IT15CR13

AS (2015) CR 13
Versione provvisoria

SESSIONE ORDINARIA 2015

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(Seconda parte)

ATTI

Della tredicesima seduta

Martedì 21 aprile 2015, ore 15.30

DISCORSI PRONUNCIATI IN ITALIANO

Sergio DIVINA (Italia, NR/NI)

(Doc. 13743 e 13744)

Grazie Presidente.

Nella relazione del relatore leggiamo che si vorrebbe realizzare per la prima volta un bilancio a crescita nominale “zero”. Pensiamo che questo sia anche un po’ frutto delle spinte dei vari Stati che hanno sempre meno risorse da destinare a organismi internazionali perché tutti chiamati a politiche di austerità interne, revisione dei propri bilanci e delle proprie spese interne.

Un dubbio: se non si tocca la spesa corrente è difficile arrivare a un bilancio come quello che ci si prefigge. La spesa per il personale è una spesa incomprimibile se non si ristruttura tutto l’apparato. Anche perché ci sono delle legittime aspettative di carriera del personale che faranno lievitare, e non diminuire, la spesa del costo per il personale.

Ho sentito dagli interventi che c’è una benevolenza nei confronti dei contributi volontari. Sembra che la Turchia sia disposta ad apportare circa venti milioni di contributo volontario, però non si dice qual è la contropartita. La contropartita dovrebbe essere avere un peso politico maggiore, cioè avere una rappresentanza adeguata al contributo e, magari, pretendere la sesta lingua ufficiale di lavoro. Introdurre una sesta lingua con l’apparato di traduzione e di interpretazione probabilmente costerà cifre attorno al milione sistematico ogni anno.

Ma – consentitemi – uso magari una lettura forte della questione: si può permettere a uno Stato di fare del lobbying, cioè “comperare” membri: entro, pago di più, acquisto membri, aumento il mio potere politico in Assemblea. E faccio una domanda al relatore o al Presidente: lo scopo del Consiglio d’Europa è quello di aumentare il proprio bilancio o è quello di interpretare i veri bisogni e adeguare i bisogni e gli interessi dei relativi Stati membri?

Grazie.

Milena SANTERINI (Italia, SOC)

(Doc. 13741)

Grazie.

Noi sappiamo che la crescita del potere del Daesh va inquadrata nella più ampia crisi siro-irachena che è stata definita dall’ONU “la più grave emergenza umanitaria contemporanea”. Ringrazio il relatore per aver acceso i riflettori per un’Europa distratta su questa crisi. Non ripeto le cifre: il più alto numero di rifugiati da ventidue anni a questa parte, dopo la guerra nei Balcani, duecentomila morti e i rifugiati interni, quelli in Turchia, in Libano, in Giordania, in Iraq e in Egitto.

Vorrei portare l’attenzione su questi due punti: l’aumento del numero dei profughi e la rottura della convivenza plurireligiosa in Medio Oriente. Il numero dei profughi è un’emergenza umanitaria che dobbiamo affrontare in modo adeguato e chiedere all’Unione europea di far altrettanto. Siamo tutti indignati e sconvolti dagli ultimi naufragi sulle coste della Sicilia, ne parleremo, ma non possiamo trattare quel tema come un problema separato da quello di oggi, perché dobbiamo ripeterci che su quei barconi ci sono molti che sfuggono a questa crisi mediorientale. E io personalmente ho avuto una segnalazione in piena notte, un mese fa, di una famiglia siriana: la mamma, col bambino di tre anni, è morta in mare e il padre con due figli si è salvato. Erano una famiglia siriana.

Questo 2015 sarà un anno record per il numero dei profughi: dobbiamo chiedere all’Europa una maggiore corresponsabilità e coesione. Solo l’Italia in questi mesi ha avuto un incremento di profughi del 150%. Non possiamo lasciare spazio agli egoismi nazionali e ai populismi che convincono la gente di dover chiudere le frontiere. Dobbiamo invece chiedere la richiesta di riconoscimento di profugo già nei paesi di transito senza che la gente arrivi per mare.

Ma c’è un’altra conseguenza molto grave: la rottura di una situazione di convivenza fra culture e religioni diverse che esisteva da duemila anni, complessa ma pluralista. Il radicalismo islamico è un progetto che vuole distruggere questa pacifica condivisione. Un progetto che attacca ebrei, cristiani di tutte le confessioni, musulmani anche. E l’ora è grave soprattutto per i cristiani: solo venticinque anni fa c’erano quasi due milioni di cristiani in Iraq, ora sono meno di cinquecentomila. E io vorrei citare una città simbolo di questa convivenza multireligiosa: Aleppo. È stato lanciato un appello da alcune organizzazioni, tra cui la comunità di Sant’Egidio, e Staffan de Mistura l’ha ripreso: dobbiamo chiedere una tregua per la città siriana di Aleppo, com’è stata chiesta, fermando la violenza e i combattimenti. È una città simbolo della convivenza plurireligiosa, non possiamo lasciarla morire.

Sergio DIVINA (Italia, NR/NI)

(Doc. 13741)

Grazie Presidente.

Tutti noi sappiamo, senza raccontarcelo ogni volta, cos’è lo Stato islamico e quali sono i suoi efferati e orribili crimini, però dovremmo anche pensare a come siamo arrivati a questa situazione.

