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AS (2014) CR 14
Versione provvisoria

 

SESSIONE ORDINARIA 2014

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(Seconda parte)

ATTI

Della quattordicesima seduta

Mercoledì 09 aprile 2014, ore 10.00

DISCORSI IN ITALIANO NON PRONUNCIATI

 

Vannino CHITI (Italia, SOC / SOC)

(Doc. 13451)

Negli ultimi anni l'utilizzo dei social network e più in generale di Internet ha rivoluzionato il modo di comunicare, di interagire e di confrontarci. È per questo che molti Stati hanno riscontrato l'esigenza d'inserire la questione al centro del dibattito politico-sociale, definendo l'accesso alla rete uno dei diritti fondamentali della persona.

Nei paesi emergenti la rapida ascesa economica ha incoraggiato i cittadini all'acquisto di computer, incrementando la disponibilità di accesso al web, creando nuove opportunità di lavoro e comunicazione in paesi dove era ed è ancora forte il tasso di analfabetismo e di arretratezza economica.

L'Assemblea del Consiglio d'Europa considera l'accesso alla rete come un diritto fondamentale e come una libertà di espressione al fine di consentire il godimento di altri diritti umani fondamentali come quello dell'istruzione o della libertà di associazione e riunione. Non va dimenticato che in alcuni paesi il libero accesso ad Internet non è garantito ma, anzi, ostacolato dai governi stessi. Se in diversi Stati il libero accesso ad internet è incentivato dalle amministrazioni locali attraverso collegamenti accessibili tramite il wi-fi nelle aree urbane, in altri le limitazioni alla navigazione costituiscono violazioni delle libertà fondamentali dei cittadini; condivido la risoluzione proposta dall'On. Jaana PELKONEN, secondo cui l'utilizzo di Internet dovrebbe essere disponibile per tutti, senza distinzioni di età, sesso, luogo di residenza o reddito.

Dobbiamo continuare a incoraggiare la diffusione della rete per tutti. Un primo passo è proprio quello di continuare sulla strada della libertà d'espressione intesa anche come possibilità di accedere liberamente a Internet, continuando a inserire aree libere e gratuite nei centri culturali e ricreativi affinché il web diventi non solo un modo d'interazione, ma un modello per incentivare i giovani nello studio, nella ricerca e nella libera informazione.

Sono convinto che siano da incoraggiare le soluzioni esposte nella risoluzione per definire e attuare

universalmente norme sul diritto di accesso a Internet a livello europeo.

Internet ha permesso non solo di comunicare e condividere informazioni, ma ci ha avvicinato gli uni con gli altri alla conoscenza di nuovi stili di vita e società. Non è da sottovalutare il fatto che ragazzi di qualsiasi età e nazione abbiano oggi la possibilità di restare in contatto tra loro, con l'opportunità di poter continuare a condividere pensieri e scelte di vita con i propri amici lontani. Anche questo è un modo di costruire la pace tra i popoli.

Grazie per la vostra attenzione.

Adele GAMBARO (Italia, NR / NI)

(Doc. 13451)

La problematica di cui si discute credo che sia un tema sociale di fondamentale importanza in questi ultimi anni.

Oggi, gran parte dell'informazione globale circola sulla rete e miliardi di utenti formano la loro conoscenza sulle notizie che navigano su Internet. Un mondo indefinito, senza confini, senza regole, che ha delle potenzialità meravigliose ma che può generare delle distorsioni.

La violenza verbale, l'aggressione psicologica per mezzo di offese, di minacce e calunnie, la mistificazione e manipolazione dei fatti sono diventati le modalità più diffuse attraverso le quali, nella maggior parte dei casi sui social network, si veicolano le informazioni.

Vogliamo che il web sia una terra franca dove tutto può essere lecito e tutto può accadere, al di la del bene e del male? Un mondo che solo in maniera superficiale si definisce immateriale, in quanto, la minaccia come la diffamazione ha tutti i tratti della materialità, anzi dell'immortalità, visto che resta scolpita in Internet per sempre senza che nessuno possa mai estirparla o modificarla.

A questo proposito, è delle ultime settimane la notizia di un referendum indetto online in Italia per l’indipendenza di una importante regione, il Veneto. In un primo momento si era parlato di due milioni di elettori, la maggior parte favorevole all’indipendenza. Pochi giorni dopo però, i certificatori di traffico dati hanno stimato non più di centomila gli elettori, individuando anche i server di provenienza dei voti. I presunti votanti non sarebbero stati concentrati soltanto nella regione in questione, ma erano sparsi in tutto il mondo, provenienti dalla Germania, dalla Spagna, dalla Serbia e, dato curioso, il 10% dal Cile.

