IT13CR09      

AS (2013) CR 09
Versione provvisoria

 

SESSIONE ORDINARIA 2013

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(Prima parte)

ATTI

Della nona seduta

Venerdì 25 gennaio 2013, ore 10.00

DISCORSI PRONUNCIATI IN ITALIANO

Giuliana CARLINO (Italia, ADLE / ALDE)

(Doc. 13086)

 

Il problema del traffico umano è al terzo posto nella classifica dei profitti transnazionali, dopo il traffico di droga e quello di armi.

L’agenda politica degli Stati è abituata a occuparsi soprattutto della tratta di esseri umani per scopi sessuali, ma è emerso che il traffico e il contrabbando di persone al fine dello sfruttamento sul lavoro rappresenta ormai un fenomeno globale, in forte crescita, coinvolgente, sebbene con caratteristiche diverse, molti paesi, dagli Stati di origine delle persone a quelli di transito puro, fino agli Stati di destinazione finale.

Lo sfruttamento lavorativo è una condizione che spesso contraddistingue i migranti provenienti dai diversi continenti, ma può coinvolgere anche i cittadini dell’Unione europea, soprattutto quando si tratta di cittadini neocomunitari.

Il lavoro forzato è ancora un fenomeno sottovalutato e scarsamente contrastato, ance se, fortunatamente, gli Stati iniziano a essere sempre più consapevoli del problema e della sua gravità. Una delle spiegazioni possibili risiede nella considerazione che, al di là delle forme più estreme, in cui si assiste a una sostanziale privazione della libertà anche attraverso metodi violenti, lo sfruttamento del lavoro avviene in modo sommerso e in contesti difficilmente monitorabili dagli organi preposti. A differenza dello sfruttamento sessuale, presenta caratteristiche per cui è più difficile comprenderne il disvalore. Le stime, come noto, sono allarmanti: ogni giorno milioni di persone, tra cui una percentuale di bambini, sono sfruttati. Peraltro, la varietà di forme di sfruttamento del lavoro è infinita e comprende anche le forme come l’accattonaggio forzato e la costrizione a compiere reati, quali i borseggi, gli scippi e i furti.

Secondo l’OIL il numero di persone vittime del traffico a livello mondiale ammonta, come minimo, a 2,9 milioni di persone, le donne e le ragazze sono le vittime più numerose e il 90% delle vittime vengono sfruttate nel settore privato. I dati sono ancora più preoccupanti se si pensa che, al contrario, è raro che gli autori del traffico e gli utenti finali di questo tipo di operazione siano identificati e assicurati alla giustizia: le condanne per questa tipologia di reati, infatti, sono pochissime.

Questo traffico sfrutta, da un lato, la vulnerabilità e lo stato di bisogno in cui i migranti vivono, dall’altro, l’assenza di investimenti degli Stati volti a combattere e prevenire questo crimine. È fondamentale che tale problematica sia affrontata dagli Stati tenendo sempre presente che i lavoratori coinvolti in questo traffico sono vittime e non criminali che violano le leggi sull’immigrazione o sul diritto del lavoro.

È necessario che gli Stati membri rivedano le loro politiche, anche in materia di immigrazione, ricordando sempre che le persone sfruttate a fini di lavoro forzato sono appunto vittime che hanno bisogno di essere protette e non soggetti che vanno sanzionati.

Proprio attenendosi a questo principio, l’Italia, che è particolarmente sensibile a questa problematica, nel 2011 ha introdotto nel codice penale nuove norme dirette, appunto, a sanzionare penalmente le condotte di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro tutelando così le vittime di questi atroci delitti.

Per questi motivi, e soprattutto data la gravità della vicenda trattata, non posso che esprimere il mio favore al provvedimento in discussione e ringrazio la Signora GROTH per l’ottimo lavoro svolto.

Grazie.