IT13CR21 |
AS (2013) CR 21 |
Versione provvisoria |
SESSIONE ORDINARIA 2013
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(Terza parte)
ATTI
della ventunesima seduta
Martedì 25 giugno 2013, ore 10.00
DISCORSI PRONUNCIATI IN ITALIANO
Pietro MARCENARO (Italia, SOC / SOC)
(Doc. 13231)
Grazie, caro Presidente.
Come al solito, quando intervengo come relatore, parlo nella mia lingua, quella italiana. Da quando l’Assemblea ha approvato l’ultimo rapporto presentato, come qualcuno di voi ricorderà, da Pietro FASSINO, qui nell’emiciclo, le cose non sono migliorate.
Naturalmente questa relazione è intitolata “Medio Oriente”. Io non parlerò di tanti aspetti della situazione nel Medio Oriente, e non parlerò della Siria della quale abbiamo discusso in uno specifico rapporto, non parlerò dei problemi della nuova situazione iraniana che meriterebbe una discussione specifica, una valutazione specifica. Non parlerò di tanti altri aspetti. Questo intervento è concentrato fondamentalmente sulla questione israelo-palestinese che continua ad essere un aspetto centrale di tutta la situazione mediorientale. Faccio questa premessa per delimitare il campo del mio discorso.
Da quando abbiamo discusso l’ultima volta nell’Assemblea con un rapporto, la situazione non è migliorata. Abbiamo assistito sostanzialmente a un blocco dei negoziati. In questo blocco dei negoziati è cresciuta la sfiducia, anche le convinzioni, non solo le convinzioni politiche ma le convinzioni morali che sono così importanti per progredire nella giusta direzione, si sono in parte consumate.
Il fenomeno degli insediamenti è progredito in modo molto importante. Non ho un numero preciso, ma si calcola che possano essere più di seicentomila i coloni che oggi vivono nel territorio della Cisgiordania e, in generale, abbiamo assistito a un cambiamento della geografia. Non solo a un cambiamento della geografia politica ma anche a un cambiamento legato a questo cambiamento della geografia abbinata anche con un cambiamento della geografia normativa, della geografia dei diritti, dei diritti alla mobilità, dei diritti all’accesso, una cosa che ha creato una situazione molto seria.
Nelle ultime missioni da noi svolte, condotte da Josette DURRIEU che magistralmente ha presieduto la sottocommissione, tuttavia noi abbiamo sentito – vero Josette? – una voce di ottimismo da molte parti. L’abbiamo sentita in Giordania, direttamente dalla bocca del re, l’abbiamo sentita però anche presso i nostri amici e colleghi palestinesi e israeliani, pur con posizioni che rimanevano posizioni diverse.
L’iniziativa dell’amministrazione americana, dopo la seconda elezione di OBAMA e la nomina di KERRY a Segretario di Stato, ha ridato spazio a una prospettiva. Come si evolverà e come si stia evolvendo questa situazione è un punto sul quale io in questo momento non intervengo, anche perché ho deciso di stare alle cose che riguardano le nostre responsabilità, non di far finta di essere noi le Nazioni Unite o il Quartetto, e quindi di stare soprattutto su questo punto.
In questa situazione, naturalmente, ci sono moti elementi di deterioramento, molti elementi di deterioramento e quando permane una situazione di emergenza, quando le questioni della sicurezza vengono considerate come delle questioni assolutamente prevalenti su ogni altro aspetto, è evidente che lo spazio per la democrazia si restringe. Per questo io voglio sottolineare che anche se tutti noi dobbiamo essere consapevoli che la fine del conflitto non rappresenta la fine dei problemi ma l’inizio della possibilità di poterli affrontare, questo rimane un obiettivo fondamentale. È fondamentale che chiudere questa fase rimanga un obiettivo!
