SESSIONE ORDINARIA 2004

(Prima parte)

ATTI

della seconda seduta

Martedí 27 gennaio 2004 - ore 10

DISCORSI PRONUNCIATI IN ITALIANO


Provera

Grazie Presidente.

Anch’io voglio felicitarmi con i relatori per il lavoro che hanno fatto, lavoro che anch’io reputo equilibrato, documentato e quindi intelligente perché ci dà una situazione di fatto sulla quale possiamo fare riflessioni politiche.

Io ricordo il dibattito che ci fu quattro anni fa in commissione e in aula, un dibattito ampio e forte sull’opportunità di ammettere l’Azerbaigian e l’Armenia nell’ambito del Consiglio d’Europa. Una parte di noi si opponeva dicendo che non c’era né un sufficiente livello di democrazia né di legislazione a tutela dei diritti umani e se c’erano leggi a tutela dei diritti umani non venivano rispettate.

Un’altra parte di noi diceva: “Accettiamo comunque, anche in queste condizioni questi due paesi nell’ambito del Consiglio d’Europa, perché questo contribuirà alla loro evoluzione in senso democratico.” Io mi opposi, l’aula approvò e oggi questi due paesi, Armenia e Azerbaigian, fanno parte del Consiglio d’Europa.

Alcuni passi avanti sono stati compiuti come è scritto nel rapporto: sono stati firmati alcuni accordi, sono stati liberati dei prigionieri politici, progressi che però giudichiamo tutti assolutamente insufficienti.

Prima però di dare un giudizio negativo assoluto, bisogna riflettere sulle condizioni dalle quali sono partiti questi due paesi e mi riferisco sostanzialmente all’Azerbaigian perché è di questo che parliamo adesso. E’ difficile costruire la democrazia. La democrazia è un percorso complicato che anche noi abbiamo vissuto nella storia dei nostri paesi. E’ un percorso fatto di progressi, di momenti di arresto e bisogna riflettere su quali sono le condizioni di partenza. Non sono soltanto condizioni politiche ma anche sociali, economiche e soprattutto di mentalità da cui parte l’Azerbaigian per evolvere sotto questo profilo ed essere membro a pieno diritto del Consiglio d’Europa.

L’errore che viene fatto è quello di pensare che si possa trasferire la democrazia da un paese all’altro. Purtroppo constatiamo quanto sia grande questo errore anche in altre parti del mondo – mi riferisco all’Afghanistan e all’Iraq. La democrazia non si costruisce soltanto con dei testi scritti, bisogna costruirla nella mente e nel cuore delle persone. Quindi, pur dichiarandoci assolutamente insoddisfatti per quanto non è ancora stato fatto in Azerbaigian, credo che l’unico modo per aiutare effettivamente quel popolo sia di continuare il dialogo che non deve essere passivo da parte nostra, non deve essere inerte. Deve essere un dialogo attivo in cui chiediamo con forza, di continuare sia nella liberazione dei prigionieri politici, perché anche uno solo è la negazione stessa della democrazia, sia nella costruzione di una società più giusta, più libera, in cui la libertà di ognuno debba essere sentita come la libertà di tutti.

Mi dichiaro favorevole a questo rapporto e mi auguro di cuore che il nuovo presidente a cui venne dato un periodo di tempo di necessaria prova, sia così autorevole e così forte da potersi concedere quei passi inevitabili verso la democrazia che potranno testimoniare nei fatti che l’ Azerbaigian è cambiato e che può essere accolto a pieno titolo tra di noi. Grazie.