IT17CR24

AS (2017) CR 24
Versione provvisoria

SESSIONE ORDINARIA 2017

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(Terza parte)

ATTI

Della ventiquattresima seduta

Mercoledì 28 giugno 2017, ore 15.30

DISCORSI PRONUNCIATI IN ITALIANO

Andrea RIGONI (Italia, ADLE / ALDE)
(Doc. 14335)

Grazie Presidente.

Prima di iniziare il mio intervento, voglio ringraziare il Presidente della nostra Assemblea AGRAMUNT, il Segretario generale dell’Assemblea SAWICKI, che hanno voluto organizzare questa importante e decisiva giornata sul tema della migrazione. Tema che, come abbiamo visto, si attua in varie forme ed ha anche aspetti diversi che vanno analizzati.

Per quel che riguarda la competenza della mia relazione, noi ci occupiamo in essa - essendo anche un follow-up della relazione precedente “partecipazione democratica dei migranti della diaspora” - di un aspetto particolare. Noi vogliamo sostenere nella nostra relazione che la migrazione, come abbiamo sentito anche negli interventi precedenti, è da una parte un problema delle società europee, ma dall’altra parte può diventare una grande opportunità di sviluppo e di crescita delle stesse società europee, cioè dei nostri paesi. Infatti, negli ultimi anni il numero dei migranti è aumentato in modo significativo. Ciò solleva una serie di sfide e anche di opportunità per l’Europa. Molti paesi europei hanno mostrato solidarietà ed empatia accogliendo rifugiati e io, da italiano, sono fiero che il mio paese abbia mostrato tanta partecipazione e sostegno all’ideale europeo e di fatto alla tutela dell’integrità, salvando e accogliendo migliaia di migranti attraverso il Mediterraneo. Tuttavia, a causa dell’immagine distorta dei migranti, si è diffusa tra la popolazione europea la concezione errata secondo cui i migranti rappresentino solo una minaccia per le popolazioni locali, togliendo loro il lavoro e sfruttando il sistema di previdenza sociale. Il 52% dei residenti dell’Unione europea ha espresso in un’ultima indagine una posizione negativa rispetto all’aumento dei flussi migratori. Io sono convinto che invece di erigere muri, di fare recinti, dovremmo pensare ai migranti come a un’opportunità per la crescita e lo sviluppo in Europa.

Infatti, la migrazione, se gestita efficacemente, rappresenta un vantaggio per l’economia europea. Inversamente da altri paesi del mondo, i paesi europei sono particolarmente preoccupati dal cosiddetto “inverno demografico”, per cui il tasso di nascita medio e il più basso del mondo a causa della diminuzione del tasso di fertilità. In alcuni paesi il tasso di nascita è sceso a 1,1 per donna, come ad esempio nel mio paese. In aggiunta, i paesi del Consiglio d’Europa registrano le popolazioni più anziane del mondo, perché hanno la più alta percentuale di numero crescente di persone di età superiore ai 65 anni. Nell’ultimo decennio, infine, secondo l’OCSE, il 70% dell’aumento della forza lavoro in Europa è attribuibile ai migranti, specie nei settori delle scienze, delle tecnologie, dell’ingegneria e della matematica. Dobbiamo quindi anche valutare l’impatto positivo delle migrazioni sullo sviluppo culturale dell’Europa. I migranti, essendo portatori di diverse culture e tradizioni, producono diversità e contribuiscono agli scambi culturali. Noi vogliamo affermare che la partecipazione democratica dei migranti alla vita sociale e politica di accoglienza è una parte importante del processo di integrazione.

La principale conclusione della mia relazione è che il processo migratorio efficiente, ben gestito, correttamente gestito, rappresenta un vantaggio non soltanto per i migranti e le famiglie ma anche per tutta la società europea. Attraverso il legame delle diaspore, allo stesso tempo, è possibile ottenere un enorme impatto positivo sullo sviluppo dei paesi di origine dei migranti. Come sappiamo, le diaspore esercitano un’influenza crescente sullo sviluppo economico, politico e sociale dei paesi di origine. E allo stesso tempo favoriscono il processo di costruzione di società inclusive nei paesi di accoglienza. I parlamentari infatti hanno un ruolo importante da svolgere nel formulare le politiche in materia di diaspora nei rispettivi paesi. Di conseguenza, sono lieto di annunciare all’assemblea che con il sostegno del Parlamento portoghese, che ringrazio, la nostra idea di creare un network parlamentare sulle politiche in materia di diaspora diventerà realtà. E il lancio di questa rete avverrà il 7 e 8 settembre a Lisbona.

Io ringrazio, per questo primo intervento, anche la presenza del Vice Segretario generale dottoressa BATTAINI, che invito, se vuole essere e potrà, ad essere presente a questo lancio del network parlamentare a Lisbona per la nostra conferenza.

