IT14CR4

AS (2012) CR 4

 

Versione provvisoria

SESSIONE ORDINARIA 2014

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(Prima parte)

ATTI

della quarta seduta

Martedì 28 gennaio 2014, ore 15.30

DISCORSI PRONUNCIATI IN ITALIANO

Sandro GOZI (Italia, SOC / SOC)

(Doc. 13384 e 13385)

Grazie Presidente.

C’è uno spettro che si aggira oggi in Europa, uno spettro che è tornato, o forse, cari Colleghi, nonostante tutto quello che abbiamo realizzato dal 1949, nonostante tutto quello che abbiamo ricordato ieri, nel giorno della memoria, uno spettro che non ci ha mai abbandonato. È lo spettro del razzismo e dell’intolleranza: una malabestia che divora la nostra umanità, che divide le nostre società, che oggi si nutre della crisi sociale ed economica e che cerca simboli contro cui scatenarsi.

In tutta Europa il successo di partiti xenofobi, razzisti e neonazisti è lì a ricordarcelo e ci impone di agire oggi come allora e oggi ancora con più forza. Ecco perché io sostengo fortemente l’idea della relazione GUNNARSSON di elaborare una nuova strategia contro il razzismo da parte del Consiglio d’Europa e sono convinto che il Comitato dei Ministri debba incaricare di questo e di un piano di azione operativo il Segretario Generale.

La relazione GUNNARSSON ricorda alcuni recenti atti e discorsi a sfondo razzista, accaduti di recente in vari paesi d’Europa e anche nel mio paese, in Italia. È stato effettivamente uno choc per tutti noi il fatto che, da quando ha assunto le sue funzioni nell’aprile 2013, il nostro ministro per l’Integrazione Cécile KYENGE sia stata vittima di ripetuti insulti e di attacchi verbali anche da parte di politici rappresentanti in Parlamento.

I leader politici devono essere modelli di tolleranza, non istigatori di odio. I diciassette ministri dell’Unione europea hanno reagito adottando a Roma una dichiarazione che ribadisce la speciale responsabilità dei politici nel combattere contro il razzismo. Io credo, Colleghi, che dovremmo sostenere questa dichiarazione anche in questa sede e che dei codici di condotta vadano adottati in tutti i Parlamenti nazionali.

Ma la principale risposta, Presidente, è sempre la stessa: “education, education, education” a cui aggiungo “informazione, informazione, informazione”! Ecco perché dobbiamo promuovere campagne di sensibilizzazione nei nostri Stati membri, in linea con la campagna No Hate Speech in particolare rivolgendoci a giovani e a social network. Dobbiamo proseguire anche oltre il termine previsto per la fine della campagna No Hate Speech - cioè fine 2014 -, campagna di informazione e formazione contro l’istigazione all’odio e alla discriminazione, di qualsiasi natura, in modo da consentire cambiamenti effettivi di mentalità.

È vero, Colleghi, non si nasce razzisti, ma lo si può diventare e lo si sta diventando sempre di più nel nostro continente. Dobbiamo allora anche stanziare, a livello nazionale ed europeo, risorse specifiche per campagne nelle scuole, perché è solo attraverso le scuole che potremo veramente vincere la giusta battaglia per i nostri valori. Valori, Presidente, che sono non negoziabili.

Grazie.

Milena SANTERINI (Italia, NR / NI)

(Doc. 13384 e 13385)

Grazie Presidente,

Razzismo e antisemitismo non sono scomparsi dall’Europa. Lo ripeto con i miei Colleghi, dicendo però quanto è triste doverlo affermare nei giorni in cui celebriamo la memoria del 27 gennaio. Per questo non posso che ringraziare i relatori per avere parlato di una strategia a livello globale e avere centrato le loro preoccupazioni anche sugli aspetti legati alle istituzioni, come la polizia, o su ciò che i sistemi e le forze politiche possono fare per contrastare il razzismo.

Ma vorrei portare la nostra attenzione sulla prevenzione, cioè su quello che viene prima degli atti di razzismo veri e propri o del razzismo che si esprime con violenza in forma organizzata e xenofoba prendendo l’emigrato, quello che viene dalle minoranze - l’ebreo o il rom - come capro espiatorio. Quello che viene prima sono forme di neo-razzismo, diffuso soprattutto tra i giovani, di cui noi non abbiamo ancora, forse, preso le misure, calcolato bene gli effetti. Perché? Perché il neo-razzismo oggi non si presenta soltanto proclamando che le razze sono in gerarchia, che ci sono delle minoranze inferiori. Perché la diga eretta dopo la seconda guerra mondiale porta a nascondere il pregiudizio dietro forme apparentemente ragionevoli, dietro qualcosa di politicamente corretto. È un neo-razzismo ordinario, banale, che si esprime in modo facile ma non per questo meno pericoloso, che irride la sofferenza degli altri. E Internet è uno spazio pubblico dove questo linguaggio si diffonde, specialmente tra i giovani.