Per questo, nonostante le perplessità che abbiamo ascoltato sia in ambienti israeliani sia in ambienti palestinesi sulla soluzione dei due Stati come una soluzione logorata dalla nuova realtà, io penso che non esista sul tappeto oggi nessun’altra proposta, nessun’altra prospettiva che non sia quella dei due Stati. E che quindi riconfermare questo punto come il punto sostanziale intorno al quale organizzare la nostra proposta, la nostra posizione e la nostra iniziativa, è una cosa che nella sua semplicità richiede tuttavia di essere a mio parere ribadita. Naturalmente non possiamo ignorare che anche dentro coloro che si sono battuti per la pace in questi anni, l’idea dei due Popoli - due Stati ha creato perplessità, problemi come se - qualcuno ci ha detto - come se dopo gli accordi di Oslo la strada della separazione, la strada della partition non fosse riuscita a costruire la separazione in due Stati indipendenti, ma avesse aggravato una separazione dei diritti, una separazione della condizione, una separazione degli standard, per usare parole che noi abbiamo utilizzato qua in questa assemblea, in altre occasioni e per altri argomenti.
Per questo, quello che vorrei sottolineare è che non si tratta solo di aspettare dalla fine del conflitto la soluzione di tutti i problemi, ma si tratta di capire che lavorare oggi - e il Consiglio d’Europa per quello che può fare - sul tema dei diritti umani, sul tema della democrazia, sul tema dello Stato di diritto, vuol dire costruire da semplici muratori i mattoni che possono servire agli architetti per realizzare il più ambizioso edificio della pace. Questo è un compito che non vorrei fosse considerato da qualcuno di voi troppo modesto: è un compito importante e noi abbiamo le caratteristiche, i mezzi, l’esperienza e la competenza per farlo.
Per questo – e finisco rapidamente questa introduzione per lasciare un po’ di tempo per il dibattito – in questo dibattito, in questa risoluzione, noi introduciamo due parole semplicissime, apparentemente banali ma nuove: diciamo “Due Stati democratici e pluralisti”, non solo due Stati ma due Stati democratici e pluralisti. Faccio solo un esempio: è questa l’unica possibilità di pensare a una risoluzione della questione delle colonie. Anni fa, Abraham Yehoshua, grande scrittore israeliano, mi diceva che per spostare novemila coloni da ventun insediamenti a Gaza sono stati necessari quarantamila soldati. Quanti ne servono per spostarne seicentomila dai più dei duecento insediamenti che esistono oggi? Qualcuno può pensare di risolverlo con la forza? No. Questa cosa si risolverà solo - si potrà trovare una soluzione - solo se oltre allo swap dove possibile e limitatamente ai territori confinanti, oltre alle misure d’incentivazione finanziaria, noi pensiamo che “due Stati” significa che ci sarà uno Stato d’Israele con una minoranza araba come già oggi esiste, e che nello Stato palestinese ci sia una minoranza ebraica che potrà vivere lì in sicurezza, una sicurezza che sarà garantita in un primo tempo da una presenza internazionale e, poi, speriamo, da una situazione che si normalizza.
Ma questo vuol dire che non c’è solo il problema della separazione di cui discutere. C’è anche il problema della convivenza. Ripeto: questi due popoli sono - per aver accennato di nuovo alla soluzione di due Stati - sono condannati a convivere. Sono strettamente intrecciati in un piccolo territorio, non sono del tutto separabili e quindi, se insieme alla linea della costruzione della prospettiva politica dello Stato palestinese noi non affrontiamo anche una linea di convivenza, non costruiamo le condizioni per la pace. Io penso che qui ci sia uno spazio su cui noi possiamo dire qualcosa e penso che in questo – non lo dico naturalmente per vantare me stesso – ci sia in questo rapporto una piccola idea nuova, un seme che forse conviene far maturare.
Grazie.
Pietro MARCENARO (Italia, SOC / SOC)
(Doc. 13231)
Grazie Sig. Presidente.
Solo poche osservazioni rispetto a un dibattito che mi pare abbia confermato e condiviso gli orientamenti di fondo della relazione che ho presentato. Si è detto che non si esamina a sufficienza il quadro regionale che è così profondamente cambiato. È vero, io l’ho detto, questa è una relazione specifica che affronta un punto in questa sede, e in commissione politica abbiamo discusso e affrontato questo contesto. Abbiamo discusso della Siria sia quando abbiamo discusso l’evoluzione della situazione politica, sia quando abbiamo discusso recentemente, dopo la missione diretta da Madame DURRIEU della questione dei rifugiati. Però, io sarò sincero - visto anche che è una delle ultime volte che prendo la parola - quando sento i nostri amici e colleghi parlamentari russi parlare con questa forza della Siria vorrei ricordare che ci sono tante responsabilità, compresa quella di quei grandi paesi che giocano alla ricostruzione di una specie di parodia della guerra fredda e bloccano, attraverso i loro veti, la possibilità di ricerca di soluzioni che, certo, oggi sono più difficili di qualche mese fa. È una questione che credo vada ricordata.
