IT11CR13 AS (2011) CR 13
Versione provvisoria
SESSIONE ORDINARIA 2011
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(Seconda parte)
ATTI
della tredicesima seduta
Martedì 12 aprile 2011, ore 15.00
DISCORSI PRONUNCIATI IN ITALIANO
STOLFI ( Doc. 12553)
Presidente e colleghi, è vero che la diversità religiosa è un problema recente nella nostra società e nei nostri paesi. La diversità religiosa, nel migliore dei casi, provoca diffidenza, divisioni e chiusure. Non di rado provoca intolleranza, disciminazione, violazione dei diritti umani e mette gli uni contro gli altri. In alcuni casi arriva a dare sostanza ideologica ai conflitti, non solo tra le persone o tra gruppi di diverse religioni ma addirittura conflitti tra gli stati.
Quindi non è un problema di facile soluzione. L’audizione di questa mattina è stata utile ed importante ma la strada da percorrere è ancora molto lunga. Ma non dobbiamo demordere, non dobbiamo mollare la presa. Ricordo qualche anno fa, ormai nel 2007, a San Marino, quando San Marino aveva la Presidenza del Comitato dei ministri, ci fu il primo incontro tra il Consiglio d’Europa e gli esponenti delle maggiori religioni praticate nel territorio dei paesi del Consiglio d’Europa. Dall’allora questa iniziativa, diciamo un po’ estemporanea, si è trasformata in un appuntamento costante del Consiglio d’Europa e oggi ci vede esaminare la proposta di creare un appuntamento, di dare costanza e continuità a questo rapporto tra il Consiglio d’Europa e i capi delle religioni più praticate.
Questo impegno crescente del Consiglio d’Europa non può che avere il nostro pieno sostegno. La piattaforma di dialogo stabile è un’ottima proposta perché consentirà di tenere monitorata la situazione ma soprattutto consentirà di sollecitare i capi di queste religioni che abbiamo ascoltato stamattina a rendere più efficace il loro impegno per consentire che la tolleranza prevalga su qualsiasi tipo di divisione. Quindi ringrazio e mi compiaccio con la collega Brasseur per il rapporto e per le proposte in esso contenute.
VOLONTE (Doc. 12555)
Onorevole Presidente, onorevoli Colleghi, dopo mesi di lavoro di cui ringrazio la presidenza e tutti coloro che hanno partecipato ai lavori delle commissioni e la segreteria della commissione, siamo giunti al termine di questo lavoro cercando di introdurre nel dibattito della nostra Commissione un tema fondamentale che attanaglia milioni di persone in tutt’Europa e in tutti i paesi del Consiglio d’Europa: la povertà e come combatterla. Un tema di cui si sono occupate a lungo non solo le Nazioni Unite. Questo tema fa parte non solo degli obiettivi del millennio del 2015, ma fa anche parte degli obiettivi del 2025 come combattere la povertà infantile e l’estrema povertà e dell’anno della lotta contro la povertà estrema dell’Unione Europea.
Un tema che ci deve interessare e di cui mi onoro di essere il relatore grazie all’impegno anche della Commissione e di poter portare alla vostra attenzione un rapporto equilibrato e condiviso. Gli stessi emendamenti sono in gran parte stati votati all’unanimità, senza discussioni acerrime su cosa fosse meglio introdurre o modificare. Perché tutti abbiamo lavorato con la stessa intenzione, con lo stesso sentimento, con la stessa passione: rendere compartecipe la nostra Assemblea a rendere più attenti i nostri governi attraverso la raccomandazione del Comitato dei ministri rispetto a un tema del quale spesso si parla, talvolta ci si affida alle battute giornalistiche o televisive, ma poco purtroppo si fa concretamente per sconfiggere questa drammatica situazione che viola tragicamente i diritti umani.
Ed è questo il livello a cui siamo particolarmente interessati. Li viola concretamente perché purtroppo la condizione di povertà e di estrema povertà ci interessa in quanto ovviamente riduce il livello di efficacia, di sostenibilità dei diritti umani per le singole persone, per quelle persone che vivono in uno stato di povertà. E quali sono queste persone? E’semplice purtroppo dirlo: le statistiche ce ne parlano ogni settimana nei rapporti e il lavoro fatto dalla Commissione dell’Unione Europea ma anche da Eurostat, così come dalle audizioni che abbiamo ascoltato e dal confronto che abbiamo avuto a Parigi qualche settimana, ce lo dice con grande chiarezza.
Le famiglie, soprattutto le più numerose, le famiglie monoparentali, le famiglie che hanno un grande numero di figli, i bambini, le donne, gli anziani, i disabili, tutti coloro che vivono una situazione di difficoltà trovano e possono entrare in una trappola, così l’abbiamo chiamata qualche settimana fa a Parigi, una trappola della povertà che drammaticamente si ripercorre generazione dopo generazione. Può diventare una trappola dalla quale una persona non esce mai, una famiglia non esce mai, un bambino, una donna, un anziano non riescono mai ad uscire. Ma anzi: si può drammaticamente trasmettere appunto da padre a figlio.
