AS (2010) CR 07
Versione provvisoria
SESSIONE ORDINARIA 2010
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(Prima parte)
ATTI
della settima seduta
Giovedì 28 gennaio 2010, ore 10.00
DISCORSI PRONUNCIATI IN ITALIANO
VITALE (Dibattito su Haiti)
Signor presidente, colleghi, devo manifestare il mio compiacimento e il mio vivo ringraziamento per il bureau che ha voluto accettare di inserire questo dibattito di attualità su una richiesta della delegazione che ho l’onore di presiedere. E’ un atto di attenzione non nei confronti dei richiedenti ma è un atto di attenzione e di vicinanza nei confronti di quelle popolazioni che sono state colpite così duramente da un sisma che ha provocato decine di migliaia di morti. E quindi non so da questo dibattito quali saranno le risultanze, quali saranno le proposte, quali saranno gli intendimenti che questa Assemblea vorrà adottare, vorrà stabilire.
Ma sicuramente è fondamentale e importante che anche nel Consiglio d’Europa, in questa Assemblea, si parli di questa tragedia che purtroppo non è una tragedia unica: assistiamo con una certa frequenza a queste catastrofi naturali e purtroppo dobbiamo prendere atto che diventa sempre più difficile poterle prevedere e verifichiamo che le conseguenze sono catastrofiche soprattutto in quei paesi dove vi è una evidente povertà, dove vi è una mancanza di organizzazione, dove vi è anche una democrazia molto debole o molto giovane.
Il dibattito di oggi non vuole essere una spendita di parole senza senso per parlarci addosso e fare le solite considerazioni. Ritengo che ogni paese d’Europa e del mondo abbia fatto, stia facendo e farà nell’interesse di queste popolazioni quanto è nelle proprie possibilità. Non è certamente un compito del Consiglio d’Europa quello di preparare, organizzare gli interventi necessari per tamponare e per essere vicini a queste popolazioni. Però credo che dobbiamo porci un problema fondamentale: noi siamo un’Assemblea e una istituzione internazionale che riflette e che approfondisce soprattutto i diritti umani e non può non parlare di diritti umani violati in presenza di queste tragedie che colpiscono al cuore delle popolazioni dei paesi.
Credo che abbiamo la necessità di metterci alla prova, di confrontarci, di misurarci. Non credo che in questo tipo di eventi qualcuno possa dire di avere una soluzione utile per tutto. Però credo che confrontandoci - e in questa Assemblea ci sono rappresentanti di 47 paesi e quindi sicuramente il confronto è tanto più utile quando più ampio e quanto più esteso a rappresentanti di numerosi paesi. Ognuno di noi, credo, può portare la sua esperienza, può portare l’esperienza del proprio paese, può portare il contributo di quello che nelle proprie nazioni si è fatto e si fa per fronteggiare queste evenienze.
Noi abbiamo assistito, non è la prima volta, a proposito del sisma che ha colpito Haiti, a un intervento quasi immediato, frutto della solita generosità degli amici americani. Ma questo non basta. Perché al di là della quantità e della qualità degli interventi a favore di queste popolazioni, credo che un elemento fondamentale sia quello della tempestività degli interventi. Quanto più tempestivi sono gli interventi, tanto più è possibile salvare vite umane e tanto più è possibile salvare vite umane, tanto sarà più possibile ridurre i notevoli danni che vengono arrecati con queste situazioni naturali.
Noi non possiamo certamente portare risorse, non possiamo certamente portare contributi ma possiamo aprire un dibattito secondo me e ascolterò quanto avranno da dire gli altri colleghi perché voglio confrontarmi e voglio verificare se questa sensibilità è una sensibilità diffusa, una sensibilità condivisa. Credo che ognuno di noi può fare in modo che si crei una catena organizzativa che abbracci tutti e 47 i nostri paesi di provenienza per essere pronta ad intervenire nell’immediatezza di questi eventi catastrofici in modo tale da poter limitare, da poter ridurre i danni che si possono creare.
Non possiamo in buona sostanza affidarci all’improvvisazione. Credo che ogni paese organizza un servizio di protezione civile. Il mio paese, l’Italia, lo ha messo duramente alla prova l’anno scorso con il violentissimo terremoto in Abruzzo, ma anche altri paesi, come so, sono dotati di queste strutture operative. Ma abbiamo bisogno di creare un anello di congiunzione, di creare una struttura, di creare un coordinamento tra i 47 paesi, tra quelli che lo vorranno, per creare un’organizzazione che possa presidiare e controllare l’arrivo degli aiuti. Non basta molte volte portare generi alimentari o medicinali o attrezzature per scavare o per affrontare questa emergenza. E’ necessario che questi aiuti siano organizzati e siano distribuiti, siano affidati a chi veramente ne ha bisogno, cioè che ci sia una cabina di regia che non può essere all’interno di questi paesi che sono stati violentati da questo tipo di fenomeni.
Allora ritengo che sia opportuno, parliamo di tanti argomenti importantissimi per la vita dei nostri popoli, dei nostri giovani, del nostro presente e del nostro futuro, però ritengo che non sia sbagliato oggi interloquire per un’ora e mezza, quanto è stabilito dalla presidenza, su questo fenomeno che oggi è un dibattito di attualità sulla catastrofe che si è verificata ad Haiti ma che sicuramente si è trasferito a tutti gli eventi calamitosi che possono verificarsi e che si verificano. Quindi può essere una opportunità per fare il punto della situazione e per domandarci che cosa possiamo fare per portare solidarietà e portare un contributo concreto a queste popolazioni che vengono così duramente colpite, così duramente provate.