Ho sentito anche qua molti ironizzare sulle illusioni della primavera araba. Io vorrei ironizzare su questa ironia, perché se qualcuno di voi pensa che la stabilità possa essere affidata ai vecchi regimi che l’avevano garantita nel passato, secondo me si muove su un terreno completamente illusorio. La sfida di ricostruire una stabilità che aiuti la pace anche nel Medio Oriente coincide con la possibilità di trovare anche in quei paesi delle rivoluzioni arabe - come li abbiamo chiamati - delle soluzioni più democratiche e più avanzate. Non ci saranno più quelli che hanno garantito che, anche attraverso le dittature, le cose andassero avanti lo stesso. Dittature di fronte alle quali noi abbiamo chiuso gli occhi, facendo finta di non vedere.
In questo quadro c’è la questione che riguarda il Medio Oriente e la Palestina. Io penso che bisogni cercare una soluzione che abbia un contesto più generale ma che abbia nel rapporto e nel confronto diretto tra israeliani e palestinesi, nella ricerca di un punto di incontro, uno snodo essenziale e dal quale non si può sfuggire e penso che questo possa essere ricercato sul terreno che abbiamo indicato. Continuo a insistere su questo punto e con questo finisco: c’è un problema che riguarda l’autonomia e l’indipendenza degli Stati, quindi un processo che è necessariamente di separazione. Ma c’è, al tempo stesso, un problema di organizzazione della convivenza e noi possiamo fare qualcosa. Il Consiglio d’Europa ha un’esperienza, una storia, una competenza, un prestigio e sul piano dei diritti umani e della democrazia può fare qualcosa in un contesto nel quale la soluzione dei due Stati è credibile nonostante tutte le difficoltà che oggi esistono. Difficoltà che si sono aggravate in questi anni di blocco della situazione. Una soluzione, ripeto, di due Stati democratici e pluralisti. Perché, un’altra soluzione, oltre a non essere desiderabile, a mio avviso non è realistica. Non c’è nessuno che sia in grado di imporre uno Stato palestinese nel quale i seicentomila coloni che oggi stanno in quei territori siano cacciati via con la forza. Nessuno ha questa possibilità. O si ritrova una base sul consenso e cioè su una soluzione democratica e pluralista che garantisca la possibilità per vivere di arabi in Israele e di ebrei nello Stato palestinese, in un modo sicuro, o, secondo me, l’idea dei due Stati rischia di essere una situazione illusoria. Per questo, a mio avviso, quando noi parliamo di diritti umani e di democrazia non parliamo solo del dettaglio. A nostro modo, parliamo anche della grande politica. Grazie.
E qui finisce una parte. Vorrei aggiungere una seconda parte molto breve per dire che tutto questo lavoro non sarebbe stato possibile senza un segretariato che ha lavorato su questo, come su tutti gli altri temi, in un modo fantastico. Loro sono, come sapete, i nostri padroni ai quali noi dobbiamo rendere omaggio, ma sono dei padroni che è piacevole avere. Dei padroni che chiediamo di avere perché ci aiutano a costruire, a misurare le nostre singole idee, ciò che cerchiamo di mettere di personale, con la storia di questa istituzione. Perché se le nostre singole idee si staccassero dalla tradizione e dalla storia di questa istituzione varrebbero poco. Invece, il segretariato, oltre a tutti i compiti pratici, ci garantisce questo punto essenziale, che è quello che fa la forza della nostra organizzazione. Quindi a João, a Pavel, a Espina e a Silvia voglio dire davvero tante grazie per questo lavoro. Vi ringrazio per la gentilezza degli auguri che mi avete fatto.
Pietro MARCENARO (Italia, SOC / SOC)
(Doc. 13231, Emendamento 25)
Non sono d’accordo con questo emendamento. Si poteva fare un lungo elenco delle violenze che sono state compiute in questi anni da diverse parti. Abbiamo deciso di fare un rapporto che avesse una caratteristica diversa e per questo esprimo un parere negativo che è lo stesso parere espresso dalla commissione politica.
