IT08CR34

AS (2008) CR34

 

Versione provvisoria

SESSIONE ORDINARIA 2008

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Quarta parte

ATTI

della trentaquattresima seduta

Giovedì 02 ottobre 2008-ore 10

DISCORSI PRONUNCIATI IN ITALIANO


Pietro MARCENARO (Doc. 11724)

Cari Colleghi.

A coloro che si preparano a una lunga e difficile ricerca per stabilire chi abbia ragione e chi abbia torto, auguro buon lavoro e buona fortuna ma dubito che riusciranno ad arrivare a qualche risultato. Mai mi è sembrato così chiaro come in questa occasione di essere di fronte non a una ragione o a un torto, ma a due torti.

Con la crisi tra Russia e Georgia, si è aperta una nuova fase di instabilità internazionale. E’ il frutto del crollo di quella illusione unilaterale che ha per molti anni dominato la politica mondiale.

Io penso che nessuno sconto o concessione possano essere fatti alle nostalgie di Mosca per aree di influenza o sovranità limitate. Ma vi è necessità di una nuova governance internazionale, di un multilateralismo responsabile ed efficace, di una leadership condivisa, non solo con la Russia ma “anche” con la Russia. La stessa prospettiva della democrazia, dello stato di diritto e dei diritti umani possono migliorare solo in questo quadro. Il conflitto, l’accerchiamento, l’isolamento rafforzano - tanto nella piccola Georgia quanto nella grande Russia - le spinte autocratiche e autoritarie già così forti in entrambi questi paesi. Delle dittature il nazionalismo è il mangime preferito.

In questi giorni ha preso il via la missione europea. Vicino al rispetto degli impegni sottoscritti da Georgia e Russia con il Presidente Sarkozy, voglio sottolineare l’importanza dei punti proposti dal Commissario HAMMARBERG: in particolare, il diritto dei rifugiati al ritorno non ha solo un valore umanitario ma è anche l’unica strada per contrastare la tendenza alla formazione di stati etnicamente omogenei e per tenere aperta la strada, la via della comune cittadinanza come fondamento dei moderni stati democratici.

Lo dico con franchezza: non si sente il bisogno che ogni istituzione aggiunga confusione a una situazione già difficile, che ciascuno indichi le proprie condizioni, che ciascuno lanci il proprio ultimatum e le proprie piattaforme. Cerchiamo di stare al nostro posto e di fare il nostro dovere.

Andrea RIGONI (Doc. 11724)

Grazie, Presidente,

Siamo qui a dibattere su un evento che sta rimettendo in gioco gli equilibri geopolitici internazionali e che senza dubbio richiede un nuovo e maggiore impegno da parte del Consiglio d’Europa nel suo ruolo di organizzazione volta alla salvaguardia della democrazia, dei diritti umani e dello stato di diritto.

Non possiamo far finta di niente, che non sia accaduto nulla. Urge trovare al più presto un ruolo di mediazione preciso. La guerra tra la Georgia e l’Ossetia filo-russa del sud prima, e l’intervento armato della Russia in Georgia poi, oltre a creare tragiche conseguenze che hanno riguardato le popolazioni civili, hanno rischiato - e tuttora rischiano - di fare rivivere alla Comunità internazionale un clima da guerra fredda. Dobbiamo evitare che si crei una nuova linea divisoria in Europa.

La Russia, dopo quasi vent’anni dalla dissoluzione dell’impero sovietico, vuole recuperare il suo status di grande potenza e svolgere un ruolo primario sullo scacchiere mondiale. E’ evidente che Mosca soffra della sindrome di “accerchiamento” e che sia convinta che quelli che sono intesi come gli assetti e le politiche dell’occidente – e mi riferisco in particolare all’allargamento dell’Alleanza Atlantica – non garantiscono i suoi interessi nazionali e le stesse proporzioni dell’intervento armato ai danni della Georgia lo dimostrano.

Ora appare anche troppo chiaro che la Russia non sia più soltanto un distributore di gasolio, di benzina, ma che vuole giocare un ruolo attivo da protagonista, nello scacchiere internazionale. Credo che l’altro fronte caldo che noi dobbiamo affrontare sia quello delle istanze separatiste e indipendentiste delle altre regioni del Caucaso che rischiano di innescare una reazione a catena. Una volta sancita e riconosciuta per decreto l’indipendenza dell’Ossetia e dell’Abkhazia, è legittimo domandarsi quante altre ribellioni finora latenti e quante altre vertenze sui diritti di secessione potranno scoppiare? Non è questo il modo corretto di interpretare il diritto internazionale e le relazioni internazionali fra gli stati sovrani e indipendenti.

Alla luce di queste considerazioni e di fronte a possibili scenari futuri, la domanda giusta, credo, sia la seguente: cosa vuole fare veramente l’Europa al di là dell’invio di una missione di osservatori? Al di là di una doverosa inchiesta internazionale indipendente? Quale deve essere la posizione del Consiglio d’Europa per non rischiare la sua credibilità e il suo peso a livello internazionale?

Personalmente ho trovato apprezzabile l’iniziativa tempestiva della presidenza francese che con l’adozione del piano dei sei punti, ha imposto la sua linea. Dobbiamo quindi evitare l’isolamento della Federazione russa e allo stesso tempo, garantire l’indipendenza e l’integrità territoriale della Georgia e dobbiamo chiedere con forza il rispetto assoluto dei valori e principi del Consiglio d’Europa. Non ci possono essere compromessi sui valori.

Penso che si debba continuare a ricercare un equilibrio tra le parti in causa, presenti e future, poiché la possibilità di successo è direttamente proporzionale alla creazione di una nuova stagione del dialogo. La risposta va dunque ricercata nella concreta volontà di un dialogo internazionale non più ispirato alla corrente “realista” della “spartizione delle zone di influenza” ma improntato alla stabilizzazione delle aree a rischio e alla logica della cooperazione della partnership e non più alla competizione. Quindi più dialogo e reciproca comprensione per la pace.

Grazie.