IT12CR33

AS (2012) CR 33

 

Versione provvisoria

SESSIONE ORDINARIA 2012

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(Quarta parte)

ATTI

della trentatreesima seduta

Mercoledì 03 ottobre 2012, ore 15.30

DISCORSI PRONUNCIATI IN ITALIANO

Pietro MARCENARO (Italia, SOC)

(Doc. 13011)

Signor Presidente, grazie.

Con voto quasi unanime il gruppo socialista ha deciso di sostenere con forza il rapporto presentato dall’onorevole STRÄSSER. È difficile per ciascuno di noi accettare che nei nostri civilissimi paesi esista la tortura e invece la tortura esiste.

È altrettanto difficile accettare che esistano i prigionieri politici e, invece, i prigionieri politici esistono e coloro che sono vittime di questa repressione guardano a noi, guardano al Consiglio d’Europa come a una possibilità di aiuto, di sostegno nella loro difficile battaglia. Quante volte abbiamo parlato qui dei difensori dei diritti umani e chi sono questi prigionieri politici se non quelli?

Ha ricordato Christoph STRÄSSER la presa di posizione che oggi abbiamo avuto di Amnesty International e di Human Rights Watch. Noi ogni giorno parliamo della società civile. Io penso che di fronte a una posizione così importante e autorevole, dovremmo tutti riflettere, pensare e renderci conto che non si tratta di posizioni che vengono prese a cuor leggero. Che abbiamo da fare con organizzazioni autorevoli che sono mosse oltre che dall’esperienza, da una notevole saggezza.

Ho visto questo emendamento di cui ha parlato Christoph STRÄSSER. Ho visto questo emendamento che vuole cancellare questo rapporto nella sostanza ed emettere un’ipoteca sul futuro lavoro del Consiglio d’Europa. Io vi chiedo: ma dove volete andare? Per quanto volete tirare la corda? Dove volete portare il Consiglio d’Europa? Volete distruggere questa speranza?

È questa oggi la questione che è in discussione su questo rapporto: è una questione molto importante e penso che ciascuno abbia il dovere di prendere posizione e di sottrarsi alle operazioni lobbistiche che così duramente hanno condizionato questa discussione.

Grazie.

Pietro MARCENARO (Italia, SOC)

(Doc. 13011, seguito)

No, mi scusi. Siccome avevo ancora trenta secondi, se permette, voglio solo chiarire che nel mio discorso non c’è nessuna contestazione istituzionale e nessun rimprovero rivolto al Presidente. Il mio è un discorso politico rivolto a quella parte dei parlamentari che oggi hanno messo nel loro programma di affossare questa relazione. Qui e basta. Non parlo di altro e non mi sto riferendo alle questioni procedurali.

Luigi VITALI (Italia, EPP/CD PPE/DC)

(Doc. 13011, Emendamento 1)

Grazie Presidente.

Io sostengo l’emendamento 1 e voglio dire che anche se il collega STRÄSSER molte volte ha visto la questione in maniera diversa dalla mia, io lo apprezzo per il lavoro che ha fatto, ma credo che oggi abbia avuto una caduta di stile. Onorevole STRÄSSER, questo non è il suo rapporto. Questo è il rapporto dell’Assemblea e non vorrei che lei avesse tradito un pregiudizio. Io non voglio essere vittima delle lobby, come ha detto qualche collega, ma neanche de pregiudizi. Quindi questo emendamento dice esattamente com’è la storia. La sua interpretazione e il suo lavoro erano esattamente poco più che inutili, visto che potevamo prendere i precedenti degli ultimi tre anni e scrivere da soli la definizione di prigioniero politico. Per questo motivo, io sostengo l’emendamento.

Luigi VITALI (Italia, EPP/CD PPE/DC)

(Doc. 13011, Subemendamento 1 all’emendamento 1)

Sono contrario, Signor Presidente.

Luigi VITALI (Italia, EPP/CD PPE/DC)

(Doc. 13011, Subemendamento 2 all’emendamento 1)

Mi rimetto all’aula, Presidente.

Pietro MARCENARO (Italia, SOC)

(Doc. 13020)

Molte grazie, Signor Presidente, care Colleghe e cari Colleghi,

È normale, dopo il risultato del voto sul rapporto di STRÄSSER c’è un po’ di emozione.

Questo rapporto affronta il problema del rapporto fra diritti umani e politiche estere, e in particolare è un rapporto che vuole cercare di costruire un equilibrio più avanzato tra principi e realismo politico. Tra principi e interessi, dice qualcuno.

Partiamo da un punto: forse si sta concludendo una fase. Forse quella lunga fase della politica estera e della politica internazionale che ha caratterizzato il decennio che sta alle nostre spalle dopo i drammatici fatti dell’11 settembre, sta finendo. Forse il ritiro annunciato delle truppe dall’Afghanistan può segnare l’apertura di una nuova fase per la comunità internazionale e forse non è inutile che noi, nella modestia consapevole delle nostre forze, ci proponiamo di contribuire alla definizione di questa nuova fase che si apre. E che lo facciamo naturalmente sulla base delle nostre competenze, sulla base dell’affermazione dei diritti dell’uomo, della democrazia e dello stato di diritto.