Pietro MARCENARO (Italia, SOC / SOC)
(Doc. 13231, Emendamento 2)
Grazie Presidente. In commissione politica abbiamo proposto un subemendamento a questo emendamento che è stato approvato e che cancella la seconda parte della frase. En français ce serait « et par l’afflux immense d’armes dans la région », en effaçant la partie suivante « en violation flagrante de la Résolution etc. ».
Pietro MARCENARO (Italia, SOC / SOC)
(Doc. 13231, Subemendamento orale all’emendamento 2)
Unanime.
Pietro MARCENARO (Italia, SOC / SOC)
(Doc. 13231, Emendamento 20)
Penso che non si possano considerare sullo stesso piano le responsabilità del governo siriano in questa situazione di cui si parla nel testo e i raid israeliani che peraltro non sono ufficialmente ammessi, ma che sono stati comunque motivati con l’idea di bloccare un flusso di armi verso Hezbollah. Queste cose non possono essere messe sullo stesso piano, per questo sono contro. Il parere della commissione è negativo.
Pietro MARCENARO (Italia, SOC / SOC)
(Doc. 13231, Emendamento 3)
Il parere della commissione è favorevole perché era un emendamento che chiariva sia la dimensione degli aiuti umanitari, che non è di qualche migliaia ma di più di un milione, sia l’insieme dei paesi riguardanti.
Pietro MARCENARO (Italia, SOC / SOC)
(Doc. 13231, Emendamento 4)
In una situazione delicata come quella che è in corso nel tentativo di rilanciare il negoziato, trovo che non spetti a noi stabilire se siano necessarie o meno delle condizioni preliminari. Non fa parte delle cose che stanno nella nostra responsabilità.
Pietro MARCENARO (Italia, SOC / SOC)
(Doc. 13231, Emendamento orale)
È semplicemente un problema di chiarezza del testo.
Pietro MARCENARO (Italia, SOC / SOC)
(Doc. 13231, Subemendamento orale all’emendamento 5)
È abbastanza semplice. Noi scriviamo che solo in caso di condanna e non semplicemente in caso di accusa di atti terroristici, la detenzione è - in questo caso stiamo parlando dei membri del Consiglio palestinese - legittima. Quindi il subemendamento è stato accettato dalla presentatrice del documento e sostenuto all’unanimità dalla commissione.
Pietro MARCENARO (Italia, SOC / SOC)
(Doc. 13231, Emendamento 22)
La commissione è favorevole a maggioranza.
Pietro MARCENARO (Italia, SOC / SOC)
(Doc. 13231, Emendamento 6)
Si tratta di costruzioni in territori occupati, non può essere solo la legge israeliana che regola una partita del genere. Semplicemente, non può essere Israele che decide da solo dove si possono fare gli insediamenti, per questo siamo contro.
Pietro MARCENARO (Italia, SOC / SOC)
(Doc. 13231, Emendamento 7)
Naturalmente, io so che l’Israele e la Palestina non sono la stessa cosa, che Israele è uno Stato, la Palestina non lo è ancora. Ma io penso che non sia giusto che, nel momento in cui noi chiediamo due Stati democratici e pluralisti, non rivolgiamo questa domanda come una domanda che è rivolta a tutti. Oltre al fatto che, come gli israeliani sanno meglio di noi, la continuazione del conflitto mette a rischio degli elementi fondamentali dello Stato di diritto in un paese a così forte natura democratica come Israele. Per questo io sono contro l’emendamento e la commissione si è pronunciata contro.
Pietro MARCENARO (Italia, SOC / SOC)
(Doc. 13231, Emendamento 8)
Sia io che la commissione abbiamo detto che si tratta di un emendamento sbagliato perché se fossimo in presenza di casi numerosi in cui le persone rilasciate hanno commesso attentati terroristici questo si spiegherebbe, ma questo costituisce un’ombra che invece nella realtà dei fatti non esiste perché sono esistiti dei casi limitati di violazione che non riguardano atti terroristici ma il venir meno di certe regole. Quindi si dà un’idea sbagliata. Per questo io sono contrario e la commissione è contro.
