IT10CR33 | AS (2010) CR 33 |
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SESSIONE ORDINARIA 2010
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(Quarta parte)
ATTI
della trentatreesima seduta
Mercoledì 06 ottobre 2010, ore 15.00
DISCORSI PRONUNCIATI IN ITALIANO
VOLONTE, Sessantesimo anniversario della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
Viviamo un tempo felice per l’anniversario della firma della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Abbiamo ricordato la riunificazione della Germania, quel muro che voleva separare con il totalitarismo le democrazie dell’Europa, un’ideologia che voleva sopprimere la coscienza di ogni uomo, la libertà si impose invece in quella situazione.
Sessant’anni fa i leaders dei paesi europei usciti dallo scontro con il totalitarismo nazista firmarono a Roma, non una semplice ripetizione della Dichiarazione universale del 48 ma la Convenzione del Consiglio d’Europa che era e rimane un concreto tentativo di adottare le prime misure per assicurare la garanzia di quei diritti fondamentali. Tutto ciò con strumenti cooperativi, l’ha appena detto il Presidente Costa: la Commissione o il Commissario dei diritti dell’uomo, la Corte europea dei diritti, il Comitato dei ministri, e il nostro ruolo fondamentale allora e ancora oggi di Assemblea parlamentare, di sentinella, suggeritore, facilitatore della soluzione dei problemi.
D’allora sono passati sessant’anni e i protocolli hanno rafforzato il Consiglio d’Europa nella sua funzione di promozione e di garanzia dei diritti umani. Il nostro imperativo attuale è quello di sviluppare la validità di questi diritti, la loro inviolabilità, inalienabilità e indivisibilità. Oggi abbiamo sfide cruciali per il futuro del Consiglio d’Europa: l’autoriforma interna e il confronto interno e con altri meccanismi d’interlaken, l’adesione dell’Unione europea alla Convenzione.
Possono cambiare le regole e la cooperazione con gli altri, non può cambiare la nostra promozione e difesa dei diritti, libertà e responsabilità della Convenzione: diritto alla vita, libertà d’associazione, di famiglia, libertà di coscienza e di pensiero, d’espressione, di religione, insieme alla lotta alle discriminazioni, al lavoro forzato, alla schiavitù. Rimangono le uniche radici del nostro albero. I nostri padri fondatori sono stati saggi e lungimiranti fino al punto di metterci in guardia da un pericolo attuale: l’abuso dei diritti. I padri fondatori trovarono la forza e il coraggio d’impegnarsi perché mai più potesse ripetersi la tirannia totalitaria che abolisce la coscienza e la dignità dell’uomo.
L’anniversario della riunificazione tedesca ci ha ricordato che tutte le ideologie totalitarie sono violente e terribili. L’Europa iniziò d’allora una riunificazione e un percorso per tornare ad essere se stessa, la patria dei diritti, la patria della Convenzione europea. Anche oggi, noi abbiamo un compito storico, altrettanto importante, tenere fermi i diritti fondamentali della Convenzione e promuoverli. Siamo debitori del passato e custodi del futuro per i nostri figli e per i popoli europei e paneuropei.
Dobbiamo svolgere questo compito con coraggio, moderazione e consapevolezza e mi si permetta di ricordarlo come ci ha invitato a fare in un incontro con il bureau dell’Assemblea parlamentare Benedetto XVI, dobbiamo fare questo a servizio del bene comune, di tutte le persone e di tutto il bene dell’Europa. Grazie.
GALATI ( Doc. 12340)
Onorevoli Colleghi, le relazione esposta sull’attività dell’Organizzazione per la cooperazione economica e lo sviluppo ben definisce la situazione in cui versano le economie degli Stati membri dell’organizzazione. Una situazione che dimostra il superamento parziale della crisi che ha colpito ferocemente i sistemi produttivi degli Stati membri dell’Unione europea.
Le valutazione proposte dall’OCSE dimostrano una ripresa forte, oltre i limiti di previsione, seppur con una crescita lenta. Certo non vanno sottovalutati nuovi e eventuali rischi che potrebbero provacare crisi nei mercati finanziari mondiali. Nel complesso è opportuno lavorare nel percorso tracciato dall’OCSE nel suo Strategic Response al fin di irrobustire un modello virtoso ed ecosostenibile della crescita economica.
Le crisi ecomoniche sono come uno tsunami: imprevedibili. Questo enorme vulnus nelle finanze mondiali ha prodotto una lezione che gli Stati membri devono metabolizzare per poi superarla in un futuro prossimo. Ora c’è bisogno di impegnarsi lungo quelle direttive proposte dall’OCSE partendo innanzitutto dalla razionalizzazione del quadro normativo internazionale. Credo sia fondamentale, sulla scorta dell’esperienza, includere nel quadro normativo delle regole che possano bloccare sul nascere rischi di finanza malata, come è stato in questi ultimi anni.