Florian KRONBICHLER (Italia, SOC / SOC)
(Doc. 14335)

Grazie, Presidente.

L’ho già detto nel mio intervento di stamattina: intendo onorare la felice coincidenza della nostra odierna discussione sul tema dei profughi e della migrazione con il conferimento al Parlamento italiano, a Roma, del premio del Premio Internazionale Alexander Langer, a due associazioni, una greca e una italiana, che si sono spese molto nell’accoglienza di profughi.

Riassumo a proposito il saggio sull’arte della convivenza interetnica scritto venticinque anni fa dallo stesso Alexander Langer e oggi attuale più che mai. Situazioni di compresenza di comunità di diversa lingua, cultura, religione, etnia sullo stesso territorio saranno sempre più frequenti: non è una novità, d’altronde. Anche nelle città antiche medievali si trovavano quartieri africani, greci, armeni, ebrei e così via. La convivenza plurietnica, pluriculturale, plurireligiosa, plurilingue e plurinazionale appartiene dunque e sempre più apparterrà alla normalità, non all’eccezione come tante volte viene presentata.

Ciò non vuol dire, però, che sia facile o scontata. Anzi, la diversità, l’ignoto, l’estraneo complica la vita, può fare paura, può diventare oggetto di diffidenza e di odio, può suscitare competizione sino all’estremo del mors tua, vita mea. Le migrazioni sempre più massicce rendono inevitabilmente più alto il tasso di intreccio interetnico e interculturale in tutte le parti del mondo. Per la prima volta nella storia, si può forse scegliere consapevolmente di risolvere in modo pacifico spostamenti così numerosi di persone, anche se alla loro origine sta di solito la violenza, miseria, sfruttamento, degrado ambientale, guerre e persecuzioni, ecc.

Ma non bastano retorica e volontarismo dichiarato. Se si vuole costruire la compresenza di diversi gruppi sullo stesso territorio occorre sviluppare una complessa arte della convivenza. D’altra parte diventa sempre più chiaro che gli approcci basati sull’affermazione dei diritti etnici o affini portano a conflitti e a guerre di imprevedibile portata. L’altra alternativa tra esclusivismo etnico e convivenza plurietnica costituisce la vera questione chiave nella problematica migratoria di oggi. Ciò indipendentemente del fatto che si tratti di etnie oppresse o minoritarie, di recente o di più antica immigrazione religiose, di risvegli etnici o di conflittualità interetnica, interconfessionale o interculturale.

La convivenza plurietnica può essere percepita e vissuta come arricchimento e opportunità piuttosto che come condanna. Non servono prediche contro il razzismo, intolleranza e xenofobia, ma esperienze e progetti positivi di una cultura della convivenza.

Andrea RIGONI (Italia, ADLE / ALDE)
(Doc. 14335)

Grazie, Presidente.

Devo dire che sono particolarmente soddisfatto del dibattito di oggi, non soltanto per il contributo che tutti i colleghi hanno portato alle nostre relazioni, in particolare a quella che ho presentato io, ma soprattutto per lo spirito che ha aleggiato dentro questa nostra bella aula di Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa.

Finalmente è uno spirito positivo e io credo che vada colto fino in fondo il valore e il significato di una giornata come quella di oggi. Molti colleghi l’hanno detto, ma io lo voglio specificare: la giornata di oggi tende ad approfondire non soltanto il fenomeno della migrazione nei i vari aspetti nei quali si presenta, ma anche a mettere in rilievo la positività, gli aspetti positivi, le opportunità, le sfide che il fenomeno della migrazione porta nei nostri paesi europei ma anche la forza e l’attrattiva che può avere la gestione corretta, la gestione giusta di una migrazione che porti finalmente un nuovo impulso allo sviluppo e alla crescita economica dei nostri paesi dell’Europa.

Perché questa è la funzione europea: l’Europa si mette insieme, certo, perché esce dalle guerre profonde, dalla prima e dalla seconda guerra mondiale, dalla divisione, ma si mette insieme perché vuole mettere insieme lo sviluppo e la crescita delle proprie comunità. E questo consente, partendo da questa considerazione, di immaginare il fenomeno migratorio come una grande spinta in avanti. Ha bisogno l’Europa. L’Europa è ferma. Vediamo che cresce dello 0,1%. Nel mio paese, l’Italia, il governo fa salti di gioia se cresce dello 0,1 o dello 0,2%; in Europa cresciamo in media dell’1%-0,9%. Quando si arriva all’1,2% è una crescita che si è considerata enorme. Ma non basta. Vediamo che non è possibile. Noi dobbiamo spingere il fenomeno di migrazione. Se è indirizzato in questa direzione, può essere un volano forte di spinta economica per far ricrescere dal basso le società europee, per far partire l’ascensione sociale, per dare la possibilità ai giovani di trovare lavoro. Ma lavoro si trova se c’è una spinta economica, se c’è una direzione comune, se l’Europa si muove nella stessa direzione, se si utilizza il fenomeno dell’immigrazione in senso positivo.

