IT12CR16

AS (2012) CR 16

 

Versione provvisoria

SESSIONE ORDINARIA 2012

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(Seconda parte)

ATTI

della sedicesima seduta

Giovedì 26 aprile 2012, ore 10.00

DISCORSI PRONUNCIATI IN ITALIANO

Pietro MARCENARO (Italia, ALDE / ADLE)

(Doc. 12906)

Grazie Signor Presidente,

Mi scuso di prendere la parola seduto, ma le mie condizioni di salute oggi sono queste.

Discutiamo della Siria in una situazione nella quale ogni momento, ogni giorno, arrivano nuove notizie di morti, di repressione, di scontri armati. Dopo che, nel corso di quest’anno che sta alle nostre spalle, abbiamo contato oltre 11.000 vittime, decine e decine di migliaia di persone che sono state costrette a lasciare il loro paese e centinaia di migliaia di persone obbligate a lasciare la loro casa, questa tragedia è lontano dall’essere conclusa e la nostra discussione ne deve tenere conto.

Non discutiamo di una questione ferma, ma di un problema nel quale ogni giorno la situazione richiede una valutazione sul campo delle dinamiche in corso. Ma la difficoltà di questa discussione nasce da un problema più grande, un problema irrisolto della comunità internazionale e cioè di come possiamo trovare un’alternativa da un lato alla vergogna di Srebrenica, quando la comunità internazionale assistette inerme alla strage di migliaia di persone, e dall’altra a un’esperienza di interventi militari che non si è dimostrata la via migliore per sostenere lo sviluppo della democrazia. È una grande questione aperta davanti alla comunità internazionale sulla quale l’esperienza della Siria ci richiama.

Dopo un lungo periodo nel quale la comunità internazionale è stata divisa, incapace di trovare una posizione comune che permettesse un’azione efficace, noi abbiamo avuto, nelle ultime settimane, dei passi in avanti importanti: due risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite adottate all’unanimità hanno permesso di sostenere la missione e la proposta di cessate il fuoco che Kofi Annan, a nome del Consiglio di Sicurezza e della Lega degli Stati Arabi, aveva avanzato. I sei punti della proposta di Kofi Annan rappresentano oggi il punto comune a partire dal quale la comunità internazionale può muovere le sue iniziative. Questi punti riguardano in primo luogo la fine della violenza, dei bombardamenti e delle uccisioni. C’è qui una responsabilità primaria del regime siriano. Naturalmente questo appello si rivolge a tutti coloro che sono impegnati sul campo, ma questo non può far dimenticare la responsabilità primaria, in quello che è successo in questo anno, del regime siriano. Questo costituisce un punto che ha fatto parte della nostra discussione e che il rapporto ribadisce con chiarezza. Abbiamo imparato, oramai in molti casi, che riconciliazione e verità non possono essere contrapposte, che riconciliazione e giustizia non possono essere contrapposte, che la verità e la giustizia non possono essere sacrificate a un’esigenza pur legittima di pacificazione che altrimenti risulterebbe povera e senza risultati. Questo è anche il caso della Siria.

Ora, la cosa che dobbiamo dire nel momento in cui sosteniamo con forza e determinazione la proposta e l’azione di Kofi Annan - una proposta che è in bilico in queste ore, che non è applicata, che non ha ancora dato i risultati che ci si aspettava - è che non c’è una soluzione militare. La forza della proposta di Kofi Annan, una proposta che il Consiglio di Sicurezza delle nazioni Unite ha validato, è quella di muovere verso una soluzione politica. Ma vorrei essere chiaro su un punto, Signor Presidente, questa questione che non c’è una soluzione militare, questa verità, non vale solo quando viene rivolta alle forze che si oppongono al regime di Assad, vale anche per il regime. Per quanto questo abbia ancora una supremazia militare, non esiste nessuna possibilità che attraverso questa supremazia militare la questione trovi una soluzione, anzi è un possibile blocco della situazione, un possibile blocco che non veda aprirsi un processo politico che permetta un’affermazione attraverso la mobilitazione pacifica e democratica delle rivendicazioni del popolo siriano che la situazione può degenerare. Questo punto è un punto molto importante.