Da qualche anno a questa parte, infatti, i bot, o robot, hanno superato il numero di esseri umani collegati ad Internet ed eseguono operazioni di routine al pari dei normali utenti. Si tratta di programmi di società specializzate nati per accedere a pagine web, a chat, videogiochi, per eseguire compiti di routine, per garantire la sicurezza o per fare i passaggi necessari per votare a un referendum e aumentare così il traffico di dati.

Credo che il mondo di Internet sia entrato nelle nostre vite in maniera troppo incisiva per continuare ad essere ignorato dalla politica. L'universo digitale, che condiziona le nostre scelte e quelle delle comunità, non può continuare ad essere svincolato da qualsiasi forma di giurisdizione. Bisogna individuare i cardini di una regolamentazione giuridica che disciplini il funzionamento e ne determini le sanzioni in caso di violazione.

Manlio DI STEFANO (Italia, NR / NI)

(Doc. 13451)

Internet è il più importante mezzo di comunicazione di massa. Senza filtri e mediazioni è l'unica arma di difesa contro la mistificazione dei media di regime e questo è abbastanza chiaro in Italia ad esempio dove il M5S porta avanti, da solo, un’enorme battaglia per liberare l'informazione dal controllo politico. Internet rappresenta una tra le massime forme di libertà individuale e di manifestazione del pensiero. Senza Internet non saremmo a conoscenza dello spionaggio internazionale, degli abusi di potere in vari scenari internazionali e del processo per istituire una dittatura governativa che il nuovo Presidente del Consiglio Renzi sta attuando in Italia.

Già al World Forum for Democracy chiesi che il diritto di accesso a Internet fosse inserito tra i diritti umani fondamentali quindi, come M5S, non possiamo che ringraziare i relatori per l'ottimo lavoro svolto. Ricordo a tutti la risoluzione del Parlamento europeo del 10 aprile 2008 e la Carta dei diritti umani che mettono Internet al centro di una vera e propria rivoluzione nella libertà personale, nel diritto alla partecipazione sociale e nell'espressione della propria libertà personale e puntano il dito in modo convinto contro ogni forma di limitazione, da parte dei governi, diretta, come il blocco dei servizi, o indiretta, come il mancato sviluppo dei servizi come ad esempio avviene in Italia. E questo nonostante la nostra costituzione difenda la libertà di manifestazione del pensiero (art. 21), il diritto al

“pieno sviluppo della persona umana” e “all’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese” (art. 3), e la libertà d’impresa (art. 41).

Secondo il rapporto “State of Broadband 2013”, l’Italia è al 57° posto nella classifica mondiale relativa agli individui che usano Internet (solo il 58% della popolazione, contro il 96% dell’Islanda, il 95% della Norvegia, il 93% dell’Olanda). Il Movimento 5 Stelle vede Internet come un bene comune e si batte

affinché la pubblica amministrazione eroghi maggiori servizi digitali, gratuiti, ai cittadini: dalla giustizia alla sanità, dalla mobilità alla scuola 2.0. Come? Occorre interconnettere i siti pubblici (uffici, biblioteche, parchi, sedi delle controllate) creando un'infrastruttura di rete territoriale con gli operatori sul territorio. La pubblica amministrazione mette a disposizione le infrastrutture passive (fiumi, fogne, strade, acquedotti) e gli operatori mettono le fibre ottiche. Parte dell'infrastruttura di rete rimane alla pubblica amministrazione per interconnettere i propri siti e parte rimane agli operatori per erogare servizi digitali (rete a supporto dell'LTE o del WiFi). La pubblica amministrazione potrà, così, garantire, a costo zero, presso i propri siti pubblici, servizi di connettività (voce, dati, videoconferenza,

videosorveglianza) tra i siti stessi (Intranet) e verso la big Internet. La nuova infrastruttura di rete sarebbe, quindi, di proprietà pubblica e garantirebbe ai propri cittadini, grazie alla capillarità del Wi-Fi, e a costo zero, i servizi digitali della pubblica amministrazione sempre e la connettività verso la big Internet a tempo o a traffico.

La nuova infrastruttura di rete sarebbe così aperta ai cittadini e “diffusa” dagli stessi grazie a tecnologie quali il “mesh network” per favorire comunicazioni peer-to-peer e potrebbe, inoltre, ospitare qualsiasi servizio digitale su cloud pubblico.