Abbiamo avuto nell’anno che sta alle nostre spalle, il segno che qualcosa si può muovere: che delle potenzialità sono aperte. Questo ci hanno detto le primavere arabe. Naturalmente parlo di potenzialità perché tutti sappiamo che c’è una lotta aperta, che non è scontato l’esito di quelle vicende nei diversi paesi che sono così diversi l’uno dall’altro.

Ma io voglio semplicemente dire che, nonostante tutto, in questi decenni, diritti umani e democrazia sono avanzati. Quindi, questa discussione che facciamo, è una discussione che non parte da un deserto e per questo può essere una discussione più utile e più importante: perché ci possiamo proporre di fare ulteriori passi in avanti.

Naturalmente noi conosciamo tutti i punti e tutti gli aspetti dei quali siamo ancora insoddisfatti. Però sappiamo anche che noi come Consiglio d’Europa abbiamo contribuito in qualche misura ai passi in avanti che sono stati fatti. E per questo oggi possiamo, secondo me e secondo il rapporto che presentiamo, proporci di raggiungere un equilibrio più avanzato, di contribuire a un equilibrio più avanzato.

Il primo punto è riconoscere che c’è questa contraddizione e questo conflitto tra principi e realismo politico. Non pretendere di cancellare la realpolitik perché se noi pretendessimo questo, i principi riempirebbero i discorsi e gli interessi riempirebbero i fatti. Noi dobbiamo riconoscere una situazione e muoverci per cercare un equilibrio più avanzato.

In questi anni la questione dei diritti umani si è presentata molto spesso come emergenza umanitaria. Io riassumo tutto questo in un concetto, quello che io chiamo il “dilemma di Srebrenica”, cioè essere costretti alla scelta fra o l’uso della forza e delle armi o la viltà e il disonore. Questo è stato il dramma di Srebrenica. Come si può affrontare questo problema? Come ci si può proporre di evitare questa situazione facendo in modo che la politica dei diritti umani non sia scoperta solo quando oramai si è trasformata in un’emergenza umanitaria che non lascia più lo spazio all’azione politica o lascia all’azione politica uno spazio molto molto ridotto?

Questo è un punto molto importante: cioè fare dei diritti umani una questione e una scelta di medio-lungo periodo, un aspetto strutturale delle politiche estere, un aspetto quindi che opera per prevenire, che opera per costruire le condizioni per andare in una nuova direzione. Rendere la questione dei diritti umani un aspetto strutturale e permanente della politica estera - e in particolare dell’Europa che è fatta dei quarantasette paesi e dentro i quarantasette dall’Unione europea con il suo peso e il suo ruolo - è uno dei punti molto importanti.

Naturalmente, tutto questo comporta una discussione perché se noi vogliamo che i diritti umani siano davvero universali, sappiamo che dobbiamo guardare anche a una parte del mondo che parla un linguaggio diverso dal nostro, che richiede che l’universalità sia riconosciuta non solo ai diritti politici ma anche ai diritti sociali, che siano considerati appunto i diritti umani in una logica che è quella dei diritti umani universali ma al tempo stesso indivisibili, non separati.

Tutto questo ci conduce a una riflessione che cerchiamo di sviluppare nel rapido spazio di un rapporto, all’affermazione convinta che la democrazia - che è il bene per il quale lottiamo - non è un bene da esportazione che richiede di essere costruita nei diversi paesi. E questo ci dice anche che i difensori dei diritti umani non sono solo delle persone da proteggere, sono delle persone da ascoltare, da consultare. Io chiedo: quando si devono scegliere le politiche nei confronti di un paese come l’Iran, vogliamo parlare con quella larga opposizione democratica che forse ha qualcosa da dirci, vogliamo ascoltarli e consultarli, sentirli partecipi in modo che la questione dei diritti umani non diventi una merce di esportazione ma diventa l’aiuto sistematico e strutturale a coloro che per i diritti umani si battono?

E quindi, aggiungo, questo vuol dire la lotta contro i double standard che sono uno dei nemici più potenti dei diritti umani. Vuol dire applicare in primo luogo in casa propria quei principi di cui si parla nel mondo perché sennò non si ha alcuna credibilità; vuol dire, la necessità di una cooperazione.

Un po’ scherzando, parlando a Helsinki, dicevo che per discutere di diritti umani con la Cina, bisogna avere il fisico e non ce l’ha l’Italia, non ce l’ha la Francia, non ce l’ha neanche la Germania per quanto più forte sia. Forse un’Europa che cooperi in questa direzione e che invece di andare in ordine sparso, cerchi di unificare le proprie politiche, forse potrebbe avere un po’ più il fisico per un confronto e una discussione con i grandi paesi. Vediamo anche qua come questo problema sia un problema serio.