Quindi questo neo-razzismo è collegato a tante forme di intolleranza, come l’antisemitismo, l’islamofobia, l’antigitanismo. Non si basa sull’idea di razza ma è comunque pericoloso perché intollerante, ambiguo e arriva a forme di razzismo aperto.

Io credo che il Consiglio d’Europa, che ha tanto combattuto l’intolleranza, debba dedicare un’attenzione particolare a identificare queste nuove forme di razzismo dei giovani con politiche di tipo educativo e culturale, analizzando proprio questo razzismo grigio, banale e ordinario che può diventare pericoloso e violento. Proprio perché l’identità europea è un vaccino, un antidoto contro il pregiudizio, credo che i governi, le associazioni, le comunità religiose possano contrastarlo più efficacemente se capiranno meglio questi cambiamenti che stanno avvenendo tra i giovani.

Grazie.

Khalid CHAOUKI (Italia, SOC / SOC)

(Doc. 13384 e 13385)

Grazie Presidente,

Ringrazio anch’io i nostri due relatori e vorrei innanzitutto dire che non possiamo oggi parlare di lotta al razzismo senza parlare di un contesto politico, soprattutto in Europa dove ormai movimenti politici e partiti politici a chiara vocazione - in alcuni casi - xenofoba e razzista hanno sempre più agibilità e hanno sempre più cittadinanza. Questo dimostra che nessuna legge può fermare oggi questa ondata molto pericolosa. Probabilmente avremmo dovuto investire molto di più in quello che doveva essere una campagna culturale e che in qualche modo avrebbe alimentato una prevenzione, una reazione popolare di tutti i cittadini a quello che, appunto, oggi è una chiara campagna - soprattutto nei posti e mezzi - di tipo xenofobo, ma in alcuni casi anche di tipo antisemita e islamofobo.

Io credo che la crescita di questi partiti rappresenti in qualche modo un segnale di allarme molto pericoloso come anche il fatto di dire, com’è già stato detto qui, che dietro la presenza islamica decennale in Europa di più di venti milioni di europei musulmani, ci sia in qualche modo chissà quale complotto: credo che faccia parte di un modo pericoloso di diffondere paura in un’Europa dove invece questa minoranza religiosa, come altre minoranze, è oggi parte integrante della comunità europea.

Un altro punto importante che vorrei segnalare in questa sede è il tema del cybercrimine. Concordo con l’obiettivo di favorire l’applicazione della convenzione sul cybercrimine in tema di social network e di Facebook in particolare. Fino a che punto possiamo garantire, ovviamente e giustamente, la libertà di scambio sui social network senza però prevedere un limite e responsabilizzare anche in questo caso Facebook e la società che lo gestisce rispetto alla diffusione di messaggi molto pericolosi su Internet?

Sul tema del razzismo nelle forze di polizia, vorrei dire che ritengo sia decisivo oggi favorire le diversità nelle forze dell’ordine. Penso inoltre che sia decisivo anche raccontare le buone pratiche, dove l’inclusione di persone di origine diversa nelle forze di polizia ha prodotto anche effetti positivi sulle dinamiche di convivenza in alcuni paesi europei. Sono stato a Lampedusa e voglio citare un esempio: a Lampedusa due militari italiani di origine eritrea e di origine marocchina sono stati importantissimi nel favorire la mediazione tra i profughi e le autorità italiane.

Chiudendo vorrei ricordare che Lampedusa non è solo la morte, non è solo quel 3 ottobre che tutti quanti ricordiamo, ma è anche una popolazione, una sindaca che si chiama Giusi Nicolini, che in questi anni è stata il simbolo ideale di uno spirito di umanità e di accoglienza che oggi i popoli mediterranei possono mettere in campo e quindi va anche riconosciuto questo spirito, questo sforzo che quell’isola e i suoi cittadini hanno fatto in questi mesi.

Vannino CHITI (Italia, SOC / SOC)

(Doc. 13384 e 13385)

Grazie Presidente,

Anche io ritengo che sia stato giusto aver posto all’attenzione della nostra Assemblea i temi del razzismo, dell’antisemitismo e dell’intolleranza.