Pietro MARCENARO (Italia, SOC / SOC)
(Doc. 13231, Emendamento orale)
È un emendamento che nasce da un bisogno di chiarimento testuale perché dopo “ dans les territoires…” “appelle”, cioè “richiama” e poi ci sono le autorità israeliane e le autorità palestinesi. Mettere lì “i territori sotto il loro controllo” quando c’è un’autorità che ha il controllo e l’altra che non lo ha effettivamente o non completamente è una cosa sbagliata. Per cui ci sembra più chiara la formulazione che elimina questo punto.
Pietro MARCENARO (Italia, SOC / SOC)
(Doc. 13231, Emendamento 9)
Ha ragione l’Onorevole NIRENSTEIN quando dice che la costituzione israeliana prevede pari diritti per i cittadini ebrei come per i cittadini arabi, ma è altrettanto vero che nella situazione concreta questa parità e quest’uguaglianza è messa in discussione e, in diverse occasioni, compromessa. Per questo richiamare questo punto, soprattutto come un punto in prospettiva che riguarda l’oggi e il domani è, a mio avviso, un punto essenziale della nostra relazione, cioè l’uguaglianza di diritti. Non ci sono problemi di status ma ci sono anche problemi, direbbe il mio amico VON SYDOW, di standard.
Pietro MARCENARO (Italia, SOC / SOC)
(Doc. 13231, Emendamento 10)
Non sono solo fonti palestinesi che parlano delle violenze che esistono, sono le grandi organizzazioni di diritti umani, Amnesty International, Human Rights Watch, che non possiamo considerare come fonti attendibili ovunque meno che in Israele e in Palestina.
Pietro MARCENARO (Italia, SOC / SOC)
(Doc. 13231, Emendamento 12)
Sono le stesse ragioni e gli stessi motivi che ho spiegato prima. Si tratta dello stesso emendamento. È solo la legge israeliana che può decidere su questo punto.
Pietro MARCENARO (Italia, SOC / SOC)
(Doc. 13231, Emendamento 13)
Non dice di togliere il blocco, ma che alleggerirlo sui beni, sulle persone ecc, sia oggi una posizione più corrispondente alle possibilità concrete del negoziato. Per questo a me sembrava che fosse giusta, ma il parere della commissione è stato diverso dal mio e quindi quello che io esprimo adesso è un parere di minoranza.
Pietro MARCENARO (Italia, SOC / SOC)
(Doc. 13231, Emendamento 14)
Se voi leggete i paragrafi 13 e 14, quei punti sono già detti e ripetuti. È chiaro che per noi valgono le posizioni generali della comunità internazionale e del Quartetto in particolare per quanto riguarda i rapporti con Hamas e non troviamo giusto ripetere tre volte la stessa cosa in un solo documento. Ci riserviamo di dirlo nel documento prossimo.
Pietro MARCENARO (Italia, SOC / SOC)
(Doc. 13231, Subemendamento orale all’emendamento 15)
Io ripeto semplicemente: nel paragrafo 3 si dice che “la riconciliazione, molte volte annunciata, tra Fatah e Hamas sulla base dei principi del Quartetto”. È già scritto e detto esattamente così. La commissione è contro.
Pietro MARCENARO (Italia, SOC / SOC)
(Doc. 13231, Emendamento 28)
Io penso che non si possa fare un emendamento così su Hamas senza ricordare, come abbiamo fatto, le condizioni alle quali la comunità internazionale chiede ad Hamas di adeguarsi per partecipare al negoziato. La commissione è contro.
Pietro MARCENARO (Italia, SOC / SOC)
(Doc. 13231, Subemendamento orale all’emendamento 24)
La cosa è abbastanza semplice. L’antisemitismo è la persecuzione e l’odio verso gli ebrei nel mondo. Ma qui stiamo parlando dello Stato di Israele, del diritto dello Stato di Israele ad esistere. Stiamo parlando di una retorica anti-israeliana oltre che antisemita. L’emendamento che proponiamo unisce le due cose e dice “la retorica antisemita” e “la retorica anti-israeliana”. Una e l’altra. Non c’è solo l’aspetto antisemita, c’è anche quello anti-israeliano, se si vuole arrivare alla pace, perché la negazione dell’esistenza dello Stato di Israele impedisce il negoziato.