A partire da qui il rapporto indica due grandi temi. Il primo è quello dell’azione di una comunità internazionale che finalmente ha una base di unità e alla quale dobbiamo chiedere di muoversi per far rispettare in tutti i suoi punti il piano Kofi Annan. Muoversi esercitando sul regime siriano in primo luogo tutte le pressioni che è necessario esercitare, attraverso tutti i mezzi che possono spingere a un’applicazione completa dei sei punti del piano di pace. Ma noi ci rivolgiamo anche all’opposizione. Ci rivolgiamo con questo rapporto all’opposizione siriana per sostenerla ma anche per dire che se vuole credibilmente affermarsi come una forza capace di essere una forza alternativa e protagonista della costruzione di una nuova Siria, deve affrontare i problemi che ancora sono aperti. Il primo è quello della sua unità, dell’unità fra le diverse posizioni che ancora oggi la caratterizzano, e il secondo è quello di proporre di impegnarsi in una prospettiva di una Siria pluralista, democratica, nella quale il rispetto dei diritti umani costituisca una base fondamentale.

Vede, Signor Presidente, oltre che la denuncia dei crimini del regime siriano, noi abbiamo affrontato nel nostro rapporto - perché fa parte della discussione e dell’informazione a disposizione - anche la violazione dei diritti umani che è stata compiuta dalle forze dell’opposizione. L’abbiamo fatto non solo perché questa è sempre una questione di principio rilevante, ma perché sottolineiamo che il rispetto dei diritti umani, una piattaforma basata sulla democrazia, capace di parlare alle diverse comunità e alle diverse minoranze che costituiscono la nazione siriana, è l’unica condizione perché l’opposizione possa acquistare quella forza, quella rappresentatività che è necessaria. È quindi in questo senso che abbiamo indirizzato il nostro lavoro e che il rapporto propone di andare: una soluzione politica. Una soluzione politica vuol dire un negoziato che coinvolga l’insieme delle forze che oggi sono presenti nello scenario siriano.

Certo, muoversi verso una transizione politica e democratica, organizzare un processo politico per il cambiamento, vuol dire coinvolgere quelle forze che oggi ancora si riuniscono intorno al regime di Assad e offrire loro una prospettiva che non sia quella dell’esclusione e della vendetta, che abbiamo conosciuto in altre situazioni, ma che offra anche a loro una possibilità di un coinvolgimento positivo in una nuova situazione. Questo mi pare un insegnamento che viene da un’analisi della situazione siriana e anche da una lunga esperienza che oramai purtroppo abbiamo maturato in questi anni di fronte a conflitti che hanno scosso e sconvolto molti paesi e molte società. Non possiamo arrivare troppo tardi a capire che c’è bisogno di ricostruzione, di riconciliazione e di pacificazione, ma dobbiamo sapere che il punto di partenza è la fine della repressione, la fine delle persone che perdono la vita e la fine di una situazione nella quale una dittatura ha tentato di bloccare con ogni mezzo la speranza di un popolo di costruire il proprio futuro.

Grazie Signor Presidente.

Giacomo SANTINI (Italia, PPE/DC / EPP/CD)

(Doc. 12906.)

Grazie Signor Presidente, care Colleghe e Colleghi.

Desidero ringraziare il Presidente MIGNON che da questa sessione conferisce maggiore solennità ai relatori, dando loro la possibilità di affacciarsi a questa prestigiosa tribuna. E per questo mi sento anche in dovere di rendere omaggio al mio collega e compatriota Pietro MARCENARO che benché colpito da un malessere fisico molto pesante, oggi ha voluto essere qui a portare avanti e fino in fondo questa sua iniziativa, il dibattito d’urgenza sulla situazione in Siria che egli ha così bene presentato per quanto riguarda gli aspetti politici.

E ringrazio MARCENARO per questa iniziativa e ringrazio anche il Bureau per aver accettato la proposta della Commissione per l’Immigrazione e i Rifugiati, di unire alle motivazioni politiche che abbiamo appena ascoltato, aspetti umanitari e di diritti dell’uomo, di diritti soprattutto degli immigrati che la nostra Commissione persegue per statuto. Quindi mi unisco e sommo soltanto alcune motivazioni a quelle che il Collega MARCENARO ha già presentato.

Sono anche in dovere di dire che la Commission des migrations attraverso una sottocommissione che si occupa dei problemi degli sfollati e dei rifugiati, ha effettuato nell’estate dell’anno scorso una visita ai campi profughi siriani al confine con la Turchia. Possiamo quindi parlare con cognizione di causa e con una testimonianza diretta perché abbiamo incontrato numerose di quelle persone che allora erano sfollate – non erano moltissime, circa 10-12.000 – ed erano animate da una speranza: “Entro l’inverno saremo tornati tutti nel nostro paese”. Non solo non sono riusciti a tornare ma sono stati raggiunti da altre decine e decine di sfollati.

