SESSIONE ORDINARIA 2003

(Seconda parte)

ATTI

della undicesima seduta

Martedì 1° aprile 2003 - ore 15

DISCORSI PRONUNCIATI IN ITALIANO


GUBERT. Signor Presidente, onorevoli colleghi, a nome del gruppo PPE/DC esprimo il più convinto apprezzamento per il progetto di risoluzione sulla nuova politica agricola che gli Stati membri del Consiglio d’Europa sono invitati ad adottare. Sia i vari punti della risoluzione sia l’analisi che li motiva, bene evidenziano le necessità di trovare una via europea delle politiche agricole che corregga le unilateralità della politica finora seguita dall’Organizzazione mondiale del commercio. Questa assume due principali criteri direttivi, il primo consiste nel considerare l’agricoltura solo come attività di produzione di beni per il mercato ed il secondo consiste nel considerare come sempre vantaggiosa l’eliminazione di ogni vincolo al libero commercio, al libero scambio.

            Il documento che abbiamo all’esame evidenzia in modo argomentato come altri criteri di valutazione debbano essere aggiunti.

            L’agricoltura non è solo un’attività di produzione di beni per il mercato. Essa è un’attività che produce beni collettivi, o meglio, è un’attività che può produrre beni collettivi se opportunamente indirizzata a ciò da esplicite politiche che li valorizzino. Essi sono la salute e la qualità dell’ambiente.

            Abbiamo da poco sperimentato i danni alla salute che la considerazione dell’agricoltura e dell’allevamento animale come meri produttori di beni per il mercato ha prodotto.

            Più lunga è l’esperienza dei danni ambientali causati da un’eccessiva adozione di tecniche intensive di coltivazione e di allevamento, con il correlato uso intensivo di pesticidi e di fertilizzanti chimici. Il risultato è stato, tra l’altro, la non potabilità delle acque, anche di falda, persino nelle aree rurali ad agricoltura intensiva. Per converso noti sono i danni ambientali derivanti dall’abbandono di superfici agricole di zone non adatte alla più economica produzione di beni agricoli come merci.

            Le funzioni dell’agricoltura sono molteplici e quindi anche le politiche agricole devono considerarle, predisponendo specifiche remunerazioni collettive, extra-mercato, per le funzioni collettive che essa svolge. Il documento avanza ai punti 61 e 62 della relazione una proposta assai interessante al riguardo.

            Se l’agricoltura non è solo un’attività di produzione di beni per il mercato, le politiche agricole non possono essere ridotte ad ottimizzare le condizioni per il libero scambio.

            Si possono attenuare le conseguenze negative della riduzione delle politiche agricole a quelle di mercato se si predispongono gli strumenti per consentire al consumatore di apprezzare le diversità di qualità dei prodotti che possono derivare dalla particolarità delle zone di origine.

            La nostra Assemblea ha approvato pochi mesi fa una raccomandazione per la creazione di una denominazione di origine dei prodotti di montagna. L’Organizzazione mondiale del commercio, a Doha, ha recentemente accettato di studiare il problema per la denominazione dei vini.

            Tuttavia tale attenzione derivante dal riconoscimento della diversità dei prodotti, non tutti uguali nel mercato globale di massa, non è sufficiente. Serve evitare che l’unico o che il principale criterio per distribuire le opportunità di produzione agricola sia quello del prezzo, della sua remuneratività. Che alcune aree continuino ad essere coltivate o utilizzate per l’allevamento può essere utile per le economie esterne prodotte, per i beni collettivi prodotti. Quanto le attività turistiche beneficiano di un ambiente ben curato e piacevole? Quanto esse beneficiano di prodotti locali specifici tradizionali? E quale indotto trascina il turismo in molte altre attività economiche? Quanto la sicurezza collettiva di fronte ad alluvioni frane e valanghe è incrementata dall’attività agricola e di allevamento, ancorché i suoi prodotti siano “fuori mercato”?

            E se la bio-diversità è una ricchezza per tutti di fronte ad un futuro incognito, quanta bio-diversità viene perduta se l’unico criterio di valutazione è quella del prezzo di mercato dei prodotti agricoli?

            E se la salute è un bene di tutti, quanti rischi di conseguenze negative si evitano se si premiano metodi di produzione meno rischiosi, più naturali, più estensivi, che non portano alle monocolture?

            E poi la cultura incorporata in molti modi tradizionali di svolgere attività agricola non merita forse  attenzione prima di essere sepolta dalla cultura tecnica produttivistica? Vi sono esempi che dimostrano, dopo anni di eccessive certezze di tipo tecnico–scientifico, che vecchi elementi di cultura, di cultura agricola, presentavano aspetti positivi trascurati.

Signor Presidente serve, in breve, una “via europea”, serve una consapevolezza dei paesi europei che il modello di riferimento finora prevalente nell’Organizzazione mondiale del commercio è troppo riduttivo. E ciò è tanto più importante quanto più ci si avvicina alle molte aree ad agricoltura debole dei paesi europei dell’Est e del Sud e di altri paesi in via di sviluppo con i quali l’Europa stabilisce accordi di cooperazione.

            Il documento proposto bene inquadra questa esigenza e merita, quindi, il voto favorevole del gruppo PPE/DC.

            La ringrazio, signor Presidente. (Applausi).