IT17CR22

AS (2017) CR 22
Versione provvisoria

SESSIONE ORDINARIA 2017

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(Terza parte)

ATTI

Della ventiduesima seduta

Marted́ 27 giugno 2017, ore 15.30

DISCORSI PRONUNCIATI IN ITALIANO

Michele NICOLETTI (Italia, SOC / SOC)
(Doc. 14344)

Questo rapporto è legato al fenomeno della corruzione, un fenomeno rilevante non solo sul piano morale, come noi sappiamo, ma anche sul piano economico e politico, in particolare per le società democratiche che si basano sui principi di libertà, di uguaglianza, di giustizia e sulla fiducia dei cittadini.

Le democrazie sono società pacifiche, non violente. La loro arma è la parola e la corruzione può indebolire o addirittura distruggere la fiducia nelle parole e nelle persone che le pronunciano. La corruzione indebolisce questi principi, rende le persone schiave anziché libere, crea delle disuguaglianze tra coloro che possono accedere a determinati servizi e quelli che non possono, diminuisce la credibilità della sfera pubblica in una situazione in cui il populismo e altri fenomeni già invitano a porre poca fiducia nella possibilità della politica e della democrazia di cambiare le cose. Per questo è essenziale intensificare la lotta alla corruzione che, giustamente, è stata definita come un cancro della società. Ci sono stati molti sforzi e la nostra istituzione, il Consiglio d’Europa, ha molte convenzioni, molti strumenti, come il GRECO, per combattere questo fenomeno. La nostra stessa Assemblea ha una anti-corruption platform che è attiva e, tuttavia, noi vediamo nei nostri paesi che questo fenomeno continua ad essere presente e ad abbracciare nuovi ambiti. Non ci sono solo gli ambiti tradizionali, come i grandi appalti o la corruzione legata alla vita politica, il finanziamento ai partiti o le campagne elettorali. Ora si allarga anche nuovi settori, come quello delicato della sanità in cui incide sulla qualità delle cure che noi possiamo prestare ai cittadini, o addirittura nella gestione di centri di migranti, laddove sembra accanirsi sulla sorte di coloro che già subiscono una sorte difficile. La corruzione va dove vanno i soldi e va dove vanno i bisogni dei cittadini. Combattere con più forza la corruzione significa anzitutto cercare di capire il fenomeno della corruzione nei diversi contesti. Lo sforzo di questo rapporto è cercare di capire se, oltre ad avere alcuni principi comuni - dei principi guida che valgono per tutti i nostri 47 paesi e naturalmente anche per altri -, ci sono delle specificità legate a storie, tradizioni, istituzioni locali. Non per giustificare le determinate situazioni, ma, al contrario, per poter fare la nostra lotta contro la corruzione più agguerrita, capire che ruolo gioca nei diversi contesti la corruzione, se si tratta di una patologia del sistema o se si tratta, come in qualche caso, di una fisiologia del sistema. Ci sono alcune parti in cui sembra che la corruzione sia un modo per far funzionare la società. Questo è importante e per questo ringrazio anzitutto i paesi che mi hanno accolto, le delegazioni nazionali che hanno sostenuto le nostre visite, le personalità che ho incontrato. Naturalmente, nel rapporto abbiamo dovuto riassumere tutto questo, spesso affidandoci a delle percezioni. Non certo abbiamo potuto fare delle analisi storiche o sociologiche, tuttavia penso che qualche indicazione utile sia venuta. Tre indicazioni in particolare.

La prima di queste è che la corruzione è legata al modo in cui si è costruito nella storia lo Stato moderno, lo Stato liberale, uno Stato democratico, uno Stato di diritto, la sua pubblica amministrazione imparziale. Laddove non c’è uno Stato con un’amministrazione imparziale, indipendente, ovviamente è più difficile combattere la corruzione. Questo interrogarsi sulla storia non è solo un elemento che deve scoraggiare, anzi deve incoraggiare. Ho avuto l’opportunità di analizzare il caso inglese o il caso olandese, che sono due storie di successo. Eppure qualche secolo fa nella letteratura inglese o in quella olandese la corruzione era considerata una vera piaga, un cancro delle loro società. E sono storie di successo. Questa è una lezione importante che ogni paese può apprendere: è possibile combattere la corruzione in modo efficace.

Il secondo elemento è che dobbiamo porre attenzione sulla pubblica amministrazione non solo a livello nazionale, ma anche a livello locale. Spesso noi abbiamo buone legislazioni, buoni strumenti a livello centrale, ma abbiamo molti fenomeni di corruzione a livello regionale o locale.