Vi è una crescita delle aggressioni e dell’intolleranza in tutta l’Europa. La durissima crisi dell’economia e le politiche di austerità hanno creato spazi, ma non è solo questo. Dobbiamo vedere con chiarezza che c’è una presenza esplicita di partiti antidemocratici che hanno posizioni di rilievo, anche al governo dei paesi, o sono tra i primi partiti in vari paesi, che hanno posizioni xenofobe, che praticano e diffondono odio, paura e divisione. Alcuni gruppi si autodefiniscono fascisti o nazisti, ma, al di là di questo, l’Onorevole GOZI ha ricordato come un ministro di colore, la signora Kyenge, in Italia, appena nominata, sia stata contestata non per il merito ma per la sua presenza. Aveva due colpe: la prima di essere di colore e la seconda di essere donna.

Ma vi è anche - e ha fatto bene l’Onorevole CHAOUKI a sottolinearlo - la paura di un’invasione islamica e di una contrapposizione non solo agli invasori islamici - 20 milioni di persone di altre religioni - ma anche contro chi, passivamente, non la ostacolerebbe. Non ci dimentichiamo che con queste motivazioni è stata fatta una strage di giovani socialdemocratici in Norvegia e sono stati assassinati due senegalesi a Firenze. Si tratta di azioni collettive che si rivolgono contro gli ebrei, gli immigrati, i rom, i diversi per orientamento sessuale. La scorsa settimana, a Roma, c’è stata una provocazione vergognosa: alla sinagoga, all’ambasciata di Israele e a una mostra ebraica, a pochi giorni dal giorno della memoria, sono state recapitate delle teste di maiale.

Siamo di fronte ad azioni gravi che hanno un carattere collettivo. Per questo è necessaria, come dicono le risoluzioni e le analisi dei relatori, un’azione collettiva. Per questo è indispensabile lavorare affinché intervengano la magistratura e le forze di polizia, affinché abbiano un orientamento specifico e sentano la ricchezza di un pluralismo culturale, non solo della presenza di etnie diverse, al loro interno. C’è bisogno anche di un orientamento e di una formazione forte dei nostri cittadini, coinvolgendo la scuola e i media. E c’è bisogno di una grande, forte, coerente battaglia politica.

La democrazia non vive senza i diritti umani e, al di là delle nostre differenze, le forze democratiche non devono sottovalutare questi aspetti, ma impegnarsi insieme su questi obiettivi di solidarietà e di tolleranza.

Grazie.

Vannino CHITI (Italia, SOC / SOC)

(Doc. 13382)

Grazie Presidente,

Voglio sottolineare soltanto pochi punti, vista anche l’ora.

Credo che sia stata giusta la scelta che abbiamo compiuto nel 2011, ossia quella di attribuire al Marocco e al Consiglio nazionale palestinese lo status di “Partner per la democrazia”. È con questa cooperazione istituzionale che si può dare un contributo affinché la democrazia si estenda. Non è certo con interventi militari unilaterali.

Questa scelta si fonda su un metodo positivo, come si vede, perché gli obiettivi concordati sono sottoposti periodicamente a delle verifiche. E in questa verifica che riguarda il Consiglio nazionale palestinese si sono messi in evidenza passi avanti compiuti e le difficoltà nelle quali le autorità e le istituzioni palestinesi operano. Tra queste, la più importante è la trattativa di pace non conclusa con Israele. Sono d’accordo con il relatore che noi dobbiamo fare sentire, anche da qui, la nostra convinzione e il nostro appello affinché questa trattativa vada avanti e si concluda positivamente.

Non è stato portato a compimento l’accordo tra autorità palestinese e governo di Gaza. Non c’è un governo di unità nazionale palestinese, ma la relazione ci dice che è grave soprattutto il comportamento del governo Hamas a Gaza, dove dal 2010 sono riprese le esecuzioni di condanna a morte, dopo una moratoria di 5 anni, e dove non esiste la libertà di stampa.

Infine, la risoluzione mette anche degli obiettivi concreti da sottoporre a verifica. Il primo sottolinea la necessità di attuare la cooperazione che era stata concordata in settori chiave, quali la riforma del sistema giudiziario, la promozione di pratiche di buon governo, la prevenzione della tratta di essere umani. L’altro aspetto - che è forse quello più importante - riguarda la struttura stessa del Consiglio nazionale palestinese, organo che ancora non è democraticamente eletto. Questo deficit produce uno squilibrio nel sistema istituzionale palestinese rispetto all’autorità che svolge una funzione di governo.

Porre queste questioni come obiettivi concreti dà serietà e costruttività al nostro ribadire che questo partenariato è utile e che dobbiamo confermarlo.

Grazie.