IT08CR14 ADDENDUM I

AS (2008) CR14 ADDENDUM I

 

Versione provvisoria

SESSIONE ORDINARIA 2008

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Seconda parte

ATTI

della quattordicesima seduta

Mercoledì 16 aprile 2008-ore 10

ADDENDUM I

DISCORSI NON PRONUNCIATI IN ITALIANO


VALENTINO (Doc. 11537)

Ringrazio innanzitutto le relatrici per averci fornito un quadro ampio e ben argomentato circa l’interruzione di gravidanza nei nostri paesi, sia legale che illegale. Prendo atto della relazione, pur considerando che si impongono, però, non poche chiarificazioni. E’ logico discutere del quadro emotivo e fiscico della donna, in quanto è il suo corpo e la sua psiche che vengono investiti dal dramma dell’aborto, sia esso legalizzato che clandestino. Ma tale punto di vista è incompleto: manca almeno un accenno alla prospettiva del feto che viene eliminato. Potremmo discutere ad infinitum se il feto sia o meno un individuo tutelabile dalle nostre leggi e dalla nostra Convenzione sui diritti umani, per me lo è, senza mai raggiungere una concordanza di opinioni. Quello che però è innegabile e che nella donna come nel feto vi sia sofferenza nel momento di una interruzione volontaria della gravidanza, in quanto essa necessariamente avviene con un intervento violento, che pone fine prematuramente a una vita potenziale. Credo che questa osservazione sia condivisibile alla luce della semplice logica e prescindendo da ogni sovrastruttura morale e filosofica.

Accanto a questa riflessione vi è poi l’analisi degli aspetti legali. E’ innegabile, come rivelano le relatrici, che la criminalizzazione dell’aborto non ha portato né alla sua diminuzione, né alla diminuzione della sofferenza generata, bensì ad un loro indiscriminato e incontrollabile aumento. Da questo punto di vista una buona legislazione deve essere una legislazione che concretamente riduca la sofferenza dell’aborto, anche se non appare dimostrato in maniera incontrovertibile, che la sua non criminalizzazione consenta un maggiore stato di salute della donna e dei feti cui potenzialmente verrebbe impedito di nascere.

Non vi è dubbio che si debba fare qualcosa di più. Molte leggi che regolamentano l’interruzione volontaria di gravidanza, come per esmpio la nostra legge italiana, contengono uno specifico preambolo in cui è enunciata una dichiarazione di intenti che rappresenta la finalità ultima della legge stessa, vale a dire: evitare il maggior numero di aborti possibile. La prima cosa da chiederci è allora quali siano le condizioni che favoriscono la decisione dell’aborto. Come si afferma nelle due relazioni la salute della donna non è completa se non comprende anche l’educazione preventiva all’aborto.

E’ indubbio che non si posssa considerarea l’aborto come mera modalità anticoncezionale o peggio ancora, come metodo di controllo delle nascite o, addirittura, di pianificazione familiare, come ha più volte ribadito la collega Wurm. La società civile, e con essa il legislatore, ha il dovere di impedire le condizioni che spesso conducono a questa pratica distorta. Vi è la necessità di una profonda educazione e sensibilizzazione su tutti i possibili strumenti, medici ed etici, che consentano ad una donna e a una coppia di potersi confrontare con questa drammatica prospettiva e risolverla con atteggiamenti non traumatici.

Ogni aborto, in quanto soppressione violenta della possibilità di vita, resta soprattutto un insuccesso umano e morale. La nostra società; le nostre leggi non possono tollerarlo. Lo sforzo comune deve essere quello e soltanto quello di costituire le condizioni idonee perché le ragioni dell’aborto siano sopraffatte dalla cultura della speranza, della generosità, della vita.