Dobbiamo discutere ma c’è la necessità finale di impegnarsi per identificare una linea comune per migliorare la governance, per assicurare ai creditori le tutele necessarie. Dobbiamo stabilire attraverso un benchmarketing un effettivo vantaggio competitivo, rifuggendo chiaramente dagli errori di troppa liberalizzazione cosí come nel mercato USA ma anche da eventuali sistemi eccessivamente rigidi che provocano una sfiducia nel mercato delle cartolarizzazioni.
La crescita mondiale deve poter sdoganare i suoi vecchi capisaldi a livello energetico nella ricerca di uno sviluppo produttivo a basse emissioni di carbonio tracciando una crescita che avvenga attraverso una efficiente gestione delle risorse. Bisogna mostrare di voler bene all’ambiente, puntando sull’implementazione di sistemi eco-sostenibili. Noi, nel nostro paese l’Italia, abbiamo fatto una linea strategica che dopo anni d’inerzia ha approvato con il governo Berlusconi una nuova politica energetica nazionale, per mezzo della quale si propone di far fronte ai rischi per la sicurezza delle forniture, al problema del cambiamento climatico globale, all’esigenza di contenere i costi dell’energia per imprese e famiglie.
C’è la necessità di sostenere con forza principi comuni di governance globale che si basino sulla cooperazione tra paesi sviluppati e le economie emergenti. I temi chiave evidenziati dall’OCSE sono ineludibili, hanno bisogno di tutto il nostro sostegno per dare una speranza alle generazioni future. In questo contesto l’Italia, come recentemente ha affermato l’economista americano Jeremy Rifkin, potrà guidare la Terza rivoluzione industriale perché la sua creatività è imbattibile, perché il suo sole può rappresentare l’Arabia Saudita delle energie rinnovabili, perché è un ponte tra Mediterraneo e Medioriente, e vuole favorire una coscienza estesa. Con queste affermazioni e con questa speranza, noi vogliamo un’effettiva ripresa del nostro paese e dell’economia mondiale.
GALATI ( Doc.12352)
Il ruolo che svolge la CEB rappresenta credo un elemento essenziale: l’abbiamo sentito per la implementazione e la strategia della missione del Consiglio d’Europa. E prendo atto della buona relazione di Elzinga però vorrei sottolineare due aspetti in merito alle questioni sulle quali vorrei ricevere una risposta. Una parte sull’organizzazione e l’altra sulla strategia di intervento della Banca.
Sul primo aspetto mi sento di osservare che la filosofia che caratterizza il governo e l’amministrazione di queste istituzioni, fra cui la CEB, dovrebbe essere improntata ad un maggiore equilibrio, a una condivisione, a una sinergia, e quindi credo anche a una saggia emissione di poteri in seno alla Banca.
Questo non significa limitare il ruolo di direzione della governance o del governatore e mi si consenta, senza nulla togliere al prestigio del vice governatore, sottolineare questa manchevole assenza del governatore per rispondere su questi temi e soprattutto su alcune scelte di governance. Noi vogliamo mettere, visto il ruolo che detiene il Consiglio d’Europa, la CEB in grado di operare con professionalità, con serietà e con serenità, lo ha sottolineato il relatore Elzinga e con una diversa trasparenza di governance che possa mettere in condizione a tutti di condividerne l’operato. Anche perché ci sono alcune questioni come le dimissioni nel novembre 2009 del presidente del Consiglio di direzione danese Kolte per protesta che servono per capire quali atteggiamenti avere per una diversa governance.
Come ci insegna il diritto, come ci insegna l’etica del lavoro, è fondamentale la cultura dell’inclusione, della giusta considerazione e soprattutto una collegialità che non deve evidentemente riguardare, lo hanno richiamato anche altri colleghi, l’operato contenutistico ma anche il controllo degli aspetti procedurali e finanziari, quindi una maggiore collegialità, un maggiore dialogo di informazioni, soprattutto in vista di una richiesta dell’aumento di capitale. Questo per l’organizzazione.
Per il ruolo sociale della CEB che certo svolge un ruolo importante per la crescita di territori e di culture svantaggiate, e noi apprezziamo soprattutto quelle azioni che si svolgono nei confronti del cosiddetto gruppo bersaglio, ma evidentemente bisogna forse oggi riconsiderare gli obiettivi strategici, realizzare direzioni in alcune zone e in paesi più bisognosi e vulnerabili. E più volte proprio questo ruolo di sinergia, di collegamento tra la Banca e i valori del Consiglio d’Europa, crediamo che siano necessari. Si tratta di valori che riguardano l’uguaglianza, la salvaguardia dei diritti umani ma anche migliori condizioni di opportunità.
E se mi si consenta, io credo che forse ci sarebbe anche un’altra area sulla quale si potrebbe focalizzare l’attenzione con maggiore vigore. Penso ai paesi dell’Euromediterraneo, una regione che a foriera di conflitti e anche di svantaggiate condizioni di vita civile, di libertà e quindi un intervento in quell’area per affrancarla da quelle condizioni di instabilità che servono poi a tutta l’Europa. E’ una sfida di avanguardia, una sfida essenziale se vogliamo anche creare un giusto ponte fra occidente e oriente.
