IT13CR17

AS (2013) CR 17

 

Versione provvisoria

SESSIONE ORDINARIA 2013

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(Seconda parte)

ATTI

Della diciassettesima seduta

Giovedì 25 aprile 2013, ore 15.30

DISCORSI PRONUNCIATI IN ITALIANO

Pietro MARCENARO (Italia, SOC)

Rapport annuel d'activité 2012 du Commissaire aux droits de l'homme du Conseil de l'Europe

Grazie, Signor Presidente.

Signor Commissario, Le faccio una domanda che riguarda i rapporti sulla questione dei diritti umani fra Consiglio d’Europa e Unione europea. A volte sembra quasi che prevalga una difesa burocratica e corporativa di ciascuno delle sue prerogative.

Anche noi a volte, a un’iniziativa dell’unione europea sui diritti umani reagiamo come se ci rubassero il lavoro. Non è l’ora di un progetto coraggioso comune con l’Unione europea per la difesa dei diritti umani? Questa è la mia domanda.

Andrea RIGONI (Italia, ALDE)      
(Doc. 13163)

Grazie, Presidente.

La ringrazio per la parola. Per la nostra commissione questo rapporto è importante. Chiedo ai colleghi innanzitutto di esaminare con chiarezza il nostro rapporto e di concederci fiducia e sostenerlo con il loro voto.

Il flusso misto di migranti richiedenti asilo e profughi, interessa sempre di più i paesi al di là delle frontiere orientali dell’Europa. Man mano che le vie di migrazione clandestina, contrabbando e traffico vengono chiuse, ne vengono evidentemente aperte delle nuove mettendo alla prova le frontiere e la capacità degli Stati a gestire tali flussi: lo ricordava il collega CEDERBRATT nel suo rapporto.

Le principali sfide che si trovano ad affrontare i paesi lungo la frontiera orientale dell’Unione europea sono molte, di grande importanza e noi ci chiediamo qua se sono in grado di affrontarle, soprattutto se sono in grado di gestirle. I principali paesi coinvolti sono la Turchia, che subisce in questo momento particolare pressione – l’avevamo visto nel dibattito di stamane -, la Croazia, la Serbia, la Moldava, la Russia e l’Ucraina.

Nella mia relazione ho posto l’accento su quattro questioni collegate ai suddetti flussi migratori misti. La prima è la sfida nel rapportarsi con le persone che hanno esigenza di protezione internazionale, compresi i richiedenti asilo e i profughi. La seconda è quella della detenzione: è un problema molto serio. Nei paesi coinvolti si ricorre spesso alla detenzione come forma di gestione delle migrazioni. La detenzione viene usata come misura automatica: è la risposta più semplice al problema della migrazione. Bisogna quindi chiedersi se questi paesi siano dotati di leggi e di procedure adatte tali da garantire che la detenzione ottemperi alle norme giuridiche e internazionali, e anche se siano dotati di strutture adeguate per i detenuti o se sono in grado di proporre alternative alla detenzione e questo è quello che noi proponiamo.

La terza questione è quella dei rimpatri dall’Unione europea verso questi paesi e l’uso degli accordi di riammissione dell’Unione europea. Il principale aspetto riguarda l’equità di tali accordi, in particolare se si esercitano, come accade spesso, pressioni sui paesi non dell’Unione europea per riammettere i residenti di paesi terzi dei quali altrimenti sarebbero responsabili gli stessi Stati membri. La quarta che ritengo essere la principale e quella più importante, è la questione del sostegno europeo che l’Unione europea deve dare a questo fenomeno, e di quanto sia concreto l’impatto e l’efficacia di questo sostegno dell’Unione europea a questi paesi.

Nel raccogliere informazioni della presente relazione ho avuto occasione di visitare sia l’Ucraina che la Turchia, ovvero quei paesi che vengono utilizzati specificamente come elemento di studio nella relazione. Colgo l’occasione per ringraziare l’Ufficio dell’Alto commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite presso il Consiglio d’Europa per l’assistenza che ha fornito a me e al nostro segretariato per preparare la mia relazione.

Il numero di migranti in situazione regolare richiedenti asilo e profughi che arrivano nei paesi in esame è in costante aumento. Tali eventi sono in parte dovuti a eventi eccezionali: vediamo quelli nei riguardi della Turchia da parte della Siria ma sono anche attribuibili a flussi provenienti da precedenti zone di conflitto come l’Afghanistan. Per esempio la Turchia ospita oggi più di 35 mila richiedenti asilo e profughi provenienti da Afghanistan, Iraq, Iran e Somalia e accoglie inoltre oltre 290 mila profughi. Sono continuo aumento i profughi siriani. La Turchia infatti è uno dei paesi principalmente interessati da questo fenomeno e anche uno dei primo paesi ad adottare lo status di protezione temporanea per i rifugiati siriani.