È su questo che noi giochiamo la sfida nei prossimi anni. Guardate, colleghi e amici, il fenomeno della migrazione sarà un fenomeno che non potrà essere arrestato. Sarà la vera sfida che l’Europa e i nostri paesi europei dovranno affrontare per i prossimi venti, trent’anni. Non ci saranno muri, non ci saranno fili spinati, non ci saranno recinti che fermeranno la migrazione. È notizia di qualche ora fa, delle agenzie: nelle ultime trenta ore, ossia in un giorno e mezzo, in Italia sono sbarcati più di dodicimila migranti, nelle ultime trenta ore. Questo fenomeno non si potrà arrestare; deve essere regolato, ma deve essere incanalato verso una consapevole politica di crescita, di sviluppo, perché questa è la possibilità e in questa direzione si muovono le nostre relazioni, e in questa direzione si muove la mia.

Ringrazio tutti i colleghi e non li cito, perché sono stati veramente tanti che hanno portato il loro contributo, ma voglio ringraziare l’amica, la Signora SUTER della Commissione per il contributo che ha portato alla mia relazione e agli emendamenti che ha presentato e che io ho accolto, che sono tutti propositivi in modo concreto. Però, consentitemi di dire che se questa è la base sulla quale ci muoviamo, se questo è da una parte il timore, la paura che evoca un fenomeno così grande, perché è vero: la paura c’è e non che si possa dire che non c’è ed eliminiamo un problema. La paura c’è, il timore c’è, e chi lo vede più da vicino e chi da più lontano. Non lo dobbiamo evocare soltanto in senso negativo. Bisogna costruire anche una sensibilizzazione, e noi lo diciamo, anche un fenomeno culturale diverso.

I fenomeni migratori sono stati nel passato, lo ricordava il mio collega italiano che parlava prima – tra l’altro, lui è italiano un po’ del nord, perché viene dal sud del Tirolo – quindi, il fenomeno della migrazione è sempre stato presente nel mondo. Ma guardate, io credo con forza e voglio concludere su questo: attenzione a distinguere le categorie dei migranti. Al migrante che arriva per fame, a quello che arriva per paura – oggi ho sentito che poi ci saranno anche i migranti che si spostano per i cambiamenti climatici – certo, queste sono le cause della migrazione. Ma i migranti sono tutti uguali. Non c’è una categoria. Non è che possiamo dire che c’è la categoria della serie A dei migranti e della serie B dei migranti e della serie C… sono tutti uguali, sono persone come noi.

Guardate che quando assistiamo – e io lo vivo di persona, lo stiamo vivendo in Italia – quando assistiamo a migliaia di persone che arrivano su gommoni fatiscenti, pezzi di gomme o poco più… Quando padri e madri di famiglia rischiano la vita dei propri figli, dei propri bambini per arrivare in Europa, per arrivare in Italia, per andare in Europa, sapendo di rischiare la vita e tante volte la perdono loro e la fanno perdere ai loro figli, vuol dire che non c’è alternativa, che non si blocca questo fenomeno, che siamo con le spalle al muro, che loro sono con le spalle al muro e che continueranno a venire e non li potremo bloccare come non li blocca ll mare, come non li blocca il muro, come non li blocca il filo spinato. E allora, se questo è, prendiamo quello di buono, operiamo in questa direzione, ma questo è anche il nostro compito ed è per questo che noi come parlamentari del Consiglio d’Europa abbiamo lanciato il network della diaspora. Venite tutti quelli che volete venire a Lisbona il 7 e l’8 settembre.

Elena Centemero (Italia, EPP/CD / PPE/DC)
(Doc. 14347, Emendamento 9)

Voglio ricordare che in Italia è stata da poco approvata una legge che riguarda i minori non accompagnati e quindi che l’Italia sta affrontando questa situazione in modo concreto; per cui sono contraria a quest’emendamento.

Elena Centemero (Italia, EPP/CD / PPE/DC)
(Doc. 14347, Subemendamento orale 22)

Siamo contrari, nel subemendamento orale, alla cancellazione della parola refugees proprio perché è contenuta all’interno del titolo di questa risoluzione.

Sono intervenuta prima sul subemendamento orale. Il mio intervento di prima si riferiva al subemendamento orale, non all’emendamento ovviamente, e noi siamo contrari, lo ripeto, a depennare le parole “refugees and” perché refugees è contenuto nel titolo.

Elena Centemero (Italia, EPP/CD / PPE/DC)
(Doc. 14347, Subemendamento 27)

Abbiamo voluto, con questo emendamento, che si tenga in considerazione anche, tra i diversi gruppi vulnerabili, quello delle donne. In relazione anche al fatto che nella nostra commissione stiamo svolgendo un rapporto che riguarda proprio il ruolo delle donne migranti.