La comunità internazionale ha commesso una serie di errori, l’ultimo è stato quello di quasi ripetere un’altra storia dell’Afghanistan. In Afghanistan gli americani hanno aiutato e sostenuto i talebani solo per estromettere la Russia, salvo poi obbligare la comunità internazionale a intervenire quasi 13 anni per ripristinare un po’ di pace in quel paese. Questa storia stava per ripetersi in quanto – sempre per interessi americani – la destituzione di Assad era così importante che avremmo dovuto tutti intervenire a sostenere quelli che loro hanno definito i combattenti per la libertà, la prima cellula dell’Isis che si instaurava in Siria. Per fortuna è arrivato uno stop da parte della Russia, che sembrava fosse esagerato ma ha impedito di fare l’ennesimo errore. La Russia conosce abbastanza bene lo scacchiere regionale di quella zona.

Per seguire velleità americane abbiamo destituito e destabilizzato tutto il Nordafrica. Abbiamo portato la democrazia in Nordafrica? Sono andati via i dittatori ma la popolazione non ha avuto nessun beneficio, nessun vantaggio. Basta prendere solo l’esempio della Libia. La Libia di Gheddafi aveva un reddito pro capite di 14.000 euro all’anno. Oggi muoiono di fame, c’è una guerra civile, si sta radicando anche lì il fondamentalismo, il terrorismo dell’Isis. Quella culla ci preoccupa molto di più anche perché è molto vicina all’Italia e all’Europa.

Un altro errore concatenato: le sanzioni economiche nei confronti della Russia. Sanzioni che, non sappiamo perché, le stiamo pagando noi. L’Italia che, come tutti i paesi europei, ha avuto un calo dei consumi. Avevamo un po’ di esportazioni in certi settori e in quei settori ci siamo auto penalizzati.

Secondo noi serve la Russia, assieme a tutto l’Occidente, per sconfiggere lo Stato islamico. Anzi, la Russia è indispensabile perché per combattere l’Isis servono qualità che noi non abbiamo. La Russia ha capacità operativa militare e conosce molto bene il fondamentalismo, se non altro per aver subito e combattuto il fondamentalismo islamico della Cecenia.

Per fare questo, però, dobbiamo innanzitutto revocare le sanzioni economiche della Comunità europea e, in seguito, anche quelle del Consiglio d’Europa che non hanno fatto altro che allontanare la Russia da questa Assemblea. Sono una fila di errori che dovremmo essere in grado di ammettere e a cui dovremmo rimediare.

Grazie.

Vannino CHITI (Italia, SOC)

(Doc. 13741)

Grazie Signor Presidente.

Io voglio esprimere apprezzamento per l’impegno del relatore e condivisone per i punti chiave della risoluzione che è stata presentata. Occorrerà tuttavia un impegno serio - non soltanto l’approvazione qui – per fare affermare in ognuno dei nostri paesi la solidarietà, l’accoglienza, l’impegno per dar vita a urgenti interventi umanitari.

La situazione si è anche complicata – l’ha detto il relatore – si è estesa la piaga che stiamo affrontando. Di fronte a un’immane tragedia come quella che viviamo e che si è estesa, l’Europa tutta, non soltanto i 28 Stati che fanno parte dell’Unione e che mi auguro che giovedì, al Consiglio straordinario, vogliano adottare politiche nuove ed efficaci, ma tutta quanta l’Europa deve farsi carico di questo impegno. Di qui, l’importanza della nostra discussione.

Al tempo stesso credo – com’è stato già detto in altri interventi – che bisogna anche perseguire i trafficanti di persone, i nuovi schiavisti, perché legalità, sicurezza e solidarietà possono e devono essere unite per affermarsi ovunque. Se non le teniamo insieme, rischiamo di vederle sconfitte.

L’ultimo aspetto che voglio affrontare, e che per me è fondamentale, riguarda la necessità di un orientamento politico comune che deve muoverci, altrimenti penso che lo stesso impegno umanitario non potrà risultare sufficiente, anzi la politica sarà sconfitta. Non siamo in presenza di uno scontro da civiltà, tra islam e cristianesimo, condotto con armi e tecnologie del XXI secolo. Sono forze estremiste che vogliono farlo credere, alcuni non rendendosi conto che così spingono proprio di fatto verso un successo per il cosiddetto Stato islamico e poi lo sostengono per vincere i terroristi e sostenitori del terrorismo. Siamo di fronte a un grave e non sottovalutabile attacco del terrorismo contro le libertà, i diritti umani fondamentali, la dignità della persona. Ne sono vittime cittadini inermi, le minoranze etniche e religiose, cristiani e musulmani e non soltanto loro.

Di fronte a questa sfida occorre unità di quanti sono per la democrazia e per il sostengo alla Dichiarazione Universale dei Diritti della persona. Perché uniti possiamo sconfiggere il terrorismo barbaro. Uniti dobbiamo sostenere che cancellare con le persecuzioni la presenza dei cristiani in Medio Oriente colpisce non solo i diritti di una persona, o di più persone, ma la prospettiva di pace e di stabilità in quell’area del mondo. Uniti dobbiamo continuare a sostenere Tunisia, Marocco, Giordania nella realizzazione delle loro riforme democratiche. Uniti dobbiamo contribuire a far cessare le guerre civili in Siria, in Libia, nello Yemen perché nel vuoto dei poteri dello Stato, nell’assenza di uno Stato prospera il cosiddetto Stato islamico e il suo terrorismo. E infine, uniti dobbiamo continuare a operare perché si costruisca una pace duratura tra Israele e palestinesi con la costruzione di due Stati per due popoli, perché questo conflitto alimenta tensioni e viene strumentalizzato per alimentare tensioni.

Se non poniamo al centro questi temi, l’azione umanitaria è doverosa ma non riuscirà a vincere e soprattutto sarà sconfitta la politica.

Grazie.