Di fronte alla grande crisi che viene posta dall’aumento così costante dei migranti, i paesi coinvolti hanno intrapreso misure per allineare la loro legislazione alle norme internazionali. In particolare, sottolineo con soddisfazione gli sforzi compiuti recentemente dalla Turchia con l’adozione di una legge sugli stranieri e la protezione internazionale che riflette il forte impegno del paese a favore dei valori e dei principi umanitari. Tale legge rappresenterà una svolta per la creazione di un sistema di asilo avanzato in Turchia. Sono certo che il Consiglio d’Europa avrà un ruolo importante ad assistere la Turchia in questa direzione.

Parlando dei sistemi di asilo in questi paesi, va osservato che sono per la maggior parte nuovi. Inoltre, molti dei responsabili a capo degli stessi hanno scarsa esperienza. L’Alto commissariato per i rifugiati ha fornito un sostanziale sostegno ma è ancora lungo il cammino da fare in questa direzione. Ciononostante è chiaro che i sistemi d’asilo di questi paesi non sono né pronti né in grado a far fronte alla futura sfida dell’aumento numerico dei richiedenti asilo e dei profughi, che continua a crescere.

Se molto è stato fatto per allineare la legislazione, ancora molto dobbiamo fare in questa direzione per il rispetto dei diritti umani e per il rispetto di questo dramma che è portato dai profughi. Questi paesi si stanno trasformando sempre di più in paesi di destinazione e non solo di transito, ma in assenza di procedure di asilo eque e operative, le persone coinvolte non si fermano e scelgono o sono costrette dalle circostanze a spostarsi nell’Unione europea alla ricerca di protezione.

Per fermare questi movimenti, i paesi della frontiera orientale dell’Unione europea hanno iniziato a ricorrere in maniera crescente, come dicevo prima, alla detenzione con il conseguente emergere di questioni e di problemi, ivi compreso quello del fondamento giuridico della detenzione, della salvaguardia generale dei diritti dei detenuti nonché delle condizioni generali di detenzione. Molti migranti restano in detenzione per periodi relativamente lunghi senza che vengano valutate misure alternative. Questo è un elemento che noi vogliamo ricordare con forza nel nostro rapporto. È una tendenza che va ribaltata perché non soltanto queste politiche sono onerose per gli Stati in termini di gestione dei centri di detenzione, ma i lunghi periodi di detenzione hanno conseguenze umane gravi sui detenuti, ulteriormente aggravate da condizioni di detenzione al di sotto degli standard.

Sono fermamente convinto, Presidente, che la detenzione andrebbe sempre evitata ove possibile e dovrebbe rappresentare l’ultima e non la prima opzione. Inoltre, la detenzione dovrebbe durare il più breve tempo possibile. Infine, credo che le persone dovrebbero essere trattenute in strutture adeguate. Io ho visitato delle strutture in Turchia e francamente possiamo dire di tutto meno che queste strutture siano adeguate al loro compito.

La mia conclusione è che i paesi oltre le frontiere esterne dell’Unione europea siano insufficientemente preparati ad agire come guardiani orientali dell’Unione europea rispetto alla migrazione clandestina. I loro sistemi di asilo nella maggioranza dei casi non garantiscono ancora adeguatamente che le persone che necessitano di asilo lo ottengano. Inoltre, le loro politiche di accoglienza e di detenzione, comprese le condizioni detentive, non ottemperano a standard accettabili in materia di diritti umani. Chiedo che venga sostenuta la mia relazione e sono disponibile a rispondere a tutte le domande che i colleghi intenderanno fare.

Andrea RIGONI (Italia, ALDE)      
(Doc. 13163) Risposta agli oratori

Grazie, Presidente.      
Come abbiamo visto anche dal dibattito, questo è un grande problema che non può essere risolto soltanto con Frontex che ha un approccio limitato. Come si suol dire e se ne è accorto anche Alessandro Magno, aveva conquistato tutto il mondo ma poi, davanti al mare si è dovuto fermare. Si possono fare tutti i muri che vogliamo ma non si possono mettere i muri in mare. Quindi Frontex rappresenta un elemento importante per noi ma non è l’unico elemento possibile.