Quindi a noi interessa molto la condizione di queste persone costrette a fuggire dal loro paese da un regime autocratico e violento, dopo aver subito violenze private, persecuzioni private inaudite. Io credo che quello che i mass media riescano a farci vedere sia solo una parte minimale di una realtà che è molto più tragica di quanto possiamo immaginare. Sarebbe bello fare un libro che raccolga i racconti di questi profughi, di questi fuggiaschi: ciascuno ha una storia privata che, unita alle altre, può diventare davvero la storia di un paese in fuga.

Allora noi proponiamo di prendere atto di un’autentica tragedia umanitaria: sono più di un milione e mezzo le persone che oggi sono sottoposte a questo regime e che sono obbligate a fuggire dal loro paese. Quarantamila sono oggi gli orfani e noi ringraziamo la commissione politica che ci ha consentito ieri e l’altro ieri di incontrare dei testimoni diretti che ci hanno aggiornato su queste cifre. Anche noi, nella Commission des migrations, abbiamo incontrato e abbiamo ascoltato queste testimonianze.

In questo quadro desidero rendere omaggio a nome della Commissione Immigrazione, ma io credo di poterlo fare senza presunzione a nome del Consiglio d’Europa, rendere omaggio a quei paesi che oggi si stanno sobbarcando il peso dell’ospitalità: la Turchia in modo particolare, ma anche il Libano, l’Iraq o la Giordania. Ma più ancora, vorremmo lanciare un allarme per la grande presenza di donne e di bambini tra questi sfollati. E, infine, vorrei elogiare l’Unione Europea che ha aperto una nuova iniziativa per supportare anche economicamente gli aiuti umanitari.

Non dimentichiamo che se dovesse proseguire questa crisi, gli effetti si ripercuoterebbero soprattutto anche sui paesi dell’Unione Europea in quanto i flussi migratori sicuramente verrebbero verso di noi. Abbiamo presentato due emendamenti che poi avremo modo di illustrare e che sono migliorativi soprattutto delle condizioni di vita in questi campi. Uno chiede che i campi siano spostati un po’ più lontani dalla frontiera in quanto è una zona ancora troppo pericolosa.

Grazie e poi, in occasione del voto degli emendamenti, avrò modo di illustrarli.

Pietro MARCENARO

(Doc. 12906, Risposta agli oratori)

Grazie Signor Presidente,

Qualcuno ha detto che il piano Kofi Annan è già fallito. Noi non possiamo dare questo alibi ai fautori della violenza e dei crimini contro la popolazione siriana. Fino a quando non ci sarà una proposta o una soluzione migliore, un punto più avanzato dal quale partire, il piano Kofi Annan rimane il punto di riferimento sul quale penso che tutte le energie della comunità internazionale debbano essere applicate. Naturalmente, nessuno ignora i problemi che esistono, le violazioni quotidiane, ma nessuno poteva immaginare che l’applicazione di quel piano fosse una cosa che si producesse senza contraddizioni. E lo dico soprattutto perché il piano Kofi Annan non è solo un piano di interruzione della violenza, ma è un piano che prevede l’apertura di un processo politico e, contrariamente a quanto qualcuno ha affermato, anche in quest’aula, la guerra civile dipende dal blocco del processo politico, dipende da un regime che ne porta la responsabilità e che ha impedito che attraverso i mezzi pacifici e una mobilitazione pacifica il popolo siriano potesse ottenere i suoi obiettivi.

Superior stabat lupus longeque inferior agnus, dice la favola di Esopo, “sopra stava il lupo e, di gran lunga sotto, l’agnello”. Il capovolgimento delle responsabilità non è una cosa che possa essere accettata, né dalla logica, né dalla morale. Penso che quando i nostri occhi vedranno più chiaro, sforzandosi di superare quel velo che la commozione e le lacrime per le vittime oggi determinano, noi vedremo in realtà una situazione che è diversa da quella che appare e prima vista. È vero che a prima vista vediamo un regime siriano ancora forte di un apparato militare che ha tenuto e che è riuscito a terminare le violenze e il controllo della situazione e un’opposizione divisa. Ma se guardiamo più in profondità, vediamo una situazione completamente diversa, perché il regime di Assad non ha futuro. È finito. Non sappiamo quanto tempo ci vorrà, quali saranno le sofferenze che bisognerà sopportare, ma quel regime è finito, nonostante una storia che cinquanta anni fa è stata una storia gloriosa, prima di essere trascinata nel fango dalla corruzione e da una degenerazione familistica. Ma questo regime è finito e solo se alla fine di questo regime si offrirà la possibilità di uno sbocco democratico pacifico, le cose potranno andare in modo diverso. È questo il senso del negoziato. Certo che bisogna che coinvolga tutti, non lo impariamo adesso. Le trattative si fanno in primo luogo coi nemici, non con gli amici. Ma questo è il quadro nel quale io penso che questo negoziato debba avvenire. Il Consiglio d’Europa non è il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Stiamo al nostro posto, non esageriamo. Ma sappiamo che dobbiamo tutelare dei principi: i diritti umani, lo Stato di diritto, la democrazia. Questo è quello che a noi spetta di vedere e su questa base noi dobbiamo agire, senza pensare di svolgere il compito che è di altre istituzioni nell’organizzazione delle relazioni internazionali.

