IT09CR05       AS (2009) CR 05

Versione provvisoria

SESSIONE ORDINARIA 2009

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(Prima parte)

ATTI

della quinta seduta

Mercoledì 28 Gennaio 2009, ore 10.00

DISCORSI PRONUNCIATI IN ITALIANO

FASSINO (Doc. 11800 e Doc. 11789)

Presidente, ringrazio i relatori per lo sforzo che hanno fatto di un dibattito che sappiamo non si esaurisce oggi e nel quale ci sono una pluralità di posizioni anche all’interno di ogni gruppo. Io credo che sia giusta l’impostazione che è stata offerta: non si tratta di ripetere un dibattito su quello che è accaduto ma di capire soprattutto che cosa dobbiamo fare adesso.

L’accordo che è stato sottoscritto con la mediazione dell’Unione Europea ha consentito di fermare le ostilità, ha consentito l’invio della missione Eulex e ha consentito di avviare una fase negoziale a Ginevra. Il problema è adesso: che cosa si fa perché tutto questo produca un’evoluzione positiva della situazione.

Penso che da parte nostra devono essere indicati quattro obiettivi come criteri fondamentali per l’azione anche nostra. Il primo: è evidente che noi dobbiamo ribadire il principio fondamentale dell’integrità delle nazioni caucasiche nei confini che gli sono propri. Non è accettabile l’alterazione dei confini con la forza. Non è accettabile la dichiarazione unilaterale di indipendenza di nuovi territori e credo da qui debba derivare una richiesta molto esplicita alla Russia, di non considerare irreversibile il riconoscimento dell’indipendenza dell’Abkhazia e dell’Ossezia perché la non irreversibilità significa appunto che non si considera definitivo l’assetto di oggi. D’altra parte, se si è messo in campo con una mediazione internazionale, un luogo di negoziato come quello di Ginevra, ricordo che il sesto punto dell’accordo sottoscritto dalle parti dice che si tratta di discutere l’assetto della regione sulla base della composizione multietnica di quella regione. Se c’è una sede negoziale, non ha alcun senso pregiudicarla con una dichiarazione di indipendenza unilaterale che si considera irreversibile.

Dunque, prima questione: l’integrità delle nazioni caucasiche, e soltanto all’interno del riconoscimento di questa integrità noi possiamo trovare una soluzione adeguata. Secondo: è evidente che c’è un problema di tutela di minoranze, di minoranze russofone che con la nascita delle nazioni caucasiche ha cambiato di collocazione. Fin quando c’era l’Unione Sovietica, le minoranze russe di questi paesi erano parte della maggioranza della popolazione russa dell’Unione Sovietica. Con la nascita delle nazioni caucasiche, da maggioranza sono diventate minoranza. Il problema di tutelare queste minoranze e, all’interno dei confini degli Stati caucasici, riconoscere le forme di autonomia che diano riconoscimento all’identità delle comunità russofone, io credo che sia un aspetto fondamentale che va posto alla Georgia così come va posto alle altre nazioni della regione per avere appunto una risoluzione che consenta a ogni nazione caucasica di essere sicura e riconosciuta nei suoi confini e al tempo stesso, all’interno di ogni stato, di avere il riconoscimento delle minoranze.

E infine, la questione del rientro dei profughi. Il rientro dei profughi non è soltanto un problema umanitario: è un problema politico fondamentale perché il rientro dei profughi significa il rifiuto della pulizia etnica e il rifiuto cioè di fondare gli sati sul principio dell’omogeneità etnica. Abbiamo già commesso l’errore di accettare questo principio nei Balcani, non possiamo accettare questo principio anche nel Caucaso. Far rientrare i profughi è il modo giusto per mantenere il carattere multietnico e multiculturale di quegli stati e di quella regione.

RIGONI (Doc. 11800 e Doc. 11789)

La nostra Assemblea al Consiglio d’Europa è solidamente fondata sul valore della pace, sui principi della democrazia, dei diritti umani e dello stato di diritto ma anche sulla sovranità territoriale, sull’integrità territoriale e sull’inviolabilità delle frontiere del proprio stato. Alla luce di questi principi e con riferimento alla guerra d’agosto, che ha coinvolto due stati della nostra organizzazione, alcune riflessioni sembrano indispensabili al fine di un’analisi del ruolo stesso del nostro Consiglio d’Europa.

Di fronte a un evento che si è da subito rivelato in tutta la sua gravità, l’Assemblea è consapevole che se da un lato le ostilità tra Russia e Georgia hanno colto tutti di sorpresa per la rapidità dell’escalation delle violenze, dall’altro è stata portata alla luce nel modo più cruento una realtà preesistente che poteva e doveva essere certamente prevista, caratterizzata da tensioni, provocazioni e prove di forza da tutte e due le parti. Non è stato fatto alcunché per risolvere le controversie fino a questo momento senza giungere all’ultima ratio che è quella dello scontro armato, quello di agosto.

Dobbiamo tenere più alto il livello di guardia e cogliere in tempo le prime avvisaglie di crisi. Non possiamo permettere che vi siano ulteriori degenerazioni di altri conflitti. Il nostro ruolo dev’essere chiaro e presente.

E allora, da questo punto di vista non possiamo far finta, Presidente, che non sia accaduto nulla in questi mesi. Dobbiamo precisare il ruolo della nostra organizzazione. Quello che è accaduto, oltre ad aver causato tragiche conseguenze che hanno riguardato le popolazioni civili, rischia tuttora di far rivivere alla comunità internazionale un clima da guerra fredda. Dobbiamo evitare che si crei una nuova linea divisoria in Europa.

E allora, alla luce di queste considerazioni, di fronte a possibili scenari futuri che possono ripetersi, la domanda giusta, io credo, è la seguente: cosa vuole fare veramente l’Europa al di là della richiesta di una doverosa inchiesta internazionale, dell’invio di una missione di osservatori? Quale dev’essere la posizione del Consiglio d’Europa, della nostra organizzazione, per non rischiare la sua credibilità e il suo peso a livello internazionale? Ecco, questa è la domanda del futuro: la rivolgo ai nostri amici relatori. Io credo che la nostra Assemblea parlamentare debba promuovere un dialogo e una riconciliazione con tutti gli attori interessati.

In sostanza si tratta di attivarsi per una riflessione positiva che è anche economica e di sicurezza e di ricerca attiva della stabilizzazione della regione in una logica di cooperazione e collaborazione e non competizione. Un’idea potrebbe essere quella di creare le condizioni per un trattato di sicurezza comune che necessita della fiducia reciproca per la risoluzione dei confitti congelati. E’ necessario, credo, anche un riconoscimento del nuovo protagonismo che nello scenario internazionale ha assunto il nuovo equilibrio costituito dalla Federazione Russa, attore globale che per dimensioni demografiche e geografiche non può essere sottovalutato. Credo che insieme a questo e al rispetto dei diritti umani, al rispetto dell’integrità territoriale, possa essere l’unica via positiva una partnership in grado di creare un futuro comune e condiviso fra la Repubblica Russa e la Georgia.

Finisco dicendo che questa posizione ferma ma razionale dev’essere incentrata sul dialogo non solo contro ma anche ...

( Il discorso dell’onorevole Rigoni è interrotto)