Nel nostro progetto di risoluzione suggerisco delle misure concrete da intraprendere per assistere questi paesi, i paesi esterni al confine orientale che ricordavamo prima. Tenendo conto delle preoccupazioni in materia di diritti umani e di asilo, è importante sottolineare che i paesi dell’Unione europea – e dobbiamo riaffermarlo con forza – e che rappresentano poi il principale fattore di attrazione di questi flussi migratori misti, hanno la primaria responsabilità di aiutare questi paesi.

Se si esce da questo principio, non facciamo un passo in avanti. I paesi dell’Unione europea devono aiutare questi paesi che non sono in grado di risolvere da soli questo problema. Propongo raccomandazioni concrete all’Unione europea e ai suoi Stati membri su come aumentare il sostegno a questi paesi fornendo strutture di accoglienza adeguate, e ove necessario, strutture detentive o alla detenzione di flussi misti di migranti, richiedenti asilo e profughi. È evidente che i paesi che li accolgono non sono in grado o non possono garantire i diritti fondamentali.

Per concludere, vorrei sottolineare che l’Unione europea e i suoi Stati membri devono essere consapevoli delle pressioni esercitate sui propri vicini orientali e devono fornire il proprio sostegno per aiutarli a controllare questo flusso misto di migranti irregolari, richiedenti asilo e rifugiati. Allo stesso tempo dobbiamo rimarcare e sottolineare come ho detto più volte e voglio ridire e anche come ho constatato personalmente che questi paesi non sono in grado di fronteggiare le attuali sfide. Gli affollatissimi centri di detenzione che ho visitato in Turchia, le difficili condizioni di vita che ivi vengono offerte mostrano che la Turchia – nonostante i passi avanti che ha fatto – ha ancora bisogno di grande aiuto da parte nostra e dell’Unione europea.

L’Unione europea e gli Stati membri devono aiutare di più questi paesi e a loro volta questi paesi sono tenuti e devono essere tenuti a fare di più e non devono basarsi sull’assistenza soltanto di queste questioni perché anch’essi sono responsabili.

Presidente, ringrazio per la vostra attenzione ma soprattutto colgo l’occasione per ringraziare il Presidente SANTINI della mia commissione, della commissione migrazione, e l’intero segretariato per il sostegno ricevuto e in particolare la Dottoressa Olga KOSTENKO che con la sua collaborazione ha reso possibile realizzare questo nostro importante rapporto. Grazie.

Giacomo SANTINI (Italia, PPE/DC)      
(Doc. 13163)

Grazie, Signor Presidente.

Due minuti per fare una sintesi di questi due rapporti che partono da punti di vista differenti ma convergono alla fine su un unico obiettivo, quello di aprire un fascio di luce, di gettare trasparenza su un mondo fatto da un’unica categoria a rischio: quella degli immigrati, dei profughi e dei rifugiati. Il rapporto CEDERBRATT dà un’anima a Frontex, uno strumento, un’agenzia tecnica nata come freddo intervento di polizia per arginare le infiltrazioni di immigrati irregolari alle frontiere estreme ed esterne dell’Unione europea.

Al momento del varo di questa azione di polizia non si era tenuto conto che le pattuglie miste si sarebbero trovate di fronte non soltanto barriere di confine, fili spinati o il mare aperto come ha ricordato il collega RIGONI, ma soprattutto esseri umani.

Questo rapporto è un richiamo verso le responsabilità e i diritti e il loro rispetto, ma è anche l’occasione per stabilire nuovi doveri che finora erano molto confusi. Frontex ha anche il dovere del soccorso, soprattutto in mare, e del rispetto delle persone che vengono intercettate.

Il rapporto RIGONI ci offre l’occasione per allungare lo sguardo oltre i confini dell’Unione europea, oltre quelle frontiere orientali delle quali ben poco sapevamo e sulle quali calano sempre più ombre di sospetto per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani. Violazioni continue sono state segnalate e ora questo rapporto ci aiuta a fare luce.

L’ha detto il relatore: quando alla disperazione di profughi si risponde con il carcere come prima risposta, non si è certo in linea e in sintonia con la convenzione dei diritti umani. La carta è la fonte dei valori di riferimento di questa assemblea. Quindi infine sostengo fortemente i due appelli che sono emersi: quello di CEDERBRATT che chiede a Frontex di unire i valori umani alle regole di polizia. L’appello di RIGONI che chiede ai paesi di prima accoglienza di questi profughi di aprire le porte della solidarietà prima di aprire le porte delle prigioni.

Grazie.

Giacomo SANTINI (Italia, PPE/DC)      
(Doc. 13163, emendamento 6)

È un parere contrario, Presidente. Contro. È stato respinto in commissione.