Nella Commissione degli Affari Politici questo rapporto è stato approvato all’unanimità dopo una discussione. Spero che il voto in aula confermi questa scelta perché questo rafforzerebbe la nostra posizione e permetterebbe alla nostra parola di essere più autorevole. Permettetemi infine semplicemente di ringraziare da un lato i nostri amici siriani che sono stati qua con noi in questi giorni, hanno ascoltato la nostra discussione, hanno contribuito alla formazione delle nostre opinioni e dall’altra, naturalmente, tutto il segretariato della Commissione Politica che nei tempi ristretti che avevamo a disposizione ci ha messo in condizione di presentare un rapporto che avete potuto discutere e che penso potremo tutti insieme approvare.

Grazie.

EMENDAMENTI:

Pietro MARCENARO (Italia, SOC / SOC)

(Doc. 12906, Emendamento 5)

Sono contro questo emendamento perché mette sullo stesso piano il boia e le sue vittime.

Pietro MARCENARO (Italia, SOC / SOC)

(Doc. 12906, Emendamento 10)

Vorrei solo ricordare che questa frase è stata introdotta nel rapporto da un emendamento presentato da Mr. BINLEY in Commissione Politica e approvato all’unanimità anche col voto dell’Onorevole PUSHKOV.

Pietro MARCENARO (Italia, SOC / SOC)

(Doc. 12906, Emendamento 12)

Grazie,

Chiunque abbia letto la risoluzione, può leggere che si dice che anche le forze che sostengono il regime siriano devono essere associate al negoziato, qua si dice che la dittatura che opprime la Siria non ha futuro. È una cosa diversa.

Giacomo SANTINI (Italia, PPE/DC / EPP/CD)

(Doc. 12906, Emendamento 1)

Grazie Presidente,

Questo emendamento si riferisce al collocamento dei campi profughi che noi abbiamo visitato e che abbiamo visto un po’ troppo vicini ai confini con la Siria, in Turchia. Proponiamo, almeno per il futuro, se non è possibile spostare gli attuali, di erigere campi profughi lontani, più lontani dal confine con la Siria perché già abbiamo raccolto testimonianze di disturbi, incursioni, pericoli di agenti siriani che vanno a disturbare i profughi. Quindi lo spirito di questo emendamento è un suggerimento al meritevole governo turco di costruire i futuri campi lontano.

Giacomo SANTINI (Italia, PPE/DC / EPP/CD)

(Doc. 12906, Sub-Emendamento orale all’Emendamento 1)

Siamo favorevoli.

Giacomo SANTINI (Italia, PPE/DC / EPP/CD)

(Doc. 12906, Sub-Emendamento orale 2 all’Emendamento 1)

Questo emendamento migliora e completa l’emendamento che ho presentato prima, quindi il parere della Commissione Immigrazione è favorevole.

Giacomo SANTINI (Italia, PPE/DC / EPP/CD)

(Doc. 12906, Emendamento 2)

Questo è a sua volta un emendamento aggiuntivo, non vuole essere un emendamento nuovo. Alla fine del paragrafo 15 vorremmo aggiungere queste parole “L’Assemblea incoraggia vivamente tutti i paesi confinanti con la Siria ad aprire le frontiere e a permettere ai fuggiaschi di entrare e di trovare asilo.” Ma non solo, noi invitiamo anche tutti gli Stati membri del Consiglio d’Europa ad affrontare il problema della richiesta di asilo dei profughi siriani con uno spirito nuovo e più aperto. Quindi, nei limiti delle loro possibilità, chiediamo che aprano la possibilità a molti richiedenti asilo di ottenere questo beneficio. È, ripeto, un emendamento aggiuntivo che non modifica l’emendamento 15.

Giacomo SANTINI (Italia, PPE/DC / EPP/CD)

(Doc. 12906, Sub-emendamento orale all’Emendamento 2)

Favorevole.