IT12CR35

AS (2012) CR 35

 

Versione provvisoria

SESSIONE ORDINARIA 2012

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(Quarta parte)

ATTI

della trentacinquesima seduta

Giovedì 04 ottobre 2012, ore 15.30

DISCORSI PRONUNCIATI IN ITALIANO

Renato FARINA (Italia, PPE/DC / EPP/CD)

(Doc. 13010)

Grazie Presidente.

Anch’io, come il collega DÍAZ TEJERA, mi complimento vivamente con la relatrice QUINTANILLA BARBA, non solo per il progetto di risoluzione che ci presenta ma per il lavoro che sta dietro.

Affronta il tema della libertà di educazione. Questo tema è assolutamente decisivo: si tratta, dinanzi a questa epoca di crisi e di travaglio, di liberare le energie bloccate nel petto dei popoli. Ci sono ideali, desideri, c’è un patrimonio di tradizione vivente, ma esso è reso inutile dal modello di scuola unica. L’Europa e in particolare il mio paese, l’Italia, ha bisogno di innovazione coraggiosa in questo ambito.

Su questo diritto fondamentale occorre aprire un dialogo a tutto campo che non deve fermarsi ora in quest’aula. L’Europa deve avere il coraggio di una scelta radicale per la libertà di educazione. Occorre intraprendere una nuova strada che superi il “mito della scuola unica”. L’espressione è dell’americano Charles GLENN che l’ha studiata in diversi paesi, tra cui Francia, Olanda e Italia. Resiste ovunque questo mito della scuola unica. Si crede che in fondo ci sia un modello unico pensato e gestito dallo Stato. Nella migliore delle ipotesi si dice che ci deve essere parità tra pubblico e privato ma sempre dentro un modello unico. Si parla di scuola paritaria in Italia, come dire che ciò che non è statale può essere solo una bella o una brutta copia, ma non una cosa nuova.

In un contesto di meticciato di civiltà com’è il nostro, il modello di scuola unica come oggi di fatto è praticato in Europa anche quando si afferma formalmente un pluralismo, limita il tasso di libertà. La proposta è: lo Stato smetta di gestire la scuola. Si limiti a governarla. Lo Stato deve rinunciare a farsi attore propositivo diretto di progetti scolastici per lasciare questo compito alla società civile e alla pluralità creativa dei soggetti che la animano.

La risoluzione QUINTANILLA prevede che attraverso la moderna figura di un rigoroso accreditamento lo Stato mantenga il compito di garantire che la scuola sia aperta a tutti, gratuita e di qualità. Ogni scuola libera, indipendentemente dall’opzione pedagogica, dev’essere di tutti e per tutti. In Italia, purtroppo si invoca la scuola unica di Stato come la scuola veramente pubblica ma lo è de jure, perché de facto diventa privata perché finisce sempre in mano a gruppi egemonici.

Tutti i soggetti e le realtà associate, qualunque sia la loro visione dell’educazione, se soddisfano certe condizioni di accreditamento, devono avere diritto e risorse effettive, e non sulla carta, per aprire scuole e financo università. Superando la scuola unica e adeguando la scuola ai bisogni della società di oggi si avrebbero molteplici vantaggi: maggiore creatività pedagogica, maggiore libertà quanto ai programmi, ai contenuti e ai metodi d’insegnamento. La pluralità non è semplicemente inserire una lezione di religione di un certo tipo o di un altro, ma è garantire che emergano quelle ricchezze che ci rendono veramente capaci di superare questo tempo di crisi.

Grazie.

Luca VOLONTÈ (Italia PPE/DC / EPP/CD)

(Doc. 13010, Emendamento 3)

Voglio pronunciarmi contro gli emendamenti che abrogano i paragrafi 5.1 e 5.2 di questo rapporto. Molti degli intervenuti durante il dibattito generale hanno sottolineato l’equilibrio del rapporto e anche l’equilibrio di questi due paragrafi 5.1 e 5.2 che, al di là degli aspetti nominalistici, non danno privilegi alle scuole private, ma consentono una reale libertà di scelta per le famiglie e gli studenti rispetto al sistema pubblico-privato e pubblico-statale. Grazie

Luca VOLONTÈ (Italia PPE/DC / EPP/CD)

(Doc. 13010, Emendamento 4)

Presidente, stiamo sostenendo ciò che è scritto nel rapporto, cioè assicurare che i finanziamenti alle scuole pubbliche non statali, cioè private, siano parte del sistema educativo e che siano assicurati. Quale libertà di scelta può esistere in un sistema educativo se non si può assicurare alle scuole non pubbliche di poter ricevere i finanziamenti? Non c’è nessuna libertà di scelta. Votare sì all’emendamento proposto vuol dire chiuderci qualsiasi possibilità di scelta educativa per le famiglie e per i ragazzi nel nostro continente.

Renato FARINA (Italia, PPE/DC / EPP/CD)

(Dibattito di attualità, “Il caso Safarov”)

Grazie.

Il mio intervento è mosso da una preoccupazione: fare in modo che la verità dei fatti non diventi un’arma per allontanare la pace. Perché accada la pace, è necessario che non sia il tallone del più forte a schiacciare il collo del vinto. Per questo occorre riconoscere la verità. Qui non si tratta di rifare la storia del conflitto del Nagorno Karabac. Ma di giudicare con serenità un fatto, anzi, due fatti: il primo è l’omicidio, condotto da un militare che ha ucciso un militare che in quel momento lavorava con lui. Un’uccisione a tradimento, meditata, voluta. Solo per caso non è stato assassinato un secondo armeno.

Qui si tratta di un delitto che nei giorni antichi sarebbe stato chiamato omicidio con l’aggiunta dell’empietà essendosi verificato sotto la bandiera dell'ospitalità, della tregua sacra, sotto la comune tenda della NATO. Per questo ho ascoltato con immensa sofferenza gli interventi di colleghi che io rispetto, a Parigi, durante la Commissione dei diritti umani, in cui di fatto si giustificava questo omicidio, trasformando le attenuanti in motivazioni di un’esaltazione.

A questo punto dobbiamo aspettarci, visto che l’omicidio è stato premiato, che in questa sede, sotto la tutela di questa bandiera blu con le stelle, un deputato uccida l’altro e poi magari torni in patria e diventi ministro dopo qualche anno. Questo non può accadere, non è possibile che accada una cosa del genere. Non possiamo sentire nessuna parola di giustificazione.

Il secondo fatto è il trionfo decretato in patria per un omicida confesso. Non è stata una grazia, non è stato un perdono ma un’esaltazione. Tutto questo è stato possibile sfruttando le convenzioni europee nate per tutelare la dignità dell’uomo, non per esaltare l’omicidio. Sarebbe come uccidere un uomo colpendolo in testa con le tavole di pietra di Mosè su cui c’è scritto: “Non uccidere”. Questo è l’uso che è stato fatto delle convenzioni.

Detto questo, occorre che il Gruppo di Minsk si muova, e usi di questo indicente gravissimo per uscire da un’inerzia inaccettabile. E dico subito che questo fatto gravissimo non può diventare motivo di ulteriore sofferenza. Come ha detto il collega DÍAZ TEJERA, occorre uscire da questo stato di cose accettando a tutti i costi un dialogo con mediatori che siano disposti a sacrificarsi per arrivare a un accordo che non può più tardare.

Grazie.