IT07CR33

AS (2007) CR33

 

Versione provvisoria

SESSIONE ORDINARIA 2007

_________________________

Quarta parte

ATTI

della trentatreesima seduta

Mercoledì 03 ottobre 2007-ore 15


DISCORSI PRONUNCIATI IN ITALIANO

SINISCALCHI
(DOC.11357)

A nome del mio gruppo il GUE ringrazio la signora relatrice, la commissione e l’OCSE per questa ampia analisi sulla situazione economica mondiale. Il testo di oggi è migliorato rispetto alle versioni precedenti, ad esempio perché comprende l’agenda dell’Organizzazione internazionale del lavoro sul dissent work. Tuttavia non si sofferma abbastanza, a nostro parere, su un aspetto negativo della globalizzazione: la crescita delle disuguaglianze. Ormai tutte le istituzioni internazionali, compreso OCSE, riconoscono che gli squilibri economici stanno aumentando sia a livello internazionale sia a livello dei singoli paesi.

La ricchezza cresce ma è sempre più concentrata ed è sempre più acuta la disuguaglianza nella distribuzione del reddito, nei salari, nell’accesso alle risorse, nel godimento dei beni. Proprio per questo è sbagliato confidare solo nella crescita economica come unico motore per garantire lo sviluppo. Anche in paesi con elevata crescita economica, purtroppo, i diritti umani continuano ad essere violati: i diritti dei lavoratori, delle donne, dei piccoli produttori. La crescita economica non garantisce lo sviluppo sociale e sostenibile, se non c’è un intervento pubblico di regolazione dell’economia e ridistribuzione della ricchezza. Proprio l’OCSE ha sottolineato come la crescita economica e l’innovazione sono fattori strategici ma che bisogna aggiungerne un terzo: l’equità.

In un passaggio della risoluzione ci si preoccupa dei costi dei servizi e della previdenza, ma noi pensiamo che l’intervento sociale non può essere considerato solo come un costo, ma è un investimento per una società più equa e più inclusiva. In campo commerciale la risoluzione auspica una ripresa dei negoziati dell’OMC che, come sappiamo, sono bloccati a causa del protezionismo dei paesi più ricchi. Da anni, assieme alla società civile, ci battiamo per l’abolizione dei sussidi all’agricoltura di Europa e USA. Tuttavia bisogna essere cauti verso l’agenda di Doha. Essa include alcuni dossier molto critici, come la privatizzazione dei servizi e i diritti di proprietà intellettuale. Noi crediamo che i paesi in via di sviluppo, specialmente quelli che hanno una popolazione da sfamare, alfabetizzare e curare, abbiano il diritto di proteggere le loro economie, e debbano mantenere pubblici o ripubblicizzare i servizi, a partire dall’acqua potabile e dalla sanità, che non possono essere considerati come merce.

I paesi industrializzati dovrebbero aiutarli in questo senso, non ostacolarli per garantire profitti alle proprie aziende. I diritti dei popoli vengono prima degli interessi di pochi paesi e di pochi grandi gruppi economici. Penso che tutti i deputati e le deputate presenti in questa aula concordino con questo principio. Su due punti siamo particolarmente d’accordo: sull’importanza della lotta seria e globale alla corruzione che sottrae risorse agli investimenti sociali e allo sviluppo anche in paesi più poveri e sulla necessità di incrementare gli aiuti allo sviluppo purché questi aiuti siano finalizzati davvero alla lotta alla povertà, alla sicurezza alimentare, all’istruzione primaria, alla salute di base, in una parola al raggiungimento degli Obiettivi del millennio. Voglio concludere questo mio contributo ricordando quanto il segretario Gurrίa ha detto in occasione di una audizione presso la Commissione esteri del Parlamento italiano:”abbiamo bisogno di migliori politiche pubbliche per trasformare questa globalizzazione, in cui metà del pianeta vive con meno di due dollari al giorno e in cui un bambino muore ogni tre secondi a causa della povertà estrema, in un processo più equilibrato in cui le opportunità siano ripartite più equamente”. Ringrazio la relatrice e mi auguro che raccolga le nostre preoccupazioni. Grazie.

Segretario generale dell’OCSE on. Angel Gurrίa

Il segretario comincia il suo discorso in inglese ma si rivolge poi all’on. Siniscalchi:

Signora Siniscalchi, la lotta contro la corruzione e l’aiuto allo sviluppo è chiaramente uno dei nostri oggetti di studio e di lavoro. Ma vorrei parlare riguardo a ciò che lei ha detto sulla questione dello squilibrio della distribuzione delle risorse interne e tra i vari paesi, perché quest’aspetto ci interessa e ci preoccupa particolarmente poiché tali differenze oggi non sono minori ma in molti casi più grandi di prima.