Questa soluzione è solo uno dei tanti passi fattibili per colmare il gap tra paesi europei in tema di accesso a Internet perché se siamo comunità dobbiamo garantire pari diritti oltre ai pari doveri. Le istituzioni nazionali devono garantire a tutti i cittadini tale diritto con investimenti statali, politiche sociali ed educative e scelte di spesa pubblica in questa direzione.

Il Consiglio d'Europa ha il dovere di insistere su questa strada.

Grazie.

Milena SANTERINI (Italia, NR / NI)

(Doc. 13451)

Mi congratulo con i relatori per aver portato alla nostra attenzione la questione della sicurezza in Internet, ma vorrei chiarire cosa intendiamo per sicurezza. Il web è uno spazio che moltiplica le relazioni e ci permette di avere interazioni prima impossibili per le distanze sociali. Il web però mette in contatto sconosciuti, permette di entrare o invadere la privacy altrui, creare identità fittizie, rubare i dati dei consumatori e così via. I nostri movimenti possono essere controllati o spiati.


La rete mette in contatto con persone che vivono in ambienti geograficamente lontani dai nostri o che non frequenteremo mai. Questo apre potenzialità, ma anche problematiche evidenti, si pensi al cambio di identità virtuali, un gioco che può permettere di mascherarsi per divertimento, ma anche, ad esempio, di nascondere le identità dei pedofili.


Non si può quindi pensare al web come spazio fondamentale senza promuovere anche un senso di responsabilità. Gli episodi di hate speech o i suicidi di adolescenti a causa di accuse e insulti anonimi dovrebbero farci pensare. Suggerisco l'idea che il rapporto tra libertà e sicurezza vada affrontato considerando insieme da un lato la tutela della libertà, dall'altro le vittime della mancanza di sicurezza.
 
I casi di cyber bullismo on line hanno numeri troppo alti. In Italia le ricerche ci dicono che i social network sono la modalità d’attacco preferita dal cyber bullo (61%), che di solito colpisce la vittima attraverso la diffusione di foto e immagini denigratorie. Quattro minori su dieci sono testimoni di atti di bullismo online verso coetanei, percepiti “diversi” per aspetto fisico (67%), per orientamento sessuale (56%) o perché stranieri (43%). Gli effetti di questi abusi sono evidenti e le vittime ne portano le tracce. Per la maggior parte dei ragazzi (pari all’83%), gli episodi di bullismo “virtuali” sono molto più dolorosi perché non ci sono limiti quando chi insulta è protetto dall'anonimato.


Inoltre, il cyberspazio è diventato forse il principale veicolo di razzismo, intolleranza e antisemitismo. Questo avviene anche in ambito politico: molte deputate italiane hanno subito attacchi sessisti sul web.
 
Vorrei rilevare che l’antisemitismo sul web è aumentato molto in questi anni. Si tratta di migliaia di forum di discussione, profili, pages e post di contenuto antisemita caricati e rilanciati attraverso i principali social network. Gli spazi online che contengono la documentazione antisemitica più articolata ed estremista continuano ad essere quelli di ispirazione neonazista. Attraverso un qualsiasi motore di ricerca (come Google, Yahoo o Bing) si può accedere ai siti dell’odio con le loro teorie cospirative, negazioniste ed antisioniste. Un altro fronte è quello dell’istigazione all’odio verso gli stranieri e i rom. Sul sito della campagna contro l’hate speech del consiglio di Europa si trovano decine di segnalazioni su come si possano diffondere in rete pregiudizi e odio razziale verso stranieri e rom: dai post sui blog in cui si identificano come i “vicini più pericolosi” a intere pagine contro i rom di gruppi estremisti.

  
Risulta spesso difficile ricostruire i veri autori di questi attacchi. Per questo è necessario che anche la rete sia uno spazio regolamentato. Condivido la necessità di difendere i diritti e la privacy degli individui, proteggere i dati personali, sottolineo però anche l'urgenza di intervenire per difendere la reputazione online delle persone.


Sottolineo la necessità  che questa Assemblea consideri ambedue gli aspetti, rendendo identificabili quelli che incitano all'odio in rete. Non tutti i comportamenti di cui parlo hanno rilevanza penale. La Corte europea dei diritti dell'uomo ha distinto tra ciò che è incitamento all'estremismo e la libertà di espressione ai sensi dell'art.10 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo.


Gli Stati dovrebbero quindi promuovere un'azione incisiva sui provider commerciali perché mettano in atto realmente e in modo rapido i codici deontologici che hanno adottato.


Abbiamo il compito di fornire strumenti per colpire la violazione degli obblighi previsti per i fornitori dei servizi della società dell'informazione, comprese le sanzioni dove non sono previste.