SESSIONE ORDINARIA 2003

(Terza parte)

ATTI

della diciassettesima seduta

Lunedì 23 giugno 2003 - ore 15

DISCORSI PRONUNCIATI IN ITALIANO


GUBERT

Signor Presidente, ho partecipato a tre missioni d’osservazione elettorale in Armenia, designato dal gruppo PPE-DC. Le due prime missioni per i turni dell’elezione presidenziale e l’ultima per le elezioni parlamentari. Ho già avuto modo di esprimere le mie valutazioni sulle elezioni presidenziali. Secondo gli osservatori dell’Assemblea Parlamentare e dell’OSCE, come risulta dal rapporto che abbiamo all’esame, le elezioni parlamentari risulterebbero svolte con minori problemi di quelle presidenziali.

Le spinte alla manipolazione dei risultati elettorali sono più importanti per le elezioni del Presidente che per quelle del Parlamento, poiché il potere in Armenia è fortemente accentrato nella funzione presidenziale. Così era accaduto anche nelle elezioni precedenti. Non si può che esprimere una qualche soddisfazione per i miglioramenti registrati e darne atto alle autorità armene.

Tuttavia, tale miglioramento non può essere interpretato come una reale crescita del costume democratico, ma piuttosto come il prodotto di un minore impatto delle elezioni parlamentari sulla struttura di potere della società armena e da un maggiore controllo interno di forze politiche concorrenti che hanno sostenuto il Presidente attualmente in carica. Non si può escludere un certo peso delle pressioni esercitate delle istituzioni internazionali, tra le quali il Consiglio dell’Europa e l’OSCE.

Le difficoltà da superare per arrivare ad elezioni che consentano di ben rappresentare le opinioni e le scelte dei cittadini derivano, in prima battuta, dalle insufficienze delle regole istituzionali relative alla composizione degli organi di garanzia elettorale. Tali organi vedono, con l’assommarsi di rappresentanti del Presidente e di rappresentanti dei partiti di maggioranza, una marginalizzazione del ruolo di controllo delle minoranze. L’idea che l’elezione diretta del Presidente renderà a questi organi un potere che sia diverso, autonomo e non connesso con i partiti della maggioranza parlamentare, è insostenibile. Di fatto, il Presidente e la sua maggioranza sommano le loro rappresentanze, a danno di una reale garanzia della correttezza delle procedure elettorali.

Il debole potere di controllo assegnato istituzionalmente alle minoranze diventa ancor più visibile in situazioni come quella armena, nelle quali il costume democratico non è ancora consolidato, essendo troppo recente l’esperienza di settant’anni di assetti di potere fortemente autoritari.

Alle elezioni parlamentari in Armenia hanno partecipato moltissimi partiti,  alcuni dei quali, a detta di qualcuno, artificialmente costituiti alla vigilia delle elezioni, per sottrarre l’elettorato ad altri partiti con denominazione simile, o per soddisfare ambizioni personali.

In Armenia è allora evidente cosa può accadere ad un sistema politico se la mediazione costituita dai partiti è troppo debole e instabile: assai spesso, nelle commissioni elettorali locali, coloro che dovevano rappresentare un certo partito non sapevano nemmeno quale rappresentavano.

Senza una forte capacità di mediazione di partiti politici non meramente personali, la democrazia rischia di essere formale, di diventare un prodotto artificiale dei mezzi di comunicazione, o un prodotto dell’uso clientelare delle risorse, amministrate dal sistema politico.

Non tutte le irregolarità delle elezioni armene sono da imputare alla volontà delle autorità.  E’ inoltre difficile per gli osservatori giungere a giudizi di responsabilità, come anche è impossibile dare un giudizio fondato sull’estensione delle irregolarità e sulla loro influenza sui risultati elettorali. Tuttavia, quando, con controlli casuali non esigui, si riscontrano significative irregolarità è poco saggio tacere o ridimensionarne l’importanza.

L’Armenia ha intrapreso un percorso democratico. Esso va sostenuto non solo rimarcando le irregolarità elettorali - meno rilevanti, del resto, nelle elezioni parlamentari - ma suggerendo degli aggiustamenti delle regole istituzionali nel senso dell’allargamento delle opportunità democratiche, sia negli organi di controllo delle elezioni che nella gestione del potere. E’ quindi importante denunciare le insufficienze dei processi elettorali.

A nome del PPE-DC mi esprimo a favore della relazione del signor Schreiner. Tuttavia essa meriterebbe qualche ulteriore riflessione su quanto è suggerito al punto 53, riguardo la sospensione della ratifica dei poteri della nuova delegazione armena. Se tale misura si riferisce alle elezioni presidenziali essa è giustificabile, se invece si riferisce alle elezioni parlamentari essa sembra eccessiva.

PODESCHI

Signor Presidente, egregi colleghi, desidero intervenire a nome di un piccolo stato come quello sammarinese poiché ritengo che il tema dell’agricoltura, oggi in esame, sia estremamente rilevante. Questo  anche grazie ai rapporti che sono stati elaborati dalla Commissione per l’ambiente, l’agricoltura, gli affari locali e regionali. Ringrazio pertanto sin da ora i relatori per l’ottimo lavoro svolto.

Condivido pienamente l’idea che l’agricoltura riveste un ruolo determinante per i paesi che aderiranno all’Unione Europea, sia per le diverse implicazioni sociali, culturali ed economiche, nonché per quelle più specificatamente ambientali. Non vi è dubbio che l’agricoltura rappresenti un settore d’importanza vitale per i futuri stati membri dell’Unione Europea, soprattutto dell’Unione centro-orientale. Questo fatto ha evidenti implicazioni non solo sulla politica nazionale, ma anche su quella europea. Ritengo pertanto particolarmente interessante ed efficace il lavoro sino ad ora portato avanti dall’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, nella discussione dei problemi che coinvolgono i settori agricoli di quei paesi. Questo lavoro è importante anche perché è imperniato su dei principi che sono figli di una politica lungimirante e atta a favorire una riforma strutturale ed un rafforzamento dell’agricoltura.

Uno dei quesiti determinanti riguarda la comprensione di come sia possibile salvaguardare lo sviluppo agricolo di questi paesi ed il valore naturale della loro agricoltura - tenuto conto che gran parte delle risorse del loro sistema occupazionale è saldamente legato all’economia agricola - conciliandolo con la modernizzazione e quindi la competitività dell’agricoltura dell’Unione Europea. Un tale quesito non può mantenersi irrisolto, anche alla luce dei cambiamenti e delle modifiche del modello agricolo europeo, in atto  con l’introduzione della politica agricola comune.

I punti che si dovrebbero considerare nella politica agricola europea sono due: anzitutto la necessità di pervenire ad un ammodernamento dell’agricoltura, consentendo una migliore efficienza dei fondi; in secondo luogo la salvaguardia dell’ambiente rurale, in un’ottica di agricoltura sostenibile. A questi aspetti va aggiunta l’importante questione della sicurezza alimentare, nel pieno rispetto delle norme e dei principi sanitari durante la produzione. Chiedo pertanto, anche a nome dei miei colleghi, che l’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa possa seguire con assiduità le trasformazioni della PAC, facendo sì che tali modifiche mantengano il necessario legame con le raccomandazioni formulate dall’Assemblea Parlamentare stessa.