( Il segretario prosegue il suo discorso in inglese).

RIGONI

(DOC. 11371)

Signor Presidente, il dibattito sulla dimensione politica del budget del Consiglio d’Europa ha assunto carattere di urgenza assoluta. La questione dei fondi da destinare alla nostra organizzazione sta generando una crisi seria e profonda. I valori di cui il Consiglio d’Europa è garante e promotore sono di importanza vitale per il nostro continente e per questo ritengo assolutamente doveroso che le delegazioni nazionali dell’Assemblea Parlamentare, coscienza critica e democratica d’Europa, agiscano concretamente per evitare che il declino dell’organizzazione continui sino a giungere a una morte annunciata.

Le delegazioni nazionali quindi devono far sentire la propria voce e anche devono essere in grado di sentire il proprio peso di fronte ai governi nazionali. Forse non è un caso che qua soltanto due presidenti delle delegazioni nazionali sono intervenuti oggi, il sottoscritto, presidente della delegazione dell’Italia e l’amico Mignon, presidente della delegazione della Francia.

Però permettetemi di utilizzare questa forte espressione-impatto per esternare quelle che sono le preoccupazioni espresse chiaramente nell’eccellente rapporto dell’amico Wille, relative ad un sistema di budget che si rivela ormai inadeguato non solo ad affrontare le sfide future ma anche a preservare lo stato attuale. L’attuale politica di budget basata sull’adesione alla crescita zero in termini reali è ormai destinata a dimostrare la sua incapacità a risolvere il problema. Continuiamo a tagliare il budget della nostra Assemblea Parlamentare ma non risolviamo il problema del budget del Consiglio d’Europa.

Come sappiamo, fino al 2005 la regola della crescita zero in termini reali era applicata a tutti i settori del Consiglio d’Europa ad eccezione della Corte che riceveva fondi addizionali. La situazione è cambiata, il Comitato dei Ministri ha deciso di scaricare nei confronti dell’Assemblea Parlamentare quest’onere perché di questo si tratta. E quindi, in modo trasversale i fondi vengono tagliati anche per le altre attività dell’amministrazione nell’ambito della cosiddetta politica dei guadagni di efficienza: quale efficienza sarà decretare la morte di questa Assemblea Parlamentare? Non ho ancora capito.

Le conseguenze di tali scelte non sono trascurabili. La Corte rischia comunque il collasso e l’Assemblea Parlamentare è in grave difficoltà. Crescerà l’effetto doppione creato dalla nuova Agenzia con sede a Vienna e l’Assemblea Parlamentare perderà sempre più peso. E’ inoltre facilmente intuibile, e vorrei dirlo con forza, che i tagli nella nostra organizzazione andranno a discapito della componente intellettuale dell’Assemblea, cioè, i funzionari che sono il nostro capitale, il capitale dell’Assemblea Parlamentare, lo staff, gli esperti che operano ogni giorno per garantire quell’importante ruolo politico che il Consiglio d’Europa vanta dal 1949 e che dobbiamo quindi assicurare con un’adeguata motivazione anche economica, perché la motivazione dei funzionari è anche economica.

Tra le misure proposte dal rapporto Wille, peraltro da me pienamente condivise, credo che sia essenziale quella sul rafforzamento del ruolo dell’Assemblea Parlamentare del processo decisionale del budget. Io voglio dirlo e l’ho sempre detto: va riconosciuta finalmente la competenza di bilancio dell’Assemblea Parlamentare. Come tutte le altre assemblee parlamentari europee e del mondo, non c’è autonomia politica se non vi è il riconoscimento di autonomia di competenza di bilancio a un’assemblea parlamentare.

Allora restano da comprendere le intenzioni dei nostri governi, degli Stati membri riguarda il finanziamento del Consiglio d’Europa, soprattutto alla luce anche dell’elemento della contraddittorietà tra gli impegni assunti a Varsavia e le successive deliberazioni in materia di finanziamenti.

Pare auspicabile che questo importante dibattito sollecitato porti avanti una consapevolezza delle delegazioni nazionali. Nelle delegazioni parlamentari di cui noi facciamo parte è un nostro dovere sensibilizzare i governi nazionali agli obblighi derivanti dall’essere membri del Consiglio d’Europa. Come diceva Seneca, non c’è una via facile tra la terra e le stelle ma questa per noi è l’ultima spiaggia. Il ruolo delle delegazioni nazionali in questo contesto può essere veramente decisivo.