Quindi lancio questo dibattito e questa ipotesi, questa opportunità: cioè quella di farsi parte diligente all’interno dei nostri paesi ma prendendo eventualmente l’iniziativa da questo consesso e da questa Assemblea, per sensibilizzare con Comitato dei nostri Ministri o con i nostri governi, in qualche forma che insomma si troverà come tante si volte si prova per coordinarci e per collaborare, una catena organizzativa pronta a intervenire in caso di necessità, tempestivamente e in loco fare in modo di essere punto di riferimento per il migliore utilizzo di questi aiuti.
Abbiamo visto dalle scene che sono state trasmesse dalle emittenti televisive quello che succede in questi paesi dove alla povertà congenita si aggiunge la sofferenza di un dramma così grande e questi aiuti che dovrebbero arrivare a tutte le persone bisognose, diventano l’occasione quasi per una lotta per la sopravvivenza. Questo è umiliante e mortificante. Oltre al grave danno che viene arrecato con questo sisma, con queste situazioni, si crea anche la mortificazione di vedere fratelli, persone della stessa popolazione, dello stesso paese, della stessa città, litigare o concorrere per avere sostegno, per avere un bene che a loro in quel momento spetta e del quale hanno sicuramente bisogno.
Allora, forse sarebbe opportuno. Non possiamo impedire in nessuna maniera che si verificano queste cose ma possiamo cercare di studiare per fare in modo che possano essere prevenibili, che possano essere previsti per ridurre gli effetti negativi però sicuramente possiamo fare qualcosa e dobbiamo fare qualcosa perché in casi di questo tipo ci possa essere un intervento tempestivo, ci possa essere una cabina di regia, ci possa essere una organizzazione, una struttura, che possa operare d’intesa fra tutti i paesi di questa istituzione internazionale e possa apportare un contributo che può essere utile non soltanto ad assegnare in maniera adeguata gli aiuti, ma può essere determinante e importante a salvare vite umane.
Credo che questa sia la finalità più importante e su questo credo che ognuno di noi deve riflettere per dare il proprio contributo. Grazie, Presidente.
FARINA (Dibattito su Haiti)
Presidente, parlo a nome del Partito Popolare Europeo e mi rendo conto che una parte del discorso non può che appartenere alla retorica ma d’altra parte, la retorica con le sue cerimonie è ciò che ci permette di far concordare il sentimento e il cuore con la ragione e riconosco che il valore decisivo che viene suscitato dalla notizia di ciò che accade a Haiti è quello della solidarietà. La solidarietà che è un valore fondante della famiglia umana ma che è il cuore stesso della dottrina e della prassi politica del Partito Popolare Europeo.
Ma vorrei dire della nostra Assemblea Parlamentare: ho avuto modo di sperimentarlo. Quando l’anno scorso l’Italia, in particolare l’Abbruzzo, sono stati colpiti da un terremoto devastante, le prime telefonate che ho ricevuto erano state di colleghi di altri partiti, di altri Stati che manifestavano solidarietà e chiedevano che cosa concretamente fare nel loro paese per aiutare le popolazioni colpite. Allora tutto questo vuol dire che questa Assemblea, questa nostra esperienza, non è soltanto un luogo formale dove si dibatte di democrazia e di diritti umani ma dove la democrazia e i diritti umani diventano esperienza di appartenenza a una comune famiglia soccorrendoci reciprocamente nei bisogni.
Ma l’Europa ha per sua caratteristica quella di una missione universale. Noi non possiamo preoccuparci soltanto del nostro giardino, del nostro giardino sia di democrazia sia di risposta ai bisogni immediati. Per questo Haiti ci chiama a un soprassalto di coscienza, a un supplemento d’anima per così dire. L’onorevole Vitali, mio collega, ha avuto l’idea e la volontà di presentare questa richiesta di dibattito d’urgenza e d’attualità perché voleva che tutti noi, e attraverso noi, i popoli di questa che è la più antica e vasta assemblea dell’Europa, si mettessero in sintonia con i bisogni di questa popolazione.
Naturalmente esistono tre livelli della questione. Il primo livello è quello più remoto. Vale a dire la considerazione per cui il disastro è tanto più grave e serio quanto più accade in paesi sottosviluppati, abbandonati dal punto di vista dell’economia alla miseria e con delle democrazie fragili; e in fondo sappiamo che dove la democrazia è fragile, chiama anche al sottosviluppo. Tutto questo però non può diventare un alibi per non essere generosi immediatamente. Prima però c’è un altro livello ed è il livello dell’organizzazione dei soccorsi, è un livello più prossimo ed è già stato detto molto bene da chi mi ha preceduto. Occorre mettere in comune il know-how dei disastri, del soccorso e dei disastri, e credo che in particolare il nostro paese purtroppo ne ha fatto amara esperienza ma anche attingendo elementi di sapienza.
Esiste poi la grande questione dell’aiuto immediato. Allora, prendendo a prestito un’idea che ho ascoltato dalla voce del collega Gross in Ucraina, l’idea potrebbe essere questa: di proporre al Comitato dei Ministri che ciascuno dei 47 paesi del Consiglio d’Europa si prenda a carico, a seconda naturalmente della potenza economica e del prodotto interno lordo di ogni paese, una fetta di territorio di Haiti e risponda dello stato di questo territorio sia sull’immediato sia, soprattutto, nel futuro. Perché accade sempre così normalmente: chi ha letto von Kleist e Il terremoto di Santiago sa che nella prima fase c’è una grande generosità, dopo un po’ si cercano i colpevoli e dopo un altro po’ si dimentica completamente ciò che è accaduto. Ecco, non deve ripetersi questo, bisogna anche stare attenti che non accadano casi di corruzione nei soccorsi e il mio invito allora è proprio questo: prendere sul serio questa proposta operativa di 47 paesi che si prendano ciascuno un carico un pezzo di territorio sotto il coordinamento di questa Assemblea.