Quindi significa anche un’attenzione verso questa regione, significa anche risolvere problemi legati all’emigrazione clandestina, ne abbiamo parlato, e trasformarla in una zona di pace e di prosperità. Io credo quindi che la CEB debba agire, possa agire con un’attività di co-finanziamento in quell’area mediorientale per puntare lo sviluppo alla pacificazione.
Ecco noi vogliamo maggiori informazioni perché crediamo come Stati membri che questo serva a dare ruolo e maggiore forza alla Banca. Credo che in fondo su queste questioni con cui si è aperto questo dibattito, la conoscenza che viene reclamata da tutti, significa forse sostenere un sacrificio oggi di responsabilità e di collegialità, ma significa soprattutto creare le condizioni per un futuro migliore di tutta l’Europa.
RIGONI ( Doc.12352)
La relazione della Commissione economica tende a ridefinire la strategia, la governance e il funzionamento della Banca di sviluppo del Consiglio d’Europa e pone finalmente al centro l’esigenza di una riforma di questo importante strumento operativo del Consiglio d’Europa. Un’esigenza emersa ormai da diversi anni e fattasi più stringente con l’attuale e ancora non superato quadro di crisi economico-finanziaria.
La CEB, dicevamo ed è stato ricordato, è uno strumento unico, originale, per promuovere la coesione socioeconomica e la solidarietà della società europea. La relazione evidenzia il legame tra l’attività della banca e i valori del Consiglio d’Europa e auspica un rafforzamento di questo legame. Le esigenze economico-sociali del gruppo dei ventuno paesi target della Banca nell’Europa centrale, orientale e sudorientale sono aumentate drammaticamente e dobbiamo dare una risposta in positivo a questo. Per impiegare maggiori finanziamenti verso i paesi vulnerabili, la cui grande parte, ricordiamo, sono fuori dall’Unione Europea, vi è la necessità di operare un maggiore incremento di accordi di cooperazione con partner internazionali al fine di condividerne i costi, le pratiche, le competenze, le esperienze e i rischi.
La relazione sottolinea l’enorme potenziale di questa Banca che potrebbe essere sfruttato più efficacemente condividendone la visione e l’ambizione di farne uno strumento più rilevante, più visibile e più significativo sulla scena europea. Alcune brevi considerazioni a questo fine: per rafforzare il legame della Banca e il Consiglio d’Europa, la sua Assemblea parlamentare, e per migliorare la complessiva valutazione dell’operato e dell’efficienza di funzionamento nonché dell’efficacia di impatto dell’azione della CEB sullo sviluppo, è necessario, io credo, come ricordava il relatore, promuovere un più incisivo e proficuo dialogo fra CEB e Assemblea attraverso un accordo formale di cooperazione che assicuri sostegno esplicito alle attività connesse alla democrazia, ai diritti umani e allo stato di diritto.
Secondo punto: le attività della CEB a mio parere devono essere incrementate con forte rapidità in particolare in favore dei paesi target, dei ventuno paesi che ricordavamo, dei paesi obiettivo, pur essendo state adottate misure cautelari più severe per la gestione del rischio. La CEB deve trovare il giusto compromesso fra la capacità di erogare prestiti e gli obblighi legati alla gestione del rischio. Lo ricordava il vicegovernatore. In considerazione di ciò, per poter meglio rispondere alle crescenti esigenze, gli Stati membri dovrebbero prendere in seria considerazione un aumento di capitale. Io lo dico da italiano, sapendo che il mio paese è uno dei tre più grandi cosiddetti soci pagatori che insieme a Francia e a Germania coprono il 60% del capitale. Ma dobbiamo fare di più, anche l’Italia deve fare di più. Questa è una esigenza ineludibile in un quadro che prevede una fragile ripresa economica in Europa accompagnata da un costante aumento della disoccupazione e da maggiori bisogni sociali dovuti al forte e progressivo invecchiamento della popolazione.
E per finire, va ribadito nell’ambito del controllo parlamentare delle istituzioni internazionali e del rafforzamento del dialogo e cooperazione tra la nostra Assemblea e il Comitato dei ministri, il richiamo alla trasparenza e alla responsabilità riguardo all’attività della CEB. L’Assemblea deve chiedere con forza informazioni puntuali e regolari, lo ricordava il relatore, sulle attività e vigilare sulla correttezza di comportamento della Banca, elementi questi fondamentali ed essenziali per assicurare la giusta e necessaria trasparenza, collegialità e democrazia interna. E’ con questi intendimenti nei confronti dell’opinione pubblica europea che a nome del Gruppo ALDE annuncio il pieno sostegno all’eccellente relazione Elzinga. Grazie.