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AS (2011) CR 04

 

Versione DVD

SESSIONE ORDINARIA 2011

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(Prima parte)

ATTI

della quarta seduta

Martedì 25 gennaio 2011, ore 15.00

DISCORSI IN ITALIANO NON PRONUNCIATI

SANTINI (Doc. 12443)

La libertà di stampa ed il libero esercizio della professione di giornalista sono due indicatori fondamentali per determinare il tasso di democrazia esistente in un paese. Libertà di espressione significa, automaticamente, un’informazione totale, a 360 gradi, per i cittadini, su tutti i temi che interessano la loro vita.

Ciò vale anche per quegli argomenti che possono imbarazzare chi esercita il mandato della politica ai diversi livelli delle istituzioni pubbliche, o chi detiene ruoli di potere nei settori dell’economia, della scienza, della magistratura, delle forze armate.

Viene automatico sentenziare che chi ha il compito di informare liberamente non deve subire rapporti di soggezione da parte di questi poteri forti. Se si dovessero verificare casi di intimidazione più o meno palese, occorrono garanzie di tutela globale per scongiurare rischi di violazione dei principi di libertà ma anche pericoli per l’incolumità morale e fiscia dei giornalisti.

Questo rapporto ribadisce simili principi ben noti a tutti coloro che esercitano la professione di giornalista, nella carta stampata o nelle emittenti radiotelevisive. Per garantire questa tutela occorre che anche i giornalisti forniscano garanzie di professionalità e serietà che garantiscano la loro buona fede sulla base di codici ispirati all’etica e alla deontologia di questo difficilissimo mestiere.

Il moltiplicarsi dei mezzi di comunicazione tecnologicamente sempre più sofisticati, come le comunicazioni satelliatri, l’uso di telefoni cellulari come trasmittenti radiofoniche e televisive, le modalità avveniristiche contenute nelle comunicazioni telematiche di internet ed affini costituiscono una rivoluzione difficilmente controllabile da parte di tutti: operatori e fruitori dell’informazione. Ecco perché occorre ricorrere all’applicazione di principi etici e deontologici per poter classificare come giornalista un operatore dell’informazione e quindi per garantire la protezione delle fonti d’informazione con la sicurezza che siano state correttamente utilizzate.

In alcuni Stati membri, come il mio l’Italia, per essere considerati giornalisti occorre essere iscritti in un albo professionale nazionale al quale si accede dopo aver dimostrato di avere i titoli e i requisiti necessari per questa professione e dopo avere superato un esame di Stato. Tra le prime cose che si verificano in questa prova di abilitazione alla professione è la serietà del soggetto, l’integrità morale e le garanzie di affidabilità nell’uso corretto delle fonti. Di qui il diritto di tutela, con l’appoggio dell’ordine e del sindacato dei giornalisti, fino in fondo e contro ogni pressione.

Ovviamente ci sono dei limiti anche in questa tutela e sono i casi in cui si mette a rischio la vita di qualcuno o si sconfina in segreti di Stato, in casi di terrorismo o rischi per la sicurezza pubblica. La libertà d’informazione non vieta a chiunque di diventare informatore in qualsiasi forma: ognuno può tenere un blog, stampare un giornale, aprire una emittente radio-televisiva. Ma per avere le tutele e le credenziali giornalistiche occorre accettare le regole della categoria. Altrimenti si verificherebbe una totale confusione di ruoli e di valori.

Oggi è facilissimo spacciarsi per giornalisti: basta una macchina fotografica al collo, un computer portatile, un telefono cellulare e l’informazione è fatta. Ma essere giornalisti è un’altra cosa. E’ giusto quindi che la risoluzione proponga agli Stati membri che non dispongono ancora di una legislazione in questa materia di adottarne una ispirandosi alla giurispridenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, ma suggerisco di ispirarsi anche ai codici di comporatamento dei giornalisti veri quelli che per difendere la verità rischiano tutti i giorni la loro reputazione e, spesso, anche la loro vita.