Un terzo elemento che emerge da questa riflessione è che è importante, nel combattere la corruzione, prestare attenzione alle dinamiche legislative istituzionali, ma anche economiche ed educative. Laddove ci sono storie di successo è perché ci sono classi dirigenti, ci sono cittadini che hanno compreso che combattere la corruzione non solo è giusto dal punto di vista morale, ma è essenziale per avere istituzioni democratiche, per avere un buono sviluppo economico. Questi paesi hanno forti istituzioni educative ed ambienti che hanno fatto della lotta alla corruzione una loro priorità.

Quali sono le misure che qui vengono raccomandate? Sono misure che tutti noi conosciamo bene, anche per il lavoro che l’Assemblea ha già svolto in questo settore e anche con l’aiuto essenziale del GRECO. Anzitutto una buona legislazione, una legislazione che naturalmente preveda degli strumenti per perseguire, per punire tutti i reati commessi alla corruzione, ma anche una legislazione che consenta di prevenirli. E qui la migliore prevenzione - questa sembra essere una ricetta universale - è legata alla trasparenza. Quindi tutte le pratiche che noi possiamo adottare in termini di trasparenza, per rendere trasparenti la pubblica amministrazione e tutta la sfera delle nostre rappresentanze parlamentari, la sfera governativa eccetera, sono elementi fondamentali per poter combattere e prevenire efficacemente i fenomeni di corruzione. La corruzione ama nascondersi e quando noi facciamo luce, portiamo alla luce la nostra vita, allora questa strategia di nascondimento è più difficile da perseguire.

In secondo luogo, abbiamo bisogno di corpi indipendenti. Lo abbiamo visto anche nella nostra Assemblea che purtroppo ha attraversato, e sta attraversando, questa sfida importante di combattere la corruzione. È importante avere uno strumento esterno che possa controllare e valutare, ma anche offrire delle consulenze a coloro che sono impegnati nella vita pubblica. Quindi dei corpi indipendenti, siano essi la magistratura - che naturalmente deve poter godere della massima indipendenza -, siano essi delle autorità specifiche, come in alcuni paesi si è ritenuto di dover creare.

In terzo luogo, la regolazione delle attività di lobbying. Anche questo è un elemento molto importante. C’è una pressione che viene esercitata sui decisori da parte di coloro che possono aggiudicarsi determinati appalti o favorire delle leggi in determinati settori. Anche qui, di nuovo, la trasparenza è un elemento fondamentale.

In quarto luogo, l’indipendenza dei media. A questo è dedicato il rapporto che seguirà ed è un elemento fondamentale. La lotta alla corruzione non è solo un compito delle istituzioni, è qualche cosa che la società deve fare nel suo complesso, anche in una dialettica talvolta aspra tra i giornalisti, gli operatori dell’informazione e i rappresentanti delle istituzioni.

È infine, la dimensione educativa. Nei paesi in cui abbiamo svolto le nostre visite, c’è stata ripetutamente sottolineata l’importanza della dimensione educativa. Un’educazione da fare già nelle scuole primarie, naturalmente favorita da dei contesti sociali, quindi coinvolgendo famiglie, associazioni, comunità locali. Il Consiglio d’Europa potrebbe spendersi con la propria esperienza anche in campo educativo. Il Consiglio d’Europa ha dei manuali rivolti agli insegnanti, agli educatori, per combattere la violenza contro le donne, per sostenere la parità di genere, per combattere l’odio. Così, sarebbe utile se anche questo tema dell’anticorruzione trovasse una strategia coordinata e complessiva che valorizzasse le migliori pratiche e che potesse sostenere lo sforzo dei diversi paesi.

Infine, anche la nostra Assemblea è qui oggetto di qualche raccomandazione. È essenziale che noi rivediamo il nostro codice di condotta - ora abbiamo importanti indicazioni che ci vengono dal GRECO -, che noi sosteniamo collettivamente e singolarmente il lavoro dell’external investigation body, che può funzionare bene solo se ci sarà la piena cooperazione di tutti i membri di questa Assemblea, se rafforziamo la nostra anticorruption platform e se diamo anche alla nostra Assemblea un regolamento per quanto riguarda le attività di lobbying. Infine, una delle proposte che qui emerge, rivolta agli Stati membri, è di valutare l’opportunità di stabilire un network delle autorità anticorruzione a livello europeo, che già stanno ben funzionando in alcuni paesi e che ci hanno chiesto un maggiore coordinamento, perché la corruzione è un fenomeno internazionale. Quindi se possiamo offrire loro degli standard comuni, occasioni di confronto e un supporto, anche la lotta contro la corruzione condotta da queste autorità potrà essere più efficace.