Ecco, voglio concludere aggiungendo un’ultima cosa: mi pare che ci sia oggi un fatto nuovo in Europa. Dopo il trattato di Lisbona sta succedendo qualcosa nell’Unione europea. Dal Servizio Esterno dell’Unione europea, il nuovo servizio diplomatico, vengono segnali importanti. La stessa nomina del nuovo rappresentante speciale dell’Unione europea per i diritti umani è stata accompagnata dalla presentazione di un documento che il Parlamento europeo sta discutendo su una nuova strategia sui diritti umani e una politica estera che a mio parere costituisce un aspetto molto importante e molto promettente.

Per questo, ed è l’ultima cosa che voglio dire, io penso che dalla nostra Assemblea con questo rapporto debba venire un appello all’Unione europea per una stretta cooperazione e collaborazione. Noi non possiamo permetterci dei burocratici conflitti di competenze, della difesa ciascuno del proprio orto e del proprio piccolo campo per ragioni sostanzialmente burocratiche.

Oggi, di fronte a questa possibilità che si apre, penso che dobbiamo lanciare un appello all’Unione europea e al nuovo Servizio Esterno per una piena cooperazione perché su questo piano il Consiglio d‘Europa ha competenze ed esperienze, qualcosa da dire e da fare che può essere utile a questo processo più generale.

Come dirò nei pochi minuti che tengo per la conclusione, se questo rapporto, come spero, sarà approvato, com’è stato in commissione, vogliamo dare un seguito a questa discussione invitando nel mese di dicembre a un confronto e a una discussione le Commissioni estere e le Commissioni dei diritti umani del Parlamento europeo e dei diversi altri paesi per allargare questo confronto, questa discussione, e se possibile gettare le basi per contribuire a un coordinamento più stabile dell’azione delle diverse istituzioni su questo problema.

Grazie Signor Presidente.

Nezha EL OUAFI (Marocco, Partner per la democrazia)

(Doc. 13020)

Vorrei intervenire sul tema dei diritti umani e della democrazia nel mondo arabo.

La primavera araba democratica ci ha regalato la caduta dei regimi autoritari che dovrebbe porre anche fine al rapporto ineguale che regolava le relazioni tra l’Europa e il mondo arabo, islamico e il Maghreb. Un rapporto che a lungo si è fondato su un principio di sicurezza geopolitica, di convivenza economica e di interessi economici, senza preoccuparsi che fosse garantito alcun sostegno all’affermazione della democrazia, della libertà, del rispetto dei diritti umani e della dignità dei cittadini arabi.

I fautori della democrazia, della libertà e della dignità devono chiedere ai governi europei di riesaminare questo rapporto in modo coerente con i principi della democrazia occidentale della libertà e dei diritti umani e di non mettere questi principi da parte. Questa è la storia che ci ha purtroppo mostrato la caduta dei regimi. Questo è il compito di sensibilizzazione che devono svolgere i cittadini, soprattutto chi parla in quest’aula, chi ha il ruolo di proteggere i valori universali della democrazia e dei diritti umani.

E purtroppo il risultato è che i deboli, e tra i deboli ci sono le donne, soprattutto quelle dei partiti di ispirazione islamica in Marocco, in Turchia e in Tunisia, sono nell’immaginario del mondo europeo riconosciute con la disuguaglianza dei diritti e la libertà politica, culturale, civile, sociale in contraddizione con quei valori universali. Questa immagine errata non coincide con la verità e soprattutto con l’impegno di queste donne che sono presenti con un altro riferimento e che hanno un compito di coniugazione col patrimonio culturale ricco di tanti valori universali, che può anche coniugare il patrimonio universale dell’Occidente in generale e dell’Europa in particolare.

Pietro MARCENARO (Italia, SOC)

(Doc. 13020)

Grazie Signor Presidente.

Prendo la parola quasi solo per ringraziare tutti coloro che hanno partecipato a questa discussione.

Io sono abbastanza vecchio, onorevole GAUDY NAGY, da sapere che nella nostra vita politica non c’è accusa più pesante che quella di essere ingenuo, di essere naïf, e so che, quando ci si espone in una discussione sui principi e sui diritti dell’uomo, in particolare in un campo così occupato dalla realpolitik come quello della politica estera, si corre il rischio dell’ingenuità. Ma io preferisco correre questo rischio piuttosto che rinunciare ad affrontare un tema e a fare quello che su questo tema possiamo fare.

Io non pretendo e non penso che una risoluzione cambi il corso della storia e ho di me un’idea abbastanza misurata. Cerco solo di fare il mio dovere e di rispondere ai compiti che ci sono stati dati quando ci è stato chiesto di svolgere un rapporto su questo tema.

Grazie a tutti moltissimo per questa discussione.