatore l’eccellente Moscoso per la brillante proposta che il gruppo dell’ALDE condivide.