E’ questo che dobbiamo cercare di sconfiggere. Qualche anno fa, ormai più di vent’anni fa, durante il mio periodo universitario, amavo passare qualche ora della mia settimana in una mensa dei poveri. Inviterei chiunque, invito chiunque qui dentro che non l’abbia fatto, di partecipare e di andarci con una certa costanza. Per rendersi conto, e oggi ce se ne rende conto ancora di più, che l’estrema povertà può colpire chiunque, chiunque può entrare in questa spirale e non trovare un punto d’appoggio o una mano d’aiuto dalle istituzioni pubbliche, dalle ONG, dalla coesione sociale, da politiche attive per poterne uscire. Si rimane dentro schiacciati, talvolta dopo una vita di lavoro, dopo una vita di ambizioni personali, con un grande desiderio di uscirne ma con una reale impossibilità di fare un passo per uscire da questo tunnel.
Noi vogliamo porre all’attenzione del Comitato dei ministri alcuni impegni concreti perché questa possibilità di una via d’uscita, anche grazie a un’azione trasversale dei governi a tutti i livelli e delle ONG, ad una politica di scambio, anche di buone pratiche attraverso il minimum wage o ad altri strumenti che ogni stato può introdurre, si possa trovare. Una via d’aiuto che dia la possibilità a queste persone di mantenere e sviluppare quelle capacità personali, la propria vocazione e quei diritti umani fondamentali che tutti sappiamo d’avere, di fatto dobbiamo metterli nelle condizioni di potere diventare i protagonisti.
Lottare contro la povertà, combattere la povertà è la cosa più giusta da fare ma è mio dovere ridirlo: è anche la cosa più conveniente da fare per il Consiglio d’Europa per la coesione sociale all’interno del Consiglio d’Europa. Investire nel capitale umano, investire nell’educazione, investire in queste reti di solidarietà e in queste azioni attente da parte dei governi può dare più protagonismo a tutti i cittadini, più protagonismo dei propri diritti umani e delle proprie libertà fondamentali, più vivacità sociale e viva Iddio, più giustizia nei nostri paesi.Grazie.
VOLONTE (Doc. 12555)
Presidente, Colleghi, intanto vi ringrazio. Mi sembra di percepire una grande unità di tutte le forze politiche e di tutti presenti. Anch’io son dispiaciuto di non aver potuto presentare questa discussione domani ma non per demeriti personali, devo rientrare nel mio Parlamento nazionale obbligatoriamente e quindi non si può tenere questo dibattito domani. Lo teniamo oggi e al di là del numero delle presenze, la qualità degli interventi è molto significativa. Ringrazio veramente i colleghi di tutte le forze politiche e tutti coloro che sono intervenuti con passione. L’ha detto alla fine il collega Boswell col quale abbiamo condiviso come con altri colleghi il lavoro in commissione in questi mesi su questo tema come su altri.
Per dire che cosa? Per dire che questo rapporto non ha lo scopo di abbracciare tutto il mondo della teoria economica dal Medioevo a oggi: come ridistribuire la ricchezza, se introdurre una giustizia sociale o una giustizia commutativa, se preferire, come io preferisco sul piano personale, l’approccio dell’economia sociale di mercato a un approccio iperliberista o iperstatalista.
Questo rapporto aveva un obiettivo e ha un obiettivo forse più modesto di una grande discussione teorica ma molto più concreto io spero e spero che questo appaia anche al dibattito che rimarrà agli atti oggi. La concreta volontà di non spegnere la luce davanti a sessanta, settanta, ottanta milioni di cittadini, nostri concittadini, persone che abitano vicino a casa nostra, nell’appartamento affianco al nostro, che vivono in una situazione di povertà. Questo è il nostro obiettivo.
Ed è per questo che dentro alla risoluzione, l’avete riconosciuto tutti e vi ringrazio il lavoro mio, il lavoro della commissione, il lavoro dei colleghi, del presidente, della segreteria, della commissione e di tutti quelli che hanno contribuito anche con l’audizione a questo nostro lavoro, per questo dentro alla nostra raccomandazione di risoluzione abbiamo cercato di essere poco teorici e molto pratici. Abbiamo cercato di introdurre elementi di riflessione per i governi e per l’impegno di ciascuno di noi nell’Assemblea parlamentare.
Viviamo in una situazione, lo hanno detto in molti, di paradosso: una trappola della povertà da un lato, e domani lo discuterete con il collega Hancock, lo abbiamo discusso in commissione qualche settimana fa, e l’aumento dell’obesità dall’altro. Un mondo paradossale e paradossalmente gran parte di queste famiglie, di queste situazioni vengono da una medesima povertà a volte anche culturale, di opportunità: allargare le opportunità, allargare la conoscenza, rendere possibile questo allargamento di opportunità e di conoscenza è una grande condizione del poter far sì che i diritti umani diventino non una bellissima, straordinaria e appassionante affermazione teorica ma un qualcosa di concreto, concreto per chi può essere come noi qua presente, chi può avere già oggi grandi opportunità e chi oggi queste opportunità non le ha.
E’ per quello che abbiamo introdotto in questa discussione molti elementi che avete già ripreso. Non voglio commentare tutte le cose positive che ovviamente avete detto ma voglio solo dire che questo rapporto si inserisce in un lavoro che la commissione sta svolgendo in questi anni e che continuerà anche nei prossimi. Quello che abbiamo fatto l’anno scorso quando abbiamo discusso all’unanimità sulla coesione familiare come fattore di coesione sociale, quello sul volontariato. Quello che presenterà insieme al collega Hunko anche il collega Omtzigt, sulle conseguenze sociali della crisi economica, tutti elementi che sono emersi anche qui e che faranno parte, fanno parte e faranno parte ancora della riflessione della nostra commissione guidata così intelligentemente dal nostro presidente e a cui noi tutti collaboriamo attivamente. Così come abbiamo affrontato ma torneremo ovviamente a affrontare il tema delle pensioni.
Cari colleghi: l’Europa si è data molti strumenti. L’obiettivo di Lisbona era un obiettivo straordinario. Tutti noi siamo stati degli appassionati negli anni Novanta fino a qualche anno fa perché prevedevamo possibile prima della crisi un grande slancio in quella direzione. Io sono molto appassionato dalla strategia 20:20 che mi sembra una strategia molto intelligente e tuttavia, dobbiamo essere realisti: molte volte gli obiettivi si pongono per il desiderio e la volontà politica di raggiungerli e molte volte questa volontà a volte c’è, a volte cambiano i governi, a volte ci sono delle crisi e non riesce ad essere raggiunta.
Ma serve ad avere davanti un grande obiettivo che è quello che vogliamo fare con questo rapporto: dire ai nostri governi, e dire ai nostri parlamenti qual è la situazione. Ricordargli che non basta sentire una volta all’anno per mettere la coscienza a posto ma bisogna lavorare in quella direzione e nello stesso tempo invitare i nostri governi ad agire da soli e contestualmente, sia sul piano dei diritti sociali, sia sul piano dello scambio delle buone pratiche, nella direzione per risolvere al più presto possibile questo drammatico deficit di diritti umani che è appunto la povertà.
E ho concluso dicendo che è questa la ragione per cui con la condivisione di tutti abbiamo sostanzialmente approvato la stragrande maggioranza degli emendamenti in commissione, ma abbiamo voluto anche inserire una raccomandazione, un aspetto che io penso sia molto importante oltre alle misure specifiche: quella di chiedere che ci sia di fatto un monitoraggio entro il 2013 e ogni due anni su questa particolare situazione.
Perché sessanta milioni, ottanta milioni di cittadini, Signori, sono un intero paese. E’ l’intera Italia. Un intero paese importante, significativo, un’intera parte significativa della popolazione del Consiglio d’Europa che non ha la possibilità reale, concreta, efficace, di allargare le proprie opportunità per seguire il desiderio della propria vocazione, del proprio cuore, della propria impresa, della propria educazione, della propria vita e nello stesso tempo come molti hanno detto: quando manca questa opportunità di vedere concretamente veri i propri diritti umani, manca la voglia di far tutto. Si torna in una trappola della povertà, in una trappola della solitudine, lo hanno detto alcuni colleghi, in cui anche la partecipazione sociale come quella politica non diventa più importante. Non diventa più importante niente perché se manca una mano che mi dà una mano, io che sono povero, non riesco più a muovermi nemmeno dalla mia condizione di vita personale e anche la mia società diventa più povera e il mio paese non diventa certamente più ricco.
Ecco uno scossone: riaccendiamo la luce durante i prossimi anni non solo attraverso, spero, con l’importante contributo che darete con il vostro voto a questa risoluzione e a questa raccomandazione, ma anche con il lavoro che faremo nei nostri parlamenti in questa direzione. Grazie a tutti.
VOLONTE, subemendamento 1 all’emendamento 8
Signor Presidente, abbiamo usato nell’emendamento precedente, per esempio il numero 7 che è stato approvato e in quello successivo il 9, il termine comunità. Quindi pensiamo che si debba scrivere “individuali” e “comunitari” e non “collettivi”.
VOLONTE, subemendamento 1 all’emendamento 12
Io invito la signora Kaufer a valutare positivamente il nostro lavoro. Noi vogliamo mantenere questa idea delle aree povere ma non possiamo negare che la povertà sia in tutte le aree di un paese. Vogliamo introdurre il termine “in particolare” nelle aree povere perché sia più corretto e più comprensivo di tutto.
VOLONTE, subemendamento 1 all’emendamento 15
Anche qua, Presidente, la scelta è molto semplice o si lascia il tema dei governi, più generico, oppure se si vuole accettare l’emendamento della signora Kaufer, proponiamo di inserire “centrali regionali e locali” in modo tale da dare un ampio spettro e più comprensivo della situazione.
VOLONTE, emendamento 17
Sono contrario all’emendamento ma non vuol dire che sia favorevole alla disciminazione verbale nei confronti dei poveri. Dico solo che il paragrafo 5.16 chiede di adottare misure positive. E’ questa la ragione per cui penso che introdurre questa dicitura all’interno di questo paragrafo sia assolutamente fuori luogo. Quindi chiedere di votare contro, per questa ragione tecnica.