Ringrazio di nuovo tutti coloro che hanno collaborato alla stesura di questo rapporto, sia nei paesi ospitanti, sia naturalmente lo staff della commissione che ha reso possibile questo lavoro.

Grazie.

Michele NICOLETTI (Italia, SOC / SOC)
(Doc. 14344)

Grazie, Presidente.

Vorrei solo ringraziare tutti coloro che sono intervenuti per gli apprezzamenti e il sostegno a questo rapporto. Ho potuto prendere in considerazione solo quattro paesi, ma la discussione di oggi, con tanti colleghi che sono l’espressione dei 47 paesi e anche del Canada, ha arricchito moltissimo questo quadro.

Vorrei solo riprendere un punto che mi è sembrato importante: non esistono paesi buoni e paesi cattivi, e i meccanismi di controllo che dobbiamo mettere in atto e il nostro sforzo devono rivolgersi dappertutto.  Questo è un elemento molto importante perché la corruzione può annidarsi sia nelle vecchie che nelle nuove democrazie, ed è proprio questo rapporto tra pari che può arricchire la nostra esperienza.

Ringrazio ancora tutti gli intervenuti.

Andrea RIGONI (Italia, ADLE / ALDE)
(Doc. 14333)

Grazie, Presidente.

Voglio ringraziare anche i colleghi che sono rimasti in aula. Speriamo che il dibattito sia breve, sennò si corre il rischio che quando andremo a votare, saremo davvero molto pochi, però ringrazio i colleghi volenterosi che sono rimasti in aula.

Noi andiamo a discutere e approvare una relazione molto importante che riguarda la situazione in Bielorussia. Ricordo che la Bielorussia è l’ultimo paese dell’Europa fuori dal Consiglio d’Europa. L’ultimo paese della grande Europa, quella che va da Vladivostok a Reykjavik, fuori dalla nostra Assemblea. Per questo motivo abbiamo siamo voluti arrivare in aula in questa tornata. Ringrazio a questo proposito le autorità della Bielorussia per la loro cooperazione e l’apertura nei confronti del relatore e della nostra Commissione politica. Ringrazio anche la società civile e le ONG che hanno dato prova di impegno e di apertura al dialogo sia durante le mie visite nel paese, sia durante le audizioni organizzate presso la Commissione politica qui, a Strasburgo, e a Parigi.

Desidero anche portare alla vostra attenzione due esempi di sviluppi recenti e, credo, emblematici dell’approccio che abbiamo voluto dare alla nostra relazione e delle ragioni che ci spingono a rendere più forti le relazioni con la Bielorussia, che a tutti gli effetti consideriamo un paese europeo e non potrebbe che essere così.

Il mese scorso, a distanza di pochi giorni, in qualità di relatore ho reagito a due avvenimenti importanti che sono accaduti in Bielorussia: il primo, per condannare l’ennesima esecuzione del Signor Vostravsky che ha ovviamente inviato un segnale negativo alla nostra Assemblea. Tutte le volte che si procede in questa direzione, per quel che mi riguarda, ma credo per tutta l’Assemblea, questi sono segnali estremamente negativi in seguito ai quali confermiamo che la condanna della pena di morte rimane un punto fermo e irrinunciabile. Se non si procede in questa direzione non si va avanti.

Il secondo punto è per congratularmi con il movimento di opposizione Tell The Truth della Signora Tatiana Karatkevich che ricordo essere stata quella che si è candidata contro Lukashenko alle ultime elezioni presidenziali, ed esprimere la mia soddisfazione per la registrazione del loro partito. Io spero – e stiamo spingendo in questa direzione - che venga accolta anche la registrazione del partito cristiano-democratico che da diversi anni chiede di essere registrato.

Questi sono due elementi che fanno dire che il nostro approccio deve - a mio parere - continuare a essere così: un approccio di critical engagement, e cioè rilevare tutte le posizioni positive che si riescono ad ottenere, ma anche essere fermi di fronte ai principi del rispetto dei diritti dell’uomo, delle libertà fondamentali e dello Stato di diritto. In primis, il diritto alla vita. Ma anche il rispetto di tutte le libertà civili dei cittadini. Abbiamo avuto modo di osservare sia le elezioni presidenziali del 2015 che le parlamentari del 2016, e devo dire la verità: questa è stata una cosa nuova che si è verificata dopo quattordici anni che non ci invitavano.

Nonostante questi progressi, tuttavia, abbiamo notato che resta ancora molto lavoro da fare per l’adesione del codice elettorale ai nostri principi, un lavoro importante e necessario. Questo percorso di cui parlavo prima, deve rimanere e la nostra posizione deve continuare ad essere aperta: dobbiamo essere fermi rispetto ai nostri valori, rispetto ai diritti dell’uomo, alle libertà di espressione, di manifestazione, di riunione, della possibilità di libera decisione dei partiti, di rispetto della vita, di arrivare finalmente a una moratoria sulle esecuzioni e la pena di morte. Ma, dall’altra parte, colleghi, dobbiamo anche essere molto chiari: dobbiamo insistere, spingere, push, affinché il nostro impatto sia un impatto positivo in Bielorussia.

Non ci possiamo soltanto fermare a condannare questi atti. Dobbiamo spingere, dobbiamo avere un atteggiamento positivo, dobbiamo continuare in questa strada difficile dell’apertura e del dialogo. Dobbiamo far sì che la voce del Consiglio d’Europa – poi aggiungerò qualcosa di più dopo gli interventi – si faccia sentire di più a Minsk e in Bielorussia. Non lo dico soltanto per noi come attività politica, ma lo dico soprattutto per i giovani della Bielorussia che aspettano che il Consiglio d’Europa si faccia sentire con più forza. Credo che noi questa linea dobbiamo confermarla, dobbiamo essere rigidi, dobbiamo essere più rigidi da un lato, ma dobbiamo anche essere flessibili, più flessibili, dall’altro. Perché il nostro compito è quello di ottenere risultati nella direzione del rispetto dei diritti dell’uomo e della democrazia.

 Andrea RIGONI (Italia, ADLE / ALDE)
(Doc. 14333)

Grazie presidente, ma soprattutto grazie a coloro che sono intervenuti per il contributo che hanno voluto dare e per aver capito la difficoltà di fare una relazione sulla Bielorussia.

Ci sono alcuni elementi significativi. Continuerò a insistere affinché la nostra Assemblea metta più attenzione sulla Bielorussia, che accenda un faro più forte su quello che accade in Bielorussia. Dobbiamo avere un impatto più forte. Parliamo spesso dei rapporti con Tunisia, Marocco, Algeria, Egitto, Giordania, Palestina, Israele. Adesso mettiamo l’accento anche sui rapporti con l’Asia, Kirghizistan, etc. Tutto questo è molto importante, ma la nostra Assemblea è l’Assemblea del Consiglio d’Europa e deve guardare alla grande Europa dei 47 paesi più la Bielorussia. Dobbiamo guardare – e ringrazio i colleghi che lo hanno ricordato -  con più forza a quello che accade e dobbiamo avere un impatto più forte. Dobbiamo discutere di più di Bielorussia. Consentitemi di parlarne a un’ora che consenta anche ad altri colleghi di partecipare e di esprimere la propria opinione. Adesso è arrivato il mio amico NICOLETTI e quindi non lo posso più dire, ma dei cinque presidenti dei gruppi non ce n’è stato uno che abbia ascoltato il dibattito fino adesso. Riconosco che è arrivato NICOLETTI, come si dice in Italia in “zona Cesarini”, ma non c’è stato un presidente di gruppo. Di cosa dobbiamo occuparci se non dobbiamo forzare sulla Bielorussia? Lo diciamo nel nostro rapporto e proponiamo qualcosa di significativo. Non abbiamo nemmeno la presenza del Segretario generale e neanche della Vice Segretario generale.

Ringrazio il mio amico SAWICKI che ha voluto essere presente. Di cosa dobbiamo parlare, se non parliamo prima della Bielorussia? Io credo che la Bielorussia debba essere messa ai primi posti della nostra attenzione. Noi vogliamo aprire un ufficio di rappresentanza a Minsk, non ci basta più avere l’info point. Noi vogliamo – e lo proponiamo alla nostra commissione politica - chiamare i parlamentari ad essere presenti qui a Strasburgo, a partecipare a tutte le riunioni, perché ciò consentirà ai parlamentari di essere presenti e di vedere cos’è il Consiglio d’Europa, di parlare con i parlamentari dei 47 paesi, di avere uno scambio concreto, di avere la possibilità di avere un confronto e anche di svolgere le proprie opinioni. Ciò consentirà anche di avere la rappresentanza delle forze di opposizione. Per la prima, volta dopo tanti anni, - non è stato merito nostro, né mio, né del segretariato - possiamo dire che il Parlamento bielorusso, che certamente ha pochi poteri, vede la rappresentanza di due parlamentari indipendenti. Guarda caso, due donne. E non è stato un caso. E vogliamo averle qui, perché vogliamo discutere con loro. Tra l’altro, una di loro sta facendo una campagna molto forte per l’abolizione della pena di morte, per arrivare a un provvedimento legislativo, o del presidente, di moratoria delle esecuzioni.

Noi vogliamo dare forza, come abbiamo fatto all’Action Plan del Consiglio d’Europa, affinché la nostra organizzazione incida ancora di più in Bielorussia e a Minsk. Vogliamo sostanzialmente far conoscere di più i nostri valori, perché se riusciamo a farlo è chiaro che avremo maggiori possibilità di far crescere anche in quel paese il livello di attenzione alla democrazia, al rispetto dei diritti dell’uomo, delle minoranze non soltanto quelle etniche, ma anche di genere. Avremo la possibilità di dare non solo forza alla nostra organizzazione, ma di creare un meccanismo affinché anche le giovani generazioni vedano nel Consiglio d’Europa un punto di riferimento.

Voglio dirlo con forza: non credo che la politica del recinto intorno al buco nero della Bielorussia dia risultati. Abbiamo visto che non li ha dati. Abbiamo fatto più noi in questi due anni che nei vent’anni precedenti. Perché c’è un interesse comune di una parte di noi, giustamente, che dice: “noi con questi non vogliamo avere rapporti perché non rispettano i diritti dell’uomo, la libertà di manifestazione, di espressione, ci sono problemi nel codice elettorale”. Ma quanti altri paesi del Consiglio d’Europa hanno questi problemi? Non faccio nomi per carità di patria. Ma sono in tanti, non c’è solo la Bielorussia ad avere di questi problemi. Noi dobbiamo mettere più forza e più impatto in questa direzione.

Ringrazio i colleghi per il contributo. Invito i valorosi e coraggiosi che sono rimasti qua oltre le otto a dare un sostegno a questo rapporto. Io mi auguro che possiamo continuare ad avere più impatto in questa direzione. Fino adesso abbiamo guardato la Bielorussia negli occhi e le autorità della Bielorussia hanno guardato il consiglio d’Europa nei nostri occhi. Ci siamo guardati perché avevamo poca fiducia reciproca, perché non ci fidavamo l’uno dell’altro, perché i fatti non seguivano le parole. Adesso che si è aperto questo momento di dialogo, questo canale di confronto, è arrivato il momento di guardare, noi e la Bielorussia, nella stessa direzione. La nostra direzione è quella di costruire le condizioni perché cresca in quel paese per le giovani generazioni la possibilità di avere come punto di riferimento i valori del Consiglio d’Europa e della nostra Assemblea parlamentare, perché questo è il nostro compito, perché questa è la nostra funzione, perché questo è anche il motivo per cui ci impegniamo nella nostra Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa.

Infine, voglio ricordare che questa relazione non avrebbe potuto avere luogo senza il contributo determinante del segretariato della Commissione politica e in particolare della dottoressa Silvia Arzilli, che con me ha seguito questo importante rapporto e mi auguro che, anche con il vostro consenso, oggi diamo un segnale non solo di apertura e di dialogo, ma anche un segnale che chieda la Bielorussia di aprirsi ai valori del Consiglio d’Europa.

Grazie

Andrea RIGONI (Italia, ADLE / ALDE)
(Doc. 14333, Emendamento 3)

Io credo che il nostro testo sia molto chiaro, non lascia margini a dubbi. Quello che vogliamo l’abbiamo scritto in maniera chiara. Ritengo che la dizione così come sia stata impostata sia migliore e più chiara. Naturalmente, noi vogliamo andare incontro all’esigenza di cercare di liberalizzare il più possibile i visti, specie per i giovani e gli studenti, per coloro che hanno voglia di venire in Europa. E quindi una liberalizzazione più avanti. Quindi sono contrario all’emendamento ZINGERIS.

Andrea RIGONI (Italia, ADLE / ALDE)
(Doc. 14333, Emendamento 4)

Il testo è chiarissimo. Non ci sono possibilità di equivoci. Sia in inglese che in francese, potremmo scriverlo anche in tedesco, è chiaro. Se ci saranno - posto che ci saranno - dei progressi tangibili e sicuri verso la strada del rispetto dei diritti dell’uomo, noi proponiamo che l’Unione europea veda la possibilità di ridurre o eliminare le sanzioni esistenti. Il nostro testo è preciso, quindi andare a inserire altre cose rischia di fare confusione e non solo di indebolire il testo, ma anche di dare un significato diverso. Quindi, il mio parere è contrario.