IT11CR22       AS (2011) CR 22

Versione provvisoria

SESSIONE ORDINARIA 2011

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(Terza parte)

ATTI

della ventiduesima seduta

Martedì 21 guigno 2011, ore 15.00

DISCORSI PRONUNCIATI IN ITALIANO

SANTINI (Doc. 12624)

Signor Presidente, Lei stamattina ha detto e la stessa cosa l’ha detta il collega Mignon, francese, parlando del Marocco, che siamo di fronte a una svolta destinata ad entrare nella storia. Analogamente a quanto accadde per quanto concerne il Consiglio d’Europa, nei primi anni Novanta ma, per quanto riguarda l’Unione europea, tra il 2004 e il 2007, quando un intero blocco di paesi si sveglia e si propone come partner di queste due grandi organizzazioni sovranazionali.

In quegli anni furono i paesi socialisti del centro-est Europa a comprendere che il loro sviluppo sarebbe stato rapido e sicuro solo se insieme a quello dell’Europa occidentale. In questo caso sono i paesi del Nord Africa che si risvegliano alla democrazia, cacciano i loro governanti autoritari e si propongono all’Europa con varie forme di associazione e cooperazione.

Se l’Unione europea privilegia nelle proprie valutazioni gli aspetti economici, il Consiglio d’Europa non può non porre come priorità la qualità umana, politica e sociale di questo cambiamento. Ciò significa la verifica delle condizioni che portano uno stato autoritario a diventare democratico: vale a dire il rispetto dei diritti fondamentali, la costruzione dell’apparato elettorale che porterà a istituzioni elette e non imposte, aperte alla partecipazione di tutti i cittadini e quindi garanti di ogni genere di libertà.

Ma non si può ignorare che anche la situazione economica ha il suo peso in questa transizione. Il rilancio di un paese, infatti, si fonda anche su basi concrete come il recupero dell’attività delle imprese, messe in ginocchio dalla crisi causata dai disordini, la lotta alla disoccupazione che oggi spinge molti cittadini tunisini a emigrare. A questo proposito la Tunisia si trova di fronte a due problemi: il primo è l’invasione dei profughi che fuggono dalla Libia e dai paesi sub-sahariani e che varcano il facile confine tunisino andando ad affollare i campi di accoglienza già al collasso. Il secondo aspetto di questa crisi generale è la diaspora verso i paesi europei con il caso dei battelli della disperazione che arrivano a Lampedusa, avamposto italiano ed europeo che si trova a soli centosei chilometri dalla costa della Tunisia.

Una delegazione del Consiglio d’Europa, ma ne riparleremo più tardi in questa Assemblea, dal 22 al 25 maggio ha compiuto una visita a Lampedusa, prima quindi della tanto reclamizzata visita dell’attrice americana e ambasciatrice dell’ONU Angelina Jolie. La Tunisia, dico solo questo, sta rispettando in pieno l’accordo bilaterale con l’Italia per il rimpatrio obbligatorio degli emigrati irregolari. Su questi ed altri aspetti occorre davvero chiamare a raccolta la solidarietà internazionale e quella europea in particolare.

Sostenere materialmente la Tunisia significa aiutarla a preparare il suo futuro democratico. Occorre aprire ai paesi del Nord Africa ogni forma di partecipazione alle organizzazioni internazionali come gli accordi Centro Nord-Sud, l’accordo europeo e mediterraneo sui grandi rischi ed altri partenariati, ma in particolare dobbiamo favorire la sua partecipazione alla Commissione di Venezia che può garantire un supporto utile a costruire un apparato costituzionale in linea con quelli dell’Europa pur nel rispetto di ogni genere di diversità. Ma occorre partire soprattutto dall’uomo, favorire l’istruzione dei giovani per costruire una classe dirigente davvero nuova e di stile europeo.

CHITI (Doc. 12624)

Presidente, voglio brevemente esprimere l’apprezzamento per la relazione che è stata presentata. Credo che sia importante che il Consiglio d’Europa discuta stamane del Marocco, a cui abbiamo concesso lo status di partener della democrazia, e ora della Tunisia e ci auguriamo, come è stato detto da altri colleghi,che prossimamente sia la stessa Tunisia a far parte di questa relazione particolare.

E’ nostro dovere, ritengo, d’occuparci attentamente della situazione della riva sud del Mediterraneo perché lì oggi si sono aperte grandi speranze e ci sono potenzialità ma certamente rimangono anche dei rischi molto seri. Non possiamo limitarci, dopo che in passato l’Europa e l’Occidente hanno avuto un atteggiamento miope, hanno ritenuto di scambiare per democrazie dei regimi che erano invece di repressione dei diritti umani. Hanno ritenuto che fosse la via più semplice, la via più facile per fronteggiare i fenomeni del fondamentalismo e delle violenze religiose. Al contrario questa via è quella di una giusta cooperazione, è quella che permette la costruzione di solidi regimi democratici.

La Tunisia è un paese che ce la può fare perché s’era incamminata su questa strada e penso che dobbiamo continuare ad impegnarci tutti. Il Consiglio d’Europa può svolgere un ruolo fondamentale attraverso le esperienze che possiamo comunicare, attraverso la messa a disposizione dei nostri servizi, dando priorità, come è stato detto, a quello che sta accadendo. A volte soprattutto l’Unione europea e le istituzioni dell’Unione europea guardano al Mediterraneo come se fosse semplicemente un’area in cui si svolgono temi importanti come quello dei trasporti, della stabilità e quelli dell’ambiente. Natruralmente il Mediterraneo è anche questo, tuttavia il Mediterraneo è per la stessa Europa qualcosa di più: lì lo sviluppo si incontra direttamente con il sottosviluppo. Lampedusa è vicina alla Libia, in cui oggi si assiste ad un dramma senza ancora via d’uscita, e lì s’incontrano direttamente e direttamente si vedono sviluppo e sottosviluppo, quindi il primo elemento di una cooperazione più giusta si attua proprio qui.

Per noi è fondamentale, per noi Italia, per noi Europa, quello che avviene nell’area del Mediterraneo e io ritengo che sia importante e fondamentale il contributo che il Consiglio d’Europa, anche con questa discussione e con le iniziative che prenderemo, potrà dare. Grazie.

SANTINI (Doc. 12630 + Doc. 12628)

Potremmo definire questo dibattito congiunto tra due relazioni, un appello generalizzato alla solidarietà o, se preferite, al principio della doppia solidarietà. La prima è quella che viene garantita agli emigrati ed ai profughi dai paesi che si impegnano a soccorrerli e poi li accolgono in base al differente status nel quale si trovano, cioè quello di rifugiato o di emigrato economico.

Per i primi scatta, come è noto, la procedura d’asilo. Per i secondi si organizza il rimpatrio obbligatorio. Il secondo livello di solidarietà è rivendicato dagli stati che si trovano di fronte a questo problema e che chiedono agli altri stati membri dell’Unione europea o del Consiglio d’Europa. Gli stati che chiedono aiuto, diciamolo subito, sono in questo momento Italia, Malta, Grecia e Spagna. Se sulla prima richiesta, quella di chi si trova in difficoltà in mare, non ci sono esitazioni ne tantomeno rifiuti nel prestare soccorso, il secondo grido d’aiuto, quello rivolto agli stati più lontani, incontra troppo spesso orecchie sorde e cuori indifferenti.

Gli stati che hanno chiuso le porte ai paesi in difficoltà sono quelli dell’Europa continentale verso i quali vogliono andare quasi tutti gli immigrati che sbarcano in Italia e negli altri paesi. In questi primi sei mesi, l’ha ricordato il presidente Chope, sono sbarcati in Italia 35.000 immigrati, un migliaio a Malta. Bene tutti vogliono andare in Francia, in Germania o in Olanda, alcuni nel Regno Unito. Quindi occorre rivedere il sistema di Dublino per renderlo più equo ma anche l’accordo di Schengen va reso più elastico di fronte alle nuove esigenze.

Innanzitutto bisogna stabilire che nessuno può chiudere le frontiere in faccia agli emigrati e a un altro stato in dificoltà, come ha fatto la Francia contro l’Italia un paio di mesi fa. Solidarietà significa quindi che ogni stato consideri come suo il problema dell’altro e si impegni ad accogliere gli emigrati e a farsi carico, anche sul piano economico, degli oneri relativi. Lo dice con efficacia il relatore Chope nel primo rapporto.

Questa situazione ci porta al secondo rapporto, quello del collega Tejera, sul soccorso in mare che interessa i paesi più vicini all’Africa e gli altri che partecipano al programma Frontex. Si parla tanto di come si interviene: dal 22 al 25 maggio come ha ricordato il presidente Chope abbiamo compiuto una visita a Lampedusa con una piccola delegazione della commissione per verificare proprio le condizioni di soccorso e di accoglienza degli emigrati che in quel momento stavano affluendo abbastanza numerosi. Abbiamo preso contato con i responsabili delle istituzioni pubbliche che garantiscono i servizi in mare e a terra ed anche con le numerose ONG che collaborano nell’assistenza sanitaria ed umanitaria.

Il quadro emerso è più che positivo per l’impegno dei soccorritori e la generosità degli abitanti di Lampedusa, pur tra qualche inevitabile carenza nei momenti di crisi. Ricordo che a un certo punto c’erano cinquemila abitanti di Lampedusa e seimila e cinquecento emigrati arrivati. Solo due giorni fa, una delegazione delle Nazioni Unite con l’ambasciatrice Angelina Jolie e un alto commissario hanno fornito gli stessi elogi sia alla popolazione sia allo stato italiano.

Per quanto riguarda gli altri aspetti, quello importante della repressione, va detto che la polizia italiana sta metteno a punto sistemi molto sofisticati per indicare gli scafisti, vala a dire i conduttori dei battelli membri di organizzazioni criminali che operano nel traffico di esseri umani. Molti sono stati identificati, processati e rinchiusi in carcere. Ma è davvero una goccia nel mare. Per quanti se ne fermino, altri partono dall’Africa. Per questo occorre davvero applicare fino in fondo il principio di cui ho parlato all’inizio di questo intervento: la doppia solidarietà. Certo verso i profughi ma anche verso gli stati in difficoltà.