IT11CR12       AS (2011) CR 12

Versione provvisoria

SESSIONE ORDINARIA 2011

________________________

(Seconda parte)

ATTI

della dodicesima seduta

Martedì 12 aprile 2011, ore 10.00

DISCORSI PRONUNCIATI IN ITALIANO

SANTINI (Doc. 12553)

Signor Presidente, Eccellenze e Reverendissime, parto anch’io dallo slogan più richiamato anche questa mattina: “Uniti nella diversità”. E’ indubbiamente il più popolare in Europa anche perché il più efficace, rapido e incisivo che mette d’accordo tutti. Esso dice che si può essere diversi, pensare con la propria testa, avere sensibilità culturali, ideologie politiche, credi religiosi differenti eppure si può, si potrebbe, vivere d’amore e d’accordo.

Lo ribadisce anche l’articolo 9 della Convenzione dei diritti dell’uomo che sostiene il diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione. Il miracolo, miracolo si può dire in questa sede, credo, avviene se allo slogan se ne aggiunge un altro che introduce il valore del rispetto. Per esempio: i miei diritti hanno un senso solo se anche tu puoi difendere i tuoi. Oppure: la mia libertà incomincia laddove finisce la tua, e finisce dove la tua inizia. Quindi, lo slogan aggiuntivo aggiornato potrebbe essere: “Rispetto nella diversità”.

Questo rapporto si realizza se c’è una condivisione di valori comuni che prescindono dalle appartenenze e dalla condizione culturale e coinvolgono uomini di fede, atei, agnostici, indifferenti, apolitici e passionari di partito. Se così fosse, sarebbe davvero troppo facile, non ci sarebbero le guerre, non ci sarebbe nemmeno bisogno di fare un dibattito come questo. In realtà, la multiculturalità viene spesso impugnata e interpretata come un’occasione per rivendicare differenze originarie, spesso non modificabili. Così anche il dialogo religioso spesso è confronto di fedi diverse piuttosto che sforzo di avvicinamento a comuni radici che tuttavia esistono.

Chi ha buona memoria ricorda il dibattito sul preambolo della costituzione europea in cui inizialmente qualcuno avrebbe voluto inserire il concetto di comuni radici cattoliche. Poi, di fronte alle difficoltà, comuni radici cristiane e dopo ancora, comuni radici giudaico-cristiane, cristiano-giudaiche, una bagarre che ha portato alla soluzione che tutti conosciamo: comuni radici religiose, che accontenta tutti ma nessuno alla fine.

Il dialogo interreligioso quindi è la base di una convivenza pacifica fra fedi diverse purché nessuna pretenda prevalere sull’altra e purché si rispettino le espressioni di tutti. Anche in uno stato laico occorre rispettare la tradizione religiosa prevalente, condivisa dalla maggioranza dei cittadini, quindi ogni espressione deve tenere conto delle radici storiche e culturali dei popoli. Un esempio viene da un recente caso che ha interessato il mio paese, quello del crocifisso che un soggetto, un cittadino voleva togliere dalle scuole e dai luoghi pubblici e che invece lo Stato italiano riconosceva come sedi di questo segno religioso. Ebbene, proprio pochi giorni fa la Corte di Strasburgo ha reso giustizia riconoscendo che anche in uno Stato laico questi simboli rappresentano una sensibilità del cittadino che non si può tradire. Grazie.

BOLDI (Doc. 12553)

Presidente, Colleghi, eminenti Rappresentanti religiosi, desidero ringraziare innanzitutto l’onorevole Brasseur per il lavoro svolto con grande puntualità e passione, che ha portato a un rapporto approfondito ed equilibrato. La convivenza tra diverse fedi religiose rappresenta uno degli ambiti più problematici all’interno delle società multiculturali. L’Europa, specialmente con l’implementazione dei fenomeni migratori, si trova a dover fronteggiare questo problema e i cittadini europei a volte hanno addirittura pensato di poter gestire questo tipo di conflittualità ricorrendo alle vie legali.

E’ già stata ricordata la questione relativa all’esposizione del crocifisso nei luoghi pubblici, che ha interessato proprio l’Italia e che si è conclusa dopo due pronunciamenti della Corte dei diritti dell'uomo. Il fatto che gli stati europei siano stati laici non li preserva quindi automaticamente dai problemi che il pluralismo religioso può porre rispetto alla scuola, all’educazione, alla politica e al diritto.

Questo mi rafforza nella convinzione che proprio la laicità deve favorire la creazione di un nucleo di principi etici condivisi che, come auspica il rapporto, sono i principi cui s’ispira la nostra Assemblea. La religione è una componente fondamentale dell’identità e gli stati devono essere ben consapevoli di questo nel momento in cui devono progettare politiche di convivenza. Il dialogo è fondamentale per portare persone con differenti dottrine a collaborare per risolvere problemi comuni, per accettare la diversità e proporre stili di vita e valori su cui cercare il consenso.

Tuttavia credo che non possa essere sottaciuto il fatto che per la religione islamica il rapporto con la dimensione politico-istituzionale e giuridica europea è più complicato. Perché questo credo religioso è strettamente intrecciato con le sue manifestazioni politiche e giuridiche. Il rapporto giuridico è visto come un dovere verso Dio e questa è una prospettiva molto, troppo lontana dalla nostra cultura e rende molto difficile passare dal piano teorico del dialogo a quello pratico.

Questo sarà possibile solo se il dialogo interreligioso diventa, oltre che dialogo tra le religioni, dialogo tra persone che pur avendo fedi diverse non hanno paura che l’incontro con nuove religioni possa metterle in crisi, forti dei loro convincimenti. Perché questa è la condizione necessaria e indispensabile al dialogo. Nessun dialogo autentico può avvenire sulla base della rinuncia alla propria identità.

Per fare un esempio banale ma facilmente comprensibile, non è rinunciando ad allestire il presepe a Natale che facilitiamo l’integrazione come hanno pensato alcune maestre italiane che definirei poco educate al dialogo interreligioso. Tanto più che i Musulmani non ci chiedono questo. Penso che una piattaforma comune vada ricercata in valori come il rispetto della vita, della dignità dell’uomo e della donna, nella famiglia, nella giustizia sociale, nella preservazione dell’ambiente.

Un sistema multiculturale richiede un impegno fortissimo da parte dei soggetti che hanno la responsabilità di guida religiosa delle loro comunità, che devono con i loro insegnamenti trovare l’equilibrio necessario tra l’insegnamento religioso e le questioni che facilitano la convivenza civile. Trovo inoltre molto importante l’attenzione che il rapporto dedica alla formazione degli educatori e alla scuola perché solo lì si possono porre le basi di un dialogo che porti a una pacifica e proficua convivenza.

GIARETTA (Doc. 12553)

Oggi è certamente una giornata importante per la nostra Assemblea parlamentare, per il valore delle testimonianze che abbiamo ascoltato e per il rilievo del rapporto predisposto da Madame Brasseur. La libertà religiosa nelle sue diverse caratteristiche appartiene al nucleo essenziale delle libertà umane, anzi, per un certo aspetto ne è il caposaldo. Essa coinvolge, infatti, il diritto inalienabile di ogni essere umano di dare il senso più profondo della propria vita e di poter vivere la propria fede in una dimensione pienamente comunitaria.

Per questo il dialogo interreligioso è stato un motore fondamentale per la convivenza tra i popoli e le culture. Oggi più di ieri siamo chiamati a dire di fronte alle sfide della globalizzazione. Oggi invece come ieri, invece, dobbiamo adire alla luce delle vicende storiche dell’Europa.

L’Europa una e molteplice, incontro felice di diversità, ha visto secoli bui quando si è indebolita la libertà religiosa, la capacità di dialogo di tolleranza o quando ha visto l’asservimento della religione alla volontà di potenza degli stati e dei poteri temporali. Ha vissuto invece i momenti migliori di una straordinaria creatività nell’incontro fecondo di culture e credenze: il lascito della Grecia classica perviene alla cristianità occidentale attraverso l’intermediazione essenziale della sapienza dell’Islam.

Quando si è smarrito questo filo, le migliori idee sono degenerate: la portata rivoluzionaria e umanistica della dichiarazione universale dei diritti, grande elaborazione della cultura settecentesca sui pilastri dei principi di libertà, uguaglianza e fraternità, viene travolta dalla stagione del terrore quando prevale la faziosità dell’intolleranza eretta a sistema ideologico.

Per questo sono importanti le sollecitazioni della nostra relatrice e mi complimento con lei per il lavoro creativo che ha compiuto. Possiamo comprendere appieno il ruolo fondamentale delle religioni per l’unità integrativa di ogni cultura e perciò incoraggiare il dialogo interreligioso anche per i suoi effetti sulla convivenza civile. Per la forza che le religioni possiedono in virtù della loro memoria ed esperienza del passato, perciò della loro saggezza, delle responsabilità che assumono nel presente nel creare relazioni comunitarie e della capacità di offrire gli elementi di un destino condiviso guardando al futuro. Perciò il dialogo interreligioso è la risorsa essenziale per un’autentica e profonda umanizzazione delle relazioni nel segno di un’inalienabile libertà e dignità di ogni essere umano.