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AS (2010) CR 34

Addendum 1

 

DVD edition

SESSIONE ORDINARIA 2010

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(Quarta parte)

ATTI

della trentaquattresima seduta

Giovedì 07 ottobre 2010, ore 10.00

DISCORSI IN ITALIANO NON PRONUNCIATI

MARCENARO (Doc. 12386)

Qualcuno ha detto che i Rom sono una minoranza senza territorio. Non credo sia vero. E’ vero invece che non troveremo il territorio dei Rom guardando dentro ciascuno dei nostri paesi. Ma se guarderemo l’Europa nel suo insieme, se guarderemmo all’Europa come unità, avremo trovato la terra dei Rom. I Rom non sono una minoranza nazionale. Sono una minoranza europea.

Per questo è molto importante che ieri il Parlamento Europeo, oggi l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa abbiano sentito il dovere di alzare la loro voce per fermare una tendenza pericolosa, una tendenza che, scaricando sui gruppi socialmente più esposti le tensioni che si accumulano nella società, getta le premesse culturali per nuove persecuzioni.

Benvenuto quindi il rapporto che Mme Anne Brasseur ci ha presentato e benvenuta la riunione di alto livello su questo tema del prossimo 20 ottobre. Grandi sono le responsabilità della politica. Grandi sono le responsabilità dei politici, le nostre responsabilità. La difesa dei Rom è la difesa della democrazia dall’agressione della demogogia e del populismo.

Difendere i Rom significa difendere la possibilità per la politica di affrontare i problemi difficili, complessi, controversi che sono poi gli unici problemi importanti. Vuol dire ritrovare senso della misura, della sobrietà, della compostezza del linguaggio, della responsabilità.

Se la politica, se la democrazia non sono in grado di fare questo, di vincere la sfida del populismo senza rincorrerlo sul suo terreno, di prendere decisioni che non sono sempre destinate ad essere popolari; se la politica non riesce a fare questo allora, mi dispiace doverlo dire, materie come quella dei Rom, e altre che riguardano i diritti umani fondamentali, dovranno essere sottratte alla democrazia e al poter dei parlamentari ed affidate ad autorità indipendenti che non siano condizionate dall’angoscia del consenso elettorale e schiave della dittatura dei sondaggi.

Infine: alla base del pregiudizio c’è l’ignoranza. Cosa sappiamo dei Rom? Né quanti sono, né dove e come abitano. Non sappiamo quanti bambini vanno a scuola e quanti no, o qual è il tasso di mortalità infantile. Non sappiamo qual è la loro aspettativa, la loro spranza di vita, che è un indicatore sintetico della condizione umana.

E quanti anche tra noi sanno cosa è stato il Porrajmos e quanti lo ricordano come si ricorda l’Olocausto? L’ignoranza alimenta il pregiudizio e il pregiudizio alimenta l’ignoranza: così non solo non sappiamo, ma, alla fine, non vogliammo sapere, e rinunciamo anche a quelle informazioni che pure potremmo trovare. Anche per questo sottolineo l’importanza dell’emendamento della Commissione Affari Giuridici che invita a “ procedere, con le garanzie necessarie per evitare abusi, alla raccolta di dati statistici etnici e a valutare questi dati per migliorare l’efficacia delle politiche e dei piani esistenti”.

Conosco le obiezioni e i rischi di un censimento su base etnica. Ma la situazione è così grave che quetsi rischi, ripeto con le cautele e le garanzie necessarie, devono essere affrontati. E’ solo se da un lato con il rispetto del diritto interno e internazionale e dall’altro con la conscenza e con un discorso pubblico onesto che parta dalla realtà dei Rom, della loro cultura, della loro condizione, dei loro problemi che la speculazione securitaria, la demagogia e il populismo possono essere battuti.

SANTINI (Doc.12386)

Signor Presidente, care colleghe, egregi colleghi, ci ritroviamo a discutere su un tema antico per quest’Assemblea, così come per i Parlamenti di tutti i Paesi membri, in particolare quelli direttamente interessati dalle migrazioni dei Rom. Il tema dei Rom è recentemente tornato all’attenzione dell’opinione pubblica in seguito alle iniziative di allontanamento attuate in Francia ma anche ad altri episodi di conflitti intervenuti in numerosi paesi.

Questo rapporto compie un’analisi precisa dei casi nazionali, accomunati non solo dalle dinamiche degli eventi ma anche da un clima di emergenza, ormai esploso. Le strategie per favorire la convivenza dei Rom con i cittadini dei paesi di cui sono ospiti, le proposte di integrazione, le forme di assistenza attuate sembrano naufragare tra incomprensioni ed accuse reciproche.

Di fronte all’impossibilità di continuare il dialogo, molti Rom accettano la proposta ed il sostegno economico per rientrare nei paesi d’origine, ben sapendo che anche questa soluzione è provvisoria come tutta la loro vita. E’ scontato, infatti, che in tempi più o meno brevi, quasi tutti ritorneranno nei paesi dai quali sono stati allontanati.

Il problema sembra irrisolvibile, eppure basterebbe un pò du buona volontà e di coraggio. Per quanto riguarda i cittadini residenti occorre che essi prendano atto che i casi di delinquenza che hanno provocato questo conflitto riguardano solo una parte minoritaria delle comunità Rom. Numerosi nuclei nomadi, infatti, hanno dato segni concreti di volontà di integrazione. Occorre da parte dei Rom una maggiore collaborazione con gli amministratori e le forze dell’ordine nell’isolare chi commette reati. Occorre anche maggiore fiducia nelle iniziative che vengono promosse per aiutarli a trovare una loro collocazione nelle comunità di residenza.

Molto spesso,purtroppo, anche la parte collaborativa dei Rom non accetta le mani tese verso do loro. Le proposte di ottenre un alloggio pubblico, di accedere ad un lavoro regolare e di mandare i figli a sciola, vengono rifiutate perché contrarie allo spirito nomande dei Rom. Il danno maggiore colpisce i bambini i quali riamangono analfabeti e quindi svantaggiati rispetto ai loro coetanei. Invece di mandrali a scuola, vengono mandati a mendicare o ad alimentare la cosiddetta microcriminalità che di micro ha solo l’età di chi la commette, mentre i furti, le rapine, gli scippi sono violenti come quelli dei grandi.

Se non è giusto criminalizzare la maggioranza dei Rom non è corretto nemmeno non evidenziare i troppi comportamenti illegali di molti di loro. Così si è creato uno stereotipo ormai difficile da cancellare: nomade significa disonesto e pericoloso. Così scattano reazioni violente anche da parte dei residenti.

Nel documento della collega Brasseur c’è un capitolo per ogni paese interssato al problema. Impossibile analizzarli tutti. Accenno appena a quello dedicato al mio paese, l’Italia, che si apare con il ricordo di alcuni casi recenti e drammatici che hanno visto i Rom al centro della cronaca nera: lo stupro e l’uccisione di una donna a Roma e il rapimento di un bambino a Napoli. In entrambi i casi la reazione delle autorità è stata decisa e quella dei privati è stata purtroppo violenta.

Stupisce il giudizio dato su questi casi da una delegazione dell’OSCE, secondo la quale le reazioni sono state sproporzionate agli eventi. Ma che cosa si aspettano, più di un feroce omicidio e di un drammatico kidnapping per motivare iniziative di autodifesa della società colpita? I Rom hanno bisogno di cmprensione e di collaborazione ma non di complici coperture degli errori che commettono, altrimenti i rapporti con la società che li ospita peggireranno ancora.

Infine occorre dare il giusto significato alla direttiva n.38 del 2004. E’ vero che il suo spirito è di favorire la libera circolazione dei cittadini e io la conosco bene visto che fui relatore davanti al Parlamneto Europeo, nel maggio 2004. Ma libera circolazione non significa garantire coperture contro i reati. Essa contiene la possibilità di ricorrere alla Corte di Giustizia in caso di esplusione considerata ingiusta, sempre non ci sono evidenti violazioni della legge.

E’ giunto il tempo di smetterla di accusare di razzismo e xenofobia chi si oppone alla violenza dei Rom ed è giunto anche il tempo che i Rom comprendano che accanto al diritto di vivere, nel rispetto dei diritti umani, c’è il dovere di rispettare le